| Una spiegazione Filosofica Il copricapo fa parte del normale abbigliamento dell'uomo. Potrebbe essere di aiuto considerare dapprima l'origine ed il senso dell'abbigliamento in generale, per poi discutere sulla questione del coprirsi il capo. Secondo il parere di molti Studiosi, l'abbigliamento della persona sarebbe stato originato da due motivi: a) quale protezione dalle variazioni climatiche (caldo, freddo, pioggia) b) con intenti ornamentali (successivamente).
Da una indagine più intima e fedele, tuttavia, emergerà chiaramente che queste opinioni «scientifiche» sono molto discutibili. La culla della razza umana essendo un luogo dove le condizioni climatiche erano ideali, e ciò nondimeno venendo gli indumenti messi addosso in quei tempi primitivi, il motivo meteorologico dell'abbigliamento non regge. Secondo la Torà, gli indumenti hanno un'origine completamente differente. Veniamo informati dalla Torà (BERESHITH Cap. 3) che quando i primi esseri umani, Adamo ed Eva, furono creati, non sentivano il bisogno di alcun indumento e «non avevano vergogna». Ma dopo aver peccato con l'Albero della Conoscenza del bene e del male, «essi seppero di esser nudi» e si prepararono indumenti per coprire il loro corpo. Questo radicale cambiamento nel considerare le cose esterne nelle prime creature umane é analizzato da Maimonide (Guida degli smarriti, Parte 1°, Capitolo 2).
Per questo, tutti gli organi e tutte le parti del corpo per lui si equivalevano, ciascuna di esse avendo ad esplicare il ruolo stabilito, per la Divina missione dell'Uomo su questa terra. Nella sua purità mentale, la sensazione della vergogna gli era sconosciuta. Precisamente come non ci sarebbe ragione di vergognarsi nell'insegnare la Legge a qualcuno (che non la conosce affatto), atto paragonabile al generare spiritualmente un bambino, così pure non dovrebbe esserci ragione di vergognarsi nell'atto di generare fisicamente un bambino, a maggior ragione che qui l'uomo adempiva al Divino Comando: «Date frutti e moltiplicatevi!» In entrambi detti casi, era frenato disciplinatamente ogni abbandonarsi a piacere fisico, essendo presente soltanto una intenzione: il compimento di un Volere Divino. Dopo il peccato con l'Albero della Conoscenza, l'uomo divenne conscio del piacere materiale, cui precedentemente non prestava attenzione, perché allora il suo «io» spirituale aveva predominanza assoluta. Nella sua mente contaminata, il buono non rimase più a lungo buono in purità: egli vide che talune parti del corpo erano più direttamente associate con le sensazioni di piacere materiale. L'esibizione di queste parti del corpo, ora, produceva in lui una sensazione di vergogna per due motivi: prima di tutto, perché tali parti del corpo gli ricordavano l'umiliante rovina dell'uomo caduto in potere della concupiscenza; e, inoltre, perché esse erano ora fonte di tentazione.
Per queste ragioni l'uomo provò vergogna della sua nudità e desiderò di coprire il proprio corpo.
Da questo punto di vista, apparirebbe di primo acchito che la sensazione di vergogna certamente non dovrebbe concernere la testa, la sede dell'intelligenza, il più alto attributo dell'essere umano, che lo distingue dalle specie più basse degli animali. Non è forse l'intelletto l'apice della intera Creazione? Effettivamente l'uomo che pensa che non ci sia nulla più alto - nell'universo - del proprio intelletto, considererebbe una contraddizione, il coprirsi il capo, sede dell'intelligenza, suo orgoglio e sua preziosa proprietà! Ma l'uomo che crede (profondamente) in Dio ha un diverso concetto dello «status» dell'uomo... Sappiamo che a dispetto della forza intellettuale dell'uomo, questo è un umilissimo essere; riconosciamo che l'intelletto, sfortunatamente, lontano dal tenerci fuori dagli attacchi della tentazione, spesso la alimenta con la sua influenza ed agisce da complice (nel male). Perfino colui che non appartiene alla categoria dei credenti sperimenta talvolta la vergogna, ragionando sulla insignificanza dell'umano intelletto di fronte alla Verità, Reame del Divino.
Di conseguenza, non solo le parti inferiori del corpo sono testimoni della decadenza dell'uomo, ma anche la testa, che alloggia l'intelletto, e forse più ancora! Dico «più ancora» perché il fallimento della sua intelligenza, è il più grave per un uomo. Perché mentre un ragazzo immaturo può non essere pienamente responsabile, la persona matura non ha scuse per le sue azioni. Altrettanto é riguardo alle facoltà dell'uomo: il fallimento della più alta delle sue prerogative, é per lui la maggior fonte di vergogna. Più si é coscienti delle responsabilità intellettuali, maggiore sarà la vergogna ravvisandone il fallimento. Intelligenza e coscienza, lungi dal dare all'ebreo senso di orgoglio gli accrescono l'umiltà, perché gli sono state donate da Dio per i più alti e sacri propositi. Fino a quando non vive pienamente in questi propositi, l'uomo deve essere pieno di vergogna; anche il Giusto non è libero da questo sentimento di vergogna, perché, essendo più consapevole della Presenza Divina, ogni spirituale passo avanti lo porta più vicino alla comprensione di quanto infinitamente basso sia stato e sia il suo intelletto di fronte all'Infinito.
Poiché «il culmine della conoscenza (nella conoscenza di Dio) è di comprendere fino in fondo che noi non sappiamo nulla.»
Così, il coprirsi la testa continuamente é, da parte nostra, una dimostrazione della nostra coscienza che c'è Qualche Cosa di infinitamente più Alto della nostra intelligenza; simbolizza umiltà e vergogna alla presenza di Dio (Yirath Shamàim). |