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Lo Zohar al foglio 117b, nel capitolo sciolto del “Pastore Fedele”, si dilunga sulla Šeķinah, e il passo è abbastanza ermetico, tanto che lo stesso Jean De Pauly ha sentito la necessità di una lunghissima nota di spiegazione. Considerando che, per lo studioso di Qabalah, il soggetto riveste grande interesse, abbiamo tradotto quel passaggio aggiungendovi l’intera nota di Jean De Pauly.
Sullo stesso soggetto consultare anche, in questa stessa sezione:
[Foglio 117b, ad finem pagina 453 dello Zohar II] [Esodo, XXIII 7] «Tu fuggirai la menzogna; non farai morire l'innocente ed il giusto, perché aborrisco l'empio ». La Scrittura vuole che il giudice tratti le due parti in eguale maniera e che non si mostri più favorevole ad una delle due. Le lettere finali delle parole [Esodo, XXIII, 8] «schohad lò thiqah» (non riceverai rgali) formano la parola «ehad» (uno) [Cf. Talmud, tr. Ketouboth, foglio 105a], perché il giudice deve imitare l'esempio di uno (ossia di Dio) che non si lascia condizionare. I Maestri della Mishna hanno detto [Cf. Talmud, tr. Souccah, foglio 52b]: Vi sono dei giusti felici, e dei giusti infelici; vi sono degli empi felici, ed empi infelici. I Maestri della Mishna hanno detto inoltre: I giusti sono giudicati dallo spirito del bene, gli empi da quello del male. Gli uomini mediocri sono giudicati da tutti e due gli spiriti insieme. I giusti le cui Anime emanano dall'«Albero della Vita» soggiogano talmente lo spirito del male che questi non ha più nessuna presa su di loro. Questi sono i giusti felici. Mentre quelli le cui anime emanano dal lato dell'«Albero del Bene e del Male » sono tormentati dallo spirito del male; ma finiscono sempre per dominarlo. Ecco perché li si chiama «giusti nei quali è il male»; il male diviene, in qualche modo, la loro proprietà, poiché lo dominano. Ugualmente, con l'espressione «empi nei quali è il bene», i Maestri intendono quegli empi il cui lo spirito del bene è dominato talmente dallo spirito del male, tanto da somigliare ad un servitore sottomesso agli ordini del re. Quantunque un giusto perfetto abbia il potere di punire un tale empio (1), non gli conviene farlo; perché esso può sempre redimersi. Così, il giusto perfetto, non ha assolutamente nulla dello spirito del male, e l'empio perfetto non ha assolutamente nessuna parte nella Šeķinah; perché l'uomo partecipa soltanto al lato del bene della Šeķinah. Tutte le parti della Šeķinah non sono di un uguale valore; la parte della Šeķinah dell' «Albero del Bene e del Male» costituisce soltanto il trono. Ma, della parte della Šeķinah dell' «Albero di Vita», la Scrittura dice [Salmi, v, 5.]: «Il male non rimane vicino a te.» Tuttavia, poiché la scrittura dice anche [Salmi, CIII, 19]: «Il Signore ha preparato il suo trono nel cielo, ed il suo impero si distende dovunque », ne consegue che quello che profana la sede della Šeķinah oltraggia la Šeķinah stessa; e chiunque oltraggia la Matrona oltraggia anche il Re. A maggior ragione si vilipende la Matrona quando la si caccia della sua sede, per mettere il suo schiavo, il demonio, al suo posto. Tutte le volte che l'uomo insudicia le sue membra, la Šeķinah l'abbandona; ed egli non ritroverà la sua redenzione [118a] finché non farà ritornare la Matrona in tutte le sue membra. La «Lampada Santa» disse al «Pastore Fedele»: È per questa ragione che consacri le tue duecentoquarantotto membra all'adempimento delle duecentoquarantotto prescrizioni del Re, il Santo, benedetto sia [V. Zohar, I, foglio 24a]. Felice la tua sorte; perché estendi il regno della Šeķinah su tutti i figli d'Israele che costituiscono le sue vere membra. Il Santo, benedetto sia, te ne ricompenserà facendo riposare il suo nome su di te e facendoti il re di tutti gli eserciti dell’alto e di qui in basso.......
Per i non iniziati, questo passaggio costituisce un vero enigma. Che cosa è questa diversità delle parti della Šeķinah? Che cosa è la parte della Šeķinah del lato «dell’Albero del Bene e del Male» che ne costituisce, secondo il testo, la sede, o il trono, e l'altra parte del lato «dell’Albero della Vita» dove il male non ha nessun accesso? Questa frase è tuttavia completamente conforme alla teoria dello Zohar, teoria che abbiamo sempre esitato di esporre, tanto essa è sviluppata e i fondamentali imbarazzanti. Questa teoria, senza contenere dell'antropomorfismo, bene lontano da essa, è così strana che ammutolisce la nostra ragione e sembra una favola mitologica. Finché è stato possibile, ci siamo astenuti dal parlarne. Ma questa volta, per non lasciare tutto un passaggio della nostra traduzione assolutamente incomprensibile al lettore ci vediamo obbligati, non certo di esporre con tutti i dettagli la teoria dello Zohar – cosa che richiederebbe un libro tanto voluminoso quanto lo Zohar stesso,– ma almeno di accennarla.
Che cosa è la Šeķinah? «Vi sono, dice lo Zohar (I, fol. 16B e 17a), nella essenza di Dio, due luci, una attiva chiamata giorno, l'altra passiva chiamata notte». Perché queste due luci e che significa luce attiva e passiva? Il Tiqouné Zohar, XIX risponde: «Quando si pensa che il Santo, benedetto sia, è infinito e colma tutto, si comprende facilmente come ogni idea di creazione è impossibile senza lo «tzimtzum» (צימצום ritiro, contrazione). Come, del resto, introdurre ancora dell'acqua in un contenitore pieno fino al bordo? Il Santo, benedetto sia, ha quindi ritirato una piccola porzione della santa luce che costituisce la sua essenza; questo non significa che si sia rimpicciolito, – che Dio ci preservi da una tale opinione,– giacché Dio che è tutto, non può né crescere né diminuire. Ma poiché la luce di Dio è di una tale purezza e di un tale splendore che eclissa tutto, persino gli angeli superiori, come gli Hayyoth, i Séraphim ed i Cherubim, il Santo benedetto sia, per rendere possibile l'esistenza dei mondi celesti e dei mondi materiali ha ritirato la sua luce potente da una parte di sé stesso, simile ad un uomo quando fa una legatura ad uno dei suoi arti per impedire il flusso del sangue al di sotto la legatura.
É così che si deve spiegare la tradizione che riguarda i quattro mondi: quello dell'emanazione (אצילות), della creazione (בריאה), della formazione (יצירה) e dell'azione (עציה). I primi due gradi, o mondi, sono riempiti dalla luce santa di Dio; tutto è Dio, e Dio è tutto. I due ultimi gradi, o mondi, costituiscono questa parte della essenza di Dio dove la luce è stata indebolita, per permettere alle anime, agli angeli ed ai mondi materiali di sussistere. È questa parte di Dio che i nostri santi Maestri indicano con il nome di Šeķinah. Ecco perché al principio il Genesi non cita che Élohïm, il quale sottintende la Šeķinah, perché tutto ciò che è stato creato, ad iniziare dagli Hayyoth ed i Seraphim fino al più piccolo lombrico vive in Élohïm e per Élohïm. È anche per questa ragione che i nostri santi Maestri ci hanno informato che la Šeķinah è scesa già dieci volte sulla terra, ma non il Santo, benedetto sia, perché la creazione è opera della Šeķinah ed essa se ne occupa come una madre fa con i suoi bambini.
Ecco un passaggio dello Zohar, [Cantico III, 1]: «Ho cercato nel mio letto durante le notti quello che ama la mia anima; l'ho cercato e non l'ho trovato. » Chi cerca e chi è cercato? Rabbi l'Abba disse: Il Sole cerca la luna, ossia: il Santo, benedetto sia, cerca la Šeķinah di sotto il trono e non la trova, perché i peccati degli uomini li separano »
Il commento אור כתנות֣ spiega così questo passaggio dello Zohar: «I mondi dell'emanazione e della creazione sono sotto il trono; là non c'è distinzione tra il Santo, benedetto sia, e la Šeķinah, là tutto è uno. È soltanto al di sotto del trono, ossia nei mondi della formazione e dell'azione, che la distinzione inizia. Ora, poiché ogni peccato dell'uomo crea un demonio, ne risulta che questi demoni si interpongono tra il Santo, benedetto sia, e la Šeķinah e li dividono sotto il trono. Dato che il demonio è più potente e più frequente nel mondo dell'azione, ossia in questo basso mondo, che non in quello della formazione che è al di sopra, ne consegue che la separazione aumenta gradatamente dall'alto verso basso, simile ad un compasso le cui due aste siano divaricate». E come se il testo non fosse abbastanza chiaro e l'idea formulata non abbastanza comprensibile, l'editore, o forse l'autore stesso, ha creduto dovere aggiungere la figura che riproduciamo secondo l'edizione di Amsterdam, 1794: così come lo si vede tramite questa figura, la Šeķinah che, originariamente, ha riempito i due mondi al di sotto del trono, si vede sempre più respinta per l'invasione degli «insetti parassiti» che gli disputano il posto; o, per usare il linguaggio dello Zohar, «la domestica si mette al posto del Matrona ed allontana questa dalla mano destra del Santo, benedetto egli sia» (Zohar, III, fol.. 276b). «Ma perché Dio permette che la Šeķinah sia respinta così dai demoni, si chiede ancora lo Zohar, [Cant. VI 4] Non potrebbe annientare il demonio in un battito di ciglia? » E lo Zohar risponde: «La volontà del Pensiero supremo era che l'uomo, dopo essersi attirato la morte per avere assaggiato l'albero di Bene e di Male conservasse il suo libero arbitro, per innalzare, poco a poco, i mondi che sono sotto il Trono all'altezza di quelli che sono al di sopra. Ora, questo libero arbitro sarebbe stato impossibile senza il demonio che spinge al male. Ecco perché la Šeķinah preferisce soffrire dell'invasione dei demoni, che però la feriscono tanto quanto la puntura di un ago, piuttosto che impedire la felicità eterna degli uomini. » Facciamo notare infine che l '«Albero della Vita» indica i mondi al di sopra del trono dove la Šeķinah è unita al Santo, che benedetto egli sia, e dove il demonio non ha accesso, mentre l '«Albero del Bene e del Male» indica i mondi chi costituiscono il trono e dove il demonio può accedere (V. זהרה״, fol.. 126A e 139a). É seguendo lo stesso sistema che lo Zohar spiega perché ogni peccato (in generale e la concupiscenza in particolare) è chiamato nella scrittura [Lévitico XVIII, 7]: «Scoprire le parti vergognose della Madre (Šeķinah). » (V. Zohar, I, fol. 27b). Infine, si spiega anche perché Dio creò l'uomo maschio e femmina, e lo divise soltanto dopo avergli proibito di mangiare dell'«Albero del Bene e del Male». Ma lo sviluppo di tutti questi argomenti ci trascinerebbe troppo lontano e supererebbe di molto lo spazio riservato ad una semplice nota. Ciò che precede è sufficiente alla comprensione del testo.
1. Chiedendo a Dio di spazzarlo via da questo mondo
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