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Essere e Nulla
Nell'ignoto, nel "Luogo che non esiste"
(1) dove l'immutabilità determina
la creazione di ogni esistenza finita, è la fonte stessa
dell'Essere come noi lo concepiamo.
Questa imperscrutabile e immutevole Essenza viene espressa dalla
Qabalah vale a dire dalla tradizione esoterica d'Israele, con il
nome En-Soph. Nome composto dal prefisso En che esprime la
negazione assoluta e Soph, che significa limite. Letteralmente
la parola ha, quindi, il senso di «Senza limiti» ed è questa un
caratteristica che, pur senza definirlo, ben si addice
all'Assoluto per il quale non si possono concepire limiti di
sorta.
Scrive Isaac Loria nel suo commento al
Siphra
de-Tzeniutha, «En Soph-Aur è la Luce (Aur), onnipotente
e altissima, infinita alla quale nessun pensiero o speculazione
umana può giungere, Luce che esiste oltre ogni intelletto; che è
esistita prima di tutte le cose prodotte, create, formate e
fatte dall'emanazione; Luce nella quale il tempo non è mai
esistito e mai ebbe origine perché sempre è esistito e sempre
resta e resterà senza principio né fine».
É punto centrale della Trinità divina: «Mistero nel Mistero»
dice il Siphra de-Tzeniutha. É la Ragione di Vita dell'universo,
senza la quale nulla potrebbe esistere.
Questa realtà ultima venne indicata dagli Arii con la parola
sanscrita Tat, pronome neutro che si traduce con: «Quello»,
pronome che non implica né attributi, ne nomi; «Quello» che non
si può nominare poiché qualsiasi nome o attributo sarebbe un
limite.
I Vedantini, usando il superlativo assoluto Para che significa
«supremo», quale prefisso al nome Brahma, attributo all'Essere
primordiale, formarono la parola Para-Brahma, che significa Dio
nel suo aspetto più alto quale causa attiva dell'universo
fenomenico.
Analogamente, nella tradizione estremo orientale a questo Nome
corrisponde il Tao che racchiude in se il Wou-Ki, ossia il
non-Essere e il Tai-Ki, l'Essere.
Infine, questa imperscrutabile e immutevole essenza, già agli
albori dell'antico Impero, venne chiamata Toum dai sacerdoti
Egizi.
La composizione di questo Nome, esaminata nelle corrispondenti
lettere ebraiche rivela il suo profondo significato, infatti
Toum (\wta):
Aleph (a),
la prima lettera dell'Alfabeto che rappresenta la fonte di tutte
le cose, l'Arché, il Principio, trovasi unita alla Taw (t),
ossia all'ultima lettera dell’alfabeto. L'Alfa (Α)
e l'Omega (W)
dell'Apocalisse. L’Omega o la Taw (t)
è la fine, il ritorno all'origine, simbolicamente raffigurato
dal serpente che divora la propria coda. L'Alfa (Α)
o Aleph (a),
è l'unità sintetica che contiene l’Omega (W)
potenzialmente; e l'Omega (W)
o Taw (t)
è completo sviluppo della manifestazione di Alfa (Α)
e simbolizza l'analisi compiuta mediante la penetrazione del
Principio nel più profondo della Creazione. Nel Nome ciò è
simbolicamente espresso dalle due lettere: Aleph e Taw (ta)
unite, a loro volta, mediante la lettera Vav (w)
- carattere che esprime l'unione-separazione delle cose - alla
lettera Mem (m).
Lettera, quest'ultima, che rappresenta simbolicamente la madre
fisica di ogni creazione (Ma è, infatti, la radice che designa
la madre in tutte lingue), come pure la Morte, altro non essendo
questa che la nascita ad una novella vita poiché morte e nascita
devono considerarsi come fasi opposte e inseparabili di una
stessa modificazione dell'Essere che i commentatori del
Tao-te-King rappresentano come «il va e vieni della spola sul
telaio cosmico».
Come non possiamo concepire Alfa (Α),
il Principio, l'Essenza della Vita, così non possiamo
comprendere Omega (W)
che è il suo sviluppo definitivo: la Morte, intesa come
Risurrezione, l'Omega (W)
che riconduce all'Alfa (Α),
il ciclo della spirale che si conclude là dove è iniziata.
Nel «Luogo che non esiste» sussiste quindi l'Amore più profondo
di qualsiasi amore, il Pensiero incomprensibile a qualsiasi
pensiero, la Potenza eternamente realizzata oltre qualsiasi
azione.
Questa Potenza eternamente realizzantesi nel suo atto creativo,
venne chiamata Élohïm nella Cosmogonia di Mosé. Élohïm è il
plurale del nome Élôah attribuito all'Essere Supremo dagli ebrei
e dai kaldei. Nome che deriva dalla radice Él che esprime
l'elevazione, la forza, la potenza espansiva e significa, in
senso universale, Dio; mentre, nel suo significato astratto è il
pronome relativo «Quello» o «Quelli» impiegato in modo assoluto.
Unito al verbo assoluto: essere-essendo (Hé-Vav-Hé [hwh])
che ha per intima radice Jah (Yud-Hé [hy]),
radice questa che in senso proprio esprime la Vita assoluta,
compone il nome Élôah: «Quello che è». Il suo plurale Élohïm
significa esattamente: «Quello-essi (le Potenze Celesti) che
sono». L'Essere degli esseri.
Nel Sepher Beréchith, solamente quando Élohïm, avendo compiuto
l'atto sovrano del quale aveva concepito l'ideazione, si
ristabilisce nella sua imperscrutabile e immutevole Essenza
(2) appare per la prima volta il
Nome proprio che Mosé attribuisce a Dio
(3). Nome ineffabile composto da quattro lettere:
Yud-Hé-Vav-Hé (hwhy)
che era lecito scrivere, ma solo il Sommo Sacerdote ebraico
poteva pronunciare, con «voce giusta», una volta all'anno in un
mormorio che veniva sommerso nel clamore del popolo festante.
Ciò avveniva affinché orecchie indegne non potessero adire e
profanare il Nome Santo o, peggio ancora, abusare magicamente
dei segreti del Tetragramma. Intatti, i maestri della Qabalah
ammisero esplicitamente questo pericolo accusando i maghi neri
di essersi «esercitati nel Nome Santo; ma solo nel Nome»
poiché, così facendo, «non diminuirono, ne offuscarono la
Santità del Nome stesso».
«Questo Nome - scrive Fabre d'Olivet - se si segue la
punteggiatura kaldea e lo si pronuncia Jehovah, come
effettivamente il popolo ignorante lo pronunciava, anziché
esprimere le perfezioni divine significa soltanto una calamità,
un'esistenza infelice della quale non si conosce né l'origine,
né la fine poiché tale è il senso della parola Hovah
materializzato. Ecco il motivo per cui non è più permesso al
popolo ebraico di proferire questo Nome del quale si è lasciato
pervertire il senso fino a questo punto ed ecco pure la ragione
per la quale nelle sinagoghe si ammette solo una scrittura senza
puntuazione Kaldea, visto che la pronuncia risultante da questi
punti altera a volte il significato delle parole fin a renderle
irriconoscibili». Ne consegue che noi conosciamo soltanto la
forma esteriore del Nome ineffabile, la sua rappresentazione
geroglifica, ed è quella che esamineremo con le chiavi forniteci
dai caratteri che compongono la «Lingua Sacra» e dagli
insegnamenti della Qabalah, poiché l'essenza del Nome e quanto
essa esprime rimarrà sempre un mistero inconoscibile all'uomo.
Dal Tao nasce l'Uno,
Dall'uno il Due,
Dal Due il Tre,
Dal Tre l'Universo creato (4).
Il primo atto della Creazione. fu quello di stabilire nell'Unità
«che è radice e principio di ogni cosa»
(5), e come tale appartiene all'ordine superiore che è
quello della realtà ultima, l'opposizione di due poli
complementari: uno positivo (+) e l'altro negativo (-)
analogamente a quanto avviene in una sbarra di ferro
magnetizzata. Questi due poli rappresentano l'Essenza e la
Sostanza. Puruska e Prakriti nell'insegnamento ariano. Yin-Yang
nella tradizione estremo orientale. Nella tradizione ermetico
alchemica è il Principio maschile, il Sole, l'Oro, l'Arsenico,
il Nitro, o il Salnitro (6) e il
Principio femminile, l'Abisso, la Notte, la Matrice, la
splendente Madre feconda e l'oscura Madre sterile, il Sale
(7) inteso come materia prima.
Così, secondo l'insegnamento ermetico:
«Uno diviene Due e Due divengono Tre e per mezzo del terzo,
il Quarto si compie».
«Uno diviene Due» e ciò in conseguenza al librare della Bilancia
sospesa nel luogo che non c’è, come è detto nel Libro del
Mistero Nascosto (Siphra de-Tzeniutha 1,5). I suoi due simbolici
piatti sono la Luce che si oppone alla Tenebra nella cosmogonia
di Mosé.
L'opposizione di questi due poli complementari è simbolicamente
espressa nel Nome ineffabile dalle due prime lettere che lo
compongono Yud e Hé (hy).
Lo Yud (y)
è la rappresentazione grafica della Potenza manifestata, come
pure dell'Eternità, della Vita che si rinnova perennemente, vita
latente nel chicco di grano, morto e sepolto in apparenza ma che
in se porta il germe della vita futura. Infatti, la
rappresentazione del segno Yud è data da un elissoide a due fuochi, come la radice e il germe che si formano nel
chicco interrato - rappresentazione analoga al Yin-Yang cinese.
La lingua Ebraica non possiede una numerazione separata e tutte
le lettere dell'al-fabeto, oltre il significato fonetico,
esprimono una cifra. In tal modo, ogni parola può essere
considerata come una somma di lettere prese nel loro significato
numerale; perciò numerosi sistemi vennero escogitati dai
cabalisti che si valsero di questa facoltà particolare della
lingua per le loro deduzioni.
La cifra che corrisponde a questa lettera è 10 ossia, secondo il
linguaggio numerico della Qabalah, l'unità di secondo ordine,
l'unità manifestata nel mondo fenomenico. 10 rappresenta
l'affermazione assoluta dell'Essere per sé stesso. il Principio
1 unito al nulla O. Ciò piega come lo Yud (y)
possa essere rappresentata da un punto al centro o
da un asse che attraversa la sfera.
Il Principio dell'unità che contiene tutte le lettere
potenzialmente è Aleph (a),
ma l'unità in movimento, l'unità creatrice e quindi concreta è
lo Yud (y)
e come scomponendo un numero ne risulta una somma determinata di
unità, così lo Yud (y)
è presente in tutte le lettere dell'alfabeto sacro. Infatti, è
questa lettera che le costruisce tutte, compresa l’Aleph (a)
che - come si è detto - corrisponde all'unità sintetica e
astratta. Ecco perché nella scrittura jeratica il punto iniziale
fu l'unità manifestata e non il Principio dell'unità che tutto
comprende, anche l'infinito stesso.
Nel Nome ineffabile la prima lettera che lo compone: lo Yud (y)
rappresenta quindi l'unità attiva (+) manifestata.
Come Aleph (a)
= 1 rappresenta, in un certo senso, En Soph, Toum nello
insegnamento Egizio, così Yud (y)
= 10 rappresenta Dio come apparve a Mosé nel roveto ardente. Lo
stesso segno, per i maestri del grande legislatore Ebraico,
corrispondeva ad Amon-Ra del quale la manifestazione visibile,
il disco solare, si rinnova ogni giorno per diffondere luce e
calore.
La lettera che segue nel Nome ineffabile è Hé (h).
Lo Yud (y)
sdoppiandosi per opporsi a sé medesimo (l'uno 1 che si determina
in seno al caos 0) genera la Hè (h):
10/2= 5.
Ecco, quindi, che la cifra che corrisponde a questa lettera è il
5.
Hé (h)
rappresenta le Vita universale, l'attitudine passiva a qualsiasi
qualificazione: la possibilità indeterminata esistente nella
materia primordiale. Simbolicamente esprime l'Abisso, il Caos (Thohû-wa
Bohû) nella cosmogonia di Mosé, al quale corrisponde la
superficie nera assolutamente immobile dello stagno senza fondo,
il Nu nell'insegnamento Egizio. Questa lettera non rappresenta
quindi la causa vitale, ma il mezzo per cui si manifesta la
vita. Considerata sola, la Hé (h)
è passiva e inanimata; l'impulso, il soffio espansivo o
vivificante le è dato dal Principia di vita Yud (y)
e alla sua azione generatrice essa offre gli elementi necessari
per la sua manifestazione vitale. Il geroglifico della lettera
Hè (h)
esprime questo concetto essendo formato dal segno Daleth (d)
(esistenza fisica) unito allo Yud (y)
(Principio di vita).
L'unione delle due lettere Yud e Hé (hy)
forma una radice (Jah) che significa la vita assoluta
manifestata, in altre parole l'essere che vive eternamente: Dio.
Nella simbolica Bilancia i due piatti realizzano questa dualità:
il positivo (+) e il negativo (-) e, analogamente alla parte
centrale neutra in una verga magnetizzata, l'ago che segna il
loro perfetto equilibrio costituisce, in tal modo il Ternario.
Nella tradizione ermetico-alchemica «i Due divengono Tre»
mediante la loro congiunzione. Il Principio attivo (+),
l'elemento Fuoco che, per la sua direzione
ascendente, può essere schematizzato da un tratto verticale (I),
si congiunge con il Principio passivo (-) l'elemento Acqua che per la sua passiva e inanimata superficie stagnante
può essere simbolizzata dal tratto orizzontale
-, formando in tal modo una
croce che, in questo caso, corrisponde al Sigillo di Salomone
(intreccio tra l'emblema del Fuoco e quello dell'Acqua che
genera gli altri due elementi: Aria e Terra)
Nella croce, il punto d'intersecazione che determina il Tre
esprime un doppio significato: il primo è quello di unione,
quale sintesi attiva delle Due forze congiunte. Il secondo è
quello di separazione, considerato come punto di «caduta», di
«neutralizzazione», di «arresto».
In termini alchemici è l'opposizione del «Fisso» al «Volatile».
Nel Nome ineffabile il Principio equilibrante è rappresentato
dalla terze lettera che lo compone: Vav (w)
immagine del nodo che unisce o del punto che separa il Nulla
dall'Essere. Il geroglifico che compone questa lettera è formato
da uno Yud (y)
unito, mediante il germe primario alla fonte Spirituale, alla
regione superiore dalla quale discende mentre il suo germe
derivato si prolunga verticalmente per dimostrare la sua
penetrazione attiva fino all'estremo limite inferiore della
manifestazione fenomenica.
L'unione della lettera Yud (y)
con la lettera Hé (h)
determina Vav (w),
infatti sostituendo alle lettere i rispettivi valori numerici
abbiamo: 10 + 5 = 15 = 1 + 5 = 6.
Sei, è quindi la cifra che corrisponde al legame Vav, numero che
rappresenta le Potenze Celesti, gli Élohïm, le « membra di Dio»
(8)
Sono le sei Sephiroth della costruzione e la Sephirah che ad
essi corrisponde è Thiphereth, lo Splendore, il Sole, Ra. É l'ideazio
ne di Dio riflessa nella materia e il Nome divino attribuito a
Thiphereth è il Nomesanto Yud-Hé-Vav-Hé.
Da notare che nella costruzione del Nome ineffabile il Principio
equilibrante e collocato dopo la manifestazione del Principio
attivo e di quello Passivo e ciò per dimostrare la differenza
esistente tra il principio stesso enunciato nel Ternario Supremo
e la sua realizzazione nel cosmo in Ternario manifestato, cioè
nel passaggio al quaternario fisico enunciate nel Nome divino
con la seconda Hé ; poiché «un abisso insondabile separa il
Ternario Divino dalle altre sette Se-phiroth». Per questa
ragione il Ternario Superiore: «la Bilancia che consiste nel
corpo dell'Antico dei giorni, non aderisce, non si vede»
(9) corrisponde alle tre Sephiroth
della manifestazione del Principio Supremo.
Rappresentate con un triangolo equilatero avremo, al vertice
rivolto in alto, la i i-ma di esse: Kether, la Corona - così
chiamata perché, come tale, tutte le altre sovrasta - è la
Suprema e Misteriosa Sapienza, il Principio di tutti i principi
La seconda che, in un ceno senso, può considerarsi come lo
sdoppiamento della prima è Kokmah, la Seconda Gloria, inizio
della idealità protesa in atto, trovasi disposta nell'angolo a
destra della base del triangolo e la terza: Binah, il Pensiero
maturato r pronto alle realizzazioni, nell'angolo opposto a
sinistra (10).
Ternari del secondo gruppo, che corrispondono ai sei Sephiroth
della Costruzione (11), si
trovano disposti nell'albero Sephirotico in due triangoli aventi
il vertice rivolto in basso, cioè in direzione opposta a quello
che li precede. La differenza essenziale tra questi gruppi
secondari e il loro -prototipo risiede nei fatto che nel primo
Ternario fu posto lo schema del consecutivo sviluppo consistente
nello sdoppiamento dell'unità in forze complementari opposte che
dovevano equilibrarsi in modo determinato; mentre i due Ternari
del secondo gruppo non sono che il riflesso, la proiezione del
primo nei piani più densi dei mondi morali e astrali così, i
successivi Ternari, risultano invertiti come l'immagine di un
oggetto che si riflette sulla superficie dell'acqua.
Il Ternario Supremo è nato equilibrato in armonia perfetta,
mentre i Ternari del secondo gruppo rappresentano delle
realizzazioni che dovettero equilibrarsi in conseguenza all'urto
causato dalle forze complementari opposte prodotte dai successi
vi sdoppiamenti.
«In alto, nella sfera dell'Essere l'opera è perfetta prima
ancora, in un certo senso, di essere iniziata, essa scaturisce
impeccabile dal Pensiero e dalla Volontà infallibile e il sue
sviluppo è conseguente alla sua Perfezione.
«In basso, nella sfera del Divenire, si pongono e si
manifestano prima gli elementi incompleti dell'opera e l'opera
stessa si realizza nella sua perfezione relativa solamente per
ultima.
«In alto, la meta è subito conquistata e da essa discendono già
tracciati i sentieri che la sua radiazione illumina.
«In basso, la via sale con difficoltà verso la meta intuita, ma
ancora ignorata ed è, in un certo senso, la strada che crea la
meta» (12).
Il Ternario costituito dalle prime tre lettere del Nome divine
esprime la Legge dell'equilibrio universale, Legge fondamentale
della Creazione.
«Io sono Dio Uno, ma tre Dèi sono in Me»
(13). Volendosi, in tal modo,
esprimere
Nel Genesi è scritto che Abraham, quando nel deserto di Mamre
ebbe la visione di Dio, «Levò gli occhi e vide tre uomini
davanti a lui» (14).
Il Principio attivo (Yud) e il Principio passivo (Hé) nella loro
unione equilibrata (Vav) devono dare, come avviene per qualsiasi
unione nel mondo manifestato, un frutto; così il Nome ineffabile
si trasforma completandosi in Yud-Hé-Vav-Hé dove la seconda Hé
esprime appunto quanto il Ternario divino genera: il Quaternario
materiale.
Mentre 3 è una cifra divina che permane sconosciuta
all'intelletto umano, 4 è invece quella della realizzazione, è
la proiezione del Ternario Supremo nel mondo manifestato, il
frutto generato dalla primitiva unione. Rappresenta i 4 lati del
Mondo, i limiti dell'Universo visibile.
La combinazione della cifra Divina 3 con la cifra materiale 4
produce due cifre che sono poste alle fondamenta del Cosmo:
3+»4=7 e 3X4=12
7 è la cifra della gamma universale (7 colori, 7 note, 7 giorni
della settimane 7 pianeti ecc:).
Dal punto di vista della Qabalah, 7 è formato da 3 + 1 + 3 cioè
da due ternari equilibrati dall'unità: «Dei 7, 3 contro 3 e 1
che stabilisce l'equilibrio fra loro»
(15).
Per ricordare la gamma universale i Kaldei costruirono a
Babilonia la Ziggurah, Etemenanki, «La pietra angolare del
Cielo e della Terra», la torre a 7 piani «la cui cima
doveva innalzarsi fino al cielo».
(16)
Per rammentare la stessa Legge Mosè fece costruire da Besaleel «Il
Candeliere d'oro puro; egli lo fece di lavoro tirato al
martello; così il suo gambo, come i suoi rami, i suoi vasi, i
suoi pomi e le sue bocce, erano di un solo pezzo. E vi erano sei
rami procedenti dai lati di esso; tre rami da uno dei lati di
esso e tre dall'altro» (17).
In Egitto ritroviamo nella Grande Piramide tutte le cifre base:
1 è il suo vertice, 3 sono i lati dei triangoli laterali, 4 il
quadrato della base. 7 la somma di 3 e 4, mentre 12 è la loro
moltiplicazione. Inoltre, addizionando i numeri base abbiamo:
3+7+12=22
Sono le 22 lettere che compongono la «Lingua sacra», le 22
lettere della fondazione (18) che
esprimono la Legge della Creazione, così suddivise:
3 Madri (19) Aleph, Mem, Scin che
corrispondono al Ternario Divino, cioè alla Suprema Legge
d'equilibrio.
7 Doppie (20) Beth, Ghimel,
Daleth, Kaph, Phé, Resh, Taw così chiamate perché comprendono i
pregi (+) e i difetti (-) che in astrologia si attribuiscono
agli influssi dei 7 pianeti. Lettere queste che corrispondono
alla Legge della gamma universale.
12 Semplici Hé, Vav, ZEn, Heth, Tet, Yud, Lamed, Nun, Samesh,
En, Tzadé, Koph.
Rappresentano i 4 Trigoni dello Zodiaco. Lettere che non
richiedono di essere equilibrate poiché la loro stabilità è
naturale; così essendo fissati immutabilmente i loro rapporti,
esse formano nel cerchio Zodiacale la zona nella quale la vita
si evolve.
Infine, sostituendo alla lettere che compongono il Nome
ineffabile il loro valore numerico avremo:
Yud-Hé-Vav = 10 + 5 + 6 = 21.
21 è il numero della manifestazione completa
(21) che conclude il ciclo
fenomenico, il ciclo che si svolge fra l'Alfa e l'Omega, tra
l'inizio e la fine (22).
Considerando Yud come unità, cioè addizionando i membri del
numero complesso che ad esso corrisponde per formare il numero
semplice:
10 = 1+0= 1 avremo: 1 +5+6= 12. Sono le 12 regioni dello spazio
nelle quali si compie la creazione fisica: i 12 segni dello
Zodiaco.
Aggiungendo la seconda Hé al Ternario Supremo avremo come
corrispettivo valore numerico nel Quaternario della
manifestazione:
10 + 5 + 6 + 5 = 26 ridotto al numero semplice 26 = 2 + 6 = 8.
8 è la somma dei due piattelli della Bilancia, che esiste
potenzialmente nell'Uno, con gli Élohïm - le sei Sephiroth della
Costruzione. É la Vita dell'universo retto dalle Leggi divine e
penetrato compiutamente dalle «Membra di Dio».
É la possibilità esistente nel misterioso settimo giorno quando
En-Soph, simbolicamente rappresentato dalla lettera Aleph,
compiuto l'atto sovrano che aveva concepito, si ristabilì nel
suo stato primitivo lasciando che le sue «Membra» compissero
l'opera dell'evoluzione creatrice.
«Io sono Uno divenuto Due, Io sono Due divenuto Quattro, Io
sono quattro divenuto Otto, ma io sono Uno che lo protegge».
8 è la cifra dello sdoppiamento definitivo del creatore Toum,
nell'insegnamento Egizio. L'iscrizione ritrovata sul sarcofago
della XXII dinastia espone l'analisi che si compie mediante
sdoppiamenti consecutivi e la sintesi che riconduce l'ultima
divisione all'Unità «che la protegge»
Anticamente la sintesi oltre che dall'ogdoade insegnata nel
centro inziatico di Khmunu (Ermopolis), letteralmente significa:
«la città degli otto», era anche espressa dalla Grande Enneade
divina (23) della scuola di On (Heliopolis),
prototipo dei Sephiroth della Qabalah ebraica. I due sistemi non
sono, in effetti differenti. Nel primo si tratta dei soli
sdoppiamenti non tenendo conto dell'Unità dalla quale provengono
e veniva impiegato dai sacerdoti-iniziati per esprimere la lotta
delle forze opposte che formano le diverse manifestazioni della
vita. Nel secondo, il punto essenziale consiste nella
penetrazione dell'Unità-Principio che si sdoppia
progressivamente.
In altri termini, l'Enneade simbolizza la ragione della vita
emanata dall'Unità e manifestata mediante le sue divisioni. L'Ogdoade,
al contrario, studia gli urti delle varie forze opposte,
createsi mediante la divisione dell'Unità, che formano il mondo
fenomenico.
Questi due aspetti rappresentano le due vie delle quali la prima
é quella della Fede e la seconda quella dell'osservazione.
Aggiungendo alla Grande Enneade Egizia il frutto dell'unione di
Osiride e Iside, Horus «il vendicatore di suo padre»
(Osiride è il simbolo della forza evolutiva) che ne realizza
l'idea lottando contro Seth (personificazione della forza
involutiva) otterremo l'Albero Sephirotico in tutto identico a
quello della Qabalah Ebraica. Albero composto da 10 Sephiroth.
10=1. Così l'idea del ritorno all'Unità, dell'elevazione, della
liberazione dalla schiavitù della materia nella quale cadde
l'essere umano si compie analogamente a quanto a avviene nella
decima e ultima Sephirâ Malcouth che, nell'Albero, simbolizza il
risveglio della forza sintetica che oppone l'evoluzione
all'involuzione e riconduce la divisione, giunta al punto
culminante, all'Unità; come l'Unità della decina segue lo
sviluppo delle nove unità che la precedono.
1. Siphra
de-Tzeniutha (Il Libro del Mistero Nascosto) 1,5.
2."E
Élohïm (L'Essere degli esseri) avendo terminato nella settima
manifestazione fenomenica l'atto sovrano che aveva concepito, si
ristabilì nel suo stato primitivo in questo settimo periodo,
dope l'intero compimento dell'opera divina che aveva effettuata”.
Fabre d'Olivet. La Langue Hébraique res. II,2
3. "Tale
è il segno (il tipo) delle generazioni dei Cieli e della Terra,
secondo il modo della loro creazione, nel giorno in cui Jhóah,
dispiegando la sua potenza creatrice, fece in principio i Cieli
e la Terra”. Fabre d'Olivet. La Langue Hébraique res. II,4.
4. Lao
Tzu - Il libro del Tao C. XLII.
5.
Ermete Trismegisto - Il Pimandro - Della Coppa e della Monade.
6.
L'ideogramma del Salnitro indica il predominio di
un Principio fallico maschile I nella materia 0.
7.
Nell'ideogramma del Sale la linea è invece
disposta orizzontalmente.
8. «In
principio Dio creò il Cielo e la Terra; questo significa: Dio
usò sei membra. Tutte le cose inferiori si appoggiano a questi
sei elementi». Siphra de-Tzeniutha I, 16.
9.
Siphra de-Tzeniutha I, 7.
10.
«Il Santo, che Egli sia benedetto, possiede due tesori uno dei
quali si chiama H'cmâ, l'altro Binâ; sono i due gradi
dell'Essenza divina che è composta di tre ed alla quale
conducono i sette gradi dell'Albero Sephirotico». Sépher
ha-Bahir - Zohar 1,38 h.
11.
Le sei Sephiroth della Costruzione sono ripartite in due gruppi
che, come si è detto, risultano rispettivamente disposti
nell'albero Sephirotico in due
triangoli aventi il vertice rivolte in basso.
Nel primo ternario abbiamo nell'angolo a destra della base
H’esed ovvero, la Grazia, la Misericordia, l'espansione della
Volontà. Nell'angolo opposto Guebourâ, il Rigore, la
concentrazione della Volontà e il vertice Thiphereth, la
compiuta bellezza, riflesso di Kether, l'Armonia raggiunta tra
la Misericordia e il Rigore, l'equilibrio stabilito tra
l'espansione e la concentrazione.
Nel secondo Ternario, disposto come quello che lo precede,
abbiamo Netzâ la Vittoria, espansione e triplicazione
generatrice, contrapposta a Hod, la Gloria, concentrazione e
rigore generatori. Netzâ e Hod corrispondono alle due colonne
del Tempio: Jakin (a destra) che significa «Colui che rafforza»
e Boaz (a sinistra) che simbolizza «Salute» e «Vigore». Yesod,
Potenza generatrice di Dio è il loro armonico equilibrio;
chiamata anche il Fondamento o la Fondazione, perché costituisce
il fondamento della decima Sephirâ Malcouth. Si attribuisce a
Yesod il nome di «Giusto» poiché è scritto: «Il Giusto è il
fondamenti del mondo».
Nelle sei Sephiroth della Creazione, che ne costituiscono le
«Membra», Dio ci appare nel primo ternario come Sommo Arbitro
poiché consente al Rigore di equilibrarsi con la Misericordia e
nel secondo Ternario come Sommo Generatore, fonte di ogni vita,
linfa di ogni forza.
La decima Sephirâ Malcouth, nella quale ci raccolgono tutti i
raggi delle Emanazioni che l'hanno preceduta, è denominata il
“Regno” poiché in essa Dio esercita la sua Regalità. Come
''Thiphereth” raffigura il sole, Malcouth corrisponde ella Luna.
Thiphereth è l'Albero della Vita e Malcouth e l'Albero della
conoscenza del Bene e dei Male.
É in Malcouth, nella Sephirâ più vicina al mondo, che il Male
verrà soggiogato e trasformato in Bene, prima che gli Esseri
morali facciano ritorno all'Unità originaria dalla quale
provengono.
12. A. Jounet
Commento al Siphra de Zéniutha.
13. Libro d'Apophis.
14. Genesi XVIII.
15. Sépher Yetzira
VI, S.
16. Iscrizione di
Nabupolassar.
17. Esodo VII.
18. Sepher
Yetzirah II, I.
19. Sepher
Yetzirah I, 13
20. Sepher
Yetzirah III
21. La lettera Taw
non esisteva effettivamente come lettera dell’alfabeto, era
espressa con il segno della croce nella scrittura fenicia mentre
nell'antico Egitto era la croce ansala, che esprimeva il ciclo
della vita concluso. L'alfa realizzato nell'omega. L'unità
perviene al culmine del suo sviluppo analitico. Simbolicamente
rappresentata dal XXII Arcano dei Tarocchi.
22. In questo caso
Alfa corrisponde alla parola egizia ââ che significa «grande»
per la sua unità sintetica e Omega a wr «grande» per l'analisi
totale, per la sua manifestazione definitiva nelle innumerevoli
differenziazioni dell'Unità primordiale.
23. Nella teogonia
Egizia Toum per realizzare la sua volontà emana il suo Verbo Rd
il quale iniziò la manifestazione del potere creatore
sdoppiandosi successivamente in Shou (forza espansiva) e Tefnut
(la materia primordiale). Il secondo sdoppiamento fu Geb la
Terra e Nout la volta celeste. Per popolare il mondo creato e
rendere reale la manifestazione due coppie sorsero
simultaneamente: Osiride-Iside (forza evolativa) e Seth Nephtys
(forza involutiva) Questi sono gli Dei; che compongono la Grande
Enneade.