Il Rituale che regola i lavori liberomuratori in grado d’Apprendista si divide significativamente in tre parti: apertura, svolgimento, chiusura dei lavori.
Preliminare all’inizio dei lavori è l’accensione del "Testimone" (una candela) da parte del Maestro Venerabile, il quale con questo gesto accende il fuoco interno (al Tempio e ad ogni officiante). È, questo, un fuoco simbolico che esiste in potenza e di cui dev’essere stimolata l’attualizzazione.

Così Professor Giuseppe Schiavone dell'Università di Legge in questo studio di grande interesse, pubblicato su Hirma n.1 del 1999.
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Il Rituale come eredità della Massoneria Operativa

 

Il rituale che regola i lavori liberomuratori in grado d’Apprendista si divide significativamente in tre parti: apertura, svolgimento, chiusura dei lavori.
Preliminare all’inizio dei lavori è l’accensione del "Testimone" (una candela) da parte del Maestro Venerabile, il quale con questo gesto accende il fuoco interno (al Tempio e ad ogni officiante). È, questo, un fuoco simbolico che esiste in potenza e di cui dev’essere stimolata l’attualizzazione. Ne deriva l’obbligo etico-iniziatico del passaggio coscienziale da uno stato inferiore ad uno stato superiore. Segue, come supporto sensoriale, la combustione dell’incenso, che corrisponde al Sole (mentre la mirra alla Luna), con lo scopo di purificare l’ambiente e i corpi sottili di ciascuno dei presenti, sollecitando in essi una corrente di forza vibratoria che li aiuta nel raggiungimento della serenità richiesta per compiere i lavori rituali; al medesimo scopo è finalizzata la musica, che stimola lo sviluppo della sensibilità spirituale e, quindi, l’elevazione coscienziale unitamente all’elevazione e intensità vibratoria interiore.


1) La prima parte comincia con l’ingresso nel Tempio. Prosegue secondo le modalità di Rito e il richiamo dei Fratelli alla presa di coscienza dei lavori che si stanno avviando. Si conclude con la lettura e approvazione della Tavola architettonica tracciata dal Segretario nella precedente tornata.
La marcia d’ingresso avviene in senso orario, è sempre destro-centrica e squadrata, e ha come finalità la costruzione del Tempio, ma non solo questa. I Liberi Muratori, membri di un’istituzione iniziatica solare, svolgendo i loro lavori sotto il supremo simbolo dell’astro di fuoco (di cui il Primo Sorvegliante è tenuto ad osservare scrupolosamente il corso), seguono il moto apparente del Sole, perciò passano da Nord (con partenza dalla parte più estrema e buia della Colonna di Settentrione, posta a sinistra del Primo Sorvegliante, l’angolo Nord-Ovest) ad Oriente, cioè dalle tenebre della profanità alla luce della conoscenza, dalla notte dell’incoscienza all’alba della coscienza; poi vanno a Sud e ad Occidente per diffondere la luce attivata (la conoscenza raggiunta) e così completare il ciclo.
L’iniziale squadratura del Tempio corrisponde alla delimitazione dello spazio sacro, che anticamente si compiva tracciando un’incisione (o quadrata o circolare) sul terreno in senso destro-centrico (ciò perché la destra indicava ed indica il verso del bene, mentre la sinistra il verso del male). La marcia d’ingresso erige una barriera magica di protezione energetica, separando il sacro dal profano, l’interno dall’esterno, ed è tanto efficace quanto più i Fratelli sono liberi (da rumori e influenze esteriori) e coscienti (del lavoro che stanno svolgendo). La direzione destro-centrica, inoltre, indica il movimento di avvitamento centripeto verso l’interiorità (ossia di introspezione) dell’Adepto, che così può raggiungere il proprio centro esistenziale (o centro di coscienza), il proprio Tempio interiore, dove sono in potenza il Logos, la Luce, il Verbum, l’Amore (a cui deve improntare il proprio comportamento) e da cui possono e debbono sprigionarsi le energie sottili che, entrando in circolo, arrecano benefici effettivi al soggetto che le attiva e alla comunità iniziatica di cui egli fa parte, alimentando così una forte unità di bene (Egregoro (1)), che sorregge e protegge la Loggia e, rivolgendosi all’esterno, contribuisce al perfezionamento dell’intera umanità.
 

2) La seconda parte è quella centrale, durante la quale si svolge l’argomento posto all’ordine del giorno, secondo quanto stabilito dal Maestro Venerabile o dal Consiglio delle Luci, sì da procedere adeguatamente all’istruzione del grado. Il lavoro di cui si tratta serve, quindi, per com-prendere e per entrare nella propria coscienza, dove ognuno, incontrando Dio, il Grande Architetto dell’Universo (G:.A:.D:.U:.), incontra se stesso e i suoi Fratelli, e contestualmente attiva le proprie energie interne migliori, procedendo dal "grosso" al "sottile". Si è come in un laboratorio sacro, dove si sperimenta un’arte demiurgica. Se tutto si compie correttamente, avviene una trasformazione sostanziale di dette energie, una loro sublimazione (il processo che porta allo sviluppo e consolidamento del secreto (2)), evolvendo verso una sempre più pura spiritualizzazione. È un’operazione di trasformazione alchemica delle forze in atto. Un analogo di ciò lo si può riscontrare nella Messa cristiana, appunto nella parte centrale di essa, nell’eucarestia, quando avviene la transustanziazione (una fase che ha valenze alchemico-spirituali) in ordine, poi, alla ‘comunione’ che avverrà più tardi. Inghiottire la particola significa interiorizzare il cibo spirituale (ossia la conoscenza, o illuminazione noetica, di volta in volta raggiunta) il quale, analogicamente parlando, dev’essere assimilato per nutrire, arricchire e trasformare l’essere d’uomo, sino alla sua trasmutazione spirituale. Nello stesso quadro ermeneutico si colloca il "pasto sacro" e l’"agape" dei Liberi Muratori. Questa parte si conclude con l’intervento sintetico dell’Oratore e del Maestro Venerabile, il quale, a questo punto, passa alla fase finale dei lavori, chiedendo ai Fratelli se hanno da aggiungere qualche proposta sulla base di quanto si è positivamente compiuto, i cui effetti devono ora avere un’esplicazione diffusiva, passando dall’interno all’esterno. Attraverso questo movimento, che si sviluppa precisamente nella parte conclusiva del Rito, i Fratelli ritornano nel mondo profano e – nella loro qualità di missionari laici – diffondono in esso l’energia sottile accumulata nel corso dei lavori. Si realizza così una delle finalità istituzionali più importanti del Grande Oriente d’Italia che, nel solco della secolare tradizione muratoria, opera per il bene dell’umanità e per la gloria del G:.A:.D:.U:.


3) Nella terza parte si opera in ordine all’estrinsecazione del seme aureo sin qui prodotto, ossia alla programmazione di attività dentro e fuori dell’Istituzione liberomuratoria. Perciò devono essere attività volte al bene di tutti, Massoni e non. Questa fase dei lavori trae la sua metodologia operativa da antichissime tradizioni, perciò utilizza espressioni desuete come "Figli della vedova" (3) (per riferirsi ai Liberi Muratori) e "Tronco della vedova" (per indicare il ‘tesoro’ che i presenti ai lavori costituiscono con le loro oblazioni per il bene dell’umanità). Nel "Tronco della vedova", infatti, si concretizza e raccoglie (in termini reali e non solo ideali) l’energia d’amore che è stata attivata durante lo svolgimento dei lavori, particolarmente nella parte centrale, come s’è detto. L’amore diventa un dono concreto da consegnare ai profani particolarmente bisognosi d’aiuto. Consiste nella proiezione o diffusione di quel qualcosa di buono che è stato prodotto dai lavori iniziatici e che ora viene esternato e distribuito, in questa forma, nella società civile, per costruire il Tempio esterno, dopo aver dato il proprio contributo per l’edificazione (in certa misura) del Tempio celeste e del Tempio interno. In termini alchemici, il "Tronco della vedova" contiene la prima materia, la prima condensazione degli effluvi spirituali e d’amore emessi, con intensa vibrazione interiore, dai Fratelli riuniti in Catena. Essa poi (la prima materia), data la sua specifica qualità agapica, non deve servire scopi d’arricchimento personale, perciò la generosità dei Fratelli la devolve in opere di bene in favore della società civile. Pertanto si configura anche come una prova di efficacia, coerenza e pubblicizzazione di quanto si è fatto precedentemente.


L’insieme di questo passaggio rituale è analogo al momento della ‘comunione’ cristiana (avviene anch’esso verso la fine della Messa), quando il sacerdote offre al popolo dei fedeli il Frutto dell’Opus da lui compiuto. È un’operazione solenne di concreta offerta pubblica a tutti di partecipazione fraterna alla ‘risurrezione’ di Cristo (alla ‘ri-nascita’ di Hiram, nella simbologia massonica). Ciascuno, ‘inghiottendo’ il simbolo della rinascita (‘ricevendo dentro’ il principio fecondatore, poiché qui il corpo funziona da vaso), lo interiorizza facendosi fecondare, e s’impegna solennemente a cooperare all’unità dell’assemblea, con l’aiuto della quale può più agevolmente e fattivamente agire, come già detto, per il bene dell’umanità e per la gloria del G:.A:.D:.U:.(4)
La tradizione massonica àncora questo complesso e significativo simbolo anche ad un episodio della vita di Cristo raccontato nel Vangelo di Marco (12, 41-44). Il passo in questione, che ha come titolo "L’obolo della vedova", così recita: Cristo, "sedutosi di fronte al tesoro [del Tempio], osservava come la folla gettava monete nel tesoro. E tanti ricchi ne gettavano molte. Ma venuta una povera vedova vi gettò due spiccioli, cioè un quattrino. Allora, chiamati a sé i discepoli, disse loro: «In verità vi dico: questa vedova ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Poiché tutti hanno dato del loro superfluo, essa, invece, nella sua povertà, vi ha messo tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere»". La morale di questo brano evangelico, com’è evidente, è che agli occhi di Cristo non basta donare, ma è importante come si dona, assumendo rilievo un criterio di proporzionalità dell’obolo in rapporto ai beni di fortuna posseduti dal donatore.
 

In linea con ciò, sempre nella tradizione massonica, l’espressione "Tronco della vedova" è stata ufficialmente intesa come "borsa di beneficenza"; così, infatti, viene chiamata negli Statuti generali dei Liberi Muratori pubblicati in Napoli nel 1820 (attualmente ristampati dalla casa editrice Bastogi, Foggia, 1986): "Il fratello Elemosiniere è il depositario ed il distributore di tutti i fondi destinati al soccorso dei bisognosi" (art. 202). «In tutte le assemblee massoniche egli porta in giro la borsa di beneficenza [...]» (art. 203). Così anche nella tradizione dei Carbonari e nei Regolamenti e Statuti dell’Adelfia Grado di Sublime Maestro Perfetto (elaborati da Filippo Buonarroti nel 1818), dove si legge che verso la fine dei lavori rituali "il Saggio [corrispondente al Maestro Venerabile] invita la C. [il Fratello che rappresenta la Colonna o Custodia] a far percorrere ai meridiani l’urna delle proposizioni, nella quale i FF. [Fratelli] possono mettervi i biglietti contenenti i nomi de’ ciechi [profani], che vogliono proporre, come pure le mozioni, che crederanno utili alla prosperità dell’O. [Ordine] e della [Chiesa] [qui corrispondente alla Loggia dei Massoni]. In seguito la C. fa circolare la cassetta di beneficenza. Il Segretario fa il transunto di quanto si operò nella seduta".
 

Un’altra tradizione fa risalire le espressioni "Figli della vedova" e "Tronco della vedova" alla leggenda di Iside, vedova di Osiride. Questi, ingannato dal fratello Tifone (chiamato Seth dai greci), fu messo vivo in un cofano e gettato nelle acque del Nilo. Iside, informata della tragica fine del suo sposo, si mise d’impegno nella ricerca del suo corpo, che trovò dopo qualche tempo nella Fenicia, sotto un tamarisco. Se lo portò in Egitto. Tifone però, venuto a sapere del ritrovamento, riuscì ad impadronirsi del cofano, l’aprì, ridusse a pezzi il corpo di Osiride, lo dissezionò in 14 parti (in 26, secondo altri studiosi), disperse poi in differenti località dell’Egitto. Iside le cercò con dolore e con amore, ed ovunque le trovasse lì edificò un tempio osirideo, riuscendo infine a unificarle di nuovo quasi tutte, tranne una, il fallo, ch’era stato inghiottito da un pesce. Rinchiuse quindi le membra del marito in una bara (che allude al vaso filosofico, o "Tronco della vedova", sigillato ermeticamente) e donò agli uomini i riti dell’immortalità (il cui secreto ella custodiva in sé), finché si riunì al suo caro sposo nella medesima tomba. Il significato ermetico di questo racconto si riassume nella formula dei Filosofi: Solutio corporis est coagulatio spiritus(5).
Torniamo ora ai rituali massonici. Dopo che si sono concluse le operazioni di cui sopra, il Maestro Venerabile, accertatosi ch’è giunta l’ora prescritta (cioè che tutte le fasi dell’Opera sono state progressivamente portate a buon fine), udito dal Primo Sorvegliante che "tutto è giusto e perfetto", dà atto ai presenti che l’Opera è stata compiuta (Opus peractum est!) e, congedandoli, augura la pace.
 



1. Egregoro, dal greco egéiro = sveglio, egrégora = sono vigile, egrégoros = vigilante, vegliante (Buddha significa il Risvegliato). Nel linguaggio massonico con la parola ‘Egregoro’ s’indica un’entità collettiva ideale, fecondata e sviluppata spiritualmente da un’assemblea riunita in catena fraterna che si riconosce solidale in una comune idea di bene. L’Egregoro rimane sempre collegato al gruppo che l’ha generato (e che continuamente lo alimenta) restituendogli ciò che dal medesimo riceve. Nel Libro di Enoc (VI, 1-6; VII, 1) gli Egregori sono i Vigilanti (Egrégoroi), cioè gli angeli che deliberarono di scendere sul Monte Armon (Hermon) a vegliare e istruire l’umanità, insegnando "incantesimi e magie", "il taglio di piante e radici", ecc. (Ivi, VII, 1), allo stesso modo che Prometeo insegnò ai mortali tutte le arti. Per essere sempre fortemente uniti e per aiutarsi scambievolmente dissero: "Giuriamo, tutti noi, e ci impegniamo che non recederemo da questo proposito e che lo porremo in essere" (Ivi, VI, 4). Sull'Egregoro è possibile consultare in questa stessa sezione: L'Eggregore: da Henoch agli Elus Choen e il Rito e l'Eggregoro.

2. ‘Secreto’ è parola che ingloba anche il significato di ‘segreto’, ambedue hanno la medesima radice, derivando dal latino secerno, is, secrevi, secretum, secernere.

3. L’espressione "Figli della vedova" fa riferimento a Hiram che, com’è scritto nell’Antico Testamento, era "figlio di una vedova della tribù di Nèftali" (1 Re, 7, 13-14). Pertanto, i Massoni, che sono suoi fratelli ideali, si considerano analogamente figli della medesima madre vedova.

4. L’unione di tutti i credenti in Cristo è pure dimostrata dalla colletta organizzata dall’apostolo Paolo nelle chiese dei pagano-cristiani, in favore dei fedeli di Gerusalemme. Per Paolo questa colletta non è un semplice gesto di liberalità, e non è neppure anzitutto un’espressione vaga di carità fraterna. Essa pone in evidenza la comunione che unisce tutti i credenti e che ha la sua origine in questo fatto: sono tutti uniti al medesimo Signore e sono "uno" in Lui (2 Corinti, 8, 3-4). La colletta diventa un atto di comunione cristiana, un segno dell’unità della chiesa e della solidarietà dei pagani e dei giudei che la chiesa riunisce in un solo corpo.

5. La morte e divisione di Osiride in pezzi è la soluzione della materia. Il cofano in cui egli viene rinchiuso è il vaso filosofico (o Tronco della vedova) sigillato ermeticamente, dove la materia, impregnata della virtù ignea regale, è racchiusa nell’umido radicale. Tifone e i suoi complici sono gli agenti della dissoluzione, che è comunque il presupposto della volatilizzazione dell’oro filosofico nella fase propedeutica di liberazione dalla materia medesima. La riunificazione asessuata delle stesse membra, compiuta per le cure della Vedova, indica la fissazione ad un altro livello, più alto. Infine, il ricongiungimento di Iside col suo sposo nella medesima tomba vuol dire che la materia dissolta consente all’oro filosofico di coagularsi e fissarsi nello stesso vaso.

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