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Par che sia costumanza ora di uomini e di partiti politici di parlare con modo sentenzioso della Massoneria, che non preoccupa più soltanto i clericali. Non sarà perciò inopportuno che oggi si senta la voce d’uno spirito d’aquila, per acutezza di vedute e per amore di libertà. È sempre interessante conoscere le idee d’un pensatore, ma credo che più che interessante sia addirittura utile, quando queste idee in una disputa possono servir di guida o almeno di chiarimento autorevole.
Così Alfredo Poggi in questo studio di grande interesse, datato 1948. Il documento è opera d'ingegno dell'autore e obbliga soltanto lo stesso. Ogni diritto è riconosciuto. La diffusione in rete è subordinata all'indicazione della fonte e dell'autore.
© Alfredo Poggi
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presenti i seguenti documenti:
Lezioni sulla Massoneria
Dialoghi
Massonici
Concetto di una storia dell'Ordine dei Liberi Muratori
Sulla
"Filosofia della Massoneria" di
Johann G. Fichte
Par che sia costumanza ora di uomini e di partiti politici di parlare con modo sentenzioso della Massoneria, che non preoccupa più soltanto i clericali. Non sarà perciò inopportuno che oggi si senta la voce d’uno spirito d’aquila, per acutezza di vedute e per amore di libertà. È sempre interessante conoscere le idee d’un pensatore, ma credo che più che interessante sia addirittura utile, quando queste idee in una disputa possono servir di guida o almeno di chiarimento autorevole. Della Massoneria scrisse Fichte in sedici lettere che pubblicò nel 1800 nelle Eleusinie del secolo XIX, edite da I. K. A. Fischer ed in cui, dopo i dialoghi di Lessing: Ernst und Falk, è contenuto il pensiero più puro della Massoneria. Fichte riassume in queste lettere, dirette ad un massone, alcune conferenze che - per incitamento del suo amico Fessier - tenne a Berlino ad un numeroso gruppo di massoni d’ogni rito. Comincia col dare nella 1° lettera uno sguardo allo svolgimento storico della Massoneria, che mai poté essere deviata o indebolita per le violenze e le persecuzioni dei potenti o per i dubbi e l’indifferenza di militi stanchi. Il segreto onde si vale la Massoneria, e che le vien rimproverato come grave colpa dalle pudibonde vestali della morale politica, è ritenuto da Fichte valido non come principio o come costume, ma come condizione di guerra necessaria, necessaria perché sia e si sviluppi. Altra volta io ebbi a paragonare il segreto massonico alla classica testudo, onde si servivano i legionari romani, per offendere il nemico senza grave danno loro. Fichte si pone l’obiezione se il segreto non possa ingenerare il sospetto che nelle logge si radunino procaccianti ignobili, fanatici ambiziosi, gente immorale, solo intenta a vincere la vita con appoggi immorali contro i meritevoli. Ma risponde l’anima serena del filosofo che un tale sospetto deve scomparire dalla mente di chi veda che «in ogni tempo, i più saggi, i più onesti, i più degni uomini per talento, per scienza e per carattere sono iscritti all’ordine massonico». Quegli uomini cui ci abbandoneremmo fiduciosi come a maestri di vita esemplare, diventerebbero forse indegni ai puri animi degli avversari sol perché ... sono scoperti tra le file massoniche O questi benemeriti son persone degne di stima e ogni avversario in buona fede deve ammettere che la Mas-soneria, che li ha militi obbedienti, sia ambiente ove non si commettono malefatte; o si vuol affermar tuttavia questa accusa e quei massoni che son figure rappresentative nell’arte, nella politica, nelle scienze debbono essere considerati o come imbecilli o come manutengoli - aut aut. - Né si dica, aggiunge Fichte, che tali uomini siano entrati nell’ordine per caso; perché invece questi «uomini veramente saggi ed onesti che noi tutti conosciamo hanno nell’Ordine lavorato seriamente, vi son progrediti, hanno collaborato ai suoi fini, spesso sacrificandogli loro proprii ed importanti fini». Il nostro filosofo non si ferma a questo, ma prosegue e conclude con calore di convinzione: «E se è vero che, sia pure un solo uomo senza alcun dubbio saggio e virtuoso, s’è occupato seriamente nella Massoneria; è altrettanto vero che essa non solo non è una sciocchezza, ma ha invece uno scopo serio ed alto!». E nelle lettere successive Fichte parla appunto dello scopo dell’ordine massonico, cominciando a confutare quello che si crede della Massoneria o per malizia o per ignoranza. Nel mondo si crede che essa sia un partito o una sètta areligiosa, laddove, per obbligo statutario non deve entrare nel campo politico o religioso, come non può, per sua natura, perdersi in lavori superficiali o avventurosi; avendo ella il solo scopo morale di tendere non alla felicità esterna, ma a quella interna dell’uomo. Il fine supremo dell’Umanità, il più alto perfezionamento, é anche il solo fine della Massoneria. Infatti tutti i riti, tutti i simboli della vita massonica, per chi li conosca sia pure superficialmente, esprimono questa unica, intima ansia che urge il massone in ogni momento dei suoi lavori. Par che Fichte quasi prevedesse lo sghignazzo beffardo dei molti avversari che oggi ironicamente potrebbero interpretare a modo loro ed ingiuriosamente per l’ordine il vantato «perfezionamento» - giacché l’entusiastico filosofo - che in questo campo è maestro di color che sanno - incalza ed osserva che non si tratta di un apparente perfezionamento di stato sociale, che anzi, se fosse posto come scopo, sarebbe così parziale e unilaterale da esser di grande ostacolo al primo ed universale fine. Se la Massoneria perseguisse uno scopo così limitato e materiale, sarebbe un istituto superficiale e di valore transitorio, mentre invece essa é e vuol essere per la Società umana una istituzione, che mai in nessun luogo ed in nessun tempo possa essere opera vana o alla mercé d’ogni procacciante. Essa in pratica deve avere lo scopo di «annullare nella società i danni della ineguale distribuzione di cultura, di addolcire la cultura specializzata e unilaterale con la cultura generale, multilaterale dell’uomo come uomo». Nessuno ha quindi il diritto di ritenere l’aiuto personale e legittimo dato da un massone a un massone come scopo universale della istituzione stessa, che di questi rapporti privati tra i Fratelli non s’occupa né deve né può occuparsi. E se un cattolico onestamente appoggerà e aiuterà un cattolico anzi che un israelita, dovrà forse dirsi che la religione cattolica è una associazione di mutuo appoggio? A noi pare - scrivendo queste semplici cose - di rubare il mestiere a De La Palisse; eppure a tanto é ridotta la polemica massonica in Italia! A ciascun iscritto, la Massoneria non chiede altro che la franca e diligente cooperazione allo scopo morale ch’ella persegue e non si adonta se ognuno vi coopera in modo vario, secondo le proprie attitudini. «Ciascuno - ammonisce Fichte - parla e dà quel che ha: l’uomo di pensiero chiare e precise idee; l’uomo d’azione prontezza e destrezza nella pratica; l’uomo religioso il suo senso religioso; l’artista il suo entusiasmo artistico. Ma nessuno dà questa sua opera come l’ha acquistata e l’ha accresciuta nel suo stato sociale. Ognuno lascia da parte tutto quanto ha di particolare e solo esprime dal suo animo quello che è diventato suo prodotto interno, e lo pone in atto in modo da poter giungere utile ad ogni socio. La Società dal canto suo seconda questo sforzo, sì da rendere la unilaterale cultura d’ognuno utile a tutti ed universale. In questa colleganza reciproca, ognuno riceve nella stessa quantità in cui dà e precisamente perché egli dà egli riceve; riceve in altre parole la capacità di poter dare». La Massoneria appare a Fichte un tutto morale come la Chiesa, che è il luogo ove si soddisfa il bisogno religioso, come quello é il luogo ove si soddisfa il bisogno umano d’un puro perfezionamento morale. Ma come può ottener questo la Massoneria sul massone, e come influisce sul mondo profano? si chiede Fichte. In ognuno la vita e la disciplina massonica sviluppa una maturità ed una severità di riflessione, che è la condizione più propizia per quello spontaneo perfezionamento cui l’uomo tende, e di cui il segno principale é la forza addolcita dalla grazia. Ed infatti l’uomo che abbia padronanza su di sé non è soltanto fermo nel volere, ma è pure urbano nell’agire. «Così come la disciplina massonica apporta maturità spirituale - conclude Fichte con reminiscenza ellenica - così soave poesia si disposa alla chiarezza della mente e alla fermezza del cuore e la bellezza si unisce con la sapienza e con la forza». Nella 6° lettera, con stile di pura ed alta ispirazione, Fichte tratteggia il profilo dell’uomo colto, dell’uomo che mediante l’educazione massonica è elevato alla piena perfezione. Non ostante questa attenzione su di sé il massone, essendo socio della società, esercita, come tale, viva l’influenza sul suo ambiente, sulla famiglia, sugli amici, sul Comune, sullo Stato, e «nessuno nella più vasta società ricoprirà la sua funzione con intento migliore di chi può vedere al di là del suo piccolo posta». Tale é l’educazione che la Massoneria con uguale amore esercita in tutto il mondo, con la quale tende a riformare il sentimento degli uomini, e forma «i soci più idonei della grande Società:... non solo pronti al loro dovere, ma dotati di criterio, guerrieri umani, buoni padri di famiglia e colti educatori dei loro figli». È l’uomo lungimirante, che non vede il suo bene nell’oggi, ma nell’avvenire, e non tanto in sé piccolo animale, quanto in sé parte di un tutto più ampio, in sé come valore spirituale. É l’uomo che tanto più e tanto meglio sentirà il proprio io, quanto più avrà questo suo io dilatato e quanto più lo avrà arricchito di doveri, quanto più egli si sentirà religatus a qualcosa che lo supera nel tempo e nello spazio. La Massoneria eleva i suoi militi al di fuori e al di sopra del loro limitato campo di azione, della loro condizione sociale ad una concezione della vita universale e religiosa, senza tuttavia offendere o toccare i culti varii, in cui la religione si mostra. Egli è perciò che nella Massoneria si stanno paghi e spiriti, che si son distaccati dalle religioni positive e bramano libera sentire la propria ansietà religiosa verso un plus ultra che trascenda le angustae regionis vitae, quibus circonscripti sunt, e spiriti che questa loro ansietà soddisfano con una forma religiosa che apparisce loro come una contingente e più chiara espressione della pura religiosità, spirito dell’azione massonica.
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Non molto diversamente pensava Lessing, che nel 2° dialogo del suo Ernst und Falk scrive che é vano parlare d’uno Stato opposto al cittadino, giacché la felicità dei cittadini forma la felicità dello Stato e viceversa. Ogni costituzione statale che su questo requisito morale non si fondi o non abbia questa aspirazione é immorale. Anzi non sarebbe secondo i consigli di natura, e, mentre la migliore forma di Stato sarebbe pur tuttavia difettosa, pure una siffatta costituzione che riduce al minimo i difetti statali non é stata ancor trovata. Gli uomini son fra di loro, nella vita contingente, divisi per razza, per costumi e per religione, quando non ci fossero le divisioni più artificiali di classe che accrescono i mali onde l’uomo sociale é afflitto. E lo sforzo dell’uomo quale deve essere? Di sottrarsi grado a grado a queste divisioni che lo imbestiano nell’odio e di sollevarsi ad una concezione di vita, in cui queste divisioni più non abbiano influenza o abbiano l’influenza minima. É da desiderarsi che nessuno più sia schiavo dei pregiudizi di patria e di religione e di classe; ma ognuno sia o senta di poter essere uomo. La superbia non sia la cieca affermazione del proprio egoismo di classe, di patria, di religione, ma quella di chi sente in sé l’Umanità come forza fattiva, come nobiltà caratteristica ch’ei deve rispettare in sé e negli altri come fine e mai come mezzo. Ed il massone solo, che nella Loggia si affratella al di sopra d’ogni distinzione, é l’uomo più idoneo ad aspirare a siffatta società ideale, che se pure mai sarà, tuttavia avrà tale forza attrattiva da provocare un progressivo perfezionamento umano e politico. La Massoneria che nel mondo tutto, senza alcun limite lavora a questo scopo, affratellando ogni coscienza volenterosa, che opera con la modestia di chi fa il bene e non si mostra, la Massoneria solo con lenta e paziente educazione purifica l’uomo d’ogni egoismo, e gran parte del lavoro che fa oggi é fatto con la speranza ch’esso divenga sempre più inutile. Quando? Quando l’uomo avrà ritrovato sé stesso e la società sia una grande Massoneria. Conoscono questi concetti i socialisti faciloni che parlano di Massoneria e che ignorano che la Massoneria, con questa lenta e continua propaganda morale, prepara il terreno più adatto alle loro rivendicazioni, che un così profondo lievito morale contengono? E non sanno essi che la loro campagna tende a sempre più impoverire il partito di quella forza ideale, che pure ha e deve avere, non ostante le denegazioni degli ultra materialisti della storia? La Massoneria, come il Socialismo, afferma che la società non può star sempre fissa in una forma, ma muta, e muta non casualmente, ma sempre in meglio, con continuo progresso in rapporto alle condizioni fatte all’uomo; sì che «tutti i rapporti sociali debbono progressivamente divenir più puri e perfezionarsi». E in quanti luoghi Marx non appare compreso dell’importanza morale che deve avere la mutazione dei rapporti di produzione? La Massoneria é un istituto di preparazione a questo fine: essa unisce le diverse attività in una sola forza e le rende cooperanti ad una stessa méta. Ella si fonda - ammonisce Lessing - sugli spiriti che sian legati da reciproca simpatia sociale e accoglie nel suo seno al lavoro comune tutti gli uomini indistintamente. Perciò é utile, é atta a ciò cui tende ed è necessaria, concludono il Lessing ed il Fichte. Lo scopo finale, più universale, dell’Umanità, per Fichte è poter giungere ad una Ecclesia puramente morale, ad uno Stato assolutamente giusto, in cui l’uomo possa sommettere la natura istintiva al comando del volere. È lo «Staats ideal» cui Kant aspira nella sua Idee zur einer allgemeinen Geschichte in weltburgerlicher Absicht, uno Stato «ove la libertà d’ognuno sia possibile e tutte le naturali disposizioni della Umanità possano svilupparsi verso il loro scopo». E difatti - continua Lessing nel suo quinto dialogo - la Massoneria segue il destino della società umana; ambedue si influiscono vicendevolmente e ovunque la Massoneria si lascia scorgere, là v’é una sana e leale costituzione statale; ovunque la Massoneria deve esser nascosta per non esser perseguitata, là v’é una costituzione statale debole e difettosa. Ma la Massoneria non si lascia vincere, perché riposa su una delle più interne e vive aspirazioni umane e non si forma di vincoli esterni ma di vincoli interni e puramente spirituali! Sì che ella - con vario nome - ha sempre seguito le trasformazioni della società umana, sotto varie forme è sempre esistita; perché, secondo Lessing, l’uomo, nelle condizioni politiche troppo distratte e frettolose, non ha trovato sempre l’appagamento del suo spirito, ed ha avuto bisogno di ritirarsi in segreta meditazione, in nascosto e geloso allenamento alla lotta per il trionfo morale. Difatti tutti i simboli, dai lontani e fantasiosi degli Egizi agli odierni e spesso incompresi dei massoni, son segno di questa aspirazione del massone a divenir pietra polita da pietra grezza!
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Né la Massoneria è delle religioni nemica, come si afferma da ogni parroco di villaggio. È certo avversa alla Chiesa di Roma, che oggi smorza e non suscita il sentimento religioso, e sempre più s’allontana dal cristianesimo evangelico, dando sempre più valore all’esteriorità a danno dell’interiorità: di questa Chiesa che appesantisce la religione in un piatto materialismo di domanda ed offerta, la Massoneria é nemica, erede in questa sua ostilità di tutta l’avversione, onde la Chiesa fu sempre fatta segno in Italia e fuori, per secoli e secoli da grandi spiriti. Ma la Chiesa, - osserva Fichte - non è il nocciolo, bensì il guscio della religione, e perciò la presunzione dei Papi contro i massoni, a nessuno - che abbia intelletto - dà il diritto di affermare che costoro siano gli empi, gli atei, i nemici d’ogni religione. Anche qui si giudica per prevenzione senza conoscere né idee né fatti. Con uguale serietà e serenità fu accusato di ateismo Fichte, quando insegnava a Jena nel 1798, sol perché egli aveva esposto quel che sono le sue idee religiose e che convengono anche alla dottrina massonica. Potrà dirsi ateo e areligioso chi d’Iddio abbia il più alto concetto possibile: il concetto ultrapersonale? Tanto che egli non osi e non voglia neppure usare la parola Dio, che é - nella mente del volgo come nella mente, per esempio, di don Emanuele del Fogazzaro - divenuto il nome proprio d’un bravo uomo, determinato per figura, per età, per domicilio e pronto a concedere le sue grazie a chiunque, a determinate condizioni, fra cui quella d’essere adulato ad ogni ora e ringraziato ed invocato! Fichte non ammetteva un Dio personale e circondato da altre persone tutte intente ad esaudire i voti dell’umanità terrestre, né ammetteva che fosse una sostanza che sarebbe tuttavia stata individuata in qualche modo. Egli vede il Cristianesimo pervertito dall’esteriorità cattolica e dal teologismo protestante, e resta fermo nella sua fede contro i semplici, i quali non vedono Dio che in una determinata persona: anzi costoro sono per il fiero filosofo i veri atei, che, non avendo alcun concetto di Dio, si creano un Dio falso ed iniquo! Ricordate l’invettiva di Rousseau, quando nel quarto libro dell’Emilio non vuole che sia parlato secondo il comune senso di Dio ai fanciulli, perché essi ne apprenderebbero una falsa immagine, che terrebbero poi nel cuore per tutta la vita, con danno dello sviluppo della vera religiosità? Iddio é un principio, é l’ordine morale in cui è ordinato tutto l’Universo; come l’anima non è una sostanza ma non è altro che il pensare, il desiderare, il sentire; così Iddio non é un’essenza ma è il necessario e ognor crescente divenire, conservare, governare che noi ammiriamo nel mondo. E allora - se di Dio si deve avere un concetto così puro ed estraneo al concetto materiale che ne ha il comune della gente - perché ripetere questo nome che così diversamente suona alle orecchie di chi ascolta? A lui si può ben rivolgere l’accorato verso di Francesco Chiesa, di questo poeta che sente e vive la più pura ansietà religiosa:
… te che l’uom converta nelle sue stolte fantasie, non voglio! Parlano le tue labbra altra loquela: altre felicità, divine paci il tuo volto di là dal mondo anela!
( La Statua Sepolta)
Divine paci! o predicatori d’un al di là piccolo come la piccola vita! Divine paci che son ben diverse dalle umane paci sensuali e caduche! Ed invece l’Umanità bambina si gingilla tuttavia con un Dio che le é simile e che odia e ama come si odia e si ama su questa terra!
Alti s’adersero i templi ove in aspetti riflessa di muti numi te stessa Propiziando contempli!
(Al vello d’uomo. A.Graf)
L’Umanità adora sé nel suo Dio come Atta Troll insegnava ai suoi orsacchiotti che il suo Dio, onde attendeva beneficii, era un orso grande, bello e buono; come - secondo Senofane - i cavalli o i buoi adorerebbero un cavallo od un bue, se potessero rappresentarsi un Dio. E questa volgare religione per i massoni è una immoralità, essi non avrebbero ritegno ad accettare le parole di Emile Faguet: «La croyance en un Dieu rémunerateur et vengeur est peutêtre postulée par la morale; mais elle la détruit . .. Cette croyance est immorale, on peut aller jusqu’à dire trés logiquement! qu’elle est l’immoralité même!». È la innata tendenza egoistica che ha spinto l’uomo a postulare un Dio così pronto ai nostri reclami (Dieu fonctionnaire); e la morale, epurandosi, deve distaccarsi da questo puerile antropomorfismo, che offende la maestà di Dio e deve purificare il concetto del divino da tutto quello che ha di egoistico e di volgare. E tendendo a questo, volendo questo, non si spegne già il sentimento religioso, ma si chiarisce, si riduce alla sua pura espressione di «attitude - diremo con Gaston Pageot - qui consiste à reconnaître dans l’Univers du divin, c’est à dire de l’inexprimé, de l’ineffable, c’est à dire encore ces multiples et armonieux rapports des êtres et des choses qui échappent, échapperont toujours à l’intelligence abstraite». Tendendo a questa semplicità religiosa, si ritorna alla semplicità dell’Evangelo, tanto, tanto più profonda della complicazione dogmatica, che fa scervellare ogni fedele, ci si distacca dalla visibile e materiale Chiesa di Roma, per riunirci in una Chiesa spirituale e pura, e si comprendono finalmente le parole di Luca evangelista (XVII-21): «E non si dirà.: eccolo qui, eccolo là, perciocchè ecco, il regno di Dio é dentro di voi!»
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S’é visto quali sono gli ideali politici, sociali e religiosi della Massoneria secondo Lessing e Fichte: ci si domanda ora quale sia o debba essere l’atteggiamento del massone nella società e nello Stato «le cui leggi debbono ad ogni modo servire (ripete Fichte) al più alto svolgimento dell’Umanità». Nell’animo del massone debbono unirsi in armonia l’amore per la patria ed il sentimento cosmopolita: quello é l’azione, questo é il pensiero del massone! Ecco una formola che, nella sua brevità tacitiana, esprime un pensiero che é incompreso o frainteso oggi dai nazionalisti, e che ricorda la parola di Mazzini che indicava come fine direttivo (pensiero quindi!) la Umanità e come mezzo necessario (azione) la Nazione. Prender come fine unico e prevalente la patria, può trascinare l’uomo a turbamenti di valori morali, s’inverte alcuna volta il bene ed il male e non sempre - secondo Lessing - si sa, trascinati dal fanatismo, quando il patriottismo cessi di essere virtù. Mentre se l’ideale patriottico é subordinato a quello di Umanità, sì che non si veda fra i due ideali un antagonismo, ma una reciproca influenza, si vedrà il bene della patria solo nel bene dell’Umanità, e mai la patria sarà tanto amata e onorata come quando essa ci apparirà come una nobile parte di un più vasto mondo. Egli é perciò che Kant chiudeva le sue lezioni di pedagogia con questo incitamento: «I ragazzi si devono rendere famigliari con questo interesse (pel bene universale) se si vuole che le loro anime ne siano veramente riscaldate. Essi devono gioire del bene di tutto il mondo anche se questo non è il bene della loro patria o il loro particolare». Questa é la tendenza educativa della Massoneria, che non offende o cancella dal cuore dei suoi militi l’amore per la patria (tra le altre domande del testamento cui l’iniziando deve rispondere v’é anche questa: «Cosa dovete alla patria?») ma lo amplia e lo valorizza nell’amore per l’Umanità. E questo é l’unico patriottismo che convenga ad esseri ragionevoli e che s’accordi con la legge morale. Né può per questo il massone adagiarsi in un falso cosmopolitismo, vano nome senza soggetto; ma egli si ispira a quell’ideale perché sa che egli e la sua patria hanno valore solo per il gran Tutto etico, di cui son parti organiche, perché egli sa che solo perciò egli ha in giusta misura influenza nel posto che occupa. Fichte qui ripete un concetto che gli é usuale e che s’incontra in altri suoi scritti. La Massoneria, appunto perché mossa da questo ideale, segue le trasformazioni dello Stato, le trasforma, le corregge, le anticipa, e pur costringendo i suoi soci ad obbedire alle leggi siano pure imperfette, tuttavia li educa a nuove forme che rispondano meglio alle esigenze della morale. In questo senso la Massoneria è una officina in cui si elaborano idee e si preparano forti e diritte volontà, con una riflessione - dice Lessing in fine al suo quinto dialogo - elle fa trovare ciò che é attuabile delle forme vere, cioè ideali, e ciò che é vero di quanto é attuato. Così dai Pitagorici ad oggi il lavoro massonico - vario nei tempi e nei luoghi - ha avuto sempre e solo questo scopo politico-morale.
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Considerando ora il terzo aspetto dello scopo ultimo dell’Umanità «assoggettare la natura bruta al volere ragionevole», consegue pel massone il dovere di giudicare ogni azione umana per quanto piccola, da questo punto di vista ben determinato. E allora egli «stimerà gli uomini non secondo il posto piccolo o grande che essi per caso ricoprano, ma secondo la diligenza con la quale ognuno compie il proprio dovere». Parole semplici che non parrebbe dovessimo sentirle da Fichte per accettarle; ma, tuttavia, verità dimenticate. Quante volte la società le ha attuate? Quante volte la gente ha avuto più rispetto di un operaio diligente che di un deputato ladro? La stessa giustizia ha linguaggio diverso secondo il diverso abito dell’imputato.
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Fichte si avvia alla conclusione, chiedendosi come la Massoneria influisca sul mondo profano, come lo scopo che ella persegue sia sentito è voluto dai massoni. Già Lessing notava che essendo stata la costituzione dello Stato sempre difettosa, era morale ed umano che si aspirasse ad una forma migliore; Fichte ha lo stesso pensiero, quando osserva che in ogni tempo si son notate manchevolezze nell’umana società e che in ogni tempo vi sono stati degli uomini i quali - riconosciute queste manchevolezze - si sono stretti in segreta associazione - quasi gelosi del loro tormentoso desiderio e modesti nella loro opera - per tendere ad una più pura e ampia cultura umana che, pur essendo segreta, influisce poi, per l’opera degli affigliati, sulla cultura manifesta. Perciò, affermano i due filosofi: la Massoneria fu sempre! Le due culture - la segreta e la manifesta - nella storia son sempre procedute unite e concordi ed in ambedue v’è da osservare continuità di processo. La cultura manifesta ha trovato la propria espressione nei monumenti che la storia ci ha conservati e che ognuno può studiare; mentre la cultura segreta che le sta d’accanto, può essere solo appresa e studiata mediante la più seria e profonda riflessione e mediante la tradizione nelle società segrete. Ma che cos’é questa segreta dottrina? Falk del Lessing lo spiega al suo interlocutore Ernst con queste parole: «Il segreto della Massoneria . . . é ciò che il massone non può portare alle sue labbra, anche se ciò fosse possibile, se egli cioè lo volesse». Perciò che la Massoneria non si afferma e non si mostra durch Worten, ma, durch Taten. Altrove egli fa capire che - come il Fichte - ritiene il segreto più che un principio dottrinario, una condizione di vita e di lotta, una tradizione. E noi saremmo anche disposti a dire - secondo la nostra personale interpretazione - che questo segreto massonico, dottrinariamente può corrispondere alla inesprimibilità dell’ansia intima religiosa che agita la coscienza di ognuno e che la Massoneria accoglie ed appaga. Essa, come tutte le associazioni di indole religiosa, parla per simboli, che dall’intimità del proprio Io (aus der Tiefe des eigenen Ich) possono essere compresi e spiegati. Questo insegnamento simbolico non vuol vincolare la libertà spirituale del massone; ma (continua Fichte, ripetendo concetti che svolge anche nelle sue opere morali) solo vuole «che spontaneamente si supponga in esso una sapienza occulta; che ci si possa adoprare a trovare questa sapienza, e che si accolga lietamente questa sapienza dopo che si é trovata, per serbarla nella nostra mente e nel nostro cuore». È il dramma umano che da Adamo ad oggi si agita nel nostro io, che mentre vorrebbe conoscere non può conoscere e allora si appaga di un sapere simbolico, sotto cui anzi che vedere, sente quel ch’ei desidera conoscere. E la stessa scienza, sa ella forse? O crede di sapere, finge la sua sapienza e crede? Ma non arrestiamoci a questioni che turbano oggi ogni coscienza colta e che sono state e sono affrontate così spesso e così diversamente. Né Fichte - che forse non prevedeva le interpretazioni volgari e calunniose dei vani filistei - crede dovercisi fermare;ma anzi da una questione tanto elevata e teorica passa ad una piccola e pratica e si domanda come e se questo ideale di vita massonico sia in contrasto con la realtà. «Certamente - egli osserva - non sono tutti massoni coloro che portano questo nome, ma tutti debbono diventarlo, né alcuno che abbia questo nome deve essere abbandonato. In quanto accade questo, in quanto cioè solo si tende verso questo ideale, l’associazione è massonica, posto anche che nessuno dei soci abbia raggiunto lo scopo, e posto pure che fino ad oggi il vero scopo della Massoneria sia stato soltanto quello di cercare il suo scopo». Ogni affigliato - diremo noi - non é massone ma aspira a diventarlo. Potrà ben darsi che egli non sia in questa sua preparazione assistito da sufficiente fermezza e fiducia e si stanchi e si sperda e devii. Avrà forse perciò un avversario di buona fede il diritto di dire che tutti i massoni sono come quel tale, che così male ha operato non solo come massone, ma soprattutto come uomo onesto? Sarebbe illegittimo, come se si dicesse che tutti i santi sono ciurmadori sol perché Ciapeletto fece quel che si narra. Né la manchevolezza dell’opera massonica o la immensità del compito deve sfiduciare il neofita. Lessing mette in luce questa paziente fiducia del massone il quale attende ciò che egli ha fede che debba accadere; Fichte che nel Geschlossene Handelsstaat aveva scritto: «la mia anima non trova nello stato presente né il suo posto né un istante di riposo; essa si sente continuamente respinta da ciò che l’attornia e irresistibilmente trascinata altrove. Tutto ciò che vive in me si lancia avanti verso un migliore avvenire»; qui rivolge un aspro biasimo a ogni sfiduciato: «Chi per aver visto dei difetti nei rapporti sociali, incapacità, perversità, corruzione negli uomini, lasci cascare le braccia e vada innanzi dolendosi dei mali tempi: costui non è un uomo!» È nobile la morale solo se si svolge nella lotta e con la lotta: anzi la vita vale non tanto per l’ideale che si vuol raggiungere, quanto per la lotta necessaria a raggiungerlo; l’accidia è il male morale peggiore. È un concetto bruniano della condotta morale, concetto severo e nobile che dà soddisfazioni solo alle coscienze pure e ferme. «Appunto perciò che tu sei capace di osservare gli uomini nei loro difetti, ti si pone il sacro compito di renderli migliori! «Se ciò fosse già avvenuto, come dovrebbe essere, non s’avrebbe più bisogno di te nel mondo, e tu saresti restato ugualmente bene in grembo al nulla! «Gioisci che ciò non sia ancora compiuto come dovrebbe essere, e che tu possa trovar lavoro e possa esser giovevole a qualcuno». Ecco le nobili parole (quali potrebbero pensarsi più nobili?) con le quali Fichte indica il loro dovere ai massoni, che per lui rappresentano gli uomini consci del loro compito vero, gli uomini che tendono ad uscire, per forza di volere, dal sub-umano per raggiungere «la più completa libertà spirituale», il fine massimo cui il socialismo tende, secondo Marx: «lo sviluppo della libera individualità del lavoratore». Ognuno coopera al fine altrui e perfeziona sé stesso: la società massonica è così l’immagine di ciò che la società sarà o dovrà essere: una famiglia d’uguali, solo uniti dal desiderio sacro di perfezionarsi con ogni atto ed in ogni momento. |
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