"Alla porta del tempio vi sono due colonne che segnano il confine: al di qua di esse v'è il mondo dell'illusione e al di là v'è il mondo dell'invisibile. Nel primo si è incatenati e nel secondo si è liberati"; così Mariano Bianca, dell'Università di Pisa, inizia la sua disamina, dettagliata e accurata come soltanto la sua penna sa fare, delle due Colonne che ornano i nostri Templi.

Il documento è estratto da Sixtrum n.1 Equinozio di Primavera anno 2002,

Il contenuto non esplicita necessariamente il punto di vista della Loggia o del G.O.I. Ogni diritto è riconosciuto.

 

© Sixtrum

 

La libera circolazione del documento è subordinata alla citazione della fonte e dell'autore.

 

Download "Le due Colonne - Al di là dei Limiti -"

 

 

 

 

Sullo stesso soggetto sono presenti in archivio i seguenti documenti:

Simbologia delle Colonne del Tempio di Salomone

Le due Colonne del Tempio

Le Colonne del Tempio

 


 

Alla porta del tempio vi sono due colonne che segnano il confine: al di qua di esse v'è il mondo dell'illusione e al di là v'è il mondo dell'invisibile. Nel primo si è incatenati e nel secondo si è liberati.
Le colonne segnano il confine tra dimensioni diverse e contrapposte che albergano nell'interiorità dell'uomo: il suo legame con la finitezza e la sua tensione verso l'infinito. La finitezza sta prima delle colonne e l'infinità sta al di là di esse; nella finitezza si è incatenati, schiavi della propria natura, dei tormenti della vita e della materia, mentre nell'infinità ci si è liberati da questa condizione e si può intraprendere il viaggio al di là dei limiti.

Le colonne segnano il confine tra lo spazio della profanità e quello della sacralità ma, allo stesso tempo, esse indicano che al di là v'è l'oceano, un mare infinito in cui si può sprofondare, annegare e sperdere; al di qua la sicurezza di ciò che si conosce e al di là l'insicurezza dell'inconoscibile; al di qua quello che siamo e al di là quello che non siamo e che forse potremo essere. Chi ha deciso di entrare è certo di quello che sta abbandonando, ma non sa quello che potrà trovare: egli si troverà di fronte a se stesso e all'infinito, sarà segnato dalla paura e dallo sgomento, ma ad ogni passo scoprirà qualcosa di quello che sta cercando. Ogni tempio si apre con le colonne che sono il limite, ma anche l'indicazione degli sforzi che si dovranno compiere una volta che si sono superate e si è entrati nella dimensione sacra dell'infinità di se stessi e del mondo. Il tempio è la casa del sacro, di ciò che si colloca oltre ogni cosa, è il mondo delle arché, i fondamenti, ed è anche il mondo dell'oscurità in cui bisogna addentrarsi: l'oscurità di ciò che si vuole raggiungere e l'oscurità della propria interiorità. Nel tempio ogni cosa si trasforma ed acquista nuovi e diversi significati: lo stesso accade per il mondo interiore dell'iniziato che entrando nel tempio deve trovarsi differente da quello che era prima di aver oltrepassato le colonne, prima di aver varcato il confine e così aver abbandonato quello che era. Le colonne puntano verso l'alto, sono solide e stabili e così pesanti che nessun uomo da solo è in grado di spostarle. Esse si erigono così a protezione della porta in modo che sia ben sorvegliato l'ingresso per far sì che l'entrata non sia accessibile a tutti; e, allo stesso tempo, proteggono coloro che sono all'interno dalle intromissioni che provengono dal mondo della finitezza.

Esse non reggono il tempio, ma delimitano il suo spazio e soprattutto indicano la via e la porta per entrare; per accedere al luogo sacro, per entrare nella dimensione dell'infinità, v'è una sola via: oltrepassare le colonne e seguire il percorso da esse indicato. L'iniziato non può stare al di qua ed al di là di esse: non può portare dentro quello che deve restare fuori, né deve portare fuori quello che deve restare dentro; e le colonne segnano proprio questo confine e questo incontrovertibile principio iniziatico. Egli deve esser cosciente di ciò ogni volta che oltrepassa le colonne, deve saper abbandonare quello che è fuori e deve saper conquistare quello che trova dentro avendo cura di tenerlo nascosto e segreto nella sua interiorità. Ed è proprio anche ciò che fa parte del segreto massonico. Nel tempio le colonne sono i baluardi che avvertono che si sta passando dall'al di qua all'al di là e questo avvertimento fa sapere alla coscienza iniziatica che è necessario un sovvertimento interiore che è il solo che permette l'ingresso. Nel tempio massonico le colonne sono quelle del tempio di Salomone, Jakin e Boaz che di solito sono poste entrando a lato a Occidente dove tramonta il sole: esse segnano così anche il fine del giorno, della giornata del libero muratore. Egli entrando, superando i baluardi, si lascia dietro di sé il mondo finito e si rivolge ad oriente dove nasce il sole, l'origine e l'originario a cui ogni iniziato deve saper rivolgersi; l'oriente è il luogo a cui rivolgere lo sguardo perché da esso si origina ogni cosa e si origina anche la via interiore dell'iniziato. Egli entrando ha dietro di sé le colonne che lo proteggono, ma che gli impediscono, una volta che è dentro, anche di tornare indietro. In effetti, la loro funzione è si di proteggerlo, ma anche di erigersi per indicargli che non è possibile tornare indietro, una volta che ci si è spinti verso ed entro l'infinità. Il fatto che nel tempio massonico siano poste a occidente può far dimenticare il loro significato di confine tra i due mondi, per questo bisognerebbe collocarle al loro posto, proprio come erano nel tempio di Salomone: nel vestibolo; allora nel tempio massonico l'entrata dovrebbe essere a occidente e qui dovrebbero erigersi le colonne per indicare l'entrata e l'uscita dai due mondi.

I Libri dei Re descrivono la costruzione del tempio di Salomone e, in particolare, delle due colonne e il loro collocamento: Il re Salomone fece venire da Tiro un certo Hiram, figlio di una vedova della tribù di Neftali ma di padre Tirio, artefice in lavori di bronzo, di grande capacità tecnica e pieno di talento, esperto in ogni genere di lavoro in bronzo. Egli venne presso Salomone ed eseguì tutti i suoi lavori.

Fece due colonne di bronzo, ognuna delle quali misurava diciotto cubiti di altezza e dodici di circonferenza. Lo spessore di ciascuna era di nove centimetri; dentro erano vuote. Fece pure due capitelli di bronzo fuso da collocare sulla sommità delle due colonne; tutte e due i capitelli misuravano ciascuno cinque cubiti d'altezza. Fuse pure due reti, lavori di intreccio con fregi e festoni a modo di catenelle, per ornare i due capitelli posti in cima alle colonne: una rete per ciascun capitello. Fece anche delle melagrane in due ordini, uno al di sopra, dell'altro attorno alla rete di ognuno dei due capitelli. Erano duecento melagrane in due ordini attorno a ciascun capitello: in tutto quattrocento. Sui capitelli, posti sulle colonne, vi fu aggiunto un lavoro in forma di giglio; questa sovrastruttura misurava quattro cubiti. Salomone fece poi innalzare le due colonne davanti al vestibolo del tempio: eresse la colonna di destra e le dette il nome di Jakin; elevò quindi quella di sinistra e la chiamò Boaz. Poi, sulla sommità delle colonne sistemò quel lavoro fatto a giglio. E così fu compiuta l'opera delle due colonne (I Libri dei Re, VII, 13-23).

Perché mai Salomone volle erigere alle porte del tempio di legno e di pietra, ricoperto d'oro, due colonne così alte e possenti e con tale metallo?

Il tempio di Salomone è la dimora della pace in cui si trova la serenità dell'animo e la fermezza degli intenti, lontani dai fermenti della finità umana. In esso deve regnare la pace; la pace per l'affinamento noetico e il raggiungimento della virtù; la pace che ha negato i tormenti e si placa nell'armonia della meditazione iniziatica. Esse sono solide e imperiture, per il metallo di cui sono fatte, il bronzo, alte e imponenti: da un lato, perché si alzano verso il cielo e in tal modo significano anche l'albero della vita e l'albero del mondo, l'Yggdrasil, che si slancia dalla terra per rivolgersi verso il cielo; dall'altro, perché sono i limiti che impressionano la mente del viaggiatore, proprio come le colonne di Ercole superate da Ulisse.

Le due colonne Jakin e Boaz nel vestibolo del tempio di Salomone sono poste l'una a sinistra e l'altra a destra entrando nel tempio, ma uscendo sono la prima a destra e la seconda a sinistra (solitamente, nelle tavole di Loggia sono al posto scambiato in quanto osservate dal retro). Nel seguito, le indicheremo come la colonna di destra, Jakin, e la colonna di sinistra Boaz, (come indicato nelle usuali tavole di Loggia) non dimenticando la loro posizione (con i loro nomi scambiati) all'ingresso (entrata) del tempio. Esse aprono alla via verso l'invisibile-oltre e così dicono all'iniziato di proseguire il cammino, di andare più avanti, di oltrepassare il confine, di porsi al di là dei limiti.

Esse sono costituite dello stesso metallo pesante e hanno la stessa forma, adornata da capitelli e dalle melagrane, simbolo dell'unione tra gli iniziati. La loro identità strutturale indica che hanno la stessa rilevanza anche diversa e riferita a principi paralleli.

 

Nel tempio massonico le due colonne, invece, sono di forma diversa, ma nella sostanza non muta il loro significato. Nell'albero sephirotico Boaz e Jakin possono essere fatte corrispondere rispettivamente a due Sephirâ inferiori: la settima, Hod (gloria od onore) e l'ottava, Netzâ (vittoria o trionfo); esse sono correlate tra loro dalla nona Sephirâ, Yesod che significa il fondamento ma anche il giusto, ed in effetti ogni fondamento non può che essere considerato anche come giusto. Per questo loro legame sephirotico entrambe sono proprio il fondamento (non in senso architettonico) del tempio e della via che intraprende l'iniziato; sono due poteri che formano il fondamento. A seguito della Vittoria e della Gloria sopravviene il giusto che è così la dimensione dell'equilibrio e dell'alleanza. Nell'uomo sephirotico le Sephirâ Hod e Netzâ corrispondono alle cosce che permettono di sostenere il corpo, ma anche di muoverlo: l'iniziato è saldo sulle sue gambe ed è sempre pronto a continuare il cammino.

La lettere iniziali del nome delle due colonne indicano ulteriori e correlati significati che sono propri della tradizione libero muratoria.

La lettera B di Boaz è la seconda lettera dell'alfabeto ebraico, Beth, che significa casa o caverna ed ha quindi un riferimento al femminile-passivo. Essa corrisponde alla Luna, è di colore nero o bianco ed indica la forza o ciò che dà forza (il vigore); essa è l'onore e la gloria. Il secondo sorvegliante (nella ritualità Scozzese) siede presso questa colonna e il suo segno è la perpendicolare che, in senso alchemico, è il Mercurio come principio passivo femminile.

La lettera J di Jakin, invece, è la lettera Yud dell'alfabeto ebraico e sta ad indicare la stabilità, ciò che è stabile o ciò che rende stabile; in senso più ampio è, per così dire, l'affermazione. Il primo sorvegliante siede sotto questa colonna e il suo segno è la livella che, in termini alchemici, è lo zolfo, principio maschile ed attivo.

Secondo la teodicea della Qabalah, allora, in riferimento a Dio, la colonna J significa "Lui rende stabile", e la colonna B, "in Lui si trova la forza".

Poste di fronte al tempio di Salomone, nel vestibolo, o all'interno del tempio massonico, le due colonne J e B hanno un ulteriore significato che è rilevante per la sacralità del tempio e per lo svolgimento dei lavori rituali. Bisogna allora riferirsi all'entrata e all'uscita, prima di entrare nello spazio sacro e svolgere lavori, e prima di uscire da esso. Per quanto dirò, come ho già accennato, è auspicabile che esse vengano poste nella corretta posizione, altrimenti se ne perde ogni significato: cioè, ad occidente dove deve essere posta l'entrata al tempio; in tal modo, si entra da occidente e ci si rivolge ad oriente e si esce sempre ad occidente lasciandosi dietro l'oriente. Quali significati allora per l'entrata e l'uscita? Sin ora abbiamo fatto riferimento, come la maggior parte degli esegeti, all'entrata nel tempio ed abbiamo precisato alcuni significati che di solito vengono taciuti o dimenticati. Partendo proprio da questi che cosa si può dire dell'uscita e che significato hanno allora queste colonne? In termini semplici, ma fondamentali, si tratta proprio dell'indicazione di un capovolgimento, di un ritorno a una dimensione che si era lasciata alle spalle quando si era entrati, con la ricchezza interiore di quello che si è visto e raggiunto nello spazio sacro al di là delle colonne. All'uscita, ultimati i lavori rituali, chiuso il libro sacro, mantenuto segreto nella propria interiorità ciò che è stato raggiunto, cancellata la Tavola di Loggia che delimita la sacralità del tempio, ci si avvia nel viaggio di ritorno nel mondo della finitezza. Da qui un cambiamento interiore che porta con sé una nuova ricchezza che è stata raggiunta al di là delle colonne, entro il tempio; le colonne ci avvertono allora che stiamo varcando ancora il confine, ma nel senso inverso; esse ci ricordano di quanto è stato visto e vissuto e che il mondo nel quale ritorniamo è diverso da quello che abbiamo lasciato. In esso saranno presenti le polarità, il maschile e il femminile, il bianco e il nero, i vizi e le virtù che nel segno di Yesod erano state risolte, superate ed accomunate. Le colonne, Jakin e Boaz, allora, sono il segno del principio e della fine: il principio a cui ci si era rivolti con il viaggio al di là delle colonne e la fine del viaggio che è stato percorso nella ritualità. Il principio dei lavori rituali e la loro fine; tutto quello che è successo nel tempio e nella propria interiorità resta racchiuso, nascosto e segreto nel tempio che si è lasciato e in quello interiore che si porta con sé, che è indelebile e non si può dimenticare. Esse ci dicono proprio di non dimenticare quello che è accaduto, ci rammentano il significato di quanto è stato trascorso e che appartiene a una dimensione altra da quella del mondo al quale ritorniamo; esse ci avvertono, ancora una volta, che stiamo varcando nuovamente il confine e la nostra coscienza deve essere consapevole di questo passaggio. Esse ci rammentano che quell'unione che era stata raggiunta si disgrega nel mondo al quale ritorniamo, ma resta tale nella propria interiorità; esse ci dicono che il tesoro deve essere conservato e non si può confonderlo in alcun modo con ciò che stiamo per ritrovare alla nostra uscita dal tempio.

Come all'entrata Jakin e Boaz indicano il confine che stiamo per valicare e ci accolgono all'interno del tempio, così all'uscita ci avvertono che siamo cambiati e che il significato di questo cambiamento è segnato proprio dalla loro presenza. Niente è stato posto a caso e come siamo entrati nel tempio così ne usciamo e le colonne saranno ancora pronte ad accoglierci e a permetterci ancora un volta di entrare.

Questa pagina è stata letta

Contatore visite

Volte