"Trovandomi a Francoforte l’anno passato, ebbi dua littere dal signor
Gioanni Mocenigo, gentiluomo veneziano. con le quali mi invitò a
Venezia, desiderando, secondo che mi scriveva, che io li insegnasse
l’arte della memoria...promettendomi de trattarmi bene''
(1).
L'invitato accetta, va a Venezia ma il gentiluomo non mantiene la
promessa e lo consegna all'Inquisizione: le righe d'apertura sono parte
di ciò che Giordano Bruno disse agli inquisitori veneziani dopo
l’arresto. "Così l’arte della memoria è proprio il centro della vita - e
della morte - di Bruno''
(2).
“Di memoria occulta in Venezia erano esperti, in conseguenza della
fama di Camillo e della sua influenza nelle accademie veneziane”
(3) e al Mocenigo non era riuscito
difficile capire dove mirasse Giordano Bruno con la sua ermetica arte
della memoria illustrata, e talvolta mascherata, in numerose opere,
alcune molto oscure almeno per noi moderni. Mentre all'ex domenicano non
riuscì il tentativo di scagionarsi osservando che l'opera in suo
possesso sulle immagini magiche - molto pericolosa e sufficiente per
farlo incriminare - era raccomandata da un altro domenicano
(4), il fortunato Alberto Magno innalzato
alla gloria degli altari; il quale nel trattato ''De memoria et
reminiscentia'' (5) era incorso
nell'infortunio di esemplificare un caprone con paurose corna e
testicoli come "imago" per ricordare in un processo gli avversari
(corna) e i testimoni (testes). Infortunio grave, che poteva far
sospettare che egli pensasse ad Ariete e che quindi consigliasse le
immagini zodiacali e stellari come atte - con il loro magico potere - ad
attivare la memoria; infortunio nel quale non inciampò mai l'altro
grande domenicano, San Tommaso d'Aquino, cultore di "ars memorativa"
come il suo, maestro.
A questo punto e bene rispondere a due implicite domande:
1) che cosa è l'arte della memoria;
2) perché questi noti domenicani erano implicati nell'arte delta
memoria.
L' arte della memoria
nacque, come le altre arti, in Grecia; da qui passò a Roma dove -
sviluppata in altissimo grado, (basta ricordare Cicerone) - veniva
insegnata nelle scuole di retorica (della quale la memoria era una
parte) come disciplina per fissare i ricordi con metodi atti a farli
imprimere nella memoria attraverso precise regole ed espedienti: in tal
modo, i retori, cioè gli oratori, potevano esporre ordinatamente
un'orazione, un'arringa, un discorso politico senza bisogno di ausili
esterni. Era cioè un insegnamento per interiorizzare concetti, fondato
su due pilastri basilari: la scelta di "loci" ed "imagines" per mezzo
dei quali ciascuno si costruiva mentalmente uno scenario, una
rappresentazione, un teatro che potessero fargli ricordare i concetti da
esporre e la loro ordinata successione; come se visitasse una galleria
contenente, nei diversi ambienti (luoghi), quadri, statue (immagini) e
li guardasse passando da una sala ad un'altra secondo un preciso,
itinerario corrispondente ai vari argomenti del discorso.
Una descrizione elegante e suggestivamente chiara la dà Sant'Agostino,
prima della conversione maestro di retorica, nelle Confessioni
(6).
I domenicani avevano invece un diretto interesse professionale: sorti
come ordine di predicatori, si giovavano dell'arte della memoria -
specie dopo che la memoria da parte della retorica era diventata parte
dell'etica come componente della virtù della prudenza - per poter fare
le loro prediche, cioè ancora per ricordare quel che volevano e dovevano
dire; e, attraverso i luoghi suggestivi e le immagini impressionanti
(due precise regole dell'arte della memoria sulla qualità di luoghi ed
immagini) dei teatri costruiti nelle loro menti come canovaccio delle
prediche, poter convincere i fedeli della validità dei concetti ed
insegnamenti morali esposti con parole altrettanto suggestive ed
impressionanti.
Il trasferimento della memoria dalla retorica all'etica si operò nel
tardo medioevo e come tale la trattarono nel campo religioso i due santi
domenicani e scolastici. Col Rinascimento si ebbe un'altra
trasformazione: "Sebbene parte della memoria usi ancora luoghi ed
immagini secondo le regole, un cambiamento radicale è intervenuto nella
filosofia e nella psicologia che le fà da sfondo, che ora non è più
scolastica, ma neoplatonica. E il neoplatonismo... è assai fortemente
pervaso di quegli influssi ermetici che sono il nocciolo del movimento
inaugurato da Marsilio Ficino. Il corpus di scritti, noto come "Corpus
Hermeticum", venne riscoperto nel secolo XV e tradotto in latino dal
Ficino, che credeva - e la credenza era universale - trattarsi
dell'opera dell'antico saggio egizio, Ermete, o Mercurio Trismegisto.
Essi rappresentavano una tradizione di antica sapienza, anteriore a
Platone, che aveva ispirato Platone e i neoplatonici. Incoraggiato da
alcuni Padri della Chiesa Ficino attribuiva un carattere particolarmente
sacro agli scritti ermetici in quanto profezie pagane sulla venuta del
cristianesimo... E l'Asclepius, che era poco noto nel Medioevo, fu
associato, al "Corpus", come un altro scritto ispirato di Trismegisto"
(7).
Per dare un'idea dell'importanza attribuita all'Asclepius basta dire che
"Copernico cita le parole di Ermete Trismegisto nell'Asclepius, a
proposito del sole, introducendo l'ipotesi eliocentrica; che G. Bruno,
esponendo ad Oxford la dottrina di Copernico, l’associava con il "De
vita coelitus comparanda" di M. Ficino; che il punto di vista
ermetico, secondo cui la terra non e immobile perché è viva... fu
adottato da G. Bruno alla sua difesa dei movimenti della terra
(8).
E Pico della Mirandola, più noto per la grandissima memoria che come
grande ermetico-cabalista, a poche righe dall'inizio della sua orazione
"De hominis dignitate" dice: "...richiesto su ciò che gli sembrasse
più mirabile... rispose che nulla gli sembrava più splendido dell'uomo".
E ciò si accorda con il famoso detto di Mercurio Trismegisto: “che
miracolo è l'uomo, “o Asclepio”
(9).
Sono suggestivi esempi di queste trasformazioni e nuove utilizzazioni:
la Divina Commedia con le note, suggestive ed impressionanti
rappresentazioni dei gironi e delle figure umane ed animali; le
cattedrali gotiche, veri teatri le cui immagini scolpite nelle facciate
o istoriate nelle vetrate non vanno viste come artistici ornamenti ma
come rappresentazioni di orazioni da leggere o ascoltare con intenti di
insegnamento etico o religioso; il Teatro di Camillo conosciuto a Parigi
per interessamento e finanziamento di Francesco I al quale l’autore è
mancato realizzatore svelò il “segreto”; numerose opere pittoriche
rinascimentali (la Sapienza di Tommaso d'Aquino a S. Maria Novella in
Firenze; la Giustizia e la Pace nel palazzo comunale di Siena; il
giottesco Carità e Invidia nella cappella degli Scrovegni a Padova; la
scuola di Atene di Raffaello; la suggestiva Prudenza di Tiziano...).
Quale importanza fosse data alla memoria ce lo dice il "bibliotecario
dell'ablbazia di S. Vittore a Parigi"...: "21 Dicembre. Giordano mi
ha detto che fu chiamato da Napoli a Roma da papa Pio V e dal cardinale
Rebiba. Vi fu condotto in carrozza, per far mostra della sua memoria
artificiale. Recitò, in ebraico tutto il salmo "Fundamenta" . e insegnò
un pò di tale arte al detto Rebiba"
(10);
e prima ancora Platone nel Fedro
(11) per
bocca di Socrate.
La Yates scrive
(12): "Nessuno è
riuscito a spiegare... l'uso simbolico delle immagini architettoniche
nel rituale massonico" e, più avanti
(13):
"Per parte mia, penso che la risposta... possa essere suggerita dalla
storia dell'arte di memoria: la memoria occultista del Rinascimento,
come l'abbiamo vista nel Teatro di Camillo e come fu ardentemente
propagandata da Giordano Bruno, può essere la fonte reale di un
movimento ermetico e mistico, che utilizzava non l'architettura reale di
una “massoneria operativa” ma l’architettura immaginaria o
“speculativa”dell'arte di memoria come veicolo delle proprie dottrine".
Spinto, se non provocato, dalle due proposizioni azzardo un commento
alla risposta ed una consequenziale spiegazione sull'uso simbolico delle
immagini architettoniche.
Per la Yates la risposta appare obbligata: illustre, dotta, acuta
studiosa e profonda conoscitrice del Rinascimento ha sicuramente
impressi nella memoria i progetti e le fabbriche dei massimi architetti
di quell'età; i quali, conoscitori "della geometria mistica
neoplatonica, giunta... attraverso Ficino, da Plotino"; "della
interpretazione matematica greca di Dio e del mondo", "in qual
modo... [potevano] meglio esprimere la relazione dell'uomo con Dio, che
nell'edificare la casa di Dio in armonia con la geometria fondamentale
del quadrato e del cerchio?"
(14). E
la bellezza delle chiese e della pittura forse deriva dalla concezione
matematica della bellezza, accettata da molti artisti rinascimentali: ''la
bellezza risulterà dalla bella forma, e dalla corrispondenza del tutto
alle parti, delle parti fra loro, e di quelle al tutto: conciossiache
gli edificij habbiano da parere uno intiero, e ben finito corpo: nel
quale l'un membro all'altro convenga, et tutte le membra siano
necessarie a quello, che si vuol fare"
(15). E Palladio scrive: "Le più belle, e più regolate forme, e
dalle quali le altre ricevono le misure, sono la Ritonda et la
Quadrangulare", ''conciossiache la Ritonda sia tale, perché sola tra
tutte le figure è semplice, uniforme, eguale, forte, e capace, faremo i
Tempij ritondi''(16) perché ''essendo
essa la forma ritonda da un solo termine richiusa, nel quale non si può
né principio, né fine trovare, né l'uno dall'altro distinguere: et
havendo le sue parti simili tra di loro, e che tutte participano della
figura del tutto: e finalmente ritrovandosi in ogni sua parte l'estremo
egualmente lontano dal mezzo; è attissima a dimostrare la Unità, la
Infinita Essenza, la Uniformità, et la Giustitia di Dio"
(17). Rotondo, su pilastri a colonna, con
cupola e con altare rotondo al centro è il tempio principale della
''Città del Sole'' di
Tommaso Campanella.
Siamo alla massima espressione e concretizzazione della visione macro-
microcosmica.
Inoltre, almeno per me Libero Muratore, la risposta appare limitativa
perché implicitamente esclude, pur non negandola, l’autonomia
intellettuale della Libera Muratoria e dei Liberi Muratori, la loro
originalità.
Da qui viene la spiegazione quasi ovvia se pensiamo che, anche oggi,
chiunque eserciti un'arte o una professione, è portato inconsciamente a
esprimere concetti di origine e natura diverse usando espressioni
gergali.
Direi spontaneo quindi che il rituale massonico usa un'immagine
architettonica già per indicare lo scopo del lavoro (edificare templi
alla virtù ); assegni un luogo preciso del Tempio ad ogni operaio:
definisca ogni fase del lavoro con immagini precise dell'arte muratoria;
in quanto riconosce ad ogni Luogo ed immagine (arte della memoria a
parte) il valore indicativo di una significazione (etica, allegorica,
simbolica, esoterica) la quale associata alle altre può essere vista
come un Teatro dove è sceneggiata la Grande Opera.
E poiché diciamo che tutto quanto è nel Tempio o nel rituale non è
ornamento o sua descrizione ma simbolo, cioè qualcosa che - unito ad
altro - va letto e interpretato, le regole dell'arte della memoria
possono dare un proficuo contributo poiché consentono di associare i
vari simboli in una costruzione che diverrà un Teatro dal quale si
memorizza e si interiorizza il senso della propria collocazione nel
Tempio e il fine della Libera Muratoria mediante la rappresentazione e
il ricordo dei valori e dei significati suggeriti dal simbolismo
architettonico. Ma i Liberi Muratori possono seguire altri metodi per
comprendere, esprimere, eseguire il loro lavoro teso alla realizzazione
dei fini autonomi ed originali della Libera Muratoria.
Rovesciando pertanto la risposta della Yates direi che è la Libera
Muratoria a servirsi di qualunque metodo, tecnica, sistema di
interiorizzazione per diffondere non dottrine che non possiede ma, anche
attraverso dottrine altrui, il proprio invito al perfezionamento umano
la cui simbolizzazione rimane comunque legata agli "strumenti''
dell'arte muratoria; quindi, neppure alle costruzioni progettate o
costruite mentalmente. Ciò in quanto i Liberi Muratori si riconoscono
nel primo Antico Dovere: "Un muratore è tenuto, per la sua
condizione, ad obbedire alla legge morale... oggi si reputa peraltro più
conveniente obbligarli [i Liberi Muratori] soltanto a quella Religione
nella quale tutti gli uomini convengono, lasciando ad essi le loro
partilcolare opinioni; ossia, essere uomini buoni e sinceri o uomini di
onore ed onestà, quali che siano le denominazioni o le persuasioni che
li possano distinguere, per cui la Muratoria diviene il Centro di
Unione...": ce n'è abbastanza perché nessuna dottrina prevalga fra i
Liberi Muratori o, meglio ancora, che la Libera Muratoria non sia
veicolo di nessuna dottrina definita e particolare; e a prescindere che
o se le comprenda tutte e le superi.
Propongo, ora una visita al Tempio Massonico come a un teatro di memoria
dei contenuti esoterici ed etici evocabili ed interiorizzabili con la
lettura dei luoghi e delle immagini che nel Tempio possono essere
individuati o scelti; lettura congeniale ai simbolisti anche escludendo
chiavi particolari.
Forse le cinque Logge aventi per titolo distintivo Giordano Bruno,
promuovendo lavori sulla base dell'arte della memoria, darebbero il
giusto significato alla vita del martire di Campo de' Fiori arso
dall'Inquisizione perché colpevole di diffondere, attraverso l'arte
della memoria e i teatri costruiti con le numerose sue opere, le
dottrine ermetiche e la nuova religione solare in cui credeva; gli
darebbero il posto che gli spetta nella cultura rinascimentale e
filosofico-religiosa e nella storia del pensiero scientifico;
soprattutto, aiuterebbero a non più celebrarlo ignorando - in
maggioranza - quale è stata la sua eresia, cioè la sua scelta. Ancora,
si ricorderebbe anche ai suoi ex correligionari che Giordano Bruno non
fu un fuggiasco disperato ma un esule ammirato, seguito e onorato in
Francia, Inghilterra e Germania; attivo e vivace polemista
antiaristotelico con i dottori di Parigi e di Oxford, propagandista
delle nuove teorie scientifiche in astronomia a Oxford, forse in
contatto con i Rosacroce in Germania
(18).
Disse agli inquisitori veneziani
(19): "...
acquistai nome tale che il re Enrico terzo mi fece chiamare un giorno
ricercandomi se la memoria che avevo e che professava era naturale o pur
magica; al quale diedi soddisfazione; e con quello che li dissi e feci
provare a lui medesmo conobbe che non era per arte magica ma per
scienza. E dopo questo feci stampare un libro de memoria, sotto titolo
''De umbris idearum'',
il quale dedicai a Sua Maestà; e con questa occasione mi fece lettor
straordinario e provisionato...".
Quel libro contiene allusioni alle statue magiche dell'Asclepius e circa
centocinquanta immagini magiche delle stelle.
La visita da me guidata avverrà secondo un itinerario che inizia a
meridione e, passando da occidente, va ad oriente; fermerò i visitatori
davanti alle statue delle tre luci, gli oggetti che appaiono meno
massonici, ed illustrerò quello che possono evocare o far ricordare. I
Fratelli volenterosi si sceglieranno altri itinerari e, con i luoghi e
le immagini preferiti, sceneggeranno una rappresentazione congeniale al
proprio modo di essere e di porsi rispetto alla Libera Muratoria; col
fine non di addestrarsi a fare discorsi in Loggia ma di trarre spunti di
riflessione per il proprio perfezionamento interiorizzando, attraverso i
concetti evocati, insegnamenti e idee.
Premetto una notazione
banale ma suggestiva: molti ricordiamo che alcuni Fratelli, specie
anziani, fra le colonne siedono sempre allo stesso posto e con un
preciso atteggiamento. Quante volte ci siamo chiesti il motivo? La
risposta esemplifica ricordi e insegnamenti che si imprimeranno nella
memoria di ciascuno: in Loggia vi deve essere ordine, compostezza,
armonia perché "tutto deve essere serietà, senno, beneficio e giubilo".
Il luogo occupato sempre uguale e l’atteggiamento tenuto da quei
Fratelli possono cioè far memorizzare e poi ricordare le caratteristiche
del lavoro e del comportamento in Loggia; ciò al minimo perché si può
passare a significazioni superiori, ricordate dalla personalità dei
Fratelli, dal loro modo di partecipare al lavoro e nella vita profana,
ecc...
Ed anche un dialogo
estratto da un antico catechismo muratorio:
D. Quanto tempo rimani al servizio del tuo Maestro?
R. Dalla mattina del lunedì alla sera del sabato
D. Come lo servi?
R. Con gesso, carbone e creta
D. Che cosa significano?
R. Libertà, Fervore e Zelo. . .
Questo dialogo viene
collocato nel Sec. XVII, all’epoca della crisi delle confraternite e
compagnie di Muratori, quando pochi sapevano leggere e scrivere e,
quindi, gli insegnamenti dovevano essere ritenuti a memoria; ne segue
che qualche espediente mnemotecnico fosse necessario. Se si aggiunge,
poi, che le cerimonie di ammissione erano tenute in locali di fortuna
(logge di cantieri edili o sale(!) di taverne), sull’assito di terra
battuta poteva essere disegnato un quadretto tinto con gesso e carbone o
collocato un manufatto di mattonelle (la creta) bianche e nere; esso
avrebbe arredato lo spoglio tempio e fatto locus del teatro di memoria,
per rammentare ai muratori iniziati: Libertà, Fervore e Zelo
(19 bis)
Leggerò ora le statue ricordando che possono essere sostituite con un
quadrato, un triangolo e un cerchio.
AFRODITE, a
meridione. Come dice il nome sarebbe nata dalla schiuma (afros in greco)
del mare ma il mito autentico dice diversamente
(20). É nata dal membro di Saturno,
gettato a mare dal figlio Giove che lo aveva evirato; Saturno a sua
volta aveva evirato il padre Cielo. Nella settima delle "Cogitationes de
scientia humana" Francesco Bacone ne dà un'interpretazione
materialistica democritea; noi tralasciamo l'interpretazione baconiana
notevolmente valida sul piano filosofico, ma la figura di Afrodite quale
ce la presentano le modalità della nascita evoca ben altro che il
semplice concerto di bellezza.
Per Giordano Bruno “'rappresenta,
col figlio Cupido, la forza unificatrice dell'Amore, il vivente spirito
del mondo vivente, come nella sua religione di Amore e Magia”
(21). E può evocare la sublimazione degli
opposti (Saturno eviratore evirato); o l'evoluzione della materia
attraverso stati diversi; o la continuità spazio-temporale del creato e
la sua sostanziale unità (il membro che continua a generate nonostante
sia avulso dal corpo); o la rinascita dalla distruzione; o il
ritrovamento e la riunione di ciò che è stato disperso e diviso; o la
conservazione dell'energia che rimane identica nella sua essenza anche
se apparentemente trasformata (da maschile a femminile) e, per finire,
la sostanziale unità dei miti sulla creazione della donna da una parte
del corpo maschile. Per non dire di ciò che si può pensare sulla
punizione di chi evira (nega, insulta) il Cielo.
Prende così buone motivazioni la scelta della statua di Afrodite a
simbolo del luogo del secondo Sorvegliante e della colonna degli
Apprendisti: sono essi che dalla pietra grezza - la materia - devono
passare alla trasformazione ed evolulzione spirituale attraverso la
bellezza della pietra squadrata. E il quadrato simboleggia la materia.
ERCOLE, a
occidente. Non può certamente essere in Loggia per ricordare la forza
materiale ma altra forza: quella che lo spinse e sostenne nel superare
le dodici fatiche, dopo aver superato le sue stesse colonne; il dilemma
fra Passione e Virtù. Quali fatiche? Ciascuno può ricordare, o evocare
dalle cinque uccisioni e quattro catture di altrettante specie di
animali, dalla guerra alle Amazzoni, dalla pulizia delle stalle di Augia
e dal furto delle mele dal giardino delle Esperidi, interessanti
significazioni allegoriche, simboliche, esoteriche; può pure associare
le dodici fatiche ai dodici segni zodiacali e viaggiare attraverso le
relative immagini, le stanze dell'oroscopo altrettanto ricche di
simbolismo esoterico. E dopo aver viaggiato dodici volte? Ci può venire
in aiuto l'inglese Dicson col "De umbra rationis" scritto vivente
Giordano Bruno del quale fu attento discepolo e fervido difensore
durante la polemica oxoniense. In questo libro (scritto sulla falsariga
del "De umbris idearum" del maestro) si legge: ... "alla domanda: che
cosa intendi con queste punizioni della materia? Mercurio risponde: ”si
tratta del duodenario espulso dal denario”(22).
“É questo un riferimento al tredicesimo trattato del "Corpus
Hermeticum", dove si descrive l'esperienza rigenerativa ermetica, in cui
l'anima sfugge al dominio della materia (descritto come le dodici pene)
e si riempie dei dieci poteri o virtù”
(23). Il denario può essere la pitagorica TETRACTIS con tutto quello
che ne deriva; e il triangolo, correttamente il Delta, simbolo del dieci
(la lettera delta è l'iniziale della parola greca "deca") e altamente
suggestivo.
É giustificata così la statua di Ercole a simbolo del luogo del primo
Sorvegliante e della colonna dei Compagni: è il Compagno che ha lasciato
la pietra grezza e si avvia alla virtù, la perfezione della pietra
cubica che coronerà con la piramide.
MINERVA, a oriente. Il mito della sua nascita
(24) dice che nacque, armata, dal capo di
Giove dopo che egli mangiò Meti che aveva reso incinta. Francesco Bacone
considera il mito "mostruoso e apparentemente senza senso" e
nella quinta delle "Cogitationes de scientia humana" lo
interpreta vedendovi adombrato quel segreto mezzo di cui si valgono i
sovrani "per conservare intatta la loro potenza e per aumentare di
fronte al popolo il loro prestigio"
(25).
Questa interpretazione evidentemente non ci interessa ma, in senso
etico, il mito suggerisce che "la decisione deve apparire come
proveniente esclusivamente dalla saggezza, dalla prudenza e dalla
volontà"
(26).
E simbolicamente che cosa può evocare Minerva? Non semplicemente la
saggezza ma anche il modo per pervenirvi: mangiando, cioè introducendo
(interiorizzando) ciò che non fecondiamo con le nostre passioni (le
scelte) e realizzando non per via naturale, materiale, ma per via
spirituale (il capo) "cose" solide, valide, sicure (Minerva nasce
armata); e queste realizzazioni prescindono dalla idoneità naturale a
"partorire" ma sono possibili a chiunque si ponga su un piano diverso,
superiore, di agire e di essere. Minerva può essere il simbolo
dell'assoluto, dell'infinito, di Dio. In un'opera di Giordano Bruno (Lampas
triginta statuarum) "Minerva è la "mens", il divilno nell'uomo, che
riflette il divino universo... è la continuità fra ragione e le
intelligenze divine"
(27).
Una formula pseudo-ermetica dice: "Deus est sphaera infinita, cuius
centrum est ubique, circumferentia nullibi"
(28); il senso di dio trascendente non
sarebbe meglio rappresentabile. il cerchio allora - come perfezione
della sfera sul piano - è notevolmente significativo.
Il percorso scelto per leggere le statue si svolge in senso inverso a
quello del sole, inizia dal luogo dove lo si contempla alla sua massima
altezza, sosta dove esso muore e termina dove sorge. Questo percorso può
condensarsi in due figure interiorizzabili; una figura astrale: il
cerchio con la croce inscritta; una figura alfabetica: la lettera
pitagorica, la Y dei Rosacroce.
La rappresentazione può
indurre a formulare ed interiorizzare almeno due significazioni:
- Una etica: il fascino degli ideali (che hanno portato il profano a
bussare alla porta del tempio) rimane accattivante materialità se non
trasforma la loro forza potenziale in azione decisa e concreta
illuminata dalla volontà realizzatrice.
- Una esoterica: l’uomo deve passare per la via della virtù per poter
giunlgere alla saggezza da cui nasce il concetto del G:.A:.D:.U:.
É la scintilla divina? Alla domanda di Fedro: quale nome proponi di
dargli? Platone per bocca di Socrate dice: “quello di sapiente (Sofos)
mi par troppo e conveniente solo a Dio, ma quello di amante della
sapienza (Filosofos). . .
(29)
É sufficiente che la scintilla sia quella dell'amore, della volontà,
della consapevolezza, per trasformare in Luce le intenzioni che ci hanno
portato a chiederla.
1. Frances A. YATES, “L'arte della memoria”
Einaudi, 2° edizione italiana, 1972, pag. 184.
2. F. A. YATES, op cit, pag.185.
3. F. A. YATES, op cit, pag.185.
4. F. A. YATES, op cit, pag.188.
5. F. A. YATES, op cit, pag.63.
6. F.A. Yates, op cit, pag.44 - dalle
“Confessioni”, X-8:
“Giungo allora ai campi e ai vasti quartieri della memoria, dove
riposano i tesori delle innumerevoli immagini di ogni sorta di cose
introdotte dalle percezioni; dove sono pure depositati tutti i prodotti
del nostro pensiero, ottenuti amplificando o riducendo o comunque
alterando le percezioni dei segni, e tutto ciò che vi fu messo al riparo
e in disparte e che l'oblio non ha ancora inghiottito e sepolto. Quando
sono là dentro, evoco tutte le immagini che voglio. Alcune si presentano
all'istante, altre si fanno desiderare più a lungo, quasi vengano
estratte da ripostigli più segreti. Alcune si precipitano a ondate e,
mentre ne cerco e desidero altre, ballano in mezzo, con l’aria di dire:
«Non siamo noi per caso? E io le scaccio con la mano dello spirito dal
volto del ricordo, finché quella che cerco si snebbia e avanza dalle
segrete al mio sguardo; altre sopravvengono docili, in gruppi ordinati,
via via che le cerco, le prime che si ritirano davanti alle seconde e
ritirandosi vanno a riporsi ove staranno, pronte a uscire di nuovo,
quando vorrò. Tutto ciò avviene quando faccio un racconto a memoria.
(trad. di C. Carena, Torino, 1966, p. 202)”.
7. F. A. YATES, op cit, pag.135.
8. F. A. YATES, op cit, pag.142.
9. F. A. YATES, op cit, pag.149.
10. F. A. YATES, op cit, pag.183.
11. PLATONE, “Tutte le opere”, a cura di
G. Pugliese Carratelli, Sansoni, 1974:
Così Thamus fece a Theuth, per quel che si narra, pro e contro
ciascun'arte molte osservazioni che sarebbe troppo lungo ripetere. Ma
quando si venne alla scrittura: “Questa scienza, o re” disse Theuth,
“renderà gli Egiziani più sapienti e più atti a ricordare, perché questo
trovato è un rimedio giovevole e alla memoria e alla dottrina. E il re
disse: O artificiosissimo Theuth, altri è abile a generare le arti, a
giudicare qual vantaggio o qual danno può derivarne a chi sarà per
servirsene. Ed ora tu, come padre delle lettere, nella tua benevolenza
per loro hai affermato il contrario di ciò che possono. Esse infatti,
col dispensare dall'esercizio della memoria, produrranno l'oblio
nell'anima di coloro che le abbiano apprese, come quelli che, confidando
nella scrittura, ricorderanno per via di questi segni estelriori, non da
sè, per un loro sforzo interiore. Tu dunque hai trovato un rimedio
giovevole non già alla memoria, ma alla reminiscenza. E d'altro lato tu
offri ai discenti l'apparenza, non la verità della sapienza, perché
quando essi, mercè tua, avranno letto tante cose senz'alcun
insegnamento, si crederanno in possesso di molte cognizioni, pure avendo
un gran fondo d'ignoranza, e saranno insopportabili nei rapporti
sociali, perché possederanno non la sapienza, ma la presunzione della
sapienza. Fedro, LIX, pag. 497”.
12. F. A. YATES, op tit, pag. 281.
13. F. A. YATES, op tit, pag. 282.
14. Rudolf Wittkower, “Principi
architettonici nell'età dell'Umanesimo”. 3a edizione, Einaudi 1964, pag.
20.
15. R. Wittkower, op cit, pag.24.
16. R. Wittkower, op cit, pag.25.
17. R. Wittkower, op cit, pag.25.
18. F. A. YATES, op cit, pag.282.
19. F. A. YATES, op cit, pag.184.
19. bis “I primi catechismi
muratori”, pubblicati dalla Loggia “Quatuor Coronati” di Londra, curati
e tradotti in italiano dal Fr. W. Dedonatis, Edizioni Bastogi, Foggia,
2001, pag. 143
20. Paolo Rossi, Francesco Bacone, “Dalla
magia alla scienza”, Einaudi, 1974 (1 ° edizione Laterza, 1957), pag.
143.
21. F. A.YATES, op tit, pag.269.
22. F. A.YATES, op cit, pag.250.
23. F. A.YATES, op.cit, pag.250.
24. P. Rossi, op cit, pag.141.
25. P. Rossi, op cit, pag.141.
26. P. Rossi, op cit, pag.141.
27. F. A. YATES, op cit, pag.269.
28. R. Wittkower,op cit, pag.30.
29. Platone, Tutte le opere, op. cit, pag
499
Il documento sopra riportato è opera d'ingegno del Carissimo F:.
Giuseppe Cacopardi, ed ha trovato ospitalità su "Rivista Massonica" n.
1 del 1981: Erasmo Editore. Ogni diritto è dichiarato. La libera circolazione in rete è subordinata alla citazione della fonte (completa di link
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