|
Anche noi opiniamo, come il Frazer, che tra religione della natura, magia e scienza possa stabilirsi un ordine di successione. Ma questo non sarà, come egli afferma, costituito dal passaggio dalla magia - punto di partenza - alla religione (sic et simpliciter, come egli dice), e dalla religione alla scienza, che verrebbe a scalzare e a sostituire la religione per sempre. Anzi tutto noi saremmo tentati di formulare tutte le critiche che il superficialissimo e volgare concetto dell’evoluzione spirituale umana, intesa come passaggio dalla religione alla scienza, autorizzerebbe di fare. Ma forse noi, interpretando questo passaggio come una eliminazione totale della religione o non già solo di una speciale forma storica di essa - quella della natura andremmo al di là (vogliamo almeno sperarlo) del vero pensiero del Frazer; sebbene questo pensiero, per come noi vogliamo crederlo, appaia debolmente e troppo incidentalmente espresso solo in queste parole: «Brevemente, la religione in quanto spiegazione della natura, si trova sostituita dalla scienza». Ma ci si consenta di domandare al Frazer perchè allora non abbia sentito il dovere di onestà scientifica di parlare di passaggio solo dalla religione della natura alla scienza, e non già tout court, come sempre fa, dalla religione alla scienza. Perché mostra di voler che si creda che tutta la religione sia null’altro che religione della natura? Specializzatosi nello studio di questa, perché trasvola sul poderoso potenziamento spirituale che la religione ha raggiunto nelle sue fasi supreme? Ignora forse che la scienza sorpassava e sostituiva la religione della natura, appunto perché la religione sorpassava se stessa, dopo aver totalmente assolto nella vita il compito che alla sua prima fase incombeva, per avviarsi ad assolverne degli ulteriori? La formula di successione: magia religione scienza, mentre nel suo primo rapporto è profondamente errata, nel suo ultimo o è scientificamente disonesta, ove l’autore avesse veramente coscienza che la religione é qualche cosa di più della religione della natura, o é enormemente superficiale. L’identità dei presupposti mentali ci porta invece, con molta maggior fondatezza, a ritenere che la magia o la scienza siano gemelle nello spirito umano [1]. Entrambe rappresentano una depersonificazione dei fenomeni naturali, una veduta obiettiva della loro legge di connessione, un risultato di lunga esperienza, una affermazione di dominio dell’uomo sul mondo, un tentativo di piegare il corso delle cose secondo la propria volontà, una volta conseguito e svelato il segreto dell’esistenza di un nesso causale, entrambe risultano da un sforzo di autonomia dell’uomo verso la natura. Se l’evoluzione dell’universo fosse così povera cosa da avere soltanto un percorso unilineare, potremmo dubitare di questa concomitanza di successione; ma allora il carattere erroneo della magia ci indurrebbe a credere che segni essa il punto di passaggio verso la scienza. Ma il processo evolutivo è troppo ricco per non dover prendere forzatamente una molteplicità di indirizzi nella natura e nello spirito. Quando dunque la religione della natura, come forma primordiale e integrale di vita, assolse il suo compito biologico e spirituale, e il suo contenuto veniva rendendosi autonomo ed acquistando un valore ed una esistenza indipendente, quella conoscenza e quella esperienza della natura, a cui la religione aveva condotto, si incamminò da una parte verso il fecondo solco della scienza, dall’altra verso lo sterile conato della magia [2]. Entrambe corrispondono ad un bisogno di dominio su la natura, rispetto alla quale lo spirito umano di già religiosamente si era adeguato: i mezzi solo differiscono. Qual meraviglia allora se i mezzi più esatti, più veri, più fondati noi li troveremo là dove l’anima umana in tutti i suoi prodotti, ed anche quello religioso, si è rivelata più geniale, più fulgida, più feconda, e vediamo così la scienza essere la conquista dei popoli più progrediti religiosamente e delle classi sociali più elevate; e contemporaneamente i mezzi più erronei, più falsi, più illusori, che formano il contenuto differenziale della magia rispetto alla scienza, li troviamo là dove lo sviluppo umano ha deviato verso uno sterile cammino: sterile in tutte le sue forme di vita ed anche in quella religiosa, cioè nei popoli selvaggi e nei bassi fondi sociali? A noi la cosa sembra di una evidenza palmare [3]. Con ciò noi non vogliamo affatto sminuire il valore del contributo arrecato dal Frazer con il suo poderoso studio sulla magia. Questo ha reso possibile il convergere dell’attenzione della scienza su di essa, di individuarne con precisione la natura [4], e di pensare che tra religione, magia e scienza un certo ordine di successione fosse possibile ed esistesse davvero. Se il Frazer e gli altri quest’ordine non hanno colto nel suo preciso senso, è un difetto ben spiegabile all’inizio dell’indagine, e che si avvera sempre, anche quando questo inizio è tra i più fecondi e i più originali, e tanto più quando purtroppo lo studio della religione - uno dei fatti culminanti e insieme più profondi dello spirito umano - resta nelle mani di persone del tutto sfornite di preparazione psicologica e filosofica
[1] Con ciò non intendiamo escludere che molte scienze abbiano avuto un periodo più o meno magico nella loro infanzia, e che spesso il passaggio sia avvenuto non direttamente dalla religione alla scienza, ma da quella alla magia, e dalla magia alla scienza. Così ognuno sa come la chimica sia propriamente derivata dalla alchimia, e quale posto abbiano avuto alle origini della ricerca scientifica la cabala e l’astrologia. Nondimeno, prendendo le cose sotto una luce generale e globale, considerando che molte scienze sorsero pure direttamente dalla religione e dalla teologia, possiamo ritenere la magia e la scienza come gemelle nello spirito umano. [Torna al Testo] [2] Ci piace corroborare la nostra dimostrazione con l’opinione espressa dal Durkheim. Dice egli: «La magia non é, come ha sostenuto il Frazer, un fatto primo di cui la religione non sarebbe che una forma derivata. Al contrario, é sotto l’influenza di idee religiose che si sono costituiti i precetti sui quali riposa l’arte del mago, ed é solamente per una estensione secondaria che essi sono stati applicati a delle relazioni puramente laiche. Poiché tutte le forze dell’universo sono state concepite sul modello delle forze sacre... Una volta che il principio secondo il quale il simile produce il simile si fu costituito per soddisfare dei bisogni religiosi determinati, si distaccò da le sue origini rituali per divenire, per una specie di generalizzazione spontanea, una legge della natura. Ma per comprendere questi assiomi fondamentali della magia, é necessario di porli negli ambienti religiosi donde essi hanno preso nascita e che, soli, permettono di rendersene conto. Quando si vede l’opera di individui isolati, di maghi solitari, si domanda come degli spiriti umani han potuto averne l’idea, poiché nulla, nell’esperienza, poteva né suggerirle, né verificarle. Il problema dispare se la fede che ispira la magia non è che un caso particolare della fede religiosa in generale, se essa stessa é il prodotto, almeno indiretto, di una effervescenza collettiva». Les formes élémentaires de la vie religieuse, Paris, 1912, p. 516-17. [Torna al Testo] [3] Che la magia sia la scienza del selvaggio crede anche A.Bros (La religion des peuples non civilisés, Paris, 1907, p. 86-91) così anche vede in essa una «corruzione» della religione A. Le Roy, (La religion des primitifs, Paris, 1909, p. 421-426). Entrambi gli autori, però, non approfondiscono affatto le loro asserzioni. [Torna al Testo] [4] Un contributo senza dubbio di maggior valore è quello arrecato dallo studio di Hubert e Mauss, Esquisse d’une théorie générale de la magie, in «Année sociologique», VII, 1902, 1903. Esso ha posto in rilievo un tratto d’immenso valore per determinare il posto storico occupato dalla magia, e cioè le origini collettivistiche (e quindi religiose) dei suoi principi, e insieme il corrispondere della magia all’affermarsi nella vita di una tendenza sempre più spiccatamente individualistica, per cui può dirsi che non vi sia vera magia se non in un individualismo pienamente attuatosi. Ora l’individualismo é proprio il tratto caratteristico del periodo umano posteriore a quello religioso e primitivo della natura, essenzialmente collettivistico: periodo posteriore che si rivela contemporaneamente e sempre più colla religione estetica (Grecia), con la religione del diritto (Roma), col sorgere della scienza o filosofia della natura (presocratici), e, possiamo dunque dire noi, anche con la magia. Cfr. pure M. Mauss, L’origine des pouvoirs magiques dans les sociétés australiennes, Paris, 1904. [Torna al Testo]
|
|