Oltre alla presidenza del Consiglio e alle cariche che gli consentivano di essere unico arbitro degli affari interni del Paese, Mussolini fino al 1936 tenne per sé anche il portafoglio degli Esteri, impostando rapporti internazionali che solo nella prima fase l'abilità di diplomatici di carriera riuscì a mantenere entro i termini della tollerabilità. Col passar del tempo, a mano a mano che il corpo diplomatico s'indeboliva per l'immissione di fedeli gregari di partito di nessuna capacità, le mire espansionistiche e imperialistiche di Mussolini sì fecero sempre più consistenti ed esplicite: già nel 1927 egli aveva dichiarato che tra il 1935 e il 1940 l'Italia, sorretta da un'adeguata forza militare, avrebbe fatto finalmente valere quei diritti finora misconosciuti in campo internazionale, rispolverando per l'occasione il revanscismo della ‘vittoria mutilata'. Nel 1928 il patto Kellogg per la rinuncia alla guerra e la riduzione degli armamenti sembrò segnare una pausa di ripensamento nella politica estera di Mussolini: in realtà, come ben dimostra la baldanzosa aggressività di questa vignetta (l'Italia chiede tout court l'abolizione dei crediti di guerra che gli Stati Uniti vantavano da ormai dieci anni), si trattava solo di una manovra diversiva nei confronti dell'opinione pubblica mondiale, che mascherava un'inarrestabile escalation verso la guerra. "Guerin Meschino", 28 aprile 1928
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