Giolitti, superate le fasi difficili della guerra libica e della precaria situazione interna e internazionale del 1912-1913, ritenne opportuno tentare di rafforzare la propria situazione politica sciogliendo la Camera e affrontando una nuova prova elettorale. Il 26 settembre 1913 il Consiglio dei ministri deliberò la fine della legislatura, ponendo per il 26 ottobre la data delle nuove consultazioni. La campagna elettorale si annunciò, fin dalle prime battute, estremamente aspra e animata: da un lato, infatti, Giolitti riaffermava una linea politica basata su un liberalismo moderatamente progressista e riformista, sottolineando la quantità e l'entità delle questioni ancora da risolvere; d'altro canto, Sonnino poneva l'accento sull'incremento delle spese militari e sull'introduzione della pensione sociale. In realtà, entrambi gli statisti, nel presentarsi agli elettori, si mantenevano necessariamente nell'ambito di proposte piuttosto vaghe: la difficile situazione del bilancio pubblico non consentiva eccessivi voli pindarici, l'allargamento della base elettorale non permetteva di conoscerne a fondo gli orientamenti complessivi, mentre l'accresciuta presenza dei cattolici nella vita politica poneva il problema di un inderogabile accordo. Sia Giolitti sia Sonnino sapevano che avrebbero contato molto di più alcune felici operazioni tattiche che un'efficace strategia complessiva e operarono sulla base di questa confusa constatazione. Da parte loro le sinistre mal tolleravano simili prese di posizione strumentali e più volte attaccarono le destre smascherandone le manovre, come nel caso di questa vignetta di Galantara. L'esito della battaglia elettorale fu complessivamente favorevole ai socialisti, che aumentarono in modo considerevole il numero dei loro eletti: tuttavia la compagine governativa riuscì a mantenere il controllo della Camera, grazie soprattutto all'appoggio dei cattolici ottenuto con il famoso ‘patto Gentiloni'. "L'Asino", 5 ottobre 1913
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