Di fronte al protrarsi della guerra libica e al pericolo di un accentuarsi dei contrasti franco-tedeschi, la diplomazia internazionale decise di dar vita a una serie d'iniziative tendenti a sciogliere completamente l'intricato nodo delle relazioni tra Paesi europei e mediterranei. I governi di Berlino e Vienna si proposero come mediatori tra Italia e Turchia sulla questione libica, mentre la Russia faceva di nuovo balenare il proprio interesse per il controllo degli Stretti, la situazione esplosiva dei Balcani finiva al centro dell'attenzione di tutti, l'Italia e la Francia trovavano nuovi motivi di attrito. Paradossalmente, ogni pressione esercitata in campo internazionale da un Paese e mirante a sollecitare la fine delle ambizioni imperialistiche altrui non riusciva a costituire un valido deterrente, ma anzi soffiava sul fuoco di un conflitto di vaste proporzioni che molti avvertivano come imminente. La pace, parola profusa in abbondanza nei discorsi di tutti i ministri degli Esteri e ambasciatori, era il dichiarato fine comune: per affermarla però si prendevano sempre misure drastiche e infelici, che avvicinavano giorno per giorno alla guerra. Certo, nel corso del 1912 qualche risultato fu ottenuto con la sospensione dei conflitti nei principali scacchieri di operazioni: tuttavia si trattava sempre di soluzioni artificiose e precarie, mancando da parte di troppe potenze l'effettiva volontà di stabilire una pace duratura. Troppi forse, come suggerisce in questa vignetta Galantara, spingevano in direzioni contrastanti per l'affermazione della pace: le spinte non erano equilibrate e sortivano l'effetto contrario di farla vacillare pericolosamente ad ogni momento. “L'Asino", 12 maggio 1912
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