Presentando all'approvazione delle Camere l'iniziativa libica, Giolitti non aveva accennato a specifici stanziamenti per finanziare l'impresa, che da più parti si riteneva dovesse risolversi in breve tempo senza eccessivo dispendio di risorse. Invece le operazioni belliche si rivelarono più lunghe e difficoltose del previsto, cosicché verso fine anno si cominciò a valutare il costo della guerra e a proporre un ritocco del bilancio militare. Come gli antimilitaristi avevano preannunciato, la guerra libica non solo non avrebbe portato miglioramenti alla condizione dei ceti inferiori, ma li avrebbe pesantemente gravati di oneri finanziari destinati, alla fine, a giovare solo a pochi privilegiati. La vignetta de "L'Asino", in atmosfera natalizia, ben sintetizza la situazione: il costo del panettone-Tripoli è di un miliardo, cifra addirittura favolosa per una massa abituata a sopravvivere facendo miracoli con poche lire. Un miliardo era il prezzo della Libia, un onere che non valeva certo il risultato finale, ma che secondo il governo non ci si poteva esimere dal pagare. In un'Italia afflitta da un'incipiente crisi economica e dilaniata da conflitti sociali laceranti, tale cifra suonava beffardamente come un insulto al buonsenso. Per questo Filippo Turati, nonostante le aperte dichiarazioni di fervido nazionalismo da parte della maggioranza parlamentare, durante il dibattito per la conversione in legge del decreto di annessione della Libia, ebbe a commentare amaramente: «Solo per la guerra ci siamo svegliati ad un tratto miliardari». "L'Asino", 24 dicembre 1911
|