Appena due settimane dopo la vignetta dedicata a Pio X gongolante per l'impresa libica, "L'Asino" ritornò sull'argomento nell'intento di sottolineare come in realtà la gran massa degli Italiani fosse ostile o quantomeno disinteressata all'iniziativa bellica, nella quale invece riponevano cospicue aspettative i ceti imprenditoriali e finanziari più spregiudicati. Mentre buona parte della stampa cattolica mascherava l'intervento militare sotto le spoglie di una nuova crociata contro gli infedeli, i giornali della grande borghesia - "La Stampa" e il "Corriere della Sera" in prima linea - insistevano sui vantaggi economici dell'operazione, considerata poco dispendiosa e di grande utilità. A queste boutades propagandistiche personalità come Salvemini ed Einaudi contrapposero rigorose e assai poco rosee analisi economiche, mentre i socialisti assunsero un atteggiamento di principio antimilitarista a oltranza. Gli interessi economici dì pochi costavano e sarebbero costati un inutile dispendio di vite umane, affermavano le sinistre, e la loro previsione si sarebbe rivelata di lì a qualche giorno esatta: mentre banchieri e imprenditori pregustavano il loro ingresso trionfale in Tripoli, il 23 ottobre le truppe italiane dopo uno scontro in cui perdettero circa 400 uomini risposero con un feroce massacro, che coinvolse anche la popolazione civile. Centinaia, forse migliaia di Arabi libici furono massacrati, tanto da ispirare a Scalarini pochi giorni dopo, sull' "Avanti!" (immagine che segue), un disegno macabro ed emblematico: l'Africa non era una terra promessa, ma una terra di morti. "L'Asino", 15 ottobre 1911
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