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L’Italia della storia, divisa, lottizzata, semplice ‘espressione geografica’, è stata pur sempre un territorio tradizionalmente cattolico, in parte soggetto per secoli al dominio della Chiesa e sul quale si era instaurato il potere dei papi con i relativi privilegi riconosciuti (o sopportati da tutti). Ma come poté instaurarsi e prosperare una vena così diffusamente anticlericale in un Paese ‘religioso’ come il nostro?
Innanzitutto lo stesso concetto di Stato, che prendeva sempre più corpo nella lotta risorgimentale, urtava contro il potere-Stato confessionale preesistente. Poi ci fu lo storico scontro noto come questione ‘romana’ con tutti i risvolti giuridici, politici ed economici sul tappeto e tenuti in contrapposizione per decenni. Non ultime le affermazioni del socialismo ‘ateo’ e dell’ostile massoneria, irriducibili rivali della concezione clericale. Nessuna meraviglia quindi può destare la commemorazione della ‘settimana’ dello "Spirito Folletto" del 4 novembre 1880 dove l’irruenza ha acquisito perfino un furore iconoclasta.
San Lorenzo, arso vivo, secondo la tradizione, sulla graticola, è trasformato in cuoco; Sant’Antonio cavalca il maiale e San Paolo difende la fede come D’Artagnan. Sant’Ignazio di Loyola, il fondatore della Compagnia di Gesù, è cacciato a pedate dalla Francia; Pio IX ‘suona’ il dogma dell’infallibilità papale, mentre Leone XIII, in quel tempo papa da due anni soltanto, ma già con l’aureola del santo, cavalca il gambero della restaurazione ritornando al passato.


"Spirito Folletto", 4 novembre 1880