La Sinistra la considerava una ‘iattura’; la Destra era divisa: Minghetti non nascondeva la sua opposizione e lo stesso Lanza aveva avanzato molte riserve. Favorevolissimo era invece il Sella che fin dal 1864, quando era ministro con La Marmora, l’aveva presa in considerazione. La tassa sul macinato non era una novità: già introdotta prima del 1860, era stata abolita (ma l’espressione non va presa alla lettera) ‘a furor di popolo’. Il Parlamento la approvò dopo una dura battaglia e alla Camera passò con 182 voti contro 164. Entrò in vigore nel gennaio 1869 e alla fine di quello stesso mese si contavano 250 morti, 1000 feriti, 4000 arrestati. Si gridò: «Viva il papa e gli Austriaci!». In Emilia si dovette mandare un Corpo d’armata al comando del gen. Cadorna (nella vignetta i soldati inviati a sostegno delle nuove tasse). Ma la legge non fu abolita, per cui agli Italiani, che si nutrivano di pane, pasta e polenta, non restò che tirare la cinghia, così come qualche tempo prima erano stati costretti - per l’aumento dei prezzi - a comperare meno tabacco e meno sale. «Economie fino all’osso», sentenziava Quintino Sella. "Il Fischietto", 8 gennaio 1870.
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