È lecito dire in sostanza che la fondazione della Gran Loggia costituì un momento, sia pure cruciale, di un ampio processo evolutivo. Tanto è vero che la Organizzazione che ne doveva conseguire si presentò tutt'altro che compiutamente delineata sin dall'inizio, avendo richiesto, com'è noto, una lunga elaborazione. E ciò — deve essere ben sottolineato — non già esclusivamente sul piano naturale di un graduale assestamento, quanto piuttosto in rapporto a complessi problemi di coordinamento con acquisizioni che erano appunto peculiari e inalienabili della Muratoria tradizionale.

Non sembra, infatti, che l'Assemblea del 24 giugno 1717 configurasse il nuovo ordinamento oltre che nei principi di fondo, che possono essere così formulati:

  • coordinamento amministrativo delle Logge in un Corpo unitario;

  • preservazione dell'autonomia strutturale della Loggia;

  • creazione della Gran Loggia come organo di tipo assembleare e fondato quindi sulla libera volontà delle Logge;

  • creazione del Gran Maestro come organo verticale ma rappresentativo, traente quindi i propri poteri per conferimento espresso delle Logge, le quali collegialmente ne mantenessero la titolarità sostanziale (significative sotto questo aspetto la norma e la pratica immediatamente adottate della rinnovazione annuale della carica di Gran Maestro).

 

Soltanto dopo sei anni, con la prima edizione del Libro delle Costituzioni, si cominciò a delineare una regolamentazione scritta dei nuovi istituti e di pari passo una esplicazione più articolata del nuovo ordinamento. Infatti è a partire appunto dal 1723 che la Gran Loggia terrà registri regolari e svolgerà una normale attività, manifestandosi peraltro pubblicamente, tant'è che soltanto da quella data vedremo insorgere contro di essa vari ambienti, sia massonici che extramassonici, mentre sino a quel momento le iniziative di Anderson e dei suoi amici sembra che passassero sotto silenzio.

 

Ora deve darsi credito a quanto dichiarato dai protagonisti diretti negli atti pubblicati dal 1723 in poi, e cioè che in quei sei anni la Gran Loggia era rimasta occupata e presa da una non semplice opera di elaborazione basata sulla ricerca di antichi statuti gotici allo scopo di definire il nuovo sistema in forme e contenuti conformi alla Tradizione (12).

 

Che comunque una tale problematica si fosse aperta non può negarsi se è vero, come è vero, che essa sopravvisse alle stesse Costituzioni di Anderson. Queste, infatti, a prescindere dalla questione sorta sulla legittimità della loro approvazione e alla quale abbiamo già accennato, non impegnarono affatto in maniera rigorosa la Gran Loggia, la quale, come osserva il Vibert (13), «decretava qualche volta in conformità con esse, ed altre volte in contraddizione, proprio come se non esistessero»; e ciò in rapporto alla opinione che, in ultima analisi, soltanto quanto risultava conforme «agli antichi Regolamenti» fosse veramente legittimo, come appare indubbiamente dalla minuta del verbale della Gran Loggia del 24 giugno 1723 (14) e come indicano alcune deliberazioni assunte successivamente in questo spirito.

 

Così, ad esempio, nella riunione del 27 novembre 1725 la Gran Loggia revocava l'art. XIII dei Regolamenti compilati dall'Anderson, secondo il quale soltanto nell'Assemblea Trimestrale della Gran Loggia gli apprendisti avrebbero potuto essere elevati Maestri e Compagni, e veniva stabilito al contrario che la Loggia potesse fare Maestri a sua discrezione come evidentemente si era sempre praticato.

 

Nella stessa direttiva di preservazione delle prerogative della Loggia, nella riunione del 25 novembre 1723, la Gran Loggia aveva deliberato all'unanimità che il Maestro e i Sorveglianti di diverse Logge avessero «il potere di regolare tutte le cose relative alla Massoneria nelle loro riunioni trimestrali»; principio questo che andava a invalidare le norme introdotte dall'Anderson circa il regolamento interno delle Logge e a ribadire il concetto tradizionale di libera determinazione della Loggia.

In verità bisogna considerare che la Gran Loggia proprio per la sua natura assembleare e per la sua composizione che potremmo definire con termine moderno paritetica, era di per sé atteggiata a non assumere eccessive interferenze verso la vita interna delle Logge particolari, essendo attendibilmente comune interesse di ciascun rappresentante di Loggia, sedente in Assemblea, lasciare il più ampio margine di autogestione al proprio organismo, e impedire che la Gran Loggia acquisisse poteri in proprio tali da assurgere ad una vera e propria gerarchia sovraordinata.

 

È notevolmente significativo che lo stesso Anderson, che pure si era lasciato prendere la mano nell'attribuzione di competenze a favore della Gran Loggia, mostrò di negare una delega istituzionale di potere a favore degli organi di essa. Infatti, nello art. XII dei Regolamenti, stabiliva che «tutti gli argomenti devono essere decisi in Gran Loggia», ma con il voto espresso da ciascuna Loggia «a meno che la detta non lasci (e deve intendersi con libera e manifesta volontà) al Gran Maestro qualche particolare decisione, per maggiore sollecitudine».

 

 

12 - Si deve ritenere che nello stesso periodo la Gran Loggia non restò inoperosa sul piano della espansione organizzativa. Infatti l'atto formale di «Approbation» delle Costituzioni pubblicate nel 1723 è sottoscritto, oltre che dal Gran Maestro Duca di Wharton dal suo Deputato Desaguliers e dai due Gran Sorveglianti, anche dai Maestri e Sorveglianti di venti Logge particolari, mentre quattro soltanto erano quelle protagoniste dell'Assemblea del 24 giugno 1717.

13 - «Le Costituzioni dei Liberi Muratori»  Bastogi Editore  Livorno 1974  Introduzione di Lionel Vibert, pag. 48.

14 - La minuta e trascritta dal Vibert nel testo citato nella nota precedente, pag. 47. In essa è verbalizzato che la Gran Loggia, chiamata a convalidare le Costituzioni compilate dall'Anderson, si pose la questione preliminare se la loro conferma dovesse avvenire solo a condizione che esse risultassero conformi agli «antichi Regolamenti della Massoneria», e tale questione fu risolta positivamente; che, tuttavia, non questa risoluzione fu adottata come formale deliberazione, bensì quella che non fosse nel potere di alcuno fare modifiche o innovazioni nel corpo della Massoneria senza il consenso della Gran Loggia Annuale. Ciò non significa, a nostro avviso, che la risoluzione preliminare sia stata successivamente disattesa, ma soltanto che si sia voluto evitare di formalizzare il principio per non irrigidirne le conseguenze ed affidarne invece alla Gran Loggia Annuale una saggia applicazione.