Giuliano Kremmerz Dialoghi sull'Ermetismo Arti Grafiche Panetti & Petrelli - Spoleto - 1929
NONO DIALOGO
Marte e la sua influenza irresistibile • I volitivi e le correnti astrali • La neutralità, fattore indispensabile per ogni esame ponderato delle cose • L'ermetismo contrario alle rinunzie • La fede e la stasi della vita eterna • Ermete, dio del moto e fattore di forme • L'unità di concezione negli elementi simbolici delle mitologie classiche • La scienza pane di tutti e il diritto di sapere • Il simbolismo nelle religioni e la necessità di occultamento della scienza sacra • Morale e religione, capisaldi della organizzazione degli Stati • Flora, Giunone, Marte, Venere e Vulcano • Minerva e il mito della sua nascita • Il linguaggio pantéo delle mitologie astronomiche • Concezione ermetica dell'Essere Universale • Il passato considerato come residuo storico di civilizzazioni ignorate • La mente umana e la necessità di ricorso al finito per spiegare l'infinito • La mentalità poetica e il processo immaginativo di essa • I sensi fisici nei contatti col mondo esteriore • La divinazione • L'organizzazione sociale • Disuguaglianza di valore delle unità umane • La sopravvivenza come fattore di perpetuazione degli errori • L'invisibile, parola abusata, e ciò ch'è da intendersi per esso • Della influenza Marziale • Ermete e la sua conferenza.
Giuliano - Eccovi sempre pronto e preciso all'invito. Siete venuto più calmo e meno irruente e battagliero nella vostra critica distruttrice? Discepolo - Per quanto mi abbiate autorizzato ad essere franco, ieri sera vi ho lasciato rammaricato di una certa violenza qualche volta un po’ acre, che malgrado la mia buona volontà precisa, mi spronava, mi trascinava a contraddirvi. Dovete possedere nel vostro organismo un grande tesoro di calma, una immensa pazienza, per non lasciarvi nella discussione irritare e offendere. Sento un certo rincrescimento della mia avvisaglia puntigliosa... Giuliano - Influenza di Marte su voi che io comprendo e scuso. Ve lo accennai verso la fine. Questo simpatico dio della violenza e della guerra, padre di ogni battaglia di idee, di parole, di atti, di opinioni, di armi, quando predomina, è irresistibile. Gli uomini meglio dotati ed in equilibrio sentono nella più rapida formazione dei pensieri fervescere in sé l'aurea bellicosa di chi vuol vincere per forza. In basso la lancia, la spada, il coltello, l'arma insomma che minaccia o uccide, in alto l'offesa morale, l'acredine, la contraddizione, il puntiglio, il vituperio. Sparita la sua attività, l'uomo si trova pentito di ogni atto incivile che ha compiuto senza una precisa coscienza. Le leggi morali e sociali punisco no col biasimo o con condanne corporali coloro che non sanno resistere a questa influenza marziale, quando arriva a sproposito. Eccovi un saggio di psicologia all'antica. Discepolo - E un'altra maniera di concepire e vedere le cose: ne con vengo. Io non saprei considerare così. Io direi: non ho saputo, per giovanile foia, non sentirmi ribelle a quanto urtava la mia capacità scientifica nella discussione. In tutti i modi vi faccio le mie scuse. Giuliano - Non le accetto ora. Compulsando il mio libro degli astri, vi avviso che l'influenza belligerante del nostro sanguigno dio Marte, stasera può essere più pepata di ieri. Quindi sapendovi suscettibile all'azione irraggiante di questo spaccamonti tra le divinità olimpiche, prendete le vostre precauzioni per non rompere qualche sedia o ridurre a schegge il mio calamaio. Discepolo - Insomma volete punirmi della mia esagerata opposizione di iersera, trattandomi come poco forte a rispettare le forme. Disingannatevi, la scienza deve essere vagliata con animo severo e in pace. Conserverò sembiante, tono e gesti dolci e soavi, come a dama di buona società si addice. Certo non posso condividere la vostra rassicurante opinione che non io ma il dio o il pianeta di Marte abbia influenza sul mio spirito, sui miei nervi, sulla mia ragione tanto da determinare una esplosione di iroso malcontento. Se si dovesse sospettare che ogni astro della volta celeste emetta delle irradiazioni o delle onde per determinare negli uomini atti incoscienti o involontari, dovremmo cangiare le regole determinanti i nostri rapporti umani e la civiltà nostra ne resterebbe disfatta. Assassini, guerre, rivolte, troverebbero una scusante in questo irreperibile dio Marte; ogni azione contro il buon costume, ogni amore, ogni gelosia, avrebbe un responsabile nel pianeta Venere... insomma ritorneremmo alla concezione dei primitivi che noi siamo giocattoli delle divinità e che la nostra responsabilità è nulla. Giuliano - Comprendo benissimo che la boria umana, l'orgoglio nostro sostenuto da una filosofia della libertà autarchica dell'essere che ragiona, non può consentire all'accettazione di una legge limitante ogni attività e proteggente tutti i volitivi che si servono delle correnti astrali per orientarsi, come i navigatori che fanno tesoro dei venti e delle correnti marine per attraversare gli oceani. Vi esorto a conservarvi sereno, neutro come un esploratore di cose nuove, senza i precedenti della cultura generale e comune che vi arma di preconcetti e di dogmi pseudoscientifici, i quali impediscono la valutazione giusta delle cose che si osservano. Discepolo - Rinunziare a ciò che si è appreso nelle nostre scuole, non si può. Il nostro corredo culturale è rappresentato dall'ultima espressione dell'evoluzione scientifica e filosofica che riepiloga tutti gli sforzi intellettuali dell'umanità per determinare la civilizzazione del secolo XX ... la più perfetta e perfettibile. Giuliano - Il vostro non si può è un assurdo. Io non vi dico rinunziate, vi dico di considerarvi neutro: al dogma appreso e mentalmente accettato nelle scuole da cui uscite addottorato, sostituite un giudizio di sospetto: potrebbero aver visto male coloro che mi insegnarono così. Comprendo che per ogni dotto come voi, un dubbio di tal genere è irriverente; ma la vera autorità, egoarchia mentale, non è possibile senza l'esame delle cose apprese come verità. L'autore alchimico che si fece chiamare Rupescissa, nei suoi manoscritti, esprime, a modo suo e del tempo in cui scriveva: se la umana ampolla che pare di una sola vessica costitituita non si separa in doppia vessichetta, onde una sia judice dell'altra, non potrai credere che la Pietra (Rupe) sia in vista del pellegrino. Non esiste integrazione dei poteri occulti dell'uomo e nell'uomo senza questo separando di controllo. Rinunziare? Ma noi non rinunziamo a niente, le rinunzie sono mistiche, l'Ermetismo Magico fa tesoro di tutto, anche delle asinerie scientifiche. La neutralità è di regola in ogni esame ponderato delle cose, ma nelle pratiche psichiche o ermetiche o magiche è assolutamente indispensabile. Tutte le scienze moderne, come quelle filosofiche antiche, prevedono una sintesi unitaria (Unità) delle forze fisiche ed iperfisiche della Natura, concezione, intuizione di tutti i più profondi filosofi di tutti i tempi. Mi pare che il dottissimo Padre Secchi sia stato dei primi che avesse scritto un libro di prognosi su questo argomento. Tra le forze iperfisiche della Natura vi è... il corredo della bestialità e degli errori scientifici umani: bestialità, eresie, stupidaggini monumentali, orgogliosi tesori di frottole elevate a leggi morali, o fisiche o terapeutiche... paurose generatrici di rinunzie quasi religiose o tutte religiose, quando il cameratismo scientifico si impone, con accordo simultaneo tra i saggi, per precludere la via ad ogni nuova paradossale iniziativa di novatori. Noi non rinunziamo a niente; è la mistica pura che rinunzia al peccato dell'esplorazione fisica come contributo alla ricostituzione dell'uomo integrale. La vostra serenità, lo stato vostro di animo col quale dovete esaminare le cose senza le lenti delle idee comuni e fatte, deve porvi al vertice di un triangolo alla cui base sono le opinioni vecchie e le visioni di possibilità nuove. Ricordatevi che i Romani, padri nostri, ridevano dei sacerdoti orientali venuti a Roma e che nel delirio sacro si eviravano. E tutte le rinunzie, anche alla presa in considerazione di idee vecchie o paradossali, sono evirazioni psichiche e scientifiche. Discepolo - Ma è sempre operazione difficile ed audace il credersi neutro in opinione, perché quando le idee apprese diventano carne nostra, non possiamo fare a meno, discutendo od osservando, di sentirle vive. Come posso io restare incommovibile di fronte ad una vecchia anzi primitiva ipotesi, che le influenze di certi astri sono padrone di me, se sono calmo o mi irrito con facilità da rompere i freni della buona educazione? Giuliano - Non precipitiamo. Credere e condividere le mie opinioni non è lo stesso che giudicarle con serenità, mettendole a pari livello con tutte le altre, e sentendone la giustificazione che rasenta la prova scientifica, appena tradotte in pratica. Senza perdere inutili parole, questa è l'occasione per discorrere su questo argomento astrologico che è sfruttato oggi in altri paesi, commercialmente, come da noi non si concepisce, da una miriade d'illusi e di legiferatori che non hanno niente a vedere coi semplici precettori dell'astrologia antica, sacerdotale, naturale non mistica, non ispirativa. Ricordatevi che noi, anche di parte avversa alla dottrina comune, siamo italiani cioè non creduli per fede cieca; se io fossi uomo di semplice fede non starei qui a discutere con voi; la fede non s'impone, è cosa che si riferisce alla nostra inclinazione verso la credulità, la quale, a sua volta, è un soggetto d'elemento di psichiatria. Non vi opponete al primo annunzio di una idea che vi pare primitiva e sorpassata, solamente perché, riabilitata, potrebbe mutare il codice penale e la concezione della vita. Ogni novità, in tutti gli ordini costituiti, mentali o di vita pratica, filosofici e scientifici, determina un primo momento che è assai scomodo per chi ha preso l'abitudine a stimare infallibili le cose che si sanno. Pensate che nel tempo tutto muta, tutto è mutabile. Rinnovamento per moto. Il Moto o Movimento base di ogni rinnovazione, nel mondo fisico e in quello della mente umana. La scienza di oggi non è quella di ieri; niente è definitivo, si progredisce, si arretra, si fondono le conoscenze, si comprendono gli errori passati o si trova un lembo di verità in conoscenza di epoche remote già disprezzate. Idee con tanto di barba bianca sono presentate con forme nuove e paio no novità. Il vostro infallibile gabinetto sperimentale di oggi avrà la sua revisione in nuovi gabinetti probatori di domani. Se così non fosse, la vita del mondo fisico e del mentale umano s'incanterebbe nella stasi, si fermerebbe come il sole dell'infallibile Gedeone. La navigazione fantastica sul mare delle illusioni, verso la perfettibilità dell'uman genere come massa, sarebbe un'altra perdita delle volgarissime idee e luoghi comuni, accettati e ripetuti come dommi e non discussi. Diventeremmo tutti santi, in Paradiso, alla presenza del Padre Priore, pulendoci le unghie eternamente sudice, grattandoci la zucca che eternamente ci prude. Questa è la stasi della vita eterna, in Oriente e in Occidente, la eternità mistica fuori il tempo, in una sempiterna immobilità, ed immutabilità. Iniziarsi all'Ermetismo è la comprensione del moto di cui Ermete o Mercurio ne simboleggiano la necessità per la vita delle cose e dello Universo; Ermete fattore di forme e accompagnatore di morti per il loro ritorno alla vita; Ermete atomo, molecole, joni, elettroni in movimento, mai esaurito, nella trasformazione costante, successiva, incessante, portentosa, inconcepibile, meravigliosa di un centro in perpetua agitazione, in cui il tempo è successione di moto e di vita vibratoria. Vi siete meravigliato di Marte, o caro ed irritabile amico, di questo fegatoso dio che sotto un sembiante o una maschera un po’ differente tutte le antiche religioni possedettero, per determinare in lui non solo la forza o energia o violenza nel quadro generale e prospettivo della Natura, ma le energie e le reazioni provocate dall'uomo, coscientemente o brutalmente incosciente, nell'agitazione delle sue ricerche e dei suoi capricci. Quando qui e là ho scritto in difesa delle antiche mitologie, nel mio orecchio risuonavano ancora certe spiegazioni che nelle scuole ho sentito ripetere da maestri che sdegnavano di prendere sul serio qualunque simbolo di religioni antiche, rileggendo alla cianfrusaglia del Parnaso tutte le immagini cultuali di popoli e stati, tramontati e scomparsi che vissero per lunghi secoli di vita magnifica. Ecco perché alle esagerazioni barbariche e alla sconfinata intransigenza dei primi secoli del cristianesimo, addebito questo dispregio sistematico di tutto ciò che appartenne a civiltà ancora poco studiate, nei loro simboli religiosi pieni di misteri e significati reconditi, che finora si attribuiscono ad una rappresentazione degli elementi, come rudimentalmente ancora oggi si crede di rinvenire nelle tribù selvagge dell'Africa Centrale e nelle isole dell'Arcipelago australiano. Non comprendo come sia sfuggito agli studiosi moderni armati di un sistema critico alla Frazer, che ricerca il primitivo nel mondo dei selvaggi, contemporanei alla civilizzazione nostra, il fatto molto appariscente che le mitologie classiche di tutti i popoli antichi contengono gli stessi elementi simbolici e immaginatevi come zampillanti da una sorgente unica originale, e ignota storicamente a noi. Quale sia stata questa fonte arcaica da cui sono scaturite idee e ideazioni simboliche, noi ignoriamo completamente. Ricerche per comparazioni storiche si sono ben fatte, né credo varrebbero a risolvere l'enigma. Ma se mi state ad ascoltare, senza sbadigliare,io vi dirò che, a mio parere, per mia intuizione, mi è sempre parso di leggere nelle personificazioni simboliche delle religioni antichissime la sapienza enciclopedica dei popoli che le avevano adottate. Fisica, chimica, filosofia, segreti naturali, evocazioni di forze della Natura o provocazione di misteriose energie terrestri o cosmiche, tutto mi pare di leggere attraverso storielle e iconografie religiose di popoli scomparsi da più millenni, di cui non abbiamo oggi il sospetto che siano esistiti. Inoltre, leggendo nei libri e nei monumenti residui di questa antica gente, l'investigatore, l'archeologo o lo storico dimentica che noi viviamo di una psicologia di profanazione, che non è affatto della mentalità antica. Discepolo - Non devo nascondervi che queste vostre ipotesi e questi indiscreti dubbi vostri mi interessano. Voi mi trascinate di nuovo in curiose visioni di possibilità strane, che in tempi remotissimi altri dotti, altri scienziati, altri uomini insomma come noi, diversamente camuffati, abbiano fatto lo stesso di quanto oggi facciamo noi. Giuliano - Oggi la scienza è pane di tutti; il progresso prende la umana collettività e la pervade; l'eguaglianza innanzi a Dio e alla Morte, vien di conseguenza la eguaglianza nel diritto di sapere, conoscere e avere attitudini a compiere in pratica la cosa appresa. Voi potete produrre la luce elettrica, fabbricare la polvere, i gas velenosi, curare una febbre di malaria, ed io posso fare la identica cosa o saperla fare. Allora chissà a quale psicologia fondamentale di razza o mentalità di oligarchie governanti si sottomisero i sapienti del tempo per tener celato quanto sapevano di scienza realizzante! E il simbolismo spesso oscuro delle loro religioni non potette conservare e perpetuare la chiave e la storia e la meccanica delle loro creazioni? E la necessità stessa di occultare questa loro scienza alla plebe e agli stati limitrofi contro cui si sarebbe potuto entrare in conflitto armato? Morale e religione, caro amico, sono due capisaldi dell'organizzazione degli stati, in tutti i tempi, in tutti i paesi: ma la comprensione delle due parole è difficile perché varia secondo i tempi e le latitudini. Se il monaco che inventò la polvere da sparo non l'avesse svelato che al suo confessore e questi al papa; se la polvere fosse diventato un segreto incomunicato della Santa Madre Chiesa, il mondo di oggi avrebbe altra faccia, né Roma sarebbe stata mai saccheggiata o presa o maltrattata. La morale di oggi non è quella di trenta secoli fa. La società dell'Epoca faraonica non è quella posteriore di Alessandria, di Smirne, delle isole greche all'epoca di Zenone e poi di Paolo di Tarso, come oggi non è identica a Roma e a Giava, così il senso della parola religione. Discepolo - Comprendo. Giuliano - Io voglio spiegarvi il mio modo di vedere e di leggere nella mitologia che comprende i simboli della più vicina antichità: la greco-latina, sfiorandone il senso per quanto è possibile dalle conoscenze moderne, e ... se non vi stancate. Discepolo - Anzi, m'interesso e mi diverto. Giuliano - Comincio da questo padre dei tafferugli umani, che è Marte, e che vi ha ieri un po’ agitato. Egli, dice la favola, fu figliuolo di Giunone che, a sua volta, era figliuola di Saturno ... Discepolo - Il mio antipatico e incomodo dio! Giuliano - Ma Giunone era moglie di Giove, il supremo possessore dei fulmini, un dio elettrico: saette, lampi, tuoni di Padre Giove. Interpretazione comune ed accettata che Giove disponesse dei fulmini secondo si vedono nelle tempeste e le masse umane dovettero credere che chi veramente maneggiava le forze meteoriche era il padrone di tutto. Spiegazione elementare e logica. Ma io posso anche supporre una cosa verosimile, che il potere e la scienza dell'elettricità fossero posseduti da Uno dei supremi sacerdoti o da una speciale categoria di sacerdoti. Discepolo - ...lo facesse passare per l'onnipotente padrone di Tutto, è una ipotesi curiosa immaginativa, fantastica; ma non documentata, manca qualunque elemento dimostrativo. Giuliano - Anche questo è un modo di dire. Se dalla telefonia e telegrafia di oggi si passerà all'abolizione dei fili anche per l'illuminazione e il riscaldamento, e se di qui a trenta secoli, l'umanità sarà di nuovo passata per un cataclisma distruttivo, ditemi voi se al trentunesimo secolo qualcuno potrà provare che noi abbiamo posseduto tutta questa scienza dell'elettricità, ed abbiamo, senza olio e lucignolo, con pratica alla minuta di tutti i giovanetti, tenuto delle lucerne accese. Discepolo - Ipotesi, nuvole, castelli in aria; vi può essere del possibile ma non può essere dimostrato e non è scientifico. Ascoltandovi, sogno sedotto dalla fantasmagoria, ma l'ipotesi non dimostrata non è scienza. Giuliano - Allora ritorniamo a Marte, la madre del quale, la signora Giunone, legittima consorte di Giove, di un carattere acetosetto più che no, turbolenta, gelosa, vendicativa, perdeva la calma al minino dispiacere e allora dimenticava il suo grado e strillava come una qualunque lavandaia. Ovidio racconta che Giunone si era arrabbiata che il suo divino Consorte avesse da solo creato Minerva ... Necleto conjugis usus cioè senza il concorso di sposa, senza fare professione di marito. E la dea irritata andò e consultare Flora per vendicarsi, cioè per fare un figlio senza il concorso del marito, né di alcun altro maschio ... clamando: se lui ha potuto fare senza di me, cur ego desperem fieri sine coniuge Mater? Flora la contentò perché possedeva, tra i fiori della terra, uno di meravigliosa creazione. Chi glielo aveva dato ne l'aveva avvisata della sua virtù. Qui dabat: Hoc, dixit, sterilem quoque tangejuvencam Mater erit: tetigi. nec mora, mater erat. Come questo fiore toccando una giovenca, questa diveniva incinta, Flora toccò con esso la nobile moglie di Giove e il ventre di lei cominciò ad ingrassare, con un inquilino più irrequieto di lei, che fin dal primo mese dovette dar saggio del suo carattere litigioso e impertinente. Ed era figlio di una Dea e di un fiore! La vostra scienza positiva faccia ricerca di questo fiore oleonico e i problemi della depopolazione e quello dei mariti perseguitati dalle mogli, saranno di un colpo risoluti. Discepolo - Se le favole e i miti fossero veri così come si raccontano, la vita diverrebbe più facile e senza intoppi. La nostra Flora non conosce questo fiore. Giuliano - Allora conviene lasciarne ad altri più allegri botanici la ricerca e concludiamo che Marte fu un attaccabrighe, un rissoso di prima forza e la favola ne ha raccontati i fasti maneschi e memorabili, fino a quando divenne l'adultero amante di Venere (anche nell'Olimpo le donne hanno un debole pei militari e i combattenti!). E fu preso nella rete dell'offeso Vulcano insieme alla Dea. delle Bellezze. Allora diventò più acido ... e trovato il suo pianeta di rifugio, dardeggia il seme della lotta e della guerra e della polemica tra gli uomini. Discepolo - Graziosa istorietta eruditiva, ma che cosa in sostanza vi vedete in essa che gli altri non hanno visto? Giuliano - Una dea che si fa incingere da un fiore e con una paternità così o1ezzante e vegetale, dona all'Olimpo il più focoso e manesco e metallico degli Dei. Non solo, ma causa della sua nascita è la reazione di Giunone al suo Giove che aveva generato Minerva. Giove se la procreò nel suo capo. Vulcano, quando Giove non potette più contenerla, con un colpo di scure gli aprì il cranio e la dea venne alla luce bella e armata di scudo e lancia. Dicono Minerva dea della intelligenza: ma no, Minerva è il pensiero armato, il pensiero energia e il pensiero non solo intelligente, ma volitivo, creatore, cosciente che si esteriorizza, individualizza, agisce, impera, domina. Concezione che dovette essere etrusca di origine. Posteriormente assimilata con Athena greca coincidenza impropria, Minerva è idea viva e vivente in azione; l'arma è difesa e resistenza. Minerva dicta quod bene moneat - dice Festo. Quindi luce omniscente quando è in noi armata, quando si muove e esplode in Giove, luce divina, Monitum (il verbum caro) dei magi, partorita è sapienza in atto; l'idea realizzata. Minerva Medica ebbe tempio, ex voti, adoratori, guariva. Quando vi ho parlato della Myriam vi ho figurato Minerva Medica. Se il Signor Giove, è il tipo maschio creatore della dea luciferiana e sanatrice, la Signora Giunone è femmina con tutte le virtù della consorte tradita, e per le vie naturali per quelle che son comuni a tutte le donne, regala anche essa un rampollo extranaturale, e costui non ha niente a che vedere con la bontà di Minerva. Vir; maschio, aitante, gagliardo, corazzato, diventa un sanguigno capitan Tempesta, pel quale ira, collera, ruina, sangue, mutilazioni, morte, sono le sillabe del suo nome e le idee del tipo. Il curioso è che nella Etimologia Latina del Brozzi ho trovato una ricerca sulla radicale Ma,. come principio di illustrare, celebrare, rendere clamorosamente, famoso .... Mart, Mar(t)s... Chi più illustre, famoso, ammirato, del dio della guerra, in popoli che la gloria più alta immedisimavano con la vittoria dopo la lotta? Però, per me, se la regola aretea e la grammatica dei numeri ... Discepolo - Libri ignoti a tutti i bibliotecari del mondo! Giuliano - Non di tutti! Vi sono dei bibliofili che i libri li hanno nei compartimenti cerebrali, in tutte le ore e libri di tutte le epoche. Si domanda e un libro si apre, vi si legge il necessario, e lo si ripone nella scansia. Io ho conosciuto uno di costoro che custodiva tutte le opere di Areteo, note e ignorate, e in queste molte cose delle etimologie dei nomi sacri. Marte, con elmo, scudo e spada, ha il suo corrispondente, la sua figura, la sua rappresentanza in tutte le mitologie antichissime. L'Egitto, la Persia, la Caldea, tutti i paesi a religione simbolica, ebbero il loro Marte, con altri nomi, con altre figure, con diversa rappresentazione; nei Cieli visibili, questo dio multiforme, dovette avere la sua realtà corrispondente in una forza agitante della Natura, che realmente determina uno stato di essere speciale nella materia così detta bruta e di riflesso sugli organismi animati di tutte le classi, inferiori ed elevate. Vi domandate spesso, sorridendo, se veramente crediamo che gli astri abbiano pertinace influenza sugli uomini e le cose. Non sorridete. La domanda la volete e la potete fare per la semplice ragione che voi non capite niente del linguaggio pantèo delle mitologie astronomiche che hanno preceduto il monoteismo ebreo. Gli astri stanno appesi alla volta celeste, come avrebbe detto Don Abbondio se fosse stato interrogato a suo . per illuminare le serene notti della Terra, e per tempo da Don Rodrigo, rallegrare Vostra Eccellenza. Gli astri, dico io, sono materia ed elementi di astronomia; certamente sono centri subordinati ad altri complessi e più grandi; satelliti di pianeti, asteroidi, pianeti piccoli e grandi, stelle, soli, visibili ed invisibili, formano la catena armonica dei mondi, dell'Universo, del Cosmo conosciuto e ignorato. Ma questa armonia immensa, intuita ed ancora, nella maestosità sua, inesplorata, non è discontinua, non è spezzata, non è fatta a brandelli. La concezione ermetica dell'Essere Universale è unica inconcepibile di tutto ciò che è ridotto alla figurazione minima che la mente umana può pensare, può ideare, può comprendere o sospettare. Le forze incessanti che mantengono in azione di moto i grandi fattori di questa indicibile sintesi del Creato, cioè dell'Essere, cioè dell'Esistente, realtà incontrollabile che dai sensi del nostro organismo montano alla penetrazione inesprimibile della psiche umana, le forze in potenza e in effetto dall'Universalità del creato infinito discendono all'atomo e alla molecola nella legge della vita che si rinnova e si tiene desta in tutte le più meschine espressioni. Quaggiù è come lassù. Le stesse energie insondate che obbligano gli astri a girare intorno al sole, e il sistema solare a spostarsi in un'orbita ignorata verso altri sistemi di altri soli, noi le sopportiamo per ignorante abitudine, nelle leggi del magnetismo e dell'elettricità, della gravitazione della materia terrestre. Senza conoscere l'essenza di questi occulti fattori, ne costatiamo i riflessi, le influenze, l'azione sul nostro individuo, sulla nostra sensibilità, sulla capacità stessa della nostra psiche, anima comprensiva e analizzante che si traduce nella parola intelligenza: il potere di constatazione dei fenomeni visibili, fenomeni cioè ancora non visti colpiscono per reazione i nostri sensi e ci si svelano. Sottrarsi a queste attività universali, quando noi siamo particelle infinitesime del grande Cosmo è semplicemente un assurdo. Se la forza, iperenergetica della Natura, in tutta la sua magnificenza la chiamiamo Marte, nella sua azione fecondativa Venere, o nel suo irraggiamento creatore Giove, o nella morte rinnovatrice Saturno, noi non aspettiamo e non crediamo che tali astri siano i possessori intelligenti e animati che, con incostanza di umori, ci gratificano del loro influsso speciale, che scaturisce a volontà spruzzante come dal becco di un sifone di Acqua di Seltz. Discepolo - Credetemi, quantunque prevenuto male su quanto mi spiegate, la mia comprensione si allarga, riducendo a termini giusti certe affermazioni ciarlatanesche che ripugnano alla scienza e agli studiosi. Giuliano - Devo ripetermi perché non vi sfugga il mio punto di arrivo che mi propongo. La cosa nuova che intraprendo in queste conversazioni con voi, mira ad analizzare e chiamare con vocaboli i meno impropri possibili il contenuto di vecchie formule superstiziose che si perpetuano da secoli nell'empirismo di maghi e magonzoli da strapazzo, e ricercatori e ricostruttori di ermetismo in edifici letterari che sono del tutto moderni e fantasiosi. Sfrondare le vecchie parabole empiriche, che menti non educate alla investigazione ripetono e propagano, io credo, opera altamente civile e scientifica e voi, senza dubbio, dovrete sentire che il mio giudizio non è errato, per quanto non coincida con l'opinione che se ne fanno del carattere classico della Magia, quelli che perseguono studi altissimi in altri rami dell'umano sapere. Il fascino del maraviglioso, che in sostanza agisce anche sull'animo dei più temprati scettici, è sfuggevole (per abitudine? Per paura di perdersi nel labirinto mistico della credulità?) all'analisi ordinaria dei critici e degli scienziati studiosi e seri. A furia di progredire, e di perseguire fini e scopi dottrinari nuovi, il passato, l'immenso passato dell'umanità storica e preistorica, vien guardato con l'occhio ironico dell'anziano che non ha pietà dell'infanzia che si trastulla. Può essere un errore di analisi, mio e degli altri: io richiamo l'attenzione di tutti su questa possibilità; e se il passato dell'umanità non fosse infanzia ma residuo storico di ricche civilizzazioni ignorate? Questa è una idea ricorrente in tutto quanto ho scritto e detto in cinquant'anni. Se per poco vi fermate sulla costituzione cosmica dell'infinito universo, creato, non creato o in atto di creazione, e tentate di idearlo e comprenderlo, la mente umana non può pervenirvi che rapportando l'infinito al finito, l'inconcepibile sconfinato al concepibile per determinazione: diversamente si persiste, nella vacuità della impotenza, a sondare abissi mentali che rasentano la follia del non percettibile. La lingua umana, lingua che serve alla vita sociale, nei rapporti tra uomini non ha vocaboli che possano comunicarvi stati mentali precisi fuori l'abitudine delle comuni percezioni grossolane e rustiche della vita quotidiana delle necessità corporee. Il di là di questa prosaica intenzione dell'utilità immediata è facoltà della mentalità poetica, dell'arte, della immaginazione armonica di luce, suoni, colori, parole di un senso così diverso dall'ordinario che comunemente s'è preso il vezzo di chiamarle alate come volassero, s'involassero, montassero o provenissero da regioni ignorate, più alte, più aristocratiche, più pure. L'artista o il poeta hanno in sé gli elementi sinfonici della follia che esplora l'insondabile, e se l'artista e il poeta non sono discesi dall'altezza del divino nell'angiporto dei mercanti di pane e prosciutto, credete pure che potete determinarli eccezioni nella folla che cammina nella regione del senso comune. L'Influenza del maraviglioso nell'idea e nella coscienza umana è dovuta soprattutto alla non educazione delle masse alla comprensione della vita universale e al misticismo religioso che è un bisogno assoluto per gli esseri umani che non hanno il coraggio delle umiltà di sensi infinitissimi nell'infinito e che si spaventano dell'ignoto; ignoto che non ha il valore di ciò che non si sa, ma del non compreso. Attaccamento alla vita umana, quasi che noi non fossimo immortali nella materia terrestre: Pitagora nella trasfigurazione della rinascita lo insegnò per immagini concrete. I nostri sensi sono imperfetti, grossolani, atti ad essere impressionati solamente da un determinato numero di cose materiali che vengono in nostro contatto: dico contatto perché tutti i cinque sensi fisici sono dei contatti nostri con l'esteriore. Ciò che si vede, si sente, si assapora, si odora, si tocca, si riduce al solo avvicinamento delle cose fuor di noi a noi e di cui prendiamo conoscenza per toccamento, per tatto. La visione stessa degli oggetti che si presentano al nostro sguardo sono stati di investimenti vibratori di luce che entrano in contatto con un apparato naturale del corpo animale ricettore, che è l'occhio. Appena in questo organo arriva una imperfezione, naturale o procreata, il contatto riesce trasformato e deformato; l'oculistica enumera tutti le molteplici varianti della vista nostra dovute a imperfezioni per nascita o per accidenti. L'odore è contatto delle emanazioni atomiche e molecolari dell'aura dei corpi sulla mucosa nasale; l'udito è, come la vista, un organo ricettore delle onde sonore; il gusto non ha bisogno di spiegazioni. Discepolo - È semplice la vostra esposizione per sintesi di concezione, benché certe idee le ripetete spesso, con forma differente, per non farle perdere di vista. Giuliano - Di certe qualità e del peso delle idee comuni parlo fuggevolmente spesso, per dare un senso preciso ai vocaboli di cui faccio uso. Il linguaggio umano,parlato o scritto, ha per missione la chiara esposizione del proprio pensiero e delle idee che si vogliono comunicare a chi ci ascolta o legge e già vi parlai, nelle nostre conversazioni che, a trattare argomenti come questi che ci preoccupano, il linguaggio vivo, ordinario, pratico di tutte le ore, è insufficiente. Appena fuori la stretta necessità delle parole pei . bisogni corporali definiti, la presentazione delle immagini e concetti mentali, non è possibile che all'artista, cioè a chi ha un'anima, una mente, un intelletto più aristocratico della media che prende, comprende, infiora e profuma tutto ciò che gli astri non possono né vedere né comprendere. La musica e la pittura, ne sono le espressioni fuori il linguaggio articolato, la poesia nell'armonia dei suoni e dei vocaboli per risvegliare la comprensione di idee di grado più nobile e determinare la coscienza di sentimenti o informi, o inavvertiti. Le Muse furono figliuole di Giove, il massimo. Come pei sensi, la mentalità umana è anch'essa limitata e diversa da uomo a uomo, così il potere intellettivo di tutti i terrestri. La divinazione che dovrebbe, nella sua essenza profetica, essere comune a tutti (perché la manifestazione pantèa della Natura è incessante e ininterrotta) non è propria che alla costituzione dei più aristocratici organismi mentali che ne possano leggere i rapporti e i simboli facili. Già vi dissi che il voler ridurre l'umanità a serie, a classi, a compagnie, determinando in ogni categoria uno spirito e una intellettività comune, può rispondere ad una concezione necessaria alla vita sociale del momento, imporsi al legislatore moderno che deve assolvere migliaia di quesiti concorrenti ad un assetto sociale complicatissimo nella concezione statale contemporanea. La meccanizzazione del cittadino, della famiglia, della classe, se è accettata da menti superiori è per facilitare l'organismo vivente dello Stato; ma uomini di tale levatura che organizzano società e razze credete voi che non comprendano l'artificio necessario e la natura vera dell'individuo da meccanizzare? Siamo tutti eguali innanzi a Dio, dicono i religiosi, re, principi, filosofi e artigiani, come si crede con profonda convinzione che siamo tutti eguali innanzi alla morte, solamente perché lo stesso modo di chiudere gli occhi ci mette nella categoria dei defunti. Siamo tutti eguali innanzi alla legge, sofismo naturale che viene a galla dopo aver considerato che Dio e la Morte ci hanno fatto e ci stimano eguali. Ma nel fatto concreto anche la stessa società meccanizzata e la religione fanno delle differenze e delle gradazioni nel concepire il valore delle unità umane. Il Lenin ha una tomba che voi ed io non avremmo mai: tomba di Stato, venerazione della materia abbandonata dal Superuomo che ha voluto dimostrare. Napoleone ha una tomba, una storia, una falange di ammiratori anche dopo un secolo dalla sua morte. Dante Alighieri, Washington, Marco Aurelio, Shakespeare, Nerone, Clemente VII°, Alessandro Volta, Michelangelo, Raffaello non sono eguali, proprio eguali al droghiere o al bottegaio che stanno all'angolo della via, né eguali innanzi a Dio, né innanzi alla Morte, né innanzi alle leggi dello stato, il quale né a me né a voi accorda un'eccezionale ammirazione come ai prelodati monsignori. Sarebbe curioso che io, pensatore modestissimo e un po’ brontolone, mi aspettassi di passare alla storia come Edison, come un grosso fabbricante di automobili, come S. Agostino. Dunque questi capoccioni indicano che l'umanità non è fatta di unità eguali, stereotipate su forma unica: il che è un errore di fatto nell'ineguaglianza delle unità che formano le classi e le categorie degli uomini. Errore di origine cristiana comunista alla sua nascita, che scema e declina nella concezione della civiltà meccanica al cominciamento del secolo XX. In più si perpetuano in noi, per sopravvivenza, anche errori di insegnamento passati, quando la scuola, anche di apparenza laica, sopportava il pesante bagaglio dei secoli di insegnamento religioso che ci hanno preceduti. Ed oggi stesso, se piacesse a qualcuno di scrivere un libro sul Mondo Invisibile, la prima impressione nel pubblico sarebbe che si vuol parlare e discutere di spiriti di morti e di spettri e demonii, mentre che una gran parte delle nuove percezioni scientifiche è da classificarsi in questo mondo ignorato, che non si vede, quindi invisibile per la natura stessa e la formazione dei nostri organi dei sensi. Discepolo - In questo senso voi esprimete una idea giusta, ma col bagaglio spiritico di comune ed ordinaria conoscenza, si attribuisce l'invisibile a un mondo di anime di morti, di larve, di trapassati che stanno a nuotare tra le fiamme del purgatorio. Giuliano - Arriveremo a questo per necessità logica. Già vi dissi del le vostre nuove scoperte su luci e irradiazioni invisibili: i raggi X, quelli ultravioletti, gli infrarossi; ma la stessa elettricità, di applicazione oggi tanto comune, per quanto noi discorriamo in questo istante alla luce di una lampada a filamenti, nella sua precisa natura, non è visibile per noi che attraverso apparecchi, atti a darcene un'idea e una sensazione concreta. Le onde elettromagnetiche non si vedono; la trasmissione del suono, come riprova della esistenza di queste onde, non si manifesta che captata per ricettori: queste onde sono invisibili. Il profumo di un fiore (come tanti gas) è non comprensivo dagli organi della visione; e così gli infusori, i microbi, i batteri. I sensi umani non sono che limitati, come il ragionamento degli uomini, alle cose comuni e grossolane della vita ordinaria, comune, per le sensazioni, a tutti gli uomini: e anche ammessa una identica potestà percettiva, eguale in tutti gli individui, la mentalità di ognuno ne riceve un'impressione (idea concezionale) psichica differente. Discepolo - Comprendo dove volete arrivare. Giuliano - E credo necessario, per intenderci, di proseguire in questa sintesi della non comprensione delle parole, come mezzo comunicativo tra gli uomini. Al 1880 per aver io scritto su di una rivista letteraria (allora occultismo e psichismo erano semplice letteratura per divertire i riposi domenicali) che i sensi umani erano bugiardi e imperfetti, un professore di fisiologia mi ammonì perché studiassi meglio la potenza e la precisione dei nostri organi dei sensi, poiché senza la loro perfetta funzione non sarebbero stati possibili la fisica sperimentale e la chimica di cui tutta l'umanità si avvantaggia. Questo cattedratico della più pesante artiglieria universitaria, dell'Italia non solo ma dell'Europa, aveva dimenticato il microscopio che non avrebbe avuto ragione di esistere, se gli occhi nostri potessero veder tutto! Non potetti rispondergli in tono cortese o irritato, per un mondo di ragioni che me lo impedivano e sopratutto perché la sua autorità s'imponeva agli editori della rivista che mi avrebbero preso a dileggio se avessi solo accennato ad una ribellione! Se ora non fosse morto, vorrei vedere che cosa potrebbe aggiungere alla sua perfezione dei sensi nella attuale evoluzione della fisica e della chimica, e dei mezzi meccanici sussidiari ai sensi per lo studio delle forze e della vita non visibile, non sensibile all'uomo, e controllabili solo in maniera indiretta, per i risultati speciali che arrivano ai sensi nostri nella loro possibilità ed imperfezione comune! Quella famosa luce nera annunziata nei libri magici (nigra lux) non presenta o ricorda tutti i raggi e le luci che ho enumerati innanzi? Discepolo - E i raggi cosmici scoperti dal Millingam non devono aggiungersi ai vostri citati? Giuliano - E le influenze astrali, dico io, non si potrebbero anch'esse agganciare a esse? Carissimo mio dottore, se sentite dirmi che Marte influisce su di voi, come su me, come sugli astri, come in alcuni periodi di torbidi sociali agisce prepotente sulle masse, non dovete ridere, ma riflettere, pensare, meditare. Il senso di volgare superstizione che si dà al mio annunzio che Marte vi ha irritato, è ignobile ed indegno di figurare in una conversazione tra voi e me. Sarebbe una degradante retroversione delle mie intenzioni come se io lavorassi alla perpetuazione di errori volgari di epoche più oscure, più ignoranti, che noi teniamo in dispregio, perché ci sentiamo o ci presumiamo già sull'orlo dell'arca in cui si sonnecchia il Dio sommo e onnisciente della natura. Molte delle cose passate e battezzate come ruderi delle pietose che vanno indicate con questo nome, dovrebbero essere esaminate in un senso analitico di studio e comprensione. Con la presa di possesso a corso forzoso della religione cristiana sulla coscienza umana dell'Occidente, i ruderi memorabili di antichissime religioni (egizi, caldei, assiri, greci, romani) si sono perpetuati nella tradizione popolare o segreta di anime che ne perseguivano il ricordo e l'insegnamento; ricordi che forse avemmo trovato scritti o incisi se tutta la colluvie dei Santi Padri non avesse aiutato la distruzione barbarica di quanto Roma ci avrebbe potuto trasmettere in modo più omogeneo e concreto. Quando io proclamo che per la gloria del nome italiano, la mia opera è contro ogni superstizione, io voglio dire che pel crivello di una mia direttiva critica le superstizioni devono essere spogliate dall'inutile untume di cui sono insudiciate, passando di mano in mano, attraverso generazioni per centinaia di secoli e, cernite, depurate, esaminate, far parte del patrimonio della sapienza moderna. La quale più innanzi va e più cose nuove intravede che poi collimano con particelle di verità che le superstizioni ci portano, ancora incomprensibili a noi. Discepolo - Dunque ritenete Marte responsabile dei miei scatti; dormite tranquillo, oggi che me ne avete avvisato, sono dolcemente assiso e non mi commuovo. Giuliano - Ritorniamo quindi alla nostra Ermetica. Discepolo - Mi dicevate di aver domandato al pazzo come si morisse, che cosa facessero i morti... Giuliano - Proprio così. Il mio matto domandò un bicchiere d'acqua e lo posò su di un tavolo, fece sedere me e miei amici e postosi ritto come un maestro in cattedra, annunciò la sua conferenza... Discepolo - Questa sera Marte ha bevuto un decotto di lattuga e mi pare pacifico contro la vostra opinione astronomica. Giuliano - Il mio matto ha dunque detto il titolo della parlata: Ermete dice dei morti che sono interrati o cremati e della farfalla che ne esce dai corpi quando questi sono finiti... Discepolo - Devo credere che è il pazzo che parla o Ermete o voi? Già vi vedo un tantino turbato, attenzione all'irritabile Marte. Giuliano - Il pazzo si dichiarava Ermete e parlava come, secondo lui, Ermete dicesse per la sua bocca. Vi prego di ascoltare la sua conferenza che uno degli ascoltatori trascrisse. Discepolo - Volete imitare le Metamorfosi di Apuleio che racconta di Amore e Psiche?.. Insomma, prima che andate innanzi, voglio sapere se tale lezione devo ascoltarla per cavarne un senso di verità o che la novella del matto che è libero di fare il poeta o il tragico, o il buffone, non nasconda una punta ironica contro gli studiosi dii officiali e, nella celia, io non sia compreso a fare la parte dell'allocco che si mira in uno specchio convesso. Giuliano - Non devo imporvi i miei apprezzamenti, vi leggo il discorso fatto e voi giudicherete... Discepolo - Non è una satira di scienza o una tirata contro di me? Mi verrebbe voglia di sospendervi il fastidio della mia presenza, se vi scorgessi cosa che lontanamente ne facesse supporre l'intenzione. Bisogna che io vi parli chiaro, vi dispiaccia o no la mia dichiarazione franca: prima di conoscervi e quando mi decisi a chiedervi il permesso di venirmi a intrattenere con voi, un mio maestro dell'Università si mise allegramente a sorridere: andate a fargli visita - mi disse - ma siate prudente e preparatevi.
|
Indice: Dialoghi sull'Ermetismo ▪ Dialogo Primo ▪ Dialogo Secondo ▪ Dialogo Terzo ▪ Dialogo Quarto ▪ ▪ Dialogo Quinto ▪ Dialogo Sesto ▪ Dialogo Settimo ▪ Dialogo Ottavo ▪ Dialogo Nono ▪ Musica: "Axe Phebus aureo" (Carmina Burana secolo XIII) |