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Napoli, 22 Luglio 1751
Mons. Baiardi al Marchese Fogliani

Assicuro Vtra. Ecl.za che non duro punto fatiga a giustificarmi di un'accusa in credenza, che a dire il vero non poco mi hà sorpreso; nessuno più del Re averebbe ad esser persuaso, che neanche per immaginazione sono mai stato aggregato alla Società delli Liberi Muratori, non può ignorarsi la Maestà Sua li discorsi, che da un mese in circa accidentalmente seco ne tenni al Granatello e sà como me n'espressi. Se fossi stato tale la maniere con cui Egli si degnò aprirsi arreco, mi avrebbe somministrato occasione assai opportuna di discoprimi senza avere librezzo. Avrei indubitatamente fatta le confessione, assicurando per verità Vta. Ec.nza che non seppi a miei giorni far uso di simulazione come la mia, meno che mediocre fortuna puoi fare testimonianza sei o sette giorni doppo tenuto il discorso con sua Maestà il Principe di S. Severo in Portici nella stanza interiore, mi si apri pranzando le loro Maestà. intorno alle prerrogative del suo a me ignoto Gran Ministero, e molte belle cose mi diprinse della sua Società. Io gli risposi veramente: Sig. Principe voi mi fate quasi venir voglia d'entrare nel vostro ruolo, ma vorrei esser ben sicuro, che non ci fosse cosa che disdicesse ne anche per un atomo allo stato di Prelato, di Cristiano, di vasallo, ed anche di Galantuomo. Egli allora se reusci con vantaggiose esagerazioni, e prendendosi il discorso mio buttato là, per farli un poco di Corte per un constante, mi suggeri di farmi proporre per un tale, che non è necessario, che io nomini soggiunsi io allora Caro Sig. Principe non voglio in conto alcuno in ciò ver una manifattara, ne ci pensai più. Si chiama questo essere un Francs-Maçons? Uscita la Bolla Pontificia, mi trovai in Casa dello stesso Principe di S. Severo, e sero feci un uscita cansonatoria intorno la predetta Società. Egli mi disse varie e curiose cose, e il tutto fini in Canzone. Sono con ciò Francs-Maçons? Assicuro Vra. Ec.nza sul mio petto sagro, e sulla croce che porto in petto, che nulla di più è stato. Il Sig.e Marchese se la Società è indegna d'un Galantuomo, conosciute che per tale l'avessi non mi sarei aggregato. Se é cosa buona, o almeno indiferente, cento volte mi sarei dichiarato per uno degli associati imitando una gran parte di loro, che non se facevano con Vtra. Ec.nza, anzi col Re medesimo senza però svelare il segreto, quando a questi mi fossi obligato. E che ... Io essermi scordato la Bolla di Clemente XII. Io Prelato, e Prelato della Curia Romana? Sig. Marchese, per divina misericordia, sino ad ora veruno ha potuto intaccare il mio costume, e la mia credenza, onde non posso esprimere a Vtra. Ec.nza quànto mi punga sul vivo questa onorata calumnia con cui han preteso, non so perchè con mezzo adattato diferirmi nell'una, e nell'altro. Dio sa qual animo avra per me il Re per l'avenire. Assicuro in tanto Vtra. Ec.nza che restando il Re persuaso del vero, come mi Lusingo, che sia per succedere, ritornero bensi in calma ma chè? Questa bella avventura mi servira del continuo lume assai chiaro in torno all'indole del Paese e per regolare le mie misure. In tanto ne Muratore, ne seccatore, ne ..., ma servitore di Vtra. Ecnza con tutto l'ossequio mi li protesto.

(Biblioteca Apostolica Vaticana Mss. Vat. Lat. 8463, fogli 282-283).