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Roma, 17 Agosto 1751
Il Papa
Benedetto XIV al re Carlo di Napoli.

Charissime in Christo Figlio noster, Salutem et Apostolicam Benedictionem. [Nota marginale: Charissimo in Christo Filio Nostro Carolo utriusque Sicilia Regi ilustri.]
Per le mani del buon Padre Pepe riceviamo una lettera della Maestà Vostra dei 10 unitamente colle Pezze apartenente ai Liberi Muratori. Ne rendiamo distintissime grazie alla Maestà Vostra; e teniamo per certo di ricavare lumi maggiori del sistema dell'empia Setta dai fogli segnati D.E.F. di quanti abbiamo potuto ricavare leggendo vari Libri a Noi trasmesi da varie parti del mondo, fra' quali il più sincero ci é sembrato alla Maestà Vostra, esser quello intitolato Le Franc-Maçon trahi. Il buon Cardinale di Kolhonitz già arcivescovo di Vienna, fece una gran cattura di simil gente; ma non fu ben servito da' suoi ministri negli esami, come ricavammo dagli atti che mandò a Noi. Non abbiamo lasciato di mandare alla Corte di Torino unitamente alla nostra Bolla, l'Editto della Maestà Vostra, esaltandolo come merita d'esser esaltato, e mediante il Cardinal delle Lanze abbiamo invitato il Re di Sardegna a fare lo stesso ne' suoi domini; giacché pur troppo vi è qualche riscontro, che in essi si ritrovi questa canaglia [ed abbiamo occasione di sperare il frutto della nostra diligenza.] Negli Stati della Republica di Venezia, Genova, e Lucca, nulla v'é, vigilando le Repubbliche contro le adunanze segrete, ed usando mezzi efficaci per distruggerle quando vi sono. Negli Stati del Real Infante, Fratello della Maestà Vostra, non si lasciano le dovute diligenze per indagare se sianvi Liberi Muratori. Per quanto sappiamo, il gran male é nella Toscana; e la nostra attenzione consiste nel far presenti alla Regina Imperatrice, Principessa timorata di Dio, le pessime conseguenze che provengono dall' empia Setta, acciò essa [che anche nel nostro proposito non ha mancato d'attenzione e di zelo nello Stato suo di Milano], lo manifesti all'Imperatore marito, che viene da quella canaglia falsamente esaltato per loro Capo. Ardente e dilatato era l'incendio di Napoli; ma il nostro buon Re con gli Editti, e colle providenze, sotto il presidio dell'Inmacolata Concezione di Maria, ha saputo sopirla. Compatirà però la Maestà Vostra il nostro zelo, se osiamo di dirle, esservi in Napoli molta cenere, sotto cui può nutrirsi benché seppellito il fuoco, per ritornare una volta a divampare. Quanto dunque sappiamo e possiamo, preghiamo la Maestà Vostra per le viscere di Gesù Cristo a proseguire la incominciata gloriosa carriera, ed a non fidarsi d'una quiete che può essere dolosa: e quando alla Maestà Vostra capitasse l'occasione di punire qualcheduno de' deliquenti [e specialmente se fosse persona di qualche riguardo], creda a Noi, che un esempio dato d'un, pubblico gastigo, sarebbe il colpo fatale della Setta ne' suoi Regni. Cotesto Principe di San Severo ci ha scritta un lettera apologetica latina di più fogli. Noi per degni rispetti abbiamo creduto di non dovergli rispondere; ma abbiamo incaricato Monsig. Nunzio, vedendolo, di dirgli, che l'abbiamo recevuta che lo ringraziamo delle benigne espressioni lette in essa circa la nostra Persona che, quanto ai Liberi Muratori altro non resta, per capire la loro malizia che leggere la nostra Costituzione ed il regio Editto, [ed altro non resta da fare che obbedire con sincerità Christiana, e fedeltà di Vassallo all'uno ed all'altro]. Nella lettera diceva d'esser uscito dalla Società, ed aver dimesso il posto datogli di Gran Maestro, avendo chiesta ed ottenuta l'assoluzione dalle Censure: e Noi abbiamo commesso a Monsignor Nunzio il rallegrarsi con esso in nome nostro dei passi fatti, e che avendo chiesta ed ottenuta l'assoluzione, Noi gli diamo l'Apostolica Benedizione. Abbiamo creduto, che non siano per esser discare alla Maestà Vostra le scritte notizie, [alle quali aggiungiamo averci scritto il Cardinal di Francia, che le loggie erano già distrutte in Parigi, al che da Noi si é risposto che si badi alle Provincie, nelle quali per anco sono in essere]: e però non ci ha spaventato il timore d'infastidirla.
Terminiamo con alzare le mani al Cielo, pregando il Grande Iddio datore d'ogni bene a rimunerare in questo mondo e nell'altro con tutte le vere felicità la grand'opera della Maestà Vostra: e Noi come di Lui Vicario, benché indegno diamo alla Maestà Vostra ed alla Sua Reale Famiglia l'Apostolica Benedizione.
Datum Romae aput Sanctam Mariam Majorem, die 17 Augusti 1751. Pontificatus nostri undecimo.

(Archivio Segreto Vaticano, Principi, vol. 236, fogli 528-530).