| Le Fonti Storiche
Non é quindi sulla Bibbia che noi dobbiamo fare le nostre ricerche per ritrovare l'origine della Croce e del Cerchio, ma sul periodo che precede il Diluvio. Nello spirito degli antichi filosofi qualche cosa di divino e di misterioso s'è sempre riallacciato alla forma del Cerchio, che, come abbiamo accennato, rappresenta la prima origine del concetto di croce. Il mondo antico - in ciò d'accordo col suo simbolismo e con le sue intuizioni panteistiche, che unificavano l'Infinito visibile con l'Infinito invisibile - rappresentava la Divinità, al pari che il suo Velo, con un cerchio. Platone nel sua Crotilo fa derivare la parola Qeoj dal verbo Q™ein che significa, girare, muoversi circolarmente, come suggerisce il movimento dei corpi celesti che egli riconnette alla Divinità. Secondo la filosofia mistica, questa Divinità, durante le sue «notti» e i suoi «giorni» o cicli di riposo e di attività, costituisce l'Eterno movimento perpetuo , l'Incessante divenire, al pari che l'«Eterno presente universale» e il «Sempre-esistente». Quest'ultima è l'astrazione fondamentale: la prima costituisce invece la sola concezione possibile per lo spirito umano, se esso separa tale Divinità da ogni forma e da ogni apparenza É una evoluzione perpetua, incessante, che, attraverso il corso dei suoi perenni progressi ritorna sempre (col suo movimento circolare) verso il suo stato d'origine che è l'Unità Assoluta. Nella dotta opera di Geraldo Massey, intitolata The Natural Genesis, si trovano non poche interessanti informazioni circa la Croce e il Cerchio. L'autore dice: «La croce ansata riunisce il cerchio e la croce da quattro lati. In virtù di questa origine la croce e il cerchio sono spesso inseparabili». Il Chakra o Disco di Visnù è un Cerchio. Il nome denota l'azione di ritornare in giro ed esprime la periodicità, il trascorrere del tempo. Il Dio se ne serve come un'arma che egli lancia contro il Nemico. Anche Thor lancia la sua arma, il Fylfot, che è una forma di croce a quattro piedi (svastika). Così la croce equivale al giro dell'anno; mentre l'emblema del ciclo unisce la croce e il cerchio. La croce ansata (ank) non era quindi una facile figura geometrica, ma esprimeva il profondo concetto della croce e del cerchio uniti insieme. Il più curioso di questi simboli egiziani della croce e del cerchio, menzionati nell'opera citata, è un simbolo di cui la completa spiegazione e il significato finale derivano da simboli ariani della stessa natura.
L'autore si esprime così: La croce più sacra d'Egitto che tenevano nelle mani gli Dei, i Faraoni e i morti mummificati è l'Ank (croce ansata) il segno della vita, il vivente, il giuramento, l'alleanza... La sua sommità non è altro che il cerchio geroglifico, messo per diritto sulla croce del Tau. Il cerchio rappresenta la porta, l'ingresso, la bocca, l'uscita. Esso indica il luogo di nascita nella parte nordica del cielo, ove il sole rinasce. Di conseguenza il cerchio del segno dell'ank è il tipo femminile del luogo di nascita, che rappresenta il Nord. É appunto nella parte nord che la Dea delle sette stelle, chiamata «il Mare delle rivoluzioni» da’ la nascita al tempo nel primo ciclo dell'anno. Il primo segno di questo cerchio e di questo ciclo primordiale fatto nel cielo è la forma primitiva della croce dell'Ank, un semplice nodo che richiude nel tempo stesso il cerchio e la croce in una sola figura. Questa rappresenta dunque il cerchio descritto nel cielo del nord dall'Orsa Maggiore e che costituiva il primo anno del tempo.
Ecco perché l'Ank era il segno di ogni principio. Ora, tutto questo denso simbolismo arcaico è, nel tempo stesso, astronomico e fallico.
La versione puranica degli Indiani espone tutta la questione sotto un altro aspetto. Il nodo dell'Ank non appartiene affatto al solo Egitto. Esiste, sotto il nome di Pâsha, una corda che Siva, dalle quattro braccia, tiene in una mano di sinistra. Il pâsha è tenuto in modo che il primo dito e la mano formino la croce e l'anello. Nella mano di Siva, il pâsha ha, in tal modo, del lingam e dello yoni, cioè degli organi sessuali maschile e femminile. Ma poiché Siva è un nome sconosciuto nei Veda il nodo cruciforme, o pâsha, che é nella sua mano, non ha alcun senso fallico allorquando il Dio è rappresentato come un asceta. Esso costituisce l'emblema, di porta, di ingresso, e allude alla «porta stretta» che condurrà al Regno dei Cieli, ben più che esprimere il «luogo di nascita» in senso fisiologico. É ben vero che, comunque, si tratta di croce col cerchio, o croce ansata, ma è una croce sulla quale debbono essere crocifisse tutte le passioni umane, prima che lo Spirito possa passare la «porta stretta», che si allargherà poi in un cielo infinito, appena l'Uomo interiore ne avrà varcata la soglia. Questo sacrificio delle umane passioni sulla croce, costituiva la parte essenziale della Iniziazione come diremo più innanzi. Il Cerchio dunque, dal quale ha avuto origine il significato mistico della croce, ha sempre e dovunque simbolizzato lo Spirito della Vita e l'Immortalità. Il serpente che si morde la coda rappresentava il cerchio della saggezza nell'Infinito, precisamente come la croce astronomica - la croce inscritta in cerchio - e il globo alato, che diviene lo scarabeo sacro degli Egizi. Nei papiri egiziani lo scarabeo è chiamato kopiron o kopri, dal verbo kopiron che significa «divenire», ed è, così, usato come simbolo e come emblema della vita umana e di ciò che «diverrà» successivamente l'uomo nel corso delle sue peregrinazioni e delle sue metempsicosi. Nella filosofia primitiva degli Jerofanti questi cerchi invisibili erano le cause e i costruttori prototipici di tutti i globi celesti che costituiscono le forme e gl'involucri visibili dei quali essi erano le «anime». Tutto ciò faceva parte dell'insegnamento che si conferiva ovunque agli adepti. É facile comprendere quindi, anche da questi semplici accenni, la significazione simbolica che veniva annessa al piccolo segno del cerchio attaccato al T (tau).
Dice Proclo: Prima dei numeri matematici, vi sono dei numeri automotori; prima delle figure visibili, le figure vitali; mentre prima di produrre i mondi materiali che si muovono in immensi cieli, la Potenza creatrice produsse cerchi invisibili.
Pitagora, in omaggio a questa filosofia, prescriveva, durante le ore di meditazione, una prosternazione profonda e una postura circolare. Una delle ragioni per le quali il gatto era considerato sommamente sacro in Egitto, era che il suo corpo, durante il sonno, si aggomitola in forma di cerchio. Questa positura era consigliata da un punto di vista quasi magnetico, allo scopo di regolarizzare, in certo modo, la circolazione del fluido vitale, di cui il gatto è eminentemente provvisto. «Le nove vite del gatto» o «i sette spiriti del gatto» sono frasi che contano millenni di uso, attraverso la tradizione. Esse risalgono alla più lontana filosofia mitico-simbolica. «L'Uovo d'oro» bramanico, dal seno del quale emerse Brahama, Divinità creatrice, è il «Cerchio con il punto centrale» di Pitagora; e il suo simbolo è bene appropriato. Nella Filosofia mistica, l'Unità nascosta è sempre simbolizzata da un cerchio o dallo «zero» (il Niente assoluto, poiché esso è l'Infinito e il Tutto); mentre il Dio manifestato per le sue opere è rappresentato dal diametro di questo cerchio. Il simbolismo dell'idea nascosta è, così, reso evidente. La linea retta che passa per il centro di un cerchio possiede, dal punto di vista geometrico, la sola lunghezza, ma non ha né larghezza né spessore: è un simbolo femminile immaginario che traversa l'eternità e che è spinto a riposare sul piano d'esistenza del mondo fenomenale. Esso possiede una dimensione, mentre il cerchio non ne possiede affatto, o, per usare un termine algebrico, è la dimensione di una equazione.
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Un'altra maniera di simbolizzare l'idea si trova nella Decade sacra di Pitagora, che sintetizza nel doppio numero Dieci (uno e un cerchio ovvero uno «zero») il Tutto assoluto che si manifesta per il Verbo o per la Potenza Generatrice di Creazione. Platone, nella sua qualità d'Iniziato, non poteva ammettere un Dio personale - ombra gigantesca dell'uomo. Egli diceva: «Al di là di tutte le esistenze limitate, e di tutte le cause secondarie, al di là di tutte le leggi, di tutte le idee e di tutti i principi, esiste una Intelligenza, primo Principio di tutti i Principi, Idea suprema sulla quale sono basate tutte le altre idee... sostanza ultima, donde tutte le cose traggono il loro essere e la loro essenza». Spensippo e Xenocrate camminarono su queste stesse tracce. L'Unico, l'Originale, non aveva affatto «esistenza» nel senso che l'uomo dà a questa espressione. La presenza del principio invisibile in tutta la Natura e l'Uomo - che è la sua più alta manifestazione sulla terra possono da soli aiutarci a risolvere il problema, la cui x deve in ogni momento eludere l'attacco della nostra algebra terrestre.
Paolo di Tarso è stato forse il solo, fra gli apostoli della religione occidentale, che pare abbia compreso - se non rivelato - il mistero del significato arcaico della Croce. La maggior parte degli organizzatori del Cristianesimo hanno visto nella Croce soltanto lo strumento di tortura usato dai Romani per i loro schiavi; e perciò, sebbene quello infame patibolo fosse stato sublimato e santificato dal Sacrificio del Redentore, non hanno avuto il coraggio, per anni, di esporla e di venerarla! Infatti, nelle Catacombe cristiane, fino al quinto secolo, non è stato trovato alcun segno di croce! I quattro bracci della X e quelli della croce ermetica erano, al contrario, molto ben compresi dagli Indiani, parecchi millenni prima che se ne fosse sentito parlare in Europa. Gli Indiani ripiegarono le estremità della croce e ne fecero la loro svastika. La svastika dimostra che il «punto centrale» non è affatto limitato ad un solo individuo sia pure perfetto come si voglia; che il Principio (Dio) è nell'Umanità e che l'Umanità è in Lui, come le gocce d'acqua sono nell'Oceano, essendo le quattro estremità dirette verso i quattro punti cardinali. Esse, per conseguenza, si perdono nell'Infinito. In questi confini si trova la chiave maestra che apre la porta di tutte le scienze, tanto fisiche che spirituali. La croce, infatti, simbolizza la nostra esistenza umana, perché il cerchio della vita circoscrive le sue quattro punte, che rappresentano successivamente la nascita, la vita, la morte e la sopravvivenza.
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