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Il documento che segue è
opera d'ingegno del Professor Giancarlo Elia Valori, Honorable de l’Academie
des Sciences de l’Institut de Frances ed è qui esposto con la sua sua
autorizzazione.
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La
“magia”, anche nel senso più moderno e spettacolare di artificium
meccanico, di strumento per divertire e stupire le masse, prima che
lo facesse la politica, appunto, di massa che si genera,
nell'ideologia almeno, proprio alla fine del Settecento, si pone
come punto di congiunzione tra esoterismo vero e proprio e
tecnologia già moderna, il mito del lavoro della macchina che
sostituisce quello dell'uomo.
Il
punto di sutura tra immaginario della tecnica e esoterismo vero e
proprio indica la direzione dello sviluppo tecnico e economico delle
“macchine” che si collegano al lavoro umano dei “proletari di
fabbrica”, altra invenzione di questi anni.
É
l'epoca di Winstanley che, anticipando la “carrozza acquatica” di
Raimondo di Sangro costruisce un teatro nei pressi di Hyde Park dove
esibisce, tra i numerosi “giochi d'acqua” tecno-magici il Wonderful
Barrel, un barile “magico” capace di far uscire dal suo rubinetto, a
scelta, birra, vino, latte, acqua. Del poeta il fin è la meraviglia,
la regola barocca di Marino vale ormai anche per gli automi
“magici”, che impongono alla attenzione popolare il mito della
scienza come fonte di magia esoterica, come modello di una forza
mentale a distanza che è invece il frutto, ugualmente reale,
dell'iniziazione magio-esoterica.
L'Automa costituisce, nel Settecento, il “meraviglioso” nel pubblico
già cinico e irreligioso creatosi con la polemica illuminista verso
le religioni tradizionali.
E,
quindi, veicola occultamente saperi, tecniche, meraviglie che
appartengono inizialmente alla tradizione esoterica dei “sapienti” e
che poi, nella trasformazione massonica e sapienziale di quegli
anni, nei quali il vecchio armamentario alchemico viene
pubblicizzato come oggi si diffonde, nei mass-media, quello che
altri hanno inventato o scoperto anni prima, si diffonde tra il
pubblico e crea nuove attese e nuovissime sensibilità
politico-estetiche.
L'automa è una figura tradizionale della antropologia culturale: in
tutte le tradizioni extraeuropee, del cosiddetto mondo “primitivo”,
esiste un fantoccio che il Mago tribale investe del mana, della
Forza e che poi agisce come se fosse un essere umano o sovrumano,
spesso come agente “del male”.
La
Tecnica come “maleficio dei moderni”? É molto probabile, data anche
l'ambiguità della téchne, segno esoterico evidente della sua origine
bassa, infera, nata dal Laboratorio di Efesto.
E
si ricordi la mitologia di Dedalo, nella tradizione greca,
costruttore del Labirinto che chiude il Minotauro, e creatore
inoltre di molti automi in legno, snodabili e “simili all'uomo”. Si
noti bene che il pavimento della
Cappella Sansevero, di
cui parleremo diffusamente, è appunto disegnato con un labirinto
costituito da croci gammate che si intersecano tra di loro.
Anche qui tecnica e mito, paradosso matematico e racconto
simbolico-iniziatico si confondono: lo swastika è, al di là della
cupa e terribile memoria che evoca, è il simbolo solare indo-ario
per eccellenza, e si diffonde nella linea della tradizione
indoeuropea fino alla cultura greco-romana. Non a caso, lo swastika
nazista aveva la direzione inversa del moto, culto solare che
diviene indice di distruzione notturna, “sole nero”.
La
luce: è il fondamento di uno spettacolo che costituirà il gusto del
pubblico, alla fine del Settecento, la Fantasmagoria di Robertson,
un belga che utilizzerà, per la grande meraviglia del pubblico
europeo, le tecniche di illuminazione di origine alchemica che anche
Raimondo di Sansevero studiava con i suoi “fosfori” estratti dai
cadaveri, come abbiamo già visto. Se la scienza moderna, culto
dell'Io, nasce dall'idea cartesiana dell'uomo-macchina, tutto fatto
di corpo visibile; e della natura meccanizzata dei “vortici” di
atomi, se per Platone il “corpo è cadavere”, per Cartesio il corpo
è, appunto, collegamento di strumenti, macchina-uomo. Grande
macchina, lo Stato e il “sistema produttivo”, destinati a fondersi,
Piccola macchina, l'Uomo cadavere come in Platone ma non riempito di
anima eterna ma con l'insufflamento di un “mana”stregonesco, come
accadeva nelle tribù primitive extraeuropee.
Sul piano della conoscenza delle leggi “del corpo”, della medicina e
delle terapie, il Settecento di Raimondo di Sangro, Settimo Principe
di Sansevero, fa nascere quella che oggi chiameremmo appunto
medicina “scientifica”, con figure come Haller, Jenner, inventore
della tecnica della vaccinazione (simile contro simile, reazioni
occulte nell'organismo, siamo ancora nella tradizione esoterica
“divulgata”) Spallanzani, Morgagni e tanti altri meno noti. Ed è
bene notare che è proprio nel settecento che l'astrologia non viene
più citata ufficialmente tra le discipline mediche.
Ma nasce anche l'Omeopatia, sempre legata al concetto magico
(riportato anche dalla Scuola di Salerno) che “il simile si cura con
il simile”, al quale Hahnemann, il fondatore della omeopatia
moderna, aggiunge un tratto mistico, l'abbandono completo del malato
alla Volontà Divina.
“Il Re ti tocca, Dio ti cura”, sembra di ricordare qui la formula
dei Re Capetingi che curavano la scrofola e altre malattie
dermatologiche e del sistema linfatico, da sempre legato ai cicli
lunari.
Un
elemento interessante e classicamente alchemico della medicina di
Hahnemann è quello della estrema divisione alla quale deve essere
somministrata la sostanza al malato, una divisione estrema che è
molto simile a quella che narra Raimondo di Sangro quando parla dei
suoi “fosfori” o dei suoi, per dirla in gergo alchemico, “Saturni”,
ovvero il piombo.
L'idea della medicina omeopatica è quella dell'alchimia, appunto,
ovvero che anche nella sostanza bruta o nella materia comune vi è un
potere curativo, ovvero un “mana” invisibile, che la separazione di
tradizione alchemica rende “operativa” per il malato.
L'azione dei farmaci è indipendente dal loro peso, ma è direttamente
proporzionale allo stato di divisione, tecnicamente alchemica, del
prodotto terapeutico.
Si
potrebbe dire che l'estetica di Raimondo di Sangro, nella sua
Cappella alla “Pietanella” di Napoli, è una pratica di separazione
degli elementi e dei prodotti che solo in una visione di insieme
fornisce la Visione, ovvero la Salvezza dell'anima per chi la
visiti. Altra pratica medico-magica, e squisitamente esoterica, che
sopravvive e si interseca con la Nuova Medicina “jenneriana”, legata
alla analisi della struttura fine del corpo umano è quella della
scoperta delle “sedi” interne delle malattie.
Che gli “automi” biologici posti da Raimondo di Sangro nella
Cappella sotterranea della sua Chiesa siano l'immagine di un “corpo
malato”, che viene curato-salvato dal Verbo e dalla Resurrezione che
il Cristo sta per compiere, rivestito da un magico lino di
straordinaria fattura marmorea?
Ma
il Settecento di Raimondo è ancora una fase storica nella quale
simboli e tecniche della magia e dell'alchimia si sovrappongono ai
“rimedi”, ai “semplici” usati dalla massa dei medici, non ancora
separati dai cerusici e dai barbieri come corporazione
professionale. Il che comporta un simbolismo della cura e un rilievo
sociale dell'alchimia che oggi è difficile perfino immaginare.
Viene in mente il “Balsamo della Mummia”, un ritrovato che girava in
Europa fin dal tempo delle Crociate. Era il prediletto da
Cagliostro, che dirà di aver imparto l'”arte alchemica” da un
“nobile napoletano”, e si comprende bene il nesso, diretto e
simbolico, tra il balsamo della mummia e il Rito Egizio della
Massoneria che il “Conte” di Cagliostro, visitato con feroce ironia
da Goethe nel suo Italienische Reise diffonderà nelle corti europee,
e che sarà di fatto la rete simbolica del massonismo di Mozart nel
suo Flauto Magico. Il “balsamo di mummia”si scioglieva in acqua di
maggiorana e di menta, ed era usato sia per la paralisi o
l'emicrania che per le “passioni del cuore”. Viene in mente il
farmaco ceduto dai cerusici a Lorenzo il Magnifico, una polvere di
pietre preziose e perle, che il Granduca bevve dicendo che, “se le
medicine devono esser cattive per far bene, questa avrebbe fatto
benissimo”. Morì pochi minuti dopo.
Si
polverizzavano anche le ossa umane, e certamente nella Cappella
Sansevero molti sono i riferimenti alla “cura” dei corpi in
relazione alla Salvezza, alla Cura dell'anima.
Se
si pone mente al modello linguistico-semantico di Roman Jakobson,
incentrato sulle due linee della comunicazione, metafora e
metonimia, allora possiamo dire che il pensiero alchemico è
metonimico, ed è solo attraverso la connessione “per contatto” tra i
simboli e i concetti raggiunge la conoscenza metaforica, il “Grande
Disegno” della Realtà.
Tra i grassi utilizzati nella medicina alchemica, è da ricordare un
sottoprodotto del “balsamo di mummia”, il grasso dell'impiccato. Si
noti il passaggio concettuale: l'impiccato è stato ucciso sulla base
di una grave colpa, la malattia è il riflesso di una colpa, allora
la sostanza “metonimica” del condannato alla pena capitale (e si
ricordi qui la simbologia dell'impiccato nei Tarocchi) cura la colpa
minore del malato.
Curava i reumatismi, malattia tipica di un simbolismo generale della
vecchiezza e della “difficoltà di vivere”, e veniva venduto, a caro
prezzo, dopo che i condannati, nei loro ultimi giorni, venivano
lautamente nutriti, per aumentare la loro parte grassa. Curava anche
gli avvelenamenti, che erano, di solito, interpretati come influssi
maligni che si materializzavano in sostanze soggettivamente
pericolose.
É
da notare come la Cappella Sansevero, con i suoi “automi umani”
nella cripta, si ponga anche come macchina alchemica per la cura del
Corpo di Cristo, tramite i prodotti dei due “automi”, che sono utili
per il Figlio di Dio come per tutti gli Uomini, che il Cristo ha
salvato (anche in senso terapeutico) con la Sua Morte e
Resurrezione. Altro rimedio che possiamo dedurre all'opera nella
alchimia esoterica e simbolica del Principe Raimondo, che la
Cappella mostra, anzi, indica senza mostrare ai profani, è il
“bezoar”, il calcolo prezioso. Si trattava di una concrezione
presente nello stomaco e nella bile dei ruminanti (e anche qui c'è
il nesso con la prassi della produzione del formaggio, per i cagli
di origine animale) che veniva utilizzato per curare la lebbra, la
peste, la sifilide, il mal caduco.
Anche in questo caso, i due corpi scarnificati della Cripta alla
Pietanella sono indicativi, visto che sono stati quasi completamente
eviscerati. Il “calcolo leggero”, come lo definiscono oggi i
fisiologi, che è presente anche nel tratto intestinale di tutti i
mammiferi, uomo compreso, veniva polverizzato e bevuto nel vino, per
evitarne, entro certi limiti, il terribile sapore. La medicina come
punizione piccola per una colpa grande, la malattia, segno comunque
della degenerazione di tutto il corpo.
Un
piccolo male per un grande bene, si potrebbe dire con il sottotitolo
di un piccolo racconto di Voltaire, “Così Santa”.
Ancora un altro “semplice”, la Raditura delle Corna di Cervo. Era un
composto in forma di sale volatile (si ricordi la passione per
l'estrazione dei “sali” da Parte di Raimondo di Sangro) che serviva
per curare i reumi e l'artrosi, segni di una deformazione esterna
che indica una de-formazione dell'anima, nella logica alchemica, un
farmaco che durerà, sul mercato, fino all'ottocento. Un “sale” che
fa precipitare gli acidi grassi che, detto in termini moderni,
causavano le artrosi. Un interessante errore simbolico dell'alchimia
apotropaica europea.
Ma
il ruolo primario, e qui abbiamo una continuità tra i “semplici”
antichi e la medicina non-accademica moderna, è da attribuire alle
piante, variamente commiste ad altre sostanze di maggiore presa
simbolica e psichica.
La
Teriaca curava i morsi degli animali, non infrequenti all'epoca, i
dolori di stomaco, e si componeva di mitridato altro rimedio
ritenuto universale (ed è ovvio, se pensiamo all'origine mistica di
tutte le malattie, nella logica alchemica) alchermes giacinto,
“elettuario de gemmis”.
Doveva essere preparata solo all'aperto, con particolare cura e con
un controllo severo dei medici da parte delle autorità, in forma
solenne, in un ambiente tutto adornato di drappi rossi, ed era,
naturalmente, carissima e molto tassata dai sovrani. É da segnalare
come il rituale facesse parte della composizione stessa del farmaco,
e come il ruolo magico-esoterico dei medici fosse essenziale per la
buona riuscita dell'esperimento farmacologico.
Il
Sansevero faceva spesso preparare (e vendere) la Teriaca sia nei
suoi possedimenti pugliesi che a Napoli.
Si
preparava nell'athanor, il fornello-vaso dell'alchima simbolica, e
si diceva fosse stata introdotta in Europa dai Templari. Sempre
nell'ambito delle terapie-alchimie di ambito vegetale, occorre
segnalare il ruolo di rilievo dell'Opobalsamo di Cantiano.
Lo
si preparava con tre libbre di alcool, che prima è terapia poi
diviene vizio, due once di Iperico, il tutto messo a macerare per
tre giorni nel vetro, a cui si aggiungono successivamente, sempre
secondo particolari rituali dall'evidente rilievo simbolico
(ripetere esattamente la composizione significa generare in essa il
“mana” positivo che lo rende terapeutico) balsamo del Perù, incenso,
beduino, aloe, mirra, aloe epatico oltre a zucchero, radice di
genziana per poi filtrare il tutto.
Curava
i “vermi” dei bambini, allora molto diffusi, la digestione, il ritmo
cardiaco. Era uno “speciale” molto caro, ricercatissimo, mezzo per
levare tasse piuttosto elevate, per l'epoca.
Qui è la complessità che si fa simbolo, la congiunzione dei tanti
elementi della sostanza che fa le veci di una congiunzione astrale
positiva, che rimette in sesto l'organismo malato. Le medicine
magiche curano il corpo così come le metafore magiche, gli “eroici
furori” di Giordano Bruno, curano l'anima, portandola ad uno stato
superiore di percezione del Tutto, che è appunto la Cura.
Ed
è qui una delle radici della magia alchemica e del simbolismo
terapeutico del Rinascimento, basti pensare alle immagini, derivate
dai testi magici di Marsilio Ficino, dipinte nel Palazzo Schifanoia,
alla Cappella dei Pazzi, alla stessa struttura geografico-astrale
della Cappella Sansevero.
Il
concetto magico par excellence è quello pronunciato da Gesù Cristo
nel suo Pater Noster: come in Cielo, così in terra”. Ovvero: i corpi
materiali, e quindi i nostri corpi, sono suscettibili all'azione dei
corpi celesti e di tutti gli altri corpi, come calamite.
E,
inoltre, il mondo invisibile, quello che poi Henri Corbin, studiando
l'esoterismo sciita, chiamerà “mondo immaginale” è uguale a quello
visibile, e da ciò deriva che il mondo visibile ha “porte”, tramiti,
perforazioni che permettono, all'Iniziato, il passaggio
dall'universo dei fenomeni a quello dei noumeni, e viceversa. Sarà
un gesuita (e Raimondo di Sangro era stato educato dalla Compagnia
di Gesù, a Roma) come Athanasius Kircher, ad applicare la “polvere
di calamita”, da buon erede di Paracelso, ai malati.
Il
Padre Kircher lo chiamava, il fluido elettrico, segno della
“potenza” che risiede in tutta la materia, il “fluido Alkahest” ed è
bene ricordare, qui, che anche il Padre Kircher venne sepolto in una
Chiesa (solo il cuore, del resto) alla Mentorella, dedicata alla
Santa Vergine, come del resto la Cappella Sansevero, luogo magico e
mistico, punto di riferimento per la meditazione di molti Papi
moderni e contemporanei. Si tratta, qui, di indurre una guarigione
del corpo e dello spirito che è, in sostanza, causata da quella
“macchina” mistica che si manifesta, anche per i profani, nella
Cappella Sansevero, vero strumento di richiamo delle forze
invisibili, tramite gli oggetti, le posizioni di essi e il loro
significato “visibile” sui visitatori, siano essi iniziati o meno.
Come in Cielo, così in Terra...
L'uomo è un essere composito, secondo la teoria esoterica che si
legge nei marmi magistrali della Cappella Sansevero: il corpo
visibile è solo una delle espressioni del sé, gli altri strumenti
(come in Cielo...) sono riuniti in un fascio di forze, eterico e
spesso influenzato dai campi elettrici e gravitazionali, che
riunisce in sé o separa, per effetto di forze negative, il corpo
mentale dal corpo astrale, e questi dal corpo fisico-eterico.
Se
questi tre elementi, che nella Cappella Sansevero convergono verso
il Cristo Velato, lo vedremo meglio,si integrano, allora essi ne
generano un quarto, la Triade Inferiore, nella quale viene
sintetizzata la Personalità, che l'anima eterna dell'uomo usa per
contattare i “piani inferiori” del mondo astrale, fisico, mentale.
Un
triangolo volto con la punta rivolta verso il basso, che interseca,
negli Iniziati, con i tre veicoli superiori, i tre livelli
dell'anima universale così come si riflettono nel singolo: il corpo
manasico, quello dell'Ego superiore individuale (la Ragione degli
illuministi, in un certo senso) il corpo buddhico, l'Ego Interiore,
il Corpo Atmico, quello dell'Istinto.
Se
sovrapponiamo parzialmente i due triangoli, vediamo che compongono
un Magen David, una stella davidica. Possiamo salire dalla Terra al
Cielo, e viceversa, rimanendo nella Vita Terrena, se utilizziamo le
forme e i colori del mondo esterno, magari elaborate dall'Arte, per
ripensarle in stati particolari. Nella tradizione iniziatica, gli
“stati oltre la realtà visibile” si raggiungono tramite la
meditazione, il rifiuto della violenza fisica, con alcune tecniche
di gestione dei ritmi del corpo e facendo il bene dell'umanità. Ecco
quindi spiegato il nesso, tipico della Massoneria, tra “benevolenza”
e sapienza occulta.
La
Cappella Sansevero è una macchina che concentra i raggi del
visitatore per creare in Egli, sia Iniziato o meno, un cambiamento
di stato spirituale.
Le
tecniche sono in primis l'Allegoria, che l'Abate Pluche (1748) che
Raimondo di Sangro aveva letto, è “un metodo che l'artista usa per
comunicare idee astratte e pensieri spirituali mediante figure
simboliche e altri oggetti che sono stati stabiliti per
convenzione”. Poi abbiamo a che fare con la “personificazione”,
attribuzione di forma al significato.
Successivamente, la tecnica espressiva alchemica e esoterica,
soprattutto nella Cappella Sansevero, opera con l'”opposizione dei
Concetti”.
Infine, abbiamo a che fare con la creazione degli Attributi ed
Emblemi. Ecco, in una breve catalogazione secondo le terminologie
della migliore storia dell'arte moderna, le linee di azione del
“magnete” esoterico rappresentato dalla Cappella Sansevero. Occorre
qui tornare a Dionigi l'Areopagita, il pagano affascinato dal
discorso di San Paolo agli ateniesi.
Per Dionigi, lo pseudo-Dionigi, vi sono due modi di avvicinarsi al
Divino, alla Divinità personale e al Divino diffuso nel mondo:
l'affermazione e la negazione, due modi di essere del Simbolo come
tale. La Rivelazione biblica si serve di entrambi questi modi,
soprattutto attraverso l'analogia, come abbiamo detto, per via del
Logos, del Nous o della immagine della Luce, tre “vie” che per il
profano sono il nascondimento di una realtà superiore (la negazione)
e per l'iniziato invece sono la prima fase di una ascesa verso il
Divino, nel quale il suo sé esoterico viene assorbito. Dio parla
quindi agli uomini o con il simile attraverso il simile, o con la
reazione del simile con il dissimile.
Se
quindi le metafore illustrate, delle quali la Cappella Sansevero è
piena (e non mi riferisco solo a quelle visibili a occhio nudo) sono
emblemi, che hanno la forma superiore di percezione semantica dei
geroglifici egizi,allora è il simbolo che spiega tutti i significati
dell'uso della metafora stessa, e permette l'utilizzazione magica
della metafora, per la percezione dei collegamenti della Cosa
Rappresentata con il Tutto, nella direzione indicata dall'Emblema
del Segno.
Il
segno magico identifica il “nome” occulto della Cosa Rappresentata,
e permette quindi sia la retta comprensione del simbolo sia, e
questo è quello che qui ci interessa, il dispiegamento della potenza
occulta racchiusa nel simbolo. E qui abbiamo a che fare con il
nesso, che in tutto il Rinascimento (e la Cappella Sansevero è
figlia dell'esoterismo orientale-occidentale di quella fase storica)
tra allegoria, esame percettivo dei simboli, demonologia e
pneumologia.
Gli spiriti appartengono al mondo soprasensibile e assumono forma
visibile solo dopo aver avuto un commercio qualsivoglia con gli
esseri umani.
Le
immagini allegoriche, quindi, sono strumenti per l'”arrivo” delle
influenze sovrastanti l'uomo, positive o negative, e le statue, le
metafore letterarie, le allegorie e gli emblemi sono amuleti che
permettono la comunicazione tra i mondi.
Ecco perché le immagini della Cappella dei Di Sangro sono
terribilmente realistiche: si tratta di immettere nello stesso
meccanismo percettivo il reale comune e il simbolo, e quindi di far
apparire la “meraviglia” marinista all'interno della percezione del
mondo comune, dei corpi, dei teli, degli oggetti, delle luci stesse
che vengono riflesse e create dall'insieme delle statue-simbolo.
L'arte crea la credenza, e la Fede nel mondo soprasensibile è,
nell'esoterismo della Cappella Di Sangro,è un richiamo alle Potenze
Supreme, con la Protezione della Vergine, il vero legame tra Uomo e
Dio e, in particolare, segno e simbolo della continuità tra sapienza
antica e Rivelazione Cristiana: la Madonna è Iside, e Iside è la
Vergine prima della pienezza del Verbo del Suo Figlio.
É
sul mare davanti alla Chiesa dove è sepolto il cuore di Athanasius
Kircher, il Padre Gesuita occultista, che arriva la statua di Iside
dall'Egitto verso Roma.
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