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Ecco, siamo giunti. Il tempo dell’attesa è finalmente terminato. In questi giorni – così ricchi di celebrazioni per la ricorrenza degli ultimi trecento anni della nostra storia - ogni Fratello, potrà ulteriormente gioire per la simbolica e perenne vittoria della Luce sulle tenebre. L’ordine cosmico, che tutto presiede, consentirà anche stavolta all’ astro del giorno, di illuminarci con la sua massima potenza. Lame di fuoco rischiariranno nuovamente le buie serate di campagna e tutto verrà simbolicamente purificato. L’intero creato sarà inondato di Luce e di calore e la natura sarà pronta a ricompensare con i suoi doni il paziente desiderio dell’Uomo. Il tempo dell’attesa è dunque finalmente terminato. ……… o forse non sarebbe meglio dire che tale tempo è purtroppo terminato? Con animo leopardiano dovremmo infatti essere concordi nell’affermare che l’attesa è una delle espressioni più dirette della Vita e che l’Uomo ha disperatamente bisogno di aspettative in quanto portatrici di speranza e foriere di gioie che verranno. “Chi ha perduto la speranza d’esser felice – afferma il poeta nello Zibaldone – non può pensare alla felicità degli altri, perché l’Uomo non può cercarla che per rispetto alla propria. Non può dunque neppure interessarsi all’altrui felicità”. L’ attendere è dunque per taluno una necessità, proprio perché sinonimo di speranza. Ed in effetti, quante volte nella vita profana ci siamo soffermati nel pregustare l’arrivo di un evento gioioso. Il saper attendere ci è parso infinite volte essere la vera gioia, un simbolo di felicità, sia pure effimera, ma che ci ha portato a pensare come, talvolta, basti un semplice desiderio per poter essere felici. E poco importerà se il momento lieto e tanto desiderato sarà stato poi di breve durata. Pazienza se il domani tanto atteso non ci sarà sembrato all’altezza di quanto aspettavamo ! Il nostro pazientare ci avrà comunque regalato speranza e certezza nel nostro cammino e noi potremo riprendere ad attendere un nuovo evento! É solo quando non accade nulla che la realtà è deludente! Ecco, tutte queste emozioni non sono sconosciute all’animo dell’Iniziato. Anche durante l’attesa di questa nostra festa, ogni Fratello avrà incessantemente lavorato sul proprio compasso interiore. Lo avrà aperto e richiuso tante volte, secondo la propria coscienza introspettiva, per meglio conoscersi e migliorare. Avrà più volte squadrato il proprio Tempio e si sarà infinite volte prodigato al raggiungimento del più ambizioso dei valori massonici, quello della Tolleranza. Tutto il lavoro iniziatico svolto durante questa aspettativa altro non sarà stato – ancora una volta - che sinonimo di speranza, di un forte legame tra il momento vissuto ed il giorno di festa tanto atteso. Il sognare qualcosa che in parte si sta già pregustando e l’attimo in cui ci sarà dato di goderne appieno. Altri Fratelli forse avranno vissuto il tempo dell’attesa con animo diverso, meno poetico e più rivolto al presente. “…Oh vanità delle vanità. Tutto è vanità” ammonisce l’ignoto autore dell’Ecclesiaste – forse lo stesso Re Salomone - ricordandoci lungo i dodici capitoli dell’opera che il maggior ostacolo al vivere è proprio l’attesa. Una visione pragmatica dell’esistenza umana ripresa circa trecento anni dopo dal senatore filosofo Lucio Anneo Seneca, uno che di apatia se ne intendeva: “Si volge ad attendere il futuro solo chi non sa vivere il presente. Il maggior ostacolo al vivere è l’attesa e chi dipende dal domani perde l’oggi”. Carissimi Fratelli, in qualsiasi modo abbiate vissuto il tempo dell’attesa, il nostro giorno di festa è comunque giunto. Apprestiamoci a ricevere nel nostro Graal quanta più Luce ci sarà concessa affinché – come ricorda l’Ecclesiaste - se ne possa disporre nei giorni bui e meno lieti. Giovanni R.
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