Un giornale del 1945 ci ha dato l'opportunità di pubblicare una curiosa notizia e ne approfittiamo per fare una storia di quel tormentato periodo che va dal 1923 al 1926. Fu appunto nel 1923 che il fascismo iniziò la sua campagna contro la Massoneria e non solo una campagna di stampa;all'insegna dell'odio e della denigrazione le squadre d'azione fasciste iniziarono in tutta Italia una serie di violenze contro persone e cose, campagna ed azioni delittuose che si acuirono nel 1924. La Rivista Massonica, nel 1924 denunziò (pag. 14-16) l'invasione dei locali e dei Templi con asportazione di mobili, cimeli ed altro, delle Logge massoniche di Prato, Pistoia, Termoli, Monteleone di Calabria, Lucca, S. Severo e di molte altre a Torino e nel Piemonte. Sempre sulla Rivista Massonica di quell'anno, il G. Maestro Torrigiani e il Governo dell'Ordine Massonico con una vibrata protesta bollavano tanta violenza e le tante devastazioni. É di quei tempi tormentati ma ancora pettegoli la voce che, a seguito dell'assassinio di Giacomo Matteotti, nel giugno del 1924, il Gran Maestro Domizio Torrigiani avrebbe aderito alla proposta dell'on. Sforza di invadere - insieme con il Senatore Albertini, l'on. Eugenio Chiesa, l'on. Amendola ed una diecina di amici fidati - la sede di Palazzo Chigi ed impadronirsi di Mussolini. Il Giornale del Mattino (n. 170 del 4 agosto 1945) garantisce che il colpo sarebbe con certezza riuscito se l'on. Amendola non si fosse fatto vincere da scrupoli costituzionali e dalla mal riposta fiducia nel Re. Tornando alla storia vera, dalle pagine della rivista Torrigiani bollò aspramente (circolare n. 42 del 16 Giugno 1924) quegli «istinti bassi e feroci, da cui era balzato un delitto enorme: l'assassinio dell'on. Matteotti, il cui sangue - caduto nel martirio - sarebbe stato fecondatore, perché questo Martire Italiano avrebbe riscattato - con la sua purità - la infamia della quale i suoi carnefici poterono oscurare - in un attimo torbido e fuggevole - la vita pubblica italiana e la stessa dignità dello Stato, in un regime che aveva bandito Giustizia e Libertà. Il 7 agosto del 1924 le squadracce fasciste tentarono la scalata di Palazzo Giustiniani e la bravata si ripeté la notte del 13 e quella dei 15, mentre contemporaneamente venivano invase e devastate le sedi di Milano, Bologna, Venezia, Perugia, Forlì, Andria, Taranto, Bergamo, Narni, Montepulciano, Rieti, Asti e Marsala... a Firenze, Ancona e Siena si trattò di tentativi perché, come vedremo in seguito i fratelli seppero difendersi. Il Gran Maestro indirizzò una vibrata protesta al Ministro di Grazia e Giustizia ed un'altra al Presidente del Consiglio in data 18 Settembre 1924 e contemporaneamente inviava alle Logge colpite il seguente telegramma: - Grande Oriente invia fratelli delle Logge, oltraggiate, incendiate, una vibrata solidarietà. La fiamma della nostra fede arde e splende contro la furia dell'odio criminale. «Roma fascista» (20-9-24 n. 10) esaltava la lotta alla Massoneria e commentava: - Mussolini è il solo uomo di stato che abbia dichiarato guerra aperta alla setta responsabile di «una lotta aperta e subdola contro il regime fascista». Il 31 Ottobre l'attacco a Palazzo Giustiniani fu sferrato in forze: numerosi i camions, bene armate di pugnali e pistole le squadracce ma «encomiabile fu la resistenza dei fratelli delle Logge romane» che ributtarono tutte le scalate «guidati dai loro venerabili». «Con atto spontaneo (attestante una volta di più la loro devozione e il loro affetto all'Ordine), vigilavano per turno - particolarmente nelle ore di notte - nella Sede del Grande Oriente». «L'irragionevolezza delle azioni violente» scriveva la Rivista «cui sono soggette le sedi massoniche è palese ad ogni italiano, che non abbia il più elementare senso morale ottenebrato da cieca passione di parte. L'ordine Massonico sostiene l'urto che vorrebbe travolgerlo, con fermezza pari alla furia che gli si scatena d'attorno, preparato a sostenere ancora le più dure prove». Le violenze continuarono nei mesi di Settembre e Ottobre e si abbatterono su Salerno, Lucca e Catania. Il 7 Novembre del 1924 Arnaldo Mussolini pubblicava sul Popolo d'Italia una machiavellica dichiarazione: definiva impopolare l'assalto alle Logge ma al tempo stesso confermava la necessità della lotta alla Massoneria; naturale che qualche giorno dopo la violenza si abbattesse contro Cesena, Livorno e Perugia. La sera del 13 Settembre del 1924 il Gran Maestro Torrigiani non aveva alcun timore di presiedere una imponente assemblea Massonica Lombarda e di «illustrare la posizione della Massoneria in rapporto alle avversioni e ai contrasti violenti ed appassionati, di cui era oggetto fin dall'avvento del fascismo al potere; le ideologie, salite al potere col fascismo, e - più che le ideologie - gli istinti, erano, in conflitto inconciliabile con le concezioni massoniche... Il fascismo aveva costituito un oscuramento ed un abbassamento della vita italiana da un punto di vista spirituale e civile: vera aberrazione e decadenza, per cui venivano esaltati il delitto di Stato e la propaganda del manganello...». La risposta ormai è sempre la stessa: danni ingenti a Firenze il 31 Dicembre del 1924, a Pisa e Livorno il 2 Gennaio del 1925 e nuovi tentativi di assalto alla fortezza di Palazzo Giustiniani, il 4 Gennaio dello stesso anno... perquisizioni domiciliari a Bologna il 1° Gennaio. La situazione divenne ancora più pesante nel 1925 e, poiché le resistenze opposte apparivano risolute, Mussolini comprese che l'unico mezzo per liquidare la Massoneria era quello di rivolgersi a sistemi legali. Così, valendosi del Parlamento il duce presentò la famosa legge liberticida contro le associazioni in genere. La protesta di Torrigiani non poteva contare gran che agli effetti pratici, ma vale la pena di riportarla perché permeata di una nobiltà che non può sfuggire nemmeno a chi fosse in malafede. «La Massoneria sarebbe rimasta all'altezza della sua dignità tradizionale» egli assicurava e nel contempo volgeva un pensiero speciale a «coloro che avevano già sperimentato su di sé o nelle loro famiglie le violenze, i danni, le villanie che onorano chi ne è colpito, e - per merito di chi ne è colpito - tutta la Istituzione (circolare n. 45 del 31-1-25). Il 21 Aprile Torrigiani inviava la sua ultima circolare con la quale mentre stigmatizzava le violenze che in due anni si erano succedute in crescendo impressionante, assicurava che la Massoneria sarebbe sopravvissuta nei termini di legge per esercitare l'antico diritto di difendere la Libertà e la Giustizia. Il progetto di legge fu discusso alla Camera il 16 Maggio 1925 e non mancarono degli oppositori coraggiosi i quali affermarono che era un grosso errore di ordine nazionale ed internazionale perseguitare la Massoneria. Vivaci furono le critiche del deputato comunista Gramsci il quale definiva la Massoneria una delle cose buone creata dalla borghesia e dimostrava che tale istituzione, anche perseguitata, sarebbe sopravvissuta. Benedetto Croce aveva scritto diversi articoli contro la Massoneria e la mentalità massonica nel 1918 che si possono trovare nelle Pagine sparse edite da Ricciardi di Napoli specie nel terzo volume. Ma non poteva certo associarsi all'osceno schieramento politico che re chiedeva la soppressione e quindi si astenne e con lui numerosi senatori antifascisti. Era una specie di dilemma quello del Croce, ma con la soluzione ovvia... In merito al provvedimento antiliberale egli scriveva «... Se materialmente risponde al mio desiderio, spiritualmente ne discorda non poco, e per questa seconda considerazione io non potrei dargli il mio voto... ed io mi asterrò dalla votazione di esso; ed alcuni colleghi, travagliati dallo stesso dissidio, mi pregano di dichiarare che essi pure, per simili o analoghe ragioni, si asterranno dal voto». Ma ormai c'era poco da fare e fra gli schiamazzi della canaglia fascista, Mussolini dichiarava: - «Ho fatto una esperienza preziosa - da quando militavo nel partito socialista - che la penna è un grande istrumento, ma che la spada è un argomento anche migliore per tagliare certi nodi. In quel tempo lontano dovetti accorgermi del pericolo della Massoneria... che è una sopravvivenza del passato, che bisogna fare sparire. Del resto ricordo questo principio: che bisogna fare il minimo male agli amici e il massimo ai nemici. Ora, poiché la Massoneria ci ha combattuti e, in certe regioni, ha creato dei dissidentismi che dovevano minacciare la nostra compagine, noi siamo nel nostro diritto di controffensiva: la migliore difesa è l'offesa» («Il Mondo», 17 Maggio 1925, n. 117). L'articolo di fondo di detto giornale metteva in evidenza come al Gran Maestro della Massoneria venne impedita la pubblicazione di precisazioni e l'invio di circolari alle Logge, e che lo scopo era di sciogliere la Massoneria e colpire i Massoni. Aveva in maniera cinica e chiara esternato il suo odio viscerale per la Massoneria ed in questo fu coerente... il Duce non venne mai meno a questa specie di fanatica religione dell'odio. Nel lungo e ridondante discorso del marzo 1941 rivolto alle camicie nere dell'Urbe egli affermò: - «Noi in realtà siamo in guerra, non dal 1935, ma dal 1922, quando alzammo la bandiera della nostra rivoluzione contro il mondo massonico, democratico, capitalistico». E tornando al '25, nella seduta della Camera del 28 Maggio, il governo fascista presentò il progetto (divenuto poi legge, e quindi trasfuso con aggravamento nell'art. 216 del T.U. Leggi di P.S. - R.D.L. 6 novembre 1926 n. 19848) che, sino al 31 dicembre 1926, dava facoltà al Governo di procedere al licenziamento «di funzionari, impiegati ed agenti di ogni ordine e grado civile e militare, dipendenti da qualsiasi amministrazione dello Stato, che - per ragioni di manifestazione compiute in ufficio o fuori di ufficio - non avessero dato piena garanzia di un fedele adempimento dei loro doveri e si fossero posti in condizioni di incompatibilità con le generali direttive politiche del governo». Nel tempo stesso «faceva obbligo di dichiarare, se richiesti, l'appartenenza anche come semplici soci a qualsiasi associazione operante nel regno». Il 17 settembre lo stesso segretario generale del partito «fece pubblica e cruda confessione di avere egli personalmente ordinato la distruzione ed invasione di alcune Logge» e assicurava che simili bravate s'impegnava a commetterle per l'avvenire. Per l'ultima volta il Gran Maestro poté indirizzare un manifesto agli Italiani in occasione del XX Settembre, riaffermando «religiosamente la fede nei grandi destini della Patria, non separabili da quelli dell'Idea che destò la Nazione dal suo sonno secolare» ed affermando che «non sarebbe potuta essere mai spenta la luce della Massoneria, proclamante libertà, uguaglianza, fratellanza, aspirazioni eterne del cuore umano, e fari splendenti sulle vie della civiltà italiana». E Torrigiani non sapeva che la festa del XX Settembre la festa nazionale per eccellenza della nostra Unità, sarebbe stata addirittura cancellata dal calendario delle feste italiane. Altri commenterà poi: «Quando fu pubblicato il verdetto che il XX Settembre non doveva più considerarsi festa nazionale, un po' tutti provammo una stretta al cuore «come se ci avessero inibito di celebrare il nostro compleanno, il nostro battesimo, la nostra nazionalità, e dovessimo mutare il nome che ci aveva dato nostro padre e nostra madre. Ma io non capovolgerò le parole che disse il marchese Crispolti in una delle due Camere a servizio di Mussolini, ora è vent'anni, quando si compiacque di ricordare che il XX Settembre era una data luttuosa per la sua famiglia la quale aveva l'abitudine di chiudere le finestre del gentilizio palazzo come manifestazione esterna del loro cordoglio» (L. Russo, Invito alla Resistenza, Manduria, Bari-Perugia, 1960, pag. 16). Il Governo fascista si rese conto però che le leggi non erano sufficienti: solo col terrore e con la violenza poteva imbavagliare il suo nemico ed allora creò l'attentato «impossibile» di Capello e Zaniboni che si trasformò in un calvario della Massoneria e fornì le premesse per il saccheggio di Palazzo Giustiniani e l'uccisione di numerosi massoni. Il 4 novembre del 1925 il Governo faceva pubblicare dall'Agenzia Stefani il seguente comunicato: «La Polizia da più tempo aveva avuto riservatissime notizie che si stava preparando un attentato contro la persona di S.E. il Presidente del Consiglio. In questi ultimi giorni aveva avuto conferma che l'attentato si sarebbe dovuto effettuare durante una delle cerimonie del giorno 4 Novembre per la celebrazione della Vittoria. Furono con ogni cura e circospezione disposti tutti i servizi per addivenire all'arresto degli esecutori. Difatti ieri alle ore 9, fatta irruzione in una delle camere dell'Hotel Dragoni, venne sorpreso ed arrestato l'ex deputato di opposizione on. Zaniboni nel momento in cui aveva già apprestato i mezzi idonei per portare a compimento l'atto criminoso. In seguito ad ulteriori accertamenti è stato contemporaneamente fermato a Torino il generale Luigi Capello, mentre era in procinto di recarsi all'estero». Entrambi gli arrestati sono stati messi a disposizione dell'Autorità Giudiziaria. In seguito alle risultanze dei primi accertamenti sono state date disposizioni ai Prefetti del Regno per l'immediata occupazione di «Tutte le Logge Massoniche dipendenti da Palazzo Giustiniani». Abbiamo parlato di attentato «impossibile» perché risultò poi che la sua escogitazione partiva da un certo Quaglia, spia prezzolata dalla polizia e segretario di Zaniboni. Questi ebbe la ingenuità di prestargli fede e il gen. Capello di consegnarli duecento o trecento lire di soccorso per il Fr. Zaniboni in difficoltà. Come tutte le prove false, lo pseudo attentato si poté strumentalizzare con perfetta dosatura e lo stesso Mussolini, in data 5 Novembre 1925, indirizzò ai Prefetti la seguente comunicazione: «Notizia mancato attentato contro di me non deve in alcun modo suscitare rappresaglie da parte fascista. Ordine non deve essere minimamente turbato. Lo esigo con la massima severità. Fallito tentativo e conferma dispersione elementi più torbidi che vedono loro battaglia ormai irremissibilmente perduta e assistono al crescente consenso del popolo italiano per il regime. MISURE GOVERNO consistenti occupazione TUTTE LOGGE, arresto tutti colpevoli, scioglimento Partito unitario e sospensione giornale «Giustizia» devono escludere altre iniziative di qualsiasi specie di ordine individuale. Sono certo che tutti i fascisti obbediranno come sempre. Mussolini». Il Gran Maestro Torrigiani, che verrà in seguito arrestato e inviato al confino a contrarvi una grave infermità che lo porterà in breve tempo a morte, è costretto a diramare il seguente comunicato attraverso (ovviamente) l'Agenzia Stefani e i giornali romani: «Art. 1 - Tutte le Logge Massoniche, tutti gli Aggregati Massonici di qualunque natura all'Obbedienza del Grande Oriente d'Italia sono disciolti e cessano di esistere. Art. 2 - Il Grande Oriente d'Italia rimane a continuare la vita dell'Ordine Massonico. Esso si uniformerà alle disposizioni tutte della Legge sulle Associazioni. Art. 3 - Saranno costituite Logge che si uniformeranno anch'esse a tutte le disposizioni della Legge sopraindicata». Finalmente cessarono le violenze generalizzate ma non cessarono le persecuzioni e gli arresti; i Delegati del Grande Oriente e molti Massoni dovettero prendere la via dell'esilio. Il già citato R.D. del 6 novembre 1926 comminava «la destituzione o rimozione dal grado e dall'impiego o comunque il licenziamento» per coloro che «avessero appartenuto - anche in qualità di semplici soci ad associazioni costituite - nel regno o fuori - ed operanti, anche solo in parte, in i modo clandestino od occulto, o i cui soci fossero comunque vincolati dal segreto. Secondo Mussolini era la fine della Massoneria ma egli si illuse di poter vincere con la violenza, il carcere ed il confino una partita che prima di lui uomini più grandi di lui avevano già ingloriosamente perduto. |