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Vi è un albero unico che produce due generi di frutti. Il suo nome è l'albero della conoscenza del bene e del male. I suoi frutti sono come il suo nome, cioè buoni e cattivi, frutti della vita e della morte, dell'amore e della rabbia, della luce e dell'oscurità. Quest'albero fu posto davanti ad Adamo nella sua innocenza, e sebbene egli avesse libertà di guardarlo come un albero delle meraviglie di Dio, la proibizione di Dio non gli permise di porre in esso i suoi desideri e di mangiarne, ma minacciò che sarebbe morto del suo frutto della morte. Poiché questo era un albero della divisione in cui buono e cattivo si combattevano a vicenda; ma nella lotta non può esserci la vita, perchè la battaglia porta distruzione, e la distruzione porta morte; la vita invece dimora nella dolce unità dell'amore. Perciò quando Adamo mangiò da quest'albero in lui si accese la battaglia ed egli dovette in questa lotta perdere la sua vita. Tuttavia il misero uomo non diventerà più accorto attraverso una tale caduta e danno. Il suo desiderio è sempre per questo albero ed i suoi frutti. L'uomo è sempre desideroso della divisione di molteplici cose, ed è sempre in lotta, perchè potrebbe arrivare alla quiete se tornasse all'unità della semplicità. La luce della vita sta in mezzo per indicare agli uomini la via a questo primo riposo e il Padre nei Cieli lascia sorgere il Sole sopra i buoni e i cattivi: ma ognuno cresce nel suo genere e l'uomo è più portato a guardare la molteplicità delle stelle che egli sceglie nella sua discrezione come sue guide, Poiché esse spesso lo allontanano dalla vera luce e lo trattengono nel turbine dell'incertezza. Questo turbine di incertezza porta sempre più e più fuori della visione interiore del Sole nel mondo esterno e non può trovare alcuna fine né quiete a meno di non ritornare nuovamente dall'esterno all'interno e cerchi l'inizio da cui tutte le altre più piccole luci delle stelle sono originate. Così tra sette stelle ve n'è appena una che volge i suoi raggi all'interno cosicché possa dirigere il suo animo verso Betlemme e tra i sette occhi che girano nel turbinio del desiderio ricercante ve n'è appena uno che si dirige verso il Sabbath nel più intimo di se stesso. Ma il movimento senza riposo dei giorni lavorativi li muove attraverso tutte le sfere e anche se essi gettano uno sguardo alle meraviglie di Dio, Poiché sono volti all'esterno le vedono solo da fuori ed ogni occhio guarda soltanto lì dove è condotto dai suoi desideri. L'uomo era creato da Dio per vivere in un continuo Sabbath, non doveva lavorare, ma lasciare che Dio lavorasse in lui, non doveva prendere con le proprie mani ma soltanto ricevere quello che Dio gli dava abbondantemente nella sua grazia. Ma l'uomo lasciò il Sabbath e volle lavorare egli stesso, alzò la sua mano contro la legge per prendere secondo il suo desiderio quello che non avrebbe dovuto prendere; Dio perciò lo lasciò cadere e Poiché aveva odiato il riposo doveva d'allora in poi sentire l'irrequietezza con i dolori. In tale irrequietezza della vita autonoma tutti i figli degli uomini stendono ancora le loro mani, cercando di cogliere ciò con cui raggiungere il loro Piacere. E a seconda della loro volontà e ragione tale è la loro presa. Alcune mani colgono il bene; alcune mani colgono il male. Alcune colgono il frutto, altre soltanto le foglie, altre un ramo con frutti e foglie. Ed essi derivano il loro piacere dalle cose che hanno colto, ma non sanno i poveretti che tutta la loro fatica ed operare è soltanto uno Studium particulare. Essi colgono dei pezzi quando potrebbero ottenere il tutto. Essi cercano la quiete e non la possono trovare Poiché essi guardano dall'esterno nell'irrequietezza del movimento, mentre essa abita nell'interno silenzio del Centro interiore; e sebbene uno colga più di un altro si tratta pur sempre di un'opera parziale. Talvolta vi può essere una delle sette mani che si avvicina al segreto ed afferra l'intero tronco dell'albero in quel punto in cui tutti i rami divisi tornano all'unità. Ma pure questa mano è ancora molto lontana dalle radici dell'albero, Poiché coglie e tocca il segreto soltanto dall'esterno e non può ancora vederlo dall'interno. Perchè le radici di questo albero che attraverso la Sphaeram del mondo visibile in cui bene e male sono mescolati, va nelle sfere del mondo invisibile dove luce e tenebra in se stesse dimorano, viene compreso soltanto dall'occhio della saggezza che sta nel Centro di tutte le Sfere. Questo occhio guarda nella più alta calma le meraviglie di tutti i movimenti e vede attraverso tutti gli altri occhi che circolano al di fuori del riposo nell'irrequietezza, tutti quegli occhi che vogliono vedere per se stessi senza il giusto occhio della saggezza, da cui hanno ricevuto tutta la loro capacità di vedere. Quest'occhio può provare tutti gli spiriti, quanto intelligenti, puri ed acuti essi sono. Esso comprende le sorgenti del bene e del male. Luce e tenebra sono di fronte a lui manifeste. Tempo ed eternità, visibile ed invisibile, presente e passato, terrestre e celeste, corporale e spirituale, alto e profondo, esterno ed interno sono da lui compresi. E pure di queste cose nessuna è disturbata, Poiché esso abita nel centro della pace dove tutto sta in eguaglianza fuori della lotta e ciò che esso vede, lo possiede pure. Poiché nel Centro della sua pace vie il trono reale cui tutto è soggetto. Quindi, caro uomo! Se tu vuoi ritornare alla retta comprensione ed alla giusta pace, lascia le tue opere e lascia Dio solo agire in te così che l'occhio della saggezza si aprirà in te così che giungerai a studio particulari ad universale e a trovare il tutto nell'uno.
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