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Il Leone e l'Aquila Nell’antichità il simbolismo del Leone ebbe un ampio impiego. Ciò dipese dalla sua natura forte e dalle sue sembianze. Il colore e la fulva criniera lo portarono ad essere associato al Sole che con la sua energia illuminava e donava la vita. L’accostamento all’astro era già presente nelle culture primitive che vedevano nell’animale la maestosità della natura e la prosperità del periodo centrale dell’anno quando le stelle di maggiore grandezza brillavano nella notte e il Sole splendeva più intenso durante il giorno. Nell’iconografia egiziana il leone era molte volte ritratto in coppia con lo sguardo di uno rivolto all’orizzonte opposto dell’altro. Essi disegnavano l’arco che il sole compieva nel cielo andando da Est a Ovest, dalla suo sorgere al suo tramontare. Il medesimo significato fu ripreso nel complesso codice dei filosofi alchemici che affidarono all’immagine del Leone giovane quella dell’alba e al Leone vecchio e malato quella del tramonto. Questa duplicità si tradusse nella distinzione alchemica tra Leone verde e rosso che materializzavano l’uno l’inizio e l’altro la fine dell’opera. L’oro era quindi il Leone rosso che divorava quello verde (12) e l’inquietante visione voleva essere il geroglifico del tortuoso percorso che l’addetto avrebbe dovuto compiere per raggiungere la perfezione passando attraverso la lavorazione della materia prima cruda (13), il fuoco iniziatore, lo zolfo filosofico e finendo con l’ottenimento del re dei metalli, la polvere di proiezione, la Pietra Filosofale. Il Leone verde fu anche l’immagine traslata del mondo vegetale e minerale, e il Leone rosso l’esempio della materia rossa dimorante al fondo del vaso alchemico prima della sublimazione. Il Leone della tavola di Mattheus Merian è riprodotto in maniera classica come siamo abituati a vederlo negli stemmi araldici medioevali. La posizione eretta sulle gambe posteriori, le fauci aperte, le gambe anteriori distese e la lingua fuori era l’espressione della potenza, dell’aggressività e dell’alto rango che si sposava perfettamente allo spirito del principio maschile. Nella tavola il posizionamento del Leone, in questo caso verde, è infatti previsto nel lato dedicato ai principi maschili come il solvente universale, il fuoco originatore che si sprigiona dalla terra (riprodotto sulla montagnola), il Sole splendente e l’Adamo alchemico che, come il Leone, ha un piede su una stella a sette punte simbologia delle sette operazioni della Grande Opera. Il richiamo alle sette fasi è anche visibile nel collare del leone ove sono incastonate sette stelle.L’immagine mostruosa centrale è la metafora del matrimonio dei contrari come la luna e il sole, l’acqua e il fuoco, lo zolfo e il mercurio, il Re e la Regina che nell’amplesso creeranno il nuovo essere. L’unica testa della figura deforme vomita il «bronzo dei filosofi», un «liquido dorato e vischioso» che simbolicamente raffigura il duenech (14) la materia nella fase della nigredo ancor prima della putrefactio. I due leoni uniti nella singola testa sono pure la raffigurazione dell’essere androgino simbolo della perfetta integrazione.Il simbolo dell’aquila secondo C. G. Jung è un simbolo polivalente. Infatti il re degli uccelli acquisiva un significato differente se bianca o nera. Essa incarnava l’allegoria dell’alta divinità, del fuoco celeste, del sole, della nobiltà e dell’anima come parte dell’uomo appartenente a Dio. |