| La Toyson d'Or, La Fleur des Thresors, Splendor Solis, Aureum Vellus; tanti titoli per un testo solo… facciamo un poco di ordine. Il mistero è presto spiegato. L'opera è presente negli schedari delle biblioteche europee con il titolo di “Aureum Vellus”, testo pubblicato in Germania a Rorschach nel 1599; edizione che contiene anche lo “Splendor Solis”; e che spesso in edizioni manoscritte titolava l’intera raccolta, come per esempio in quella del 1582, del 1598 e 1706, riprodotte per studio in questa stessa sezione: Lo Splendor Solis Questo testo di Salomon Trimosin fu pubblicato nel 1612 - 1613 a Parigi, da da Charles Semestre, in lingua francese con il titolo di "La Toyson d'Or ou La Fleur des Thresors ", titolo che riprende dalla intera raccolta tedesca.
Lo scritto è attribuito a Trismosin, precettore di Paracelso, pseudonimo di Phillippus Aureolo Teofrasto Ludwig von Hohenheim (Einsiedeln, 17 dicembre 1493 – Salisburgo, 24 settembre 1541) il quale è autore non da tutti accettato come realmente esistito. L’opera in se consiste in una serie di 22 immagini ricche di un simbolismo tutto teso a far rinascere e splendere la figura del Re.
Infatti, sebbene l'opera sembri stabilire un collegamento tra la figura di Giasone e l’Alchimia; è possibile anche una lettura diversa dell’intera opera. Il “Toson d’or” fu, in verità, un ordine reale fondato nel 1430 (alcuni sostengono nel 1429) da Filippo III di Borgogna, a Bruges e fu estremamente utile alla monarchia fino a quando Massimiliano non scisse l’ordine fondandone un altro a Vienna e più tardi Napoleone pensò a tre Toson.
L’ordine, legato alla ferrea difesa della casa regnante, si basava su tre principi istituzionalizzati: “Religione, Sublimità, Apparati”.
L’elemento probatorio di questa lettura consiste nel fatto che l’Ordine si interessava della ricerca del simbolismo dei colori e degli emblemi e quindi le 22 tavole illustrative si riferirebbero al doveroso compito dell’ordine e alla rinascita simbolica del re.
L’altra lettura si riferisce, come sopra abbiamo accennato, alla leggenda di Giasone e gli Argonauti, uno dei più apprezzati dagli alchimisti. Qui è espresso il percorso per raggiungere la grande opera attraverso vari discorsi e immagini allegoriche che, anche se diverse le une dalle altre, alla fine si avvicinano agli stessi temi, vale a dire, le fasi del lavoro, i colori illustrati, i gradi del fuoco, le pratiche messe in opera, l'interconversione degli elementi e il ruolo della fondazione di zolfo e mercurio filosofico.
Siamo lieti presentare ai nostri Ospiti le immagini che, bulinate su legno da autore ignoto, e colorate a mano accompagnavano il testo a stampa del 1613 edito a Parigi da Charles Semestre; e quelle dell’edizione del 1599 (sempre colorate a mano), una delle prime edizioni giunte a noi in condizioni soddisfacenti; quella del 1532, considerata unanimemente la prima edizione, e di cui se ne conserva una sola copia presso il Museo Nazionale di Berlino è in pessimo stato di conservazione e mancante di alcune immagini.
La serie di immagini che accompagna il testo del Trismosin, spesso adoperate come illustrazioni e frontespizi di testi ermetici, è una delle più preziose dell'Europa Occidentale. Si può supporre che all'origine questo trattato, come altri testi alchemici, fosse composto da sole immagini, che per il loro numero, 21 + 1, potrebbero essere avvicinate e confrontate con quelle di Abramo l'ebreo descritte dal Flamel, e con i 22 arcani maggiori dei Tarocchi.
Il testo ( che si pensa aggiunto posteriormente alle immagini) è costituito da un breve Preambolo e da sei, altrettanto brevi, trattati che costituiscono l’intera raccolta dell’ “Aureum Vellus” il quale contiene la prima versione stampata dello "Splendor Solis" manoscritto riccamente illustrato della prima metà del XVI° secolo, e che sarà in seguito correntemente attribuito a Salomon Trismosin.
Nel Primo Trattato, che non contiene immagini si disquisisce dell'origine della Pietra dei Saggi, e sono descritti i mezzi e gli artifici con cui la Pietra può essere restituita alla sua perfezione.
Nel Secondo Trattato, dove sono contenute due immagini, viene spiegata l'Opera dei Filosofi tramite appunto le due figure (immagini 2 e 3).
Il Terzo Trattato, che contiene 8 immagini, tratta dell'Opera Alchemica in generale.
Il Quarto Trattato, nel quale sono riportate 8 immagini, tratta delle proprietà della Natura e quali siano quelle che essa (la Natura) usa nelle sue operazioni.
Il Quinto Trattato, che contiene 3 immagini, è un riepilogo dei quattro che precedono, e contiene due sottocapitoli che riguardano il primo il "Regime del Fuoco" e il secondo dei "Colori" che si mostrano nella preparazione della Pietra dei Filosofi.
Il Sesto, è il più articolato (anche se il più breve), giacché pur non contenendo nessuna immagine, è strutturato in cinque sottocapitoli, e comprende il testo di Vinceslas Lavinius de Maravie "Il Trattato del Cielo Terrestre". • Dell'intera preparazione della Pietra • Il trattato del cielo terrestre, con un Enigma, la cui traduzione è posta in calce a queste brevi note. • Della diverse operazioni dell'Opera e della varietà dei nomi e similitudini che usano i Filosofi in questa Arte. • Le virtù ammirabili e le forze sovraumane della Tintura. • Esposizione degli effetti meravigliosi della vera Medicina dei Filosofi Il Testo termina con delle Conclusioni.
L'Enigma contenuto nel testo "Trattato del Cielo Terrestre" di Lavinius:
Abito nei monti, e nella pianura. Padre prima che figlio, ho generato mia madre, e mia madre, senza padre, nei suoi fianchi mi ha portato senza avere assolutamente bisogno di nutrice. Sono ermafrodita e ho le due nature; sono vittorioso su tutti i forti, ed io sono vanto per il più debole e piccolo; non si trova niente sotto il cielo di così bello, né che abbia una figura così perfetta. In me, in me stesso, ma senza di me, nasce un strano uccello che senza ali pur vola, e morendo pur rinasce, e con la natura dell'arte, secondo la Legge, si trasforma alla fine in un Re. Sei altri sovrastando di ammirevole armonia.
Le immagini che vengono presentate, quelle del 1612, sono riversate direttamente da un originale di proprietà del Maestro Ivan Mosca, quelle del 1599 sono riprese, invece, da una edizione giacente nella Biblioteca Nazionale di Berlino.
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