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NOTA INTRODUTTIVA: a cura di Massima Marra Il Flos Florum o Il Fiore dei Fiori, è un breve trattato basato sulla visione di un libro incatenato con sette catene d’argento e d’oro, e sigillato con sette sigilli altrettanto preziosi. Questo è un topos assai diffuso legato all’Apocalisse di Giovanni ( 5 – 1\5). Il trattato è conosciuto in circa una ventina di versioni manoscritte, in prosa ed in versi, in Latino, Francese ed Inglese. Si conosce una sola versione italiana, appunto quella inclusa nel Ms. VIII D 75. Nella nota introduttiva ad una versione francese (Didier Kahn Les sept visions de Marie la profetesse sur l’oeuvre de la pierre des Philosophes in Chrysopoeia tome 2, fasc. 4, 1988 Arché Milan) Didier Kahn ricostruisce la storia della visione. Il breve trattato viene stampato una sola volta nel 1586, incluso in una miscellanea di trattati attribuiti ad Arnaldo Da Villanova (Arnaldi Villanovani […] Tractatus varii Exoterici ac chymici […] quibus […] accesserunt Cathena Aurea et Testamentum ejusdem philosophicum. Lyon 1586) col titolo di Cathena Aurea. Nella tradizione manoscritta il testo reca alternativamente il titolo di Le sette visioni di Maria la Profetessa sulla opera della pietra dei filosofi o quello di Flos Florum. Kahn afferma che non si hanno notizie di versioni manoscritte antecedenti al XV sec., e, per questa ragione, l’attribuzione ad Arnaldo da Villanova (morto nel 1311) risulta assai improbabile. D’altronde, non abbiamo notizia di componimenti di Arnaldo che utilizzassero la forma della Visio, ed inoltre, nella tradizione manoscritta, si incontrano assai spesso notevoli varianti di titolo ed attribuzione tra le varie versioni di uno stesso testo. Nel caso della nostra visio, l’attribuzione sembra oscillare tra la mitica Maria la Profetessa e diverse attribuzioni ad un Giovanni di Vasconia o Vascovia o Joannes Bastonis, secondo almeno un manoscritto "…sepolto ad Anversa..". Intorno alla figura di questo oscuro alchimista non abbiamo notizie storiche attendibili, e gli studiosi si mantengono nel campo delle pure congetture. Nazari nel Della Tramutatione Metallica sogni tre (1599) cita Giovanni di Vasconia tra gli autori elencati nel terzo sogno, attribuendogli uno sconosciuto Ars Magnae Operationis. Qualcuno ha identificato questo misterioso alchimista come il famoso teologo carmelitano John Baston (o Beston) morto nel 1428, intorno al quale, d’altro canto, non abbiamo alcuna notizia inerente una eventuale sepoltura ad Anversa. Altra ipotesi è quella del Thorndike, che considera Giovanni di Vasconia come corruzione di John Dastin, alchimista inglese contemporaneo di Arnaldo che ci ha lasciato una Visio alchemica che non ha, tuttavia, alcuna connessione col testo in esame. Intorno alla ipotesi del Thorndike, del resto, valgono le stesse obiezioni già fatte per l’attribuzione ad Arnaldo in merito alla datazione dei manoscritti. Un’altra ipotesi viene dalla Bibliotheca Chemica di Pierre Borel (1654) che riporta "…Ioh De Vasconia, vel de Vascouia cardinalis…", ed è indubbiamente questa la notizia alla base delle informazioni riportate da alcuni studiosi dell’inizio del secolo (lo Chevalier ed il Frati, vedi il citato lavoro del Kahn). In conclusione, intorno a questo testo, non possiamo dire di avere alcuna certa ed affidabile attribuzione. Un trattato molto simile alla Cathena Aurea fu stampato nel 1597 nel testo di Nicolas Barnaud Commentariolum in enigmaticum quoddam epitaphium, Bononie studiorum….Huic additi sunt processus chimici non pauci. Lugduni Batavorum, Ex officina Thomae Basson 1597, p. 41-45 Processus quintus (vedi Antonie Calvet Les "alchimica" d’Arnaud de Villeneuve à travers la tradition imprimée [XVI-XVII siécles]. Questions bibliographiques. in Alchimie, art, histoire et mythes Paris-Milan 1995 S.E.H.A.- Arché.). Il Flos Florum o Cathena Aurea è inoltre connesso con un testo assai noto della tradizione alchemica inglese, il Ripley Scrowle. Van Lennep dedica la sua attenzione alle corrispondenze tra il testo della Cathena ed il Ripley Scrowle nel suo Alchimie (Paris 1985) . Prendendo per buona l’attribuzione del nostro testo ad Arnaldo Da Villanova, egli identifica il testo che accompagna molte delle illustrazioni contenute (in latino o inglese) in varie copie manoscritte della visione del Ripley, con citazioni villanoviane. In realtà, sia i testi che gli stessi disegni sono ispirati dal nostro testo, che dovette dunque conoscere buona diffusione, oltre che in Italia e Francia, anche in Inghilterra. Addirittura, in un manoscritto del Ripley Scrowle di Yale, il testo, in inglese, è in versione integrale. Basandoci su quanto esposto da Van Lennep su quattro manoscritti del Ripley Scrowle (Oxford, Cambridge, Yale e quello della Huntigton library) possiamo osservare la reiterazione insistente del motivo figurativo del vaso, al cui interno un vecchio incoronato ed un giovane monaco, presentano un libro sigillato a sette sigilli, ognuno legato a sette circoli, o anelli di una catena, all’interno dei quali sono illustrate le sette operazioni ermetiche. In riproduzioni posteriori, l’immagine del vecchio, del monaco e del libro, si trasformano in un oggetto indistinto. I sette anelli sono a loro volta collegati uno per uno con il cerchio centrale a mezzo di anelli più piccoli. Solo il cerchio in alto a destra è collegato al cerchio centrale a mezzo di un filatterio recante la scritta materia prima. All’interno di questo cerchio il motivo simbolico disegnato presenta a destra un uomo che protende un maglio verso la testa di una donna, mentre a sinistra un uomo le punta una lancia alla testa di un altro uomo nudo, sulla cui gamba si sporge un dragone rampante. Ai piedi della donna sono accovacciati due leoni, uno rosso ed uno verde, sopra le teste dei personaggi troneggiano il sole e la luna, mentre tra l’uomo e la donna compare un rospo (il che allude ad una delle allegorie del Ripley Scrowle), in alto a destra compare un uccello che si invola. Discendendo verso destra, nel circolo successivo vi sono quattro monaci intorno ad un vaso, motivo che sarà la costante di tutti gli altri circoli. All’interno del vaso l’uomo e la donna sono coricati tra le fiamme. Ai piedi del vaso è scritto solutio. Ai bordi dell’anello si legge la scritta The soule for sothe is his sulphur not burninge (In verità, l’anima è il suo zolfo non urente) non privo di relazione con una riga del nostro testo (... L’anima è il solfore non urente , il quale congela ....). Nell’anello successivo, al vaso contenente la coppia alchemica tra le fiamme, si aggiungono un essere aureolato ed un uccello che fuoriescono da un becco di cui è dotato il tappo del vaso. Altri tre vasi si notano sullo sfondo. Ai piedi del vaso campeggia la scritta blacke (nero) mentre ai bordi dell’anello si legge A calido et humido primo ex illis passie quam debilis sum (nel nostro testo "Ponimi nel caldo e nell’humido, et di quelli pascemi, perché son debile...".). L’anello successivo ripresenta la stessa scena, ma sull’uomo e sulla donna nel vaso si notano due uccelli, uno che vola verso il basso, ed uno che vola verso l’alto. A latere si notano altri due vasi, sulla sommità dei quali sono visibili un uomo ed un uccello. La scritta sul bordo è Et leniter digestus amicabile sum ideo exalta ingressu illius, raffrontabile nel nostro testo con "... Leggermente digesto son animato, et però essaltami...".- Il circolo successivo presenta nel vaso, come sempre attorniato dai monaci, una donna partoriente nell’acqua, mentre un uccello si invola. La scritta che si legge sull’anello è Exalta separa subtilia me ut possim reducere ad simplex, nel nostro testo con "... essaltami, separa sublimami, acciò possa esser ridutto all’essere semplice...". Continuando a risalire sulla sinistra, nel vaso si vede una donna in piedi nell’acqua, motivo che sarà ripetuto più o meno identicamente nei due anelli successivi. Sul primo anello leggiamo : Scicio deficio pota me et me albifica, nel nostro testo correlabile alla scritta della quinta catena (... ho sete, dammi da bere, fammi bianco..) mentre la scritta che il nostro testo attribuisce alla sesta catena (... noi siamo vedovi et orfani, et lontani di casa propria per riduttione ad essa casa propria, acciò che il corpo amicabilmente m’abbracci.) fa riscontro la scritta del settimo anello: Vidui sumus et a domo propria elongati sumus ideo nos ipsum reduce ut corpus nos amplectet et amicabile nobis fiat. La scritta che nel nostro testo è impressa sulla settima catena è "... fa leggermente, con foco amicabile, che niuna violenza non ci possa separare...", ed è associabile a quella che nei manoscritti citati della Ripley Scrowle accompagna l’ottavo ed ultimo anello :"... Leniter cum igne amicabili fac ut aliqua violentia nos superare non possit...". Nel riscontro di tali analogie pare impossibile negare l’associazione tra il nostro testo e la visione attribuita al Ripley. In questa ottica si dovrà dunque considerare il Flos Florum come una delle probabili fonti del Ripley Scrowle. Nella trascrizione del manoscritto abbiamo scelto di non alterare il testo originale in nessuna sua parte. Gli unici interventi sono stati fatti sull’accentazione e sulla punteggiatura che sono stati ricondotte a quelle moderne. Qualche lemma illeggibile nel testo originale, intorno a cui si hanno dubbi di interpretazione, viene proposto tra parentesi quadre.
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