© Fabio Milioni LE DODICI CHIAVI DELL'ALCHIMIA La prima domanda che normalmente ci si pone, come sempre per gli Adepti, è: “Basilio Valentino è esistito o , più esattamente, questi due nomi associati furono realmente quelli di un monaco celebre che apparterrebbe alla storia?”. I riferimenti storici a nostra disposizione ( pur con tutti i limiti paradossali del caso, trattandosi di dimensioni esoteriche di per se “al di fuori del tempo e dello spazio”) ci fanno collocare il Monaco intorno agli inizi del 1400, in Germania, presso il monastero Benedettino di Erfurt. Delle dispute sulla sua reale esistenza, ovvero del vero nome dell’autore delle “dodici chiavi”, ci interessa, più della soluzione del mistero, un particolare apparentemente curioso, in realtà indizio di ben più profondi collegamenti “sotterranei” che attraversano la storia “spazio-temporale”, prendendosi regolarmente gioco di essa. Ci riferiamo all’interesse del grande Leibniz, scienziato e filosofo raffinato ed innovatore, il cui messaggio resta in larga misura incompreso nella sua reale portata. Ebbene, riferendosi al Valentino, ci lascia questo significativo messaggio “Io so questo…..ha ordinato che si cerchi nel suo dominio di Erfurt, presso i Benedettini di questa città, ma invano”. Tra le varie chiavi di lettura, possiamo identificarne una sul piano intuitivo: l’opera è stata compiuta in sintonia con il dover essere Ontologico, ne è prova che non ha lasciato tracce profane. Viceversa colpisce per l’estrema potenza, raramente così concentrata nei testi esoterici. Pertanto l’immagine che ci è arrivata del Frate, quasi sicuramente non ha nulla a che vedere con il suo reale aspetto, in questo in compagnia di altri illustri Adepti.
Della sua vita sappiamo ben poco, un particolare comunque ci sembra interessante: anche lui compì il pellegrinaggio a San Tiago di Campus Stellae, in compagnia ideale con Nicolas Flamel. Purtroppo il contenitore dell’Acqua dei Saggi ha perso la sua Energia, per cui il simulacro che è rimasto è un contenitore vuoto e devitalizzato, ne potrebbe essere altrimenti: la cerca non potrà mai avere esito positivo, se non come simbolo di un viaggio interiore che renda capaci di sacralizzare qualsiasi simbolo e trasformarlo in un Tempio vivente. L’adorazione esteriore dei simboli, l’autocompiacimento del Rito, portano invariabilmente a stati prossimi al Chaos del “nero più nero del nero”, da cui l’aspirante Adepto normalmente si vaccina con “una sana pisciata”. Prima di entrare nel merito dell’Opera, un ultimo doveroso richiamo: il ben più noto Paracelso, formalmente riconosciuto tra i Saggi Eminenti, era considerato, nel diciassettesimo secolo, un discepolo di Basilio Valentino.
Quali sono gli elementi più importanti del testo che ci è pervenuto? Il primo, apparentemente ovvio, è l’identificazione, sopra il quaternario Acqua-Terra-Aria-Fuoco, della triade Mercurio – Solfo – Sale. Sembra banale, ma del terzo principio si era persa traccia, ed è il nostro Frate il merito di averla ritrovata. Ne possiamo trarre un’indicazione operativa interessante: nulla è fisso e scontato, tutto deve continuamente essere rigenerato. Altrimenti il rischio è quello di trovarsi di fronte a Simboli di cui non comprendiamo il senso, quindi considerati da eliminare in quanto superflui. E’ lo stesso Valentino che ci ammonisce in tal senso “Non disdegnare né disprezzare, amico mio, i libri veridici di coloro che hanno posseduto la Pietra prima di noi…Inoltre questa lettura sia rinnovata molto spesso, perché il fondamento non sparisca e la verità non si estingua, come per una lanterna”. Qui possiamo fermarci un attimo per una riflessione. Ciascuno di noi, nel suo percorso esistenziale, si trova ad affrontare le Forme più disparate. Spesso i ritmi della vita profana ci fanno passare accanto ad esse senza accorgerci, nell’immediato, del messaggio che ci mandano. Ancora più raramente ci fermiamo ad osservarle e riflettere sulla loro essenza più recondita, dietro la quale si potrebbe intuire lo stato di Potenza da cui derivano, o ancora oltre, se la loro generazione ha teso a contribuire all’aumento del disordine (entropia) ovvero dell’ordine (entalpia). Il secondo elemento, ben più importante ma di difficile comprensione, è rappresentato dall’identificazione dell’”entrata aperta al Palazzo chiuso del Re”, qui ogni parola sarebbe superflua. Vale solo un’indicazione operativa: quanti Pittori che hanno esplorato gli stati sottili dell’essere hanno rappresentato il Palazzo? Difficile accorgersene, se prima non si è sciolto interiormente il quesito relativo al fatto che “la nostra Pietra… deriva ed è nata da due e da una cosa che ne custodiscono una terza nascosta.”
Se la difficoltà a comprendere quanto Basilio Valentino ci ha lasciato, può far sorgere dubbi sull’effettiva importanza del suo lavoro, un richiamo al testo potrà facilmente attivare più di un rimando che alimenti l’esercizio del dubbio creativo: “Al principio, quando lo Spirito era portato sulle Acque e ogni cosa, fino ad allora, era coperta dalle tenebre, Dio, onnipotente… creò dal nulla il cielo e la terra... . In tale creazione, il Creatore per ogni natura non ha teso ne alla distruzione né alla diminuzione. Via ha messo un seme particolare perché ne avvenisse la crescita… .Sappi ora che il seme viene generato dai metalli... l’influenza celeste scende dall’alto e si mescola con le proprietà degli astri. In seguito, quando avviene questa congiunzione, i due fanno nascere come terza una sostanza terrestre, che è il principio del nostro seme… .Da questi nascono e appaiono gli elementi come l’acqua, l’aria e la terra. Questi in seguito, per mezzo del fuoco sotterraneo, operano sino a produrre qualcosa di perfetto. Non possiamo trovare di più all’inizio del magistero. Perciò Hermete e tutti prima di me hanno indicato tre principi. E sono stati trovati: l’anima intrinseca, lo spirito impalpabile e l’essenza corporale visibile….questa è la verità di ogni verità: se l’anima, lo spirito e la forma metallici sono presenti, là si devono trovare anche l’argento vivo, il solfo ed il sale metallici, che necessariamente non possono produrre altro che un corpo perfetto”. Certo cercheremmo invano in reale significato della Pietra e degli elementi se non avremo prima visitato la terra interiore, che impone quale cammino finale quello di essere privi di ogni strumento di ausilio. Non a caso il testo riporta, tra le immagini, quale paradigma della Grande Opera, una versione del VITRIOL che ritroveremo in altri momenti.
Si comprenderà facilmente, con queste premesse, come sia arduo illustrare le “dodici chiavi”, tanto più che, in ossequio alla regola ermetica, nulla di ciò che viene detto ha un significato letterale e la stessa sequenza dell’opera è volutamente artefatta, affinché solo i poveri di spirito possano decodificare un messaggio la cui cifratura è puramente esistenziale. A vario titolo moderni apprendisti “soffiatori” si sono dedicati a tale esercizio, convinti che l’utilizzo delle moderne tecniche e conoscenze della chimica potessero essere di ausilio. Vano tentativo, neppure con un calcolatore “quantico” si potrà decodificare una chiave, la cui matrice Ontologica nasce laddove le risonanze vengono generate.
La prima chiave è esplicita la riguardo, laddove afferma: “ i nostri corpi devono essere lavati e purgati da ogni impurezza, perché possa essere raggiunta la perfezione nella nostra generazione”. Questa “Forma” che Basilio Valentino ha lanciato, forse con maggiore chiarezza di altri, nella sua apparente oscurità è assolutamente Luminosa. Il paradosso è comprendere la necessità dei “lavaggi”, per superare gli stati pesanti dell’Essere ed avviarsi per le scale della Leggerezza, occorre prendere realmente coscienza di quanto, senza rendercene conto, siamo prigionieri dell’effimera profanità. Se a volte e quasi impossibile “guardarci allo specchio”, per lo meno osserviamoci retrospettivamente: quante volte, ripensando ad avvenimenti passati ci siamo chiesti “ come ho fatto a non accorgermene?” Ovvero, quante volte, dopo essere passati e ripassati più volte in modo distratto di fornte ad una Forma, improvvisamente ne percepiamo, grazie ad un’improvvisa intuizione, significati prima reconditi ed ora improvvisamente espliciti nella loro chiarezza? Se ciò è avvenuto almeno una volta, allora vale la pena di leggere e meditare, senza l’esercizio della Ragione, ma lasciando libera di fluire l’Intuizione ( che in questo caso è la componente femminile del Rebis) quanto Basilio Valentino ci ha lasciato in anonima eredità. Un’attenta lettura del testo potrà darci preziose ed inaspettate indicazioni. Chi sono i “nostri “ corpi da lavare, e con cosa? L’immagine della seconda chiave lo chiarisce esplicitamente. Anche se il testo, dopo averci spiegato la necessità che … "le varie preparazioni delle tue acque sono da rinnovare spesso, in modo che molto di frequente tu renda alla terra ciò che le è stato tolto…sinché arriva al suo punto fisso.” , chiarisce che solo “Quando il palazzo del Re sarà stato preparato ed ornato in questo modo…allora il Re vi entrerà con sicurezza e potrà installare il suo trono”.
Proseguire oltre sarebbe inutile e forse controproducente. Per chi fosse stato così paziente da arrivare sin qui, solo un’ultima domanda: è stata la curiosità? Se la risposta è affermativa, il consiglio è di lasciar perdere. Se viceversa non è curiosità, un ulteriore indizio importante ce lo da la terza chiave. Qui la riflessione di decodifica è legata all’aspetto storico-temporale, decisamente esplicito per chi si dedica con pazienza e senza fretta al cammino: “In seguito innalza questo corpo nel suo grado, perché superi di gran lunga col suo splendore tutte le altre stelle del cielo, e nella sua natura abbondi il sangue come il pellicano, quando ferito al petto, senza indebolimento del corpo, può nutrire e allevare numerosi piccoli col suo sangue”. Se, come tutto lascia supporre, Basilio Valentino scriveva nel 1400, credo sia importante notare come la sua spiegazione a quanto appena affermato sia: “E’ la Rosa dei nostri Maestri, di color porpora, e il sangue rosso del drago descritti da numerosi autori.” Qui potrete, forse, trovare la chiave di una risonanza ed un legame la cui forza e potenza sono direttamente proporzionali alla capacità di realizzare effettivamente i dover essere graditi dell’obbedienza, della povertà e della castità cavalleresca.
Possiamo chiudere qui questa breve introduzione ad una delle Opere ermetiche più complete e complesse, richiamando quanto è detto in chiusura della Quinta chiave: “Perché il naturale inizia dal soprannaturale e, tuttavia, l’insieme non è giudicato altro che naturale”. Per una lettura (e rilettura) integrale dell’opera, consigliamo l’edizione italiana delle “Mediterranee”,che include un’interessante introduzione erudita e filologicamente accurata. Per le immagini, nelle pagine che seguono sono presentate le due serie, quella del 1618 e quella più completa del 1677.
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