Il neofita, fra i primi passi nel Tempio Massonico, direi che è quasi predestinato a fare un incontro. Con cosa? Con “LA TRADIZIONE”.

Non che - intendiamoci - non abbia già avuto a che farci prima di entrare fra le colonne.

Tutt'altro....

Il carissimo Fratello Giuseppe C. in questa sua opera d'ingegno datata 1974, e in seguito pubblicata su Rivista Massonica Vol. LXVI - X della nuova serie, Novembre 1975, esamina ciò che il Libero Muratore intende con Tradizione.

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 Il neofita, fra i primi passi nel Tempio Massonico, direi che è quasi predestinato a fare un incontro

Con che?

Con “LA TRADIZIONE”.

Non che - intendiamoci - non abbia già avuto a che farci prima di entrare fra le colonne.

Tutt'altro.

Ma forse, tutti i precedenti incontri avuti con la tradizione, nella accezione comune della parola e nelle più varie prospettive, costituiscono certo, per lui, altrettanti equivoci, destinati a chiarirsi soltanto nel momento dell'impatto con la Iniziazione Muratoria.

Infatti gli equivoci intorno alla Tradizione, per il profano, ed a volte, purtroppo, non soltanto per questo, sono quanto mai numerosi e grossolani.

Come non pensare, ad esempio, a chi, ammesso nella nostra Istituzione, ritenga di vedere in essa “la tradizione” soltanto attraverso l'ottica distorta della più ambigua profanità?

Quante volte, purtroppo, anche fra chi è ormai fra le colonne, è dato di considerare la tradizione come qualcosa che si identifichi con il conformismo?

Quante altre volte avvertiamo addirittura dissonanze anche nello ambito istituzionale muratorio, per riprovevoli confusioni tra “tradizione” e “conservazione” quasi a voler vedere nella Massoneria una Istituzione portatrice di un pensiero adattabile agli schemi “prevalenti” della società in cui viviamo?

E come non sottolineare infine la visione della tradizione, confusa (e quindi oscurata) con una visione misoneista della Libera Muratoria, quasi che questa possa rendersi tutrice di interessi particolari di categorie sociali, di classi, di privilegi?

E che dire ancora, quando si intenda, e non sempre in buona fede, identificare la tradizione (quella ovviamente a lettere maiuscole) con l'altisonante ed enfatico trinomio “Dio, Patria e Famiglia”, trinomio che per essere stato sbandierato in tutti i sensi come il concentrato dei “valori” nel contesto della società umana è stato foriero, proprio a causa di questa interpretazione falsa e retorica - soltanto di lutti, di rovine, di decadimento?

Tutte queste confusioni sono apparse, di tanto in tanto, anche nella nostra Istituzione, vista dal punto di vista societario; ed ogni qualvolta tutto questo è accaduto, ciò è stato sempre motivo di disorientamenti e deviazioni dentro e fuori la nostra Istituzione, in quanto ha, in alcune circostanze - “alterato” le superiori finalità muratorie, quando non ha addirittura arrecato inevitabili guasti e grandi ritardi ai benifici effetti della natura iniziatica della Istituzione massonica ed alla proiezione solare che essa indubbiamente è destinata ad irradiare nell'ambito della società umana; al punto che la storiografia ha anche usato ed abusato nella valutazione di queste vicende.

Non va anzi dimenticato, a questo proposito, che il frutto di queste distorte concezioni intorno al rapporto Tradizione-Massoneria, è stato fonte di errori notevoli purtroppo anche ad opera di uomini nostri pur di grande prestigio; errori che hanno condotto la Libera Muratoria su strade ora codine, ora scioviniste, spesso stoltamente reazionarie, con ripercussioni negative che ancora oggi pesano sulla Storia della Società Massonica.

Ma queste sono un poco le premesse al discorso che ci proponiamo di fare e che tende invece a comprendere cosa debba veramente intendersi per “TRADIZIONE” nel sensodel Libero Muratore.

In senso lato, per Tradizione si intende qualsiasi “trasmissione” orale (o scritta), vuoi culturale, vuoi religiosa, o altra comunque, che sia solita realizzarsi di generazione in generazione.

Orbene il neofita che entra fra le colonne del Tempio, porta indubbiamente con sé un certo bagaglio culturale; ossia una sua “tradizione”.

Questa tradizione, portata dal profano, dall'esterno, può essere di carattere strettamente sociale (il più delle volte nella direzione della “conservazione” non foss'altro magari per assonanza dei termini); può essere di natura filosofica, come risultante di una concezione razionale del mondo e delle cose; può essere di portata meramente ideologica come indottrinamento ricevuto, se non addirittura “subìto” dal mondo esterno.

Per il profano, più spesso, diremmo quasi sempre, la tradizione portata “dal di fuori” è però prevalentemente di natura religiosa ed ecclesiale, perché inculcatagli sin da bambino, e vista come la trasmissione orale e scritta dei fatti e della dottrina della Chiesa cui appartiene, dei riti, delle scritture degli Apostoli, delle regole di fede, dei canoni dei Concili, delle preghiere, delle cerimonie liturgiche; insomma di tutto quello che nella Chiesa viene normalmente chiamato “fonte della Rivelazione Divina”.

Ed anche questa, perché no, è “UNA” tradizione: si badi bene “una” tradizione, non “LA” Tradizione.

Queste nostre modeste osservazioni ci portano ora ad una constatazione: ossia che ciascuno di noi, massone, porta con sé, “dal di fuori” una “sua” tradizione: chi la sua tradizione “religiosa”; chi la sua “sociale”; chi la sua “filosofica”; chi la sua “ideologica”; chi la sua del “costume”; chi la sua “scientifica”, e così via.

Se poi vi aggiungiamo i diversi e variopinti fardelli dei pesanti “metalli” dei molteplici “ismi politici”, ai quali peraltro per la loro peculiare natura non possiamo neanche attribuire un autentico valore “tradizionale”, il quadro diventa impressionante.

E non è tutto qui.

Ciascuno di noi, da profano, è pronto a prestare sacramento sulla “propria” tradizione, come l'esclusiva, l'unica, l'insuperabile, insomma l'assoluta in senso universale.

Se andiamo anzi ad approfondire il senso degli eventi umani, potremmo affermare che, ad un certo punto, tutta la Storia dell'uomo, rappresenta un susseguirsi di accadimenti che possono valutarsi anche come altrettante manifestazioni delle tante, diverse tradizioni: basti pensare ad esempio alle guerre fra differenti ideologie, fra differenti contesti culturali, ed infine alle immense carneficine fra i popoli per le guerre di religione.

Orbene proprio il grande panorama delle infinite, molteplici, tradizioni, pone all'uomo che pensa, all'uomo che ragiona, all'uomo che costruisce sé medesimo, insomma al Libero Muratore, il problema della TRADIZIONE, è chiaro in senso autentico e nella sua essenza.

Il problema può essere quindi esaminato in varie direzioni. La Filosofia non ci offre grande ausilio a tal fine, a riprova delle limitazioni razionali del pensiero speculativo.

Quando la speculazione filosofica ha infatti affrontato il problema, è caduta purtroppo nei tortuosi ragionamenti del “tradizionalismo”, ossia nell'ossequio verso le forme, gli usi, le regole trasmesse dagli avi: niente altro che un indirizzo di pensiero sorto in Francia nel periodo della Restaurazione in contrapposizione al razionalismo indicato responsabile degli orrori del Terrore.

Luigi de Bonald (1754-1840); Giuseppe de Maistre (1753-1821) e Roberto Lamennais (1782-1854) furono i maggiori paladini, nei loro scritti, delle due Istituzioni fondamentali in cui, a loro giudizio, “la tradizione” si incarna e contro cui l'Illuminismo prima e la Grande Rivoluzione dopo avevano tenacemente combattuto: ossia la Chiesa e lo Stato.

Da tutto questo dobbiamo concludere che il “piano filosofico” è insomma del tutto carente per la nostra indagine a sfondo esoterico.

Fenomeno poi storicamente ricorrente ed anche attuale, è quello di vederlo questo problema, come il “passaggio” da una, ad altra civiltà culturale, vista come tradizione.

Di recente il Lorentz (premio Nobel per la medicina), il quale è anche profondo pensatore che affronta la tematica della società nelle prospettive della biologia e della etologia, nell'esaminare i problemi più salienti della civiltà occidentale, pone, fra quelli che egli chiama “gli otto peccati capitali della nostra civiltà”, anche la “tradizione demolita” vista però come comportamento delle nuove generazioni verso tutto ciò che costituisce quello che è “vecchio”, ossia verso la tradizione culturale in fase di superamento; e riscontra questo comportamento in un complesso di fenomeni in chiave biologica ed etologica conducenti “all'assurda conclusione che sarebbe meglio distruggere completamente la cultura dei genitori per poter ricostruire tutto da capo in forma creativa”.

Il punto di vista del Lorentz ruota sempre intorno al concetto di tradizione visto come l'accumularsi di uno sviluppo culturale il cui processo di evoluzione sul piano della civiltà umana, presenta analogie con la filogenesi di una specie.

È un metodo di valutazione della tradizione, quello del Lorentz, certamente originale ed interessante, ma solo dal punto di prospettiva biologico.

Quel giudizio che può avere una rilevanza per la Storia delle Tradizioni, non è di molta utilità nella ricerca muratoria, anche se serve peraltro a sottolineare, come testimonianza, per l'esoterico, un certo travaglio dell'uomo moderno, il quale appare tutto proteso nel tentativo di superare le barriere delle “FORME” per captare l'essenza, lo “SPIRITO” che è nel microcosmo e nel macrocosmo.

Questo travaglio ci appare anche più incisivo nel leggere le pagine di un contestatore moderno, il quale però è anche un uomo antico, il Krisnhamurti, il quale lancia parole roventi contro la Tradizione che egli identifica come un autentico intralcio alla evoluzione umana sul presupposto che non esiste guida, Maestro, Autorità, e che nessuno “può dipendere da una qualsiasi tradizione”; un giudizio, questo da tenere nel giusto conto, come anelante rivolta dell'uomo moderno rispetto a tutto quanto è il carico dei diversi cicli storici e delle civiltà; una rivolta insomma vista come atto di negazione di ogni origine di odio, di lotta, di divisione nella storia umana; anche se l'affermazione Krisnhamurtiana può poi postulare per alcuni delle riserve sul piano della conoscenza iniziatica con tutte le sue implicazioni.

Ma ritorniamo al punto focale del problema per registrare ancora che sotto il termine “tradizione”, molte volte si contrabbandano vari concetti: altro sommo pensatore, il Guénon ci avverte ad esempio di stare attenti a non mutuarla con la “consuetudine” (vedi abitudine) che è cosa puramente umana o per degenerazione o proprio come origine, lì dove “tutto ciò che è d'ordine “tradizionale”, egli insegna, implica essenzialmente un elemento “sovrumano”.

Ed a questo proposito, riesaminando la Tradizione vista come “trasmissione”, conviene fare un breve passo indietro nella nostra disamina, osservando che sempre secondo il Guénon, nella Tradizione, al carattere di trascendenza, che attiene essenzialmente ai principi, e di cui tutto ciò che è effettivamente collegato partecipa a qualche grado (il che si manifesta per la presenza di un elemento “non umano” in tutto quello che è propriamente tradizionale), si aggiunge un carattere di “permanenza” che esprime la immutabilità di questi medesimi principi e che si comunica ugualmente, in tutta la misura del possibile alle loro applicazioni, allorquando le stesse si riferiscono a dei domini contingenti; per il che si può concludere che la Tradizione comprende tutto ciò che “vale” e può essere realmente “trasmesso”, giacché il resto se è dominato dal “cambiamento” è puro e semplice anacronismo o superstizione. Da questi presupposti, sempre il Guénon, distingue tra una trasmissione “orizzontale” implicante solo una successione cronologica degli stati o stadi successivi, da una trasmissione “verticale”, la quale ultima può essere esaminata nelle diverse proiezioni, ossia dall'alto in basso, dal sovrumano all'uomo, o dal basso in alto come “partecipazione” della umanità alla Realtà dell'Ordine Principale, partecipazione assicurata proprio dalla Tradizione sotto tutte le forme.

Fin qui il pensiero del Guénon.

Ma, nel rientrare sulle impostazioni del nostro discorso, ci pare opportuno annotare che, nel senso comune, vi sono “diverse” tradizioni; e la loro matrice è particolarmente quella religiosa, in quanto è la Religione l'attività singolare che postula il problema del rapporto Dio Uomo.

Ma in questa nostra disamina, proprio per uscire fuori dalle secche di una problematica apparentemente insolubile, dobbiamo tentare di far centro su alcuni punti essenziali del nostro discorso.

Per noi tutte le tradizioni a forma religiosa (o profana in genere), quando si osservino soltanto dal punto di vista essoterico (esterno), risultano circoscritte per definizione, in ragione della limitazione delle loro finalità: il dogma, per esempio, è un assioma stabilito e limitato, ed è rivolto ai più. Tutte le Religioni - appunto perché espressioni essoteriche (esterne) - sono quindi “forme Tradizionali” (ripeto: Forme), ma non sono “LA” Tradizione (anche se, come vedremo, la contengono nell'essenza).

Come “forme tradizionali”, ossia come “pretese” diverse delle differenti religioni all'esclusivo possesso di una verità “unica”, possono apparire, e magari lo sono in certi aspetti, anche un errore, particolarmente nelle deformazioni dogmatiche e teologiche; per il che è comprensibile il pensiero del Krisnhamurti quando si ribella alla via Cristiana, alla via Indù, alla via Mussulmana come Tradizione (rectius, diremmo noi, come “forma tradizionale”).

La forma è forma, e resta tale se non si va al di là della forma, che è un aspetto del tutto, ma non è il tutto.

Insomma da queste premesse non è possibile fermare il discorso intorno alle varie “forme” della Tradizione, ossia all'angusto ambito exoterico il quale è il “Guscio” della verità, ma non è la Verità; che se così non fosse, si cadrebbe nell'errore di ritenere che vi siano tante “diverse” verità, quante sono le “diverse” religioni ed i differenti “credi”, ossia quante sono le molteplici “forme” tradizionali.

La Verità, invece, È UNA; ed anche “LA” “Tradizione” (ossia l'essenza delle forme) è “UNA”.

La “forma” tradizionale rappresenta la Storia: è il pensiero come si svolge nella Storia: può essere di qualche utilità, ma può essere anche di intralcio. Il pensiero, che procede dalla sensazione, è necessariamente limitato, e sarà sempre un tradimento alla “Verità”, ossia alla “Tradizione” pura.

Il pensiero, per sua natura, tende a cristallizzarsi, e quindi a sopravvivere come assioma, come dogma, come teologia, come superstizione: sopravvivenza insomma della “forma” priva della vita; la lettera che, come dice il Vangelo, uccide lo “spirito”.

Le Religioni come forme tradizionali (cristiana, mussulmana, indù ecc.) non sono quindi se non tanti “involucri” con tanto di scorza: la Verità, è “dentro” (nello spirito), non è fuori (nella forma).

Quello che è fuori (il Guscio) è la “forma” tradizionale; quello che è dentro (il contenuto) è lo Spirito, ossia “la Tradizione” nel senso ovviamente esoterico.

Realizzarsi spiritualmente, conoscere se stesso, conoscere la verità, è quindi scoprire lo spirito, il nocciolo, ossia la Tradizione.

“Se vuoi il nocciolo, dice il Maestro Eckhart, devi spezzare il guscio”.

Per spezzare il guscio, l'unica causa o forza che provochi l'espansione della coscienza, anziché “limitarla nel pensiero” è l’amore nella sua espressione più pura, perché porta l'uomo alla liberazione da qualsiasi cosa lo leghi e lo racchiuda come individuo separato.

Perciò Buddha chiama la meta finale “Nirvana”: una parola che esprime la negazione di tutto quanto è nel divenire (ossia nella Storia); e Dante ripete continuamente che il Paradiso è “l’ineffabile” (ossia il non dicibile); e Krisnhamurti predica la libertà “dal conosciuto”, cioè da tutte le idee “cristallizzate” e limitanti ... per poter raggiungere “l’illimitato”.

I due dominii, l'essoterico e l'esoterico (che poi rappresentano due facce del vero), sono profondamente distinti per natura, e quando vi è incompatibilità, “questa può sorgere per il primo, mai per il secondo che è oltre le opposizioni, perché è “oltre le forme”.

Una formula Sùfica pone in netta chiarezza questa distinzione. Dice: “La via exoterica è: io e te; la via esoterica è: io sono te e tu sei me; la conoscenza esoterica è: né io né te, ma LUI”.

Ogni Religione rappresenta quindi una diversa “forma” tradizionale (vedi guscio exoterico); ma ogni religione (ossia ogni “forma”) contiene in essenza, in sé, la Tradizione (Spirito esoterico), perché è tale in quanto attinge alla verità primordiale.

Da qui il nostro pensare di ammettere che l'uomo deve gradualmente “liberarsi” dal guscio exoterico, nel superamento delle differenze dogmatiche, delle diverse “forme” religiose e tradizionali, per conoscere la Verità, ossia se stesso l'Universo e Dio; al fine di realizzare proprio “LA” Tradizione, quel nocciolo che è ed esiste nello “spirito” dei Grandi Iniziati e delle grandi guide dell'umanità.

Nel processo di liberazione dell'uomo, tutto è destinato ad essere “superato” sulla via della conoscenza e della verità.

Dice Paolo: “Le profezie passeranno. le lingue cesseranno; la scienza scomparirà (I.Cor. XIII,8-9). ma la carità non viene mai meno (ibid. 13, 8). In quel momento “moriranno” tutte le “forme” tradizionali; l'uomo realizzerà spiritualmente se stesso, conoscendo la verità.

Realizzerà allora “LA” Tradizione: quella che è nella “Illuminazione” di Buddha e nel “Verbo” del Cristo.

Nel riportare ora, le risultanze di questa nostra analisi, sulla tematica del rapporto TRADIZIONE MASSONERIA, balza, a primo acchito, un interrogativo.

Ma non è forse la Massoneria anch'essa “UNA” Tradizione, ossia una pura e semplice “forma Tradizionale”?

La nostra è, in fondo, una Istituzione, e come tale è creata su alcune basi, ossia su determinate componenti formali.

Tutto questo ci potrebbe fare anche ritenere che la Libera Muratoria rappresenta, né più né meno, “una” tradizione (ossia forma tradizionale) come tante altre.

Ma affermare tanto, sarebbe soffermarsi soltanto ai margini del fenomeno Massonico, attraverso cioè lo scorcio angusto della sua “storicità” senza superarne questo confine di valutazione.

Direi invece che proprio da tutta la nostra analisi si evidenzia proprio il contrario: ossia la incommensurabile, monumentale grandezza della Libera Muratoria: una grandezza che è nella sua immensa Architettura, attingente alla sommità dell'Universale.

Pensiamo: anche la istituzione Muratoria ha una sua forma, è vero; ma è una forma che sta di sopra, superiormente e che sovrasta.

Nel Tempio Muratorio, siedono fratelli, fra fratelli, i portatori di “tutte” le “forme tradizionali”: vi incontriamo il Cristiano e l'Indù, il Mussulmano ed il Buddhista; così come vi troveremo l'ortodosso e l'eretico, l'ideologo ed il mistico.

Tutti, da Uomini Liberi e di buoni costumi, “si considerano e si chiamano vicendevolmente FRATELLI, indipendentemente da ogni “differenza” di origini, di credenze, di condizioni sociali.

Vi Sono “TUTTI”.

Coesistono, quindi, “tutte” le forme-tradizionali. In tal senso la Muratoria non è “una” delle tante e differenti forme tradizionali, ma direi che è la “somma” meravigliosa di “tutte” le forme tradizionali.

Costituisce la composizione sublime e fascinosa di “TUTTI” i credi essoterici.

Come tale, ha, in sé, nella sua intrinseca natura iniziatica la sintesi suprema di “tutte” le forme.

Ha dunque, in sé, il Nocciolo, Unico; la Verità, “LA” Tradizione, la Luce: quella Luce che il profano, con l'ansia dell'uomo che vuole conoscere, chiede bendato innanzi al sommo mistero della Porta del Tempio Massonico.

Che, dalla oscurità di quella benda, ogni fratello, nel “superamento” delle forme, di “tutte” le forme, possa pervenire alla “Luce” che è la Verità, che è “LA” Tradizione.

 

 

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