Il deserto, lo sterile e arroventato spazio non concede confine al pensiero. Si estende all'infinito. Non è né vita né morte.
Lo spazio, immenso vuoto, accumula tutta la luce del giorno e di notte le stelle sembrano più vicine, ognuna fonte di luce.
Solo nel deserto mente umana ha potuto percepire la presenza dell'Essere dell'Universo, che è ed esiste, manifestazione spirituale.
Il Patriarca intuiva l'unità che tutto crea e la unicità di tutto il creato con Creatore.
YHWE vuol dire: Io sono colui che è, il nome che non si può pronunciare:
y : Yud, la mano che tutto crea,
h : Hé, la luce da cui tutto ha origine,
w : Vav, le braccia che tutto abbracciano,
h : Hé la luce in cui tutto va a finire.
La natura è parca con la vita nel deserto. Non ci sono creature nelle quali l'uomo potrebbe personificare gli dei. Soltanto il vento mortale, soltanto lo spirito minaccioso e maligno corrono nello spazio avvolti da nubi di sabbia, soffocando il peregrino con la forza brutale: Ha Ruach, il vento, il soffio, lo spirito.
Il Creatore è anche nel vento, nella tempesta, nella morte, nel fuoco. Le forze della natura sono i suoi strumenti, sono i suoi messaggeri agli universi e alla coscienza dell'uomo.
Il Patriarca strinse un patto con l'Eterno e lo chiamò El Élohïm, Dio degli Dei. Prometteva di ascoltare la Voce.
La Bibbia è la storia, la legge e l'etica del popolo ebraico. É anche la culla della maggior parte delle leggi morali per tutti gli uomini. per tutta l'umanità.
Gran parte consiste di leggende espresse in forma poetica e a mezzo di simboli. La parte storica della Bibbia è stata presa per molto tempo per leggenda. Oggi invece abbiamo le prove dell'esattezza di quanto narra la Bibbia, perché gli scavi archeologici hanno portato alla luce prove inconfutabili.
Il legislatore Mosè unì il codice morale nei Dieci Comandamenti. Questi sono ancora oggi validi per tutta la civiltà.
I Dieci Comandamenti sono stati nel tempo la salvezza della stirpe ebraica, che deve la sua sopravvivenza alla necessità che questa etica personificata dagli ebrei continui ad esistere.
Anche i 613 comandamenti e proibizioni, che gli ebrei furono costretti ad accettare da Mosè e dopo dai rabbini, non sono altro che forme per unire il popolo, disgiungendolo dal resto dell'umanità: per farlo sopravvivere come piccola stirpe in mezzo alle potenti nazioni.
Ciò spiega come questa piccola tribù abbia potuto vivere per oltre tremila anni in mezzo a numerose nazioni, senza esserne assorbita.
Fenomeno unico, questo piccolo popolo, spesso senza terra, avversato, che ha potuto conservare il suo messaggio e diffonderlo al mondo intero.
Il cammino della tribù dei patriarchi fu guidato dagli eventi, spesso contro la propria volontà. Ma con la liberazione il popolo assunse dignità di nazione, anche se ancora priva di territorio.
All'esodo dall'Egitto presero parte anche altre popolazioni che preferivano la libertà alle marmitte piene di buon cibo egizio.
Quaranta anni durò il periodo necessario per assorbire e fondere queste popolazioni e per farne un popolo unito. Attraverso infiniti scoraggiamenti, ribellioni, invidie, Mosè riuscì in questi quaranta anni di insegnamento a dar loro il volto della civiltà, della disciplina. e della morale.
"Tu sarai puro nella tua persona e nelle tue azioni, perché il tuo Dio è in te. La tua via e la tua dimora saranno monde dal marcio e dal putrido, perché l'Eterno camminerà con te e dimorerà in mezzo al suo popolo. Le tue azioni vivranno nei tuoi discendenti e i meriti dei patriarchi saranno in te, affinché tu viva".
Così la Bibbia presenta la prima rivolta contro la idolatria.
Le leggende sono simboli il cui contenuto vale per tutti i tempi, passati, presenti e futuri e l'etica insegnata dalla Bibbia è la morale accettata da tutta la nostra civiltà. La quintessenza morale è: "Sii equo con il tuo prossimo"
Così l'ebraismo non è una raccolta di prescrizioni teologiche, rituali o dogmi, ma regola la convivenza sociale, culturale e di saggezza per il presente ed il futuro.
Il paradiso non è un premio, il lavoro non è una punizione.
L'insegnamento della filosofia ebraica non chiede rinuncia alla ragione, non chiede cieca fede, ma ammette di scrutare nei segreti.
Mentre gli adoratori dei baalim chiedevano potenza e ricchezza, lussuria ed ebbrezza, Mosè diede al suo popolo dei pesanti doveri, vita scomoda, imponeva generosa solidarietà verso i diseredati, verso i maestri e sacerdoti.
"Ogni sette anni lascerai riposare i campi, libererai i servi e darai loro lauta mercede. Rinuncerai alla restituzione di quanto ti devono i tuoi debitori. E ogni cinquantennio restituirai i campi, le vigne e i pascoli alla nazione, affinché vengano ridistribuiti ai contadini, e solo a loro. Pagherai il dovuto all'operaio prima del calare del sole e provvederai che egli abbia un tetto e un giaciglio, prima di pensare a ciò che hai bisogno per te".
"Rispetterai il diritto dello straniero che soggiorni nel tuo paese; proteggerai le vedove e gli orfani, provvederai affinché abbiano parte alle tue feste e al tuo raccolto".
"Un giusto è colui che esercita la giustizia, che non nega Iddio, che non si macchia le mani col sangue del prossimo, che non toglie al prossimo ciò che è suo, che non offende il proprio onore né quello della sua donna, che non maltratta gli animali, perché tormentando le creature si offende il Creatore".