Il carissimo Fratello Emilio Servadio in questo suo intervento in Loggia datato 1974, e in seguito pubblicato su Rivista Massonica n. 9 Novembre 1974, esamina con quella dovizia di particolari che lo contraddistingueva in tutti i suoi scritti, l'opera del Fratello Mesmer. Emilio Servadio, fu Fratello iscritto a piè di lista della Montesion fino al 1980, ne fu uno dei promotori, ma entrò nella Loggia soltanto a Colonne Innalzate nel 1970. Il documento è opera d'ingegno del Fratello ed il suo contenuto non riflette di necessità la posizione della Loggia o del G.O.I. Ogni diritto è riconosciuto. © Erasmo Editore La libera circolazione del lavoro è subordinata all'indicazione della fonte ed dell'autore. Download "Il fluido di Mesmer" |
Prima di affrontare il tema che dà il titolo al presente lavoro, penso sia necessario richiamare alcuni dati essenziali sul Fratello Francesco Antonio Mesmer, che a cavallo tra il secolo XVIII e il secolo XIX ci appare, sulla ribalta dell'Europa, come una delle figure più straordinarie, importanti e significative. Nato nel 1734 a Iznang, una cittadina sul Lago di Costanza, laureatosi in filosofia e in medicina a Vienna, Mesmer, ricco per matrimonio e filantropo per temperamento, aveva cominciato a provare quali effetti potesse avere sull'organismo l'applicazione del ferro calamitato. Tale idea, giova osservare, non era originale di Mesmer. Lo strano potere che sembra sprigionarsi dalle calamite aveva fatto pensare, già molto tempo prima di lui, a una eventuale azione del ferro magnetizzato sul corpo umano. Tale supposizione era piaciuta a Mesmer perché coincideva con l'idea direttrice della sua tesi di laurea, De planetarum influxu: quella che l'attrazione universale fosse dovuta all'influenza di un «fluido» sottile, emanato da tutti gli oggetti esistenti, corpi celesti compresi. Se questo è vero - pensò Mesmer - le calamite debbono emanare più fluido che qualsiasi altra cosa, visto il loro speciale potere d'attrazione! E perché questo fluido potente non potrebbe agire sui tessuti e sui nervi? Sulla base di queste idee, Mesmer si era messo all'opera. Generoso, animato da grandissimo zelo, aveva ottenuto risultati brillanti, che gli avevano creato larga fama a Vienna e fuori. Le persone più in vista della società viennese si ritrovavano nella sua villa, e tra esse troviamo un giovane genio, il non ancora Fratello Wolfango Amedeo Mozart, che dovette alla liberalità dell'amico Mesmer se poté far rappresentare a Vienna la sua prima opera teatrale, «Bastiano e Bastiana». Ma dopo un poco, Mesmer cambiò idea, e si persuase che non dalle calamite, o dall'acqua, o da altre sostanze venute a contatto con il ferro calamitato, si sprigionava il fluido magnetico, bensì dalla sua persona, dal suo stesso organismo, dalle punte delle sue dita. Mesmer scrisse allora (si era nel 1779) la sua opera fondamentale, intitolata Memoria sulla scoperta del magnetismo animale. In base alle sue nuove teorie, Mesmer cominciò a «magnetizzare» direttamente i suoi ammalati, passando lievemente le mani aperte dall'alto in basso sul loro corpo, oppure mettendoli in contatto con sostanze sulle quali aveva effettuato le stesse manovre. Non più «magnetismo minerale» - egli dichiarò - bensì magnetismo animale. E anche qui, i fatti sembravano dargli ragione. I pazienti si sentivano presi da sonnolenza, da crampi, denunciavano strane sensazioni, e parecchi guarivano. Tra i molti casi, suscitò grande scalpore quello della signorina Paradies, che cieca dall'età di quattro anni, recuperò la vista a opera di Mesmer dopo che i primi oculisti di Vienna l'avevano curata senza risultato. Ma mentre le masse lo invocavano, i malati lo benedivano, le accademie scientifiche e la facoltà di medicina, toccate sul vivo, reagirono: dichiararono insensate le cure di Mesmer, fittizi i suoi risultati, assurde le sue teorie. Mesmer, offeso e umiliato, lasciò Vienna e, nel 1778, si trasferì a Parigi. Qui divenne rapidamente il centro dell'attenzione generale. Allontanatosi per breve tempo dalla Francia, vi ritorno rapidamente invocato da ricchi e poveri, aristocratici professionisti, ecclesiastici e laici. Somme enormi furono messe a sua disposizione, sebbene egli non cercasse denaro. A Parigi, a un certo momento, non si parlava più che di Mesmer del magnetismo. Ed è qui che lo vediamo, alcuni anni dopo il 1780, idolo delle folle che si assiepavano davanti alla sua lussuosa dimora in Piazza Vendôme, ammirato come un mago, acclamato come un benefattore dell'umanità. I cronisti del tempo ci hanno tramandato descrizioni sia delle cure «private» di Mesmer e dei suoi collaboratori, sia di ciò che avveniva nell'ampia sala dove si effettuavano le terapie collettive. Al centro del salone stava uno strano oggetto: una grande vasca di legno in cui si trovavano file di bottiglie piene di acqua, convergenti verso una sbarra di metallo, dalla quale partivano altre verghe metalliche a raggiera. Si trattava di acqua e metalli previamente «magnetizzati» da Mesmer, e da cui si riteneva partisse il famoso «fluido». Alto, dal portamento maestoso, con indosso una lunga veste violetta, Mesmer si avvicinava lentamente ai pazienti, interrogava uno, toccava un altro con una sottile bacchetta metallica, sfiorava leggermente con le dita la fronte o il torso di un terzo. Prima uno, poi altri pazienti erano presi da fremiti, sussulti, pianto o riso sfrenati, convulsioni... e si giungeva a quelli che oggi si chiamerebbero stati di isterismo, di sonno ipnotico, di letargia o di catalessi: sono le «crisi» mesmeriche, necessarie perché si potesse ottenere la guarigione. E ogni giorno, infatti, dal palazzo di Mesmer uscivano individui che si proclamavano guariti per magico influsso e che inneggiavano a Mesmer come al loro salvatore. Per la strada, Mesmer doveva proteggersi dall'infatuazione generale: gli infermi volevano almeno toccargli le vesti, principesse e marchese lo supplicavano a mani giunte affinché si degnasse di visitarle. L'influenza di Mesmer, a un certo punto, diventò una vera e propria «mesmeromania». Ma questa gloria parigina fu di non lunga durata. Anche a Parigi, come già a Vienna, la scienza ufficiale si oppose a Mesmer, le inchieste accademiche gli furono contrarie. Scoppiata la Rivoluzione, Mesmer, ormai quasi sessantenne, fu costretto - si era nel 1793 - ad abbandonare il suolo francese. Dopo alcune peregrinazioni, cercò oblìo e riposo nella terra natia, sul Lago di Costanza. Quivi trascorse operosamente, aiutando il prossimo, gli ultimi anni della sua vita, e vi morì nel 1815. In questa sede, non potrei certo dilungarmi sugli sviluppi e sulle filiazioni che le idee e l'opera di Mesmer ebbero sul piano scientifico. Ne accennerò comunque brevemente. Dopo un periodo in cui il «mesmerismo» fu accantonato dalla scienza ufficiale, alcuni studiosi diedero il loro riconoscimento ai fenomeni, proponendone però una interpretazione diversa da quella di Mesmer. L'opera principale al riguardo si deve ad un medico inglese, James Braid, che nel 1843 pubblicò un libro nel quale, per la prima volta, si adoperano i termini «ipnosi» e «ipnologia», e in cui i fenomeni del «mesmerismo» vengono ricondotti a una azione non già «magnetica» o «fluidica», bensì esclusivamente psicologica. Fu questo l'inizio degli studi e delle esperienze sull'ipnotismo, che durano ancora nell'epoca attuale, dopo aver subìto non pochi alti e bassi nel secolo scorso e nella prima metà di questo. Come è largamente noto, lo stesso Freud cominciò con l'occuparsi di ipnosi e di terapie ipnotiche, prima di abbandonarle in favore di una nuova tecnica, quella psicoanalitica, e di gettare le basi del grandioso edificio della psicoanalisi. Anche dai brevi cenni dati, si può dunque vedere di quale importanza, e matrice di quali poderosi e straordinari sviluppi, sia stata l'opera teorica e pratica di Francesco Antonio Mesmer. Sul piano medico profano, egli aveva sicuramente individuata appieno l'influenza di una personalità su altre, delle interrelazioni psicologiche, della psiche che s'impone e che guarisce: influenza che, come si è accennato, fu esplorata e sviluppata in tutto il secolo XIX e nell'attuale, portando ad alcune fra le più grandi scoperte psicologiche moderne. Vediamo ora di che cosa le tesi e l'opera di Mesmer, e gli sviluppi da esse avuti, possano considerarsi a loro volta esponenti - risalendo dal piano profano (per quanto importante e degno di ammirazione) al piano che più qui ci interessa, ossia a quello massonico e iniziatico. Che Mesmer fosse Massone, nessun dubbio. A Vienna, egli appartenne alla Loggia «La Beneficienza», di cui fece parte anche Mozart. In Francia, ebbe relazioni con la Loggia degli «Amici Riuniti», e fu membro della Loggia dei «Filadelfi» di Narbona. Il suo nome non figura nelle liste del Grande Oriente di Francia: ma a testimoniare la sua appartenenza alla Massoneria basterebbe la famosa lettera inviata a lui, come ad altri eminenti Fratelli (compreso Cagliostro), con cui lo si invitava al Convento dell'organizzazione massonica detta dei Filaleti, lettera del novembre 1784, alla quale Mesmer rispose negativamente. Sulla tomba di Mesmer, a Meersburg, sul Lago di Costanza, figurano un prisma triangolare, tre gradini, il Delta luminoso con un occhio centrale, la Stella a cinque punte, il Sole, la Luna e le Stelle. Il nome Franz Anton Mesmer è inciso su una delle tre facciate di cui si compone il mausoleo, sotto l'occhio iscritto nel triangolo. Ma Mesmer aveva fatto, a mio avviso, ben più che non semplicemente appartenere, quale Fratello, a Officine austriache o francesi. Aveva fondato, una «Società» che si potrebbe chiamare para-massonica, denominata «Società dell'Armonia» i cui principi e i cui rituali risultano - in base a documenti pubblicati anche di recente - su linee molto simili a quelle delle Logge propriamente muratorie. Vale la pena riportare qui per esteso la formula dell'impegno preliminare che il Recipiendario doveva leggere ad alta voce, prima di firmarlo, al momento della sua iniziazione alla «Società dell'Armonia»: «Io credo che esista un principio increato, Dio. Che tale Essere supremo abbia creato la materia, indifferente di per sé al movimento e al riposo, per un atto unico del suo pensiero; che col medesimo atto, le abbia impresso il movimento che forma, sviluppa e conserva tutti i corpi. Che per via di un mezzo che non può essere se non molto sottile, esista fra tutti i corpi che si muovono nello spazio un'azione reciproca, la più profonda e la più generale di tutte le azioni della natura; che tale azione costituisca l'influenza o il magnetismo universale di tutti gli esseri tra loro. Che l'Essere supremo, creando l'uomo, l'abbia dotato di un'anima spirituale e immortale, gli abbia dato il potere di modificare il fluido che penetra tutti i corpi con un atto di volontà, perché l'anima unita al corpo non può ricevere o dare percezioni ad un'altra anima se non mediante l'azione sulla materia, veicolo di tutte le nostre sensazioni. Convinto di tali verità, e del potere dato da Dio all'uomo, di agire secondo la Legge universale che regge tutto a sua immagine, e per sua utilità, io prometto e m'impegno, sulla mia parola d'onore, di non fare mai uso del potere e dei mezzi che mi saranno confidati, di esercitare il magnetismo animale, se non con l'unico scopo di essere utile agli uomini, e di alleviare l'umanità sofferente; e respingendo da me qualsiasi fine di amor proprio e di vana curiosità, prometto di non agire mai se non al fine di far del bene all'individuo che mi accorderà la sua fiducia, e di essere sempre unito per cuore e volontà alla Società benefica che mi riceve nel suo seno». Dopo il giuramento, il Direttore e il Recipiendario si mettevano in rapporto, in piedi, per tre volte. Il Direttore abbracciava infine il Recipiendario sulle guance e sulla bocca, gli stringeva le mani con affetto e gli diceva: «Va', tocca e guarisci». La «Società dell'Armonia», fondata nel 1783, fu sciolta nel 1789, o giù di lì. Giova menzionare che nei suoi locali figuravano simboli analoghi, anche se non sempre identici, a quelli delle Logge Massoniche. Vi troviamo infatti il mosaico a pietre bianche e nere, la pietra grezza e la pietra cubica, le due colonne, la stella fiammeggiante, la livella, il compasso la squadra, il sole, la luna, le stelle, il globo terrestre. L'appartenenza alla Società comprendeva un iter di 7 Gradi, i cui primi tre formavano la «Dottrina simbolica», mentre il quarto e il quinto formavano quella che era chiamata la «Dottrina negativa», il sesto e il settimo formavano la «Dottrina positiva». Non è possibile, qui ancora, dilungarsi sul «Piano dell'Ordine dell'Armonia Universale», che comprende fra l'altro la «Spiegazione sommaria dei Quadri dei Tre primi Gradi», nonché un'interessantissima «Spiegazione del Terzo Grado Massonico». Basterà dire che appare, a mio avviso, chiarissimo come in seno alla «Società dell'Armonia», il Fratello Mesmer si sia riferito a principi universali molto più alti che non quelli a cui poteva far capo la sua prassi terapeutica, e come, pertanto, sembri evidente la distinzione fra Mesmer «medico straordinario», e Mesmer iniziato. Se non si tiene presente l'anzidetta distinzione, non si può, ritengo, rispondere alla domanda che adesso sorge spontaneamente: che cosa era, dunque, il fluido di Mesmer? Coloro che avevano visto Mesmer all'opera, e che avevano letto in superficie i suoi scritti, o quelli dei suoi più immediati continuatori, non potevano concepire il «fluido» se non come qualche cosa, tutto sommato, di materiale - ancorché sottile -; di concreto, e forse, prima o poi, di misurabile quantitativamente. Se «qualche cosa» in realtà si sprigionava dalle dita protese del magnetizzatore, o dall'acqua, o dalla limatura di ferro, o dalle bacchette metalliche della famosa tinozza, questo «qualche cosa» - si pensava - un giorno o l'altro sarebbe stato probabilmente accertato e misurato in qualche modo, con qualche strumento. Ecco perché, mentre da un lato una certa corrente scientifica, come si è ricordato, negava o ignorava il «fluido»,d'altro canto una serie di studiosi, per tutto il secolo XIX e per parte di questo, cercarono di portare il fluido di Mesmer sul piano della verificabilità scientifica. Non pochi, in tutto il periodo accen nato, escogitarono curiosi strumenti - sempre rivelatisi fallaci e non seri - che avrebbero dovuto evidenziare e misurare il «fluido». Si ebbero così i vari stenometri, biometri, effluviometri, ecc.: si ebbero, anche, tentativi - una volta affermatasi la fotografia - intesi a mostrare che il «fluido» poteva impressionare la lastra o la pellicola fotografica. Nella mentalità di tutti i predetti ricercatori, il fluido di Mesmer, evidentemente, era considerato alla stessa stregua dell'elettricità, delle onde magnetiche, o delle radiazioni luminose. Ma è da notare che Mesmer non aveva mai affermato nulla di simile! Uno dei suoi più affezionati seguaci, il Du Potet, aveva scritto che il fluido «non è una sostanza che possa essere pesata, misurata, condensata: è una forza vitale». E Mesmer, prima di lui, aveva dichiarato che il fluido, «non avendo alcuna proprietà, non è né elastico, né pesante, bensì è il mezzo atto a determinare delle proprietà in tutti gli ordini della materia che si trova più composta di quanto non lo sia esso stesso». A questo punto, non si può non cominciare a sospettare che Mesmer, Massone e iniziato oltre che filosofo e terapeuta, avesse intuìto - non sappiamo fino a quali limiti e con quale consapevolezza - che il «fluido» era, nella sua vera essenza, un'entità metafisica, e che quello da lui propagandato, e del quale mostrava e affermava l'efficacia terapeutica, non ne era per così dire che un aspetto, un riflesso, una proiezione sul piano fenomenico. In un fascicoletto di quattro pagine, pubblicato nel 1787, un Autore ignoto così lo definisce: «Quel sublime agente, che svolge un sì gran ruolo nella natura, che gli antichi filosofi non hanno disconosciuto... e al quale si è dato molto impropriamente il nome di magnetismo, non è altro che il fluido o spirito universale, universalmente diffuso nello spazio, e nel quale sono immersi i tre regni della natura... codesto spirito inesplicabile non è né la calamita, né l'elettricità, né il fuoco elementare, né il flogistico, né l'acidum pingue dei chimici; ma prendendo a prestito per definirlo il soccorso della metafisica, è il primo impulso impresso alla materia dall'Essere supremo, impulso per il quale è stata sufficiente la Sua sola volontà». Se si adotta tale punto di vista, ossia se si comincia a concepire il fluido di Mesurer come proiezione fisica di un principio metafisico, appaiono subito vane le interminabili controversie tra «fluidisti» e «antifluidisti», a noi tramandate dalla letteratura specializzata del secolo scorso. E appaiono vane - si può aggiungere - perché partono da una concezione dualistica del tutto arbitraria, in base alla quale si isolano irrimediabilmente mondo interiore e mondo fisico: e ciò non soltanto nei rispettivi aspetti fenomenici, ma anche nelle loro radici! A Mesmer non era venuto, non poteva venire in mente di ricercare, o di indicare, se e in qual modo il suo «fluido» potesse essere circoscritto e misurato. La sua concezione del «fluido» si ricollegava, abbastanza evidentemente, a quella dello «spirito universale» di Robert Fludd, e ad altre più o meno consimili. E la sua grandezza, ai nostri occhi di Massoni, appare assai più nell'anzidetta sua apertura - non sappiamo quanto estesa - verso il metafisico, che non nella sua cultura universitaria, o nelle sue impressionanti abilità di terapeuta e di caposcuola. Notiamo in qual modo il Fratello Mesmer descrive, nella sua «Spiegazione sommaria dei Quadri dei tre primi Gradi», la tecnica di un processo che è, nel medesimo tempo, terapia, riscatto, e simbolico richiamo alla vita. Parlando del Terzo Grado, egli scrive: «La Loggia di Maestro è l'emblema dell'uomo alterato da un movimento violento, irregolare, e che si trova, per così dire, nella tomba. Ma il ramo d'acacia indica che il movimento tonico sussiste ancora in lui, e le lacrime ignee sparse intorno alla tomba indicano che il fluido benefico che lo circonda non aspetta che di essere messo regolarmente in moto per trarlo dalla tomba. É qui che il processo magnetico diventa sensibile. Piede contro piede, ginocchio contro ginocchio: tale è la maniera in cui ci si mette in rapporto col malato. Una mano dietro la schiena: stabilizzazione del polo; con l'altra si passa dall'alto in basso e si sottrae il fluido dal pollice e dall'indice: inizio del magnetismo, la cui continuazione trae Hiram dalla tomba». Ogni commento sarebbe superfluo. Di quando in quando, anche in tempi abbastanza vicini a noi, qualche studioso particolarmente acuto ha intravisto - come attraverso uno spiraglio - in che cosa potesse consistere quello che un chiaro Autore frantese, il Vinchon, ha chiamato il «segreto» di Mesmer. Tale «segreto» - come ho cercato d'indicare - consisteva nell'aver percepito, iniziaticamente, che di là dal fluido del «magnetismo animale» stava una Forza metafisica, un Principio universale. Consisteva, possiamo ora dirlo, anche nell'aver compreso che sul piano contraddistinto dall'aggettivo «animale» - caro a Mesmer, e che si presta a sottili intendimenti etimologici e semantici - l'energia del «fluido» era strettamente legata all'impulso sessuale, alla corrente misteriosa da cui ha origine e per cui si perpetua la vita. Ebbene: uno dei pensatori a cui ho fatto riferimento è stato Freud; il quale poco a poco, partito com'era da una considerazione prettamente biologica e biofisica della sessualità, aveva poi compreso e sostenuto che la sessualità non è se non una manifestazione fenomenologica di qualche cosa di più alto, di un principio che egli stesso, richiamandosi a Platone, contraddistinse finalmente col termine di Eros. Scrive Freud: «L'Eros di Platone presenta, quanto alle origini, alle sue manifestazioni, e ai suoi rapporti con l'amore sessuale, una analogia completa con l'energia amorosa, con la libido della psicoanalisi». E quanto all'ipnosi, che come ho detto in principio Freud aveva dapprima profondamente avvicinata e studiata, ecco quanto egli ebbe a scriverne: «Il rapporto ipnotico consiste in un abbandono amoroso totale con esclusione di qualsiasi soddisfazione sessuale, mentre nello stato amoroso tale soddisfazione non si trova accantonata se non momentaneamente, e figura sempre nello sfondo, quale mèta possibile». E tuttavia sappiamo, da un Rapporto segreto che fu presentato al Re di Francia dalla speciale Commissione incaricata di studiare il magnetismo animale, ed i suoi effetti, che di quando in quando, nelle sedute di magnetismo, avvenivano vere e pro. prie crisi d'ordine sessuale nelle pazienti, trasportate senza colpa o peccato su di un piano ancor più «terreno» di fenomeni che non quello sul quale agivano in piena consapevolezza, e con perfetta coscienziosità, Mesmer e i suoi collaboratori! Anche uno dei più brillanti seguaci di Freud, Wilhelm Reich, sembra aver avuto sentore dell'esistenza di un'energia cosmica, della quale quella sessuale era un'espressione sul piano biologico, e che poteva essere adoperata, sia pur indirettamente, a fini terapeutici. Non molto diversamente da Mesmer, Reich finì col costruire dei recipienti, nei quali riteneva di avere imprigionato l'energia in questione, da lui chiamata «orgone», e pensò che mettendosi in contatto con tali recipienti, i malati avrebbero potuto ricavarne giovamento e guarigione. P - chiaro che in pieno secolo XX, tali procedimenti non potevano non apparire, molto più che non nel Settecento o nel primo Ottocento, futili e ciarlataneschi. Inoltre, Reich - a differenza di Mesurer - confuse l'energia cosmica, od «orgone», con ciò che riteneva di aver captato e condensato nei suoi recipienti. Si trovò, pertanto, nella stessa situazione in cui vennero a trovarsi gli assertori del «magnetismo animale» dinnanzi agli scienziati «positivi», i quali non ebbero difficoltà a sostenere che il fluido di Mesmer non poteva in alcun modo essere evidenziato da apparecchiature scientifiche. Assai superiore ci appare, a questo riguardo, la posizione di Freud, non soltatno dal punto di vista filosofico, ma anche in sede pratica. Mai, infatti, venne in mente a Freud di confondere la libido con qualche cosa di materiale e di misurabile; o di poterla «condensare» sul piano concreto e materiale! Al livello del fenomeno, dunque, «fluido» e libido si identificano. Ma è chiaro a questo punto che l'uso del fluido di Mesmer può divenire, per chi abbia percorso qualche gradino sulla via iniziatica, un mezzo ben diverso dai comuni strumenti della medicina profana. Nei limiti in cui l'iniziato può non soltanto concepirlo, ma realizzarlo esotericamente e sottilmente, il fluido di Mesmer - sentito e vissuto come Anima Mundi, o Agente universale - può far tutt'uno con un'opera di raccordo tra l'Io (iniziatico) e il non-lo: opera che trascende evidentemente il piano generale del soccorso medico e dell'intervento terapeutico. A tale livello, il fluido di Mesmer diventa panacea, elisir di vita, medicina universale. Può investire persone e cose. Pochi granuli di materia, «trattati» da chi si trovi nelle condizioni idonee, possono mettere il malato in una comunicazione «sottile» col piano in cui agisce il taumaturgo, ed effettuare in lui modificazioni che appaiono «miracolose» al livello profano. È questa, si può ben ritenere, la famosa «medicina» dei Rosa-Croce. Un giorno, tanti anni fa, mi fu chiesto qual era, a mio avviso, il fattore più importante in ogni e qualsiasi tipo di terapia. Senza troppo pensarci, risposi che secondo me, occorreva in primo luogo «sentire amore» verso il paziente. Oggi, tali parole mi appaiono sotto un'angolazione diversa e più ampia. È l'angolazione massonica e iniziatica. Oggi mi rendo conto che anche il modesto amore che sul piano profano il buon psicoterapeuta mette nella sua opera, non è, anch'esso, se non emanazione e riflessione di un quid che ci trascende, l'ultimo guizzo di un fuoco verso cui possiamo sperare di lentamente risalire, in un'ascesa che a certi livelli può farci incontrare - e adoperare, se ne siamo degni e capaci - il fluido di Mesmer, l'agente operativo dei Terapeuti Rosacrociani. Più oltre, al limite, vibrano e rifulgono l'Armonia - come aveva indicato il Fratello Mesmer: l'Amore infuocato, il Centro ineffabile della Rosa.
Bibliografia: F.A. Mesmer, Dissertatio physico-medica de planetarum influxu, Vindobonae (Vienna), 1766. |