Donde provengono gli angeli, le armate celesti e coloro che propriamente possono essere detti "i Figli dell'Altissimo"?
Il racconto della loro origine è andato probabilmente perduto e non si conosce quando e come questi "figli di Dio" siano stati creati.
L'espressione benéy Elohïm significa letteralmente "figli di Dio". Nella letteratura biblica in particolare (e nell'intera area semita più in generale) tale qualifica non è riservata ad un unico ed omogeneo insieme. ma è predicata di più soggetti: gli angeli faciei, l'angelo "mal'âkh", Satana, la schiera dei ribelli guidati da Semeyaza. l'assemblea degli dei, le schiere delle armate celesti, i giudici, i re ed i magistrati che dispensano giustizia nel mondo nel nome ed in rappresentanza di Dio.
Vediamo alcuni brani illuminanti tratti dai testi canonici.
Riguardo gli angeli e Satana: "Ora un giorno i figli di Dio vennero a presentarsi al Signore. fra essi venne anche he satan (Giobbe. 1. 6). In questo caso benéy Elohïm. nella versione greca dei Settanta diventa direttamente: "Ora un giorno gli angeli del Signore...".
Dei ribelli è detto: "Vedendo i figli di Dio che le figlie degli uomini erano belle si presero per mogli quelle che loro più piacquero..." (Genesi VI. I ).
In relazione a coloro che sono addetti all'armonia ed al cantico dei cieli: "Chi è infatti uguale al Signore nei cieli? Chi infatti è uguale al Signore fra i figli di Dio" (Salmo 82. 7-8). in un contesto che inizia con: "I cieli narrano le tue meraviglie. o Signore...".
Circa i giudici. rappresentanti dell'Altissimo: "Dio si leva nel consesso divino in mezzo agli dei e sentenzia: 'Fino a quando giudicherete iniquamente e userete parzialità con i malvagi... Io ho detto voi siete dei figli di Dio ..." (Salmo 89. 7).
Riguardo le armate celesti: "Tu sei il Signore che hai creato i cieli. i cieli dei cieli e tutte le loro armate... tutto mantieni in vita e le schiere celesti si prosternano a Te" (Neemia, 9, 6).
E ancora per estensione ai figli di Israele: "Date al Signore, o figli di Dio, date al Signore onore e gloria..." (Salmo 29. 1).
Analoghe espressioni, se non ancor più precise, si ricavano dagli Apocrifi: "Ed accadde. da che aumentarono i figli degli uomini, che in quei tempi nacquero ad essi delle figlie belle di aspetto. E gli angeli figli di Dio le videro e dissero fra di loro: “Scegliamoci delle donne fra i figli degli uomini e generiamoci dei figli" (Enoc VI. 1. 2).
Il racconto della caduta degli angeli ribelli è consultabile nella sezione Qabalah:
Il Libro dei Segreti di Enoc
Di Enoc è espressamente detto: "... stette poi sei giubilei con gli Angeli di Dio e gli mostrarono tutto quel che era in terra e nei cieli e testi: moniò contro i vigilanti [gli angeli ribelli] che avevano peccato con le figlie dell'uomo... Ed egli fu preso fra i figli dell'uomo e noi [gli angeli, i figli di Dio] lo portammo, per la sua grandezza e per la sua gloria, nel giardino di Eden... colà fu posto per testimoniare contro tutti i figli dell'uomo..." (Giubilei, IV, 22-23). Qui la distanza fra i figli di Dio e quelli dell'uomo è estremamente marcata, a indicare che il benéy Elohïm è una condizione storica e ontologica molto differente da quella di benéy Adam, figlio dell'uomo.
E si potrebbe continuare indefinitamente, ma è necessario arrestarci e domandarci, ben sapendo delle origini dell'uomo, donde provengono gli angeli, le armate celesti, i santi di Dio o, in definitiva, coloro che propriamente possono essere detti "i figli dell'Altissimo".
Per quanto attiene i testi canonici non si fa menzione della creazione degli angeli. Il primo luogo biblico dove si citano entità che si potrebbero interpretare come "angeli" è dopo la cacciata di Adamo ed Eva dal Paradiso terrestre: "Cacciò dunque l'uomo e pose ad oriente del giardino dell'Eden i Cherubini e la fiamma della spada guizzante per custodire l'accesso dell'albero della vita" (Gen. 3, 24). Per trovare la menzione esplicita di un "angelo" bisogna attendere fino all'episodio di Agar, la schiava fuggitiva perché Sara l'aveva trattata con asprezza, in quanto stava per dare un figlio ad Abramo: "Ora l'Angelo del Signore la trovò presso una sorgente d'acqua nel deserto e le disse: “Agar, schiava di Sara, da dove vieni e dove vai...”. Questi sentite le ragioni della donna le fa la seguente promessa: “Io moltiplicherò grandemente la tua discendenza, tanto che per la moltitudine non la si potrà contare" (Gen. 17, 7-13). Ma poi la cosa diventa complessa e molto controversa e, difatti, il testo continua: "E chiamò con il nome El Roi il Signore che le aveva parlato poiché disse: “Non vedo io qui ancora dopo la mia visione”. Il fatto che Colui che appare ad Agar parli in prima persona, promettendo quello che solo Dio potrebbe promettere e quindi venga chiamato il Signore, El Roi [il Dio della visione], ci deve far sospettare trattarsi di El-Shaddaï medesimo, il Dio di Abramo, e non semplicemente di un angelo messaggero.
Per trovare i primi angeli incontestabilmente riconoscibili quali sono stati codificati dalla tradizione, ossia in veste di messaggeri divini, è necessario arrivare all'episodio della distruzione di Sodoma: "Sul far della sera, intanto, due angeli arrivarono a Sodoma...". Da qui in poi inizia una lunga teoria di angeli posti al servizio di Dio, ma è andato comunque perduto il racconto dell'origine degli angeli o, in altre parole, non è specificato quando e come questi "figli di Dio" sono stati creati.
Al contrario gli Apocrifi sono decisamente più chiari e illuminanti per quanto concerne sia la creazione degli angeli che per quanto riguarda le loro specifiche funzioni.
Questi testi, che mediamente appartengono all'età post-esilica. indicano chiaramente che quanto in precedenza v'era nella Bibbia di implicitamente preso a prestito dalla grande tradizione mesopotamica ora diventa pienamente esplicito. In altre parole gli aspetti oscuri della Bibbia canonica, su cui l'ermeneutica ha spesso dovuto scontrarsi con l'ortodossia, con il risultato di salvare l'unità ideologica al prezzo del tradimento dell'effettivo percorso storico, divengono estremamente più comprensibili se confrontati con Ezra, i Giubilei, Enoc e i Testamenti dei XII Patriarchi.
Incominciamo dal Libro dei Giubilei: "E l'angelus faciei, in conformità all'ordine del Signore, disse a Mosè: “Scrivi tutte le cose della creazione, in qual modo il Signore Iddio compì in sei giorni tutta la sua creazione e nel settimo giorno si riposò, lo santificò per tutti i secoli e lo pose a segno di tutta la sua opera. Scrivi che nel primo giorno creò i cieli che sono in alto, la terra, le acque ed ogni spirito che serviva al suo cospetto, gli angeli faciei, gli angeli della santità, gli angeli dello spirito del fuoco e quelli dello spirito del vento, delle nuvole per la tenebra, la grandine e la neve, gli angeli degli abissi, dei tuoni e dei fulmini; gli angeli degli spiriti del gelo, del forte calore, della stagione delle piogge, della primavera, dell'estate e dell'autunno, e tutti gli spiriti delle sue creature che sono in cielo, in terra e in tutti gli abissi, nella tenebra, nella luce, nell'alba e nella sera, i quali Egli preparò con la sapienza del Suo cuore. E allora quando vedemmo la Sua opera, lo benedicemmo e lo magnificammo in Sua presenza, per tutte le Sue opere dato che nel primo giorno aveva fatto sette grandi opere" (Giubilei II, 1-3).
In questa versione gli "angeli" hanno un posto preminente fra le sette grandi opere del primo giorno della creazione: cielo, terra, acque, spiriti, abissi, luce e tenebra. Mentre le altre opere sono solo citate, gli spiriti sono anche specificati e catalogati con cura: gli angeli che stanno di fronte al Signore e i santi che fanno parte dell'assemblea dei cieli, quindi le potenze o forze naturali, infine gli spiriti delle creature, le anime o soffio vitale.
A prima vista si potrebbe pensare che questi termini: angeli, potenze, spiriti, figli di Dio e santi siano sinonimi e tutti rimandino all'ebraico "mal'âkh". In parte è vero, ma bisogna subito avvertire che il greco "angelos" è monosemico e quindi limitativo della polisemicità di "mal'âkh". Le possibili azioni espresse dal termine ebraico sono estremamente diversificate e non si limitano solo al "portare messaggi", ma anche ad altre attività occasionali quali il guidare un viaggiatore, vincere un'armata nemica, trasmettere ambasciate, informare Dio di quel che avviene tra gli uomini, o ad attività permanenti quali il vegliare sull'ordine degli astri o sul comportamento del popolo. In ogni caso "mal'âkh" indica sempre un'azione compiuta esteriormente all'iniziativa dell'agente. Le molte attività che troviamo svolte dagli angeli sono sempre direttamente volute ed ordinate da Dio ed essi si limitano ad obbedire con assoluto rigore ai suoi comandi. Essi sono portavoce, ambasciatori, guerrieri, guide, ispettori, interpreti, messaggeri, ministri, guaritori, vendicatori, guardiani, portinai, psicopompi, scribi, testimoni, informatori, teofori, intercessori, interpreti, guaritori ecc... I geni tutelari babilonesi, il daimon platonico, gli ahura zoroastriani sono intermediari fra Dio e l'uomo, ma il mal'âkh ebraico è anche qualcosa di più e di diverso: la sua azione è sia nella storia che fuori dalla storia, il suo campo di attività è rivolto sia verso gli uomini che all'intero ordine cosmico. In quest'ultima prospettiva la loro sfera d'interesse è del tutto tipica ed appartiene all'universo cosmologico più che a quello storico.
Il racconto enochiano della caduta degli angeli ribelli è al riguardo molto chiaro. La discesa degli Angeli Vigilanti (i cui nomi rimandano inequivocabilmente a elementi fondamentali dell'astrologia e della meteorologia caldea) provoca tutta una serie di gravissime infrazioni all'ordine cosmico, a quello liturgico e militare, a quello storico-sociale ed a quello spirituale. L'armata dei Vigilanti che si stacca dal cielo è un chiaro riferimento ad una catastrofe siderale in cui è violata la cinematica dello Zodiaco (in Enoc XXI. 6 si assiste alla visione di sette montagne ardenti nel fuoco del caos ed è chiaramente spiegato dall'arcangelo Uriele che si tratta degli astri che hanno disobbedito lasciando "il loro posto" ed ora, in numero di sette erranti, debbono consumare la maledizione fino al termine del tempo in cui sorgerà il Nuovo Cielo). Al riguardo l'Ecclesiastico recita: "Esse [le armate celesti, il concerto armonico delle stelle] non abbandonano mai il loro posto, nessuna ostacola il proprio vicino e mai disobbediscono alla sua parola" (Sir. 16. 27 ). E qui il pensiero va al frammento 94 di Eraclito: "... neppure il sole oltrepasserà mai i limiti che gli sono concessi".
Analoga è l'infrazione all'ordine liturgico e militare: quello "sacerdotale" della funzione vigilatrice del corretto svolgersi del rito che si trasforma nel suo contrario e quello altrettanto grave della diserzione delle armate. Ancor più profondo è l'intervento sul piano storico-sociale: i Vigilanti insegnano le arti magiche e le tecniche introducendo gli uomini ad una funzione demiurgica loro vietata. La nascita dei Giganti allude poi ad un disastro demografico e genetico di immense proporzioni. Ma quel che è del tutto inaccettabile da Dio, quello che fa sì che "le anime dei morti gridano implorano fino alla porta del Cielo e il loro lamento è salito e non possono salvarsi dal male che si compie sulla terra" (Enoc IX, 10) sta nell'infrazione del fondamentale ordine spirituale: gli esseri puri e santi (gli angeli) cui è demandata la salvezza degli uomini ("naturalmente" inclini al male) rovesciano la loro funzione e portano l'impurità sulla terra. Essi, puri spiriti, rinunciano alla loro prerogativa e si accoppiano carnalmente con le donne ed i loro figli "bastardi", si cibano del sangue e si trasformano in mangiatori di anime. Il rovesciamento dell'ordine è quindi totale.
Accolte le suppliche delle anime dei morti, i quattro arcangeli combattenti,Michele, Gabriele, Raffaele e Uriele chiamano l'Altissimo a giudicare le azioni dei Vigilanti. Il Signore manda allora Uriele, ad avvertire Noè, unico ad aver trovato grazia presso Dio, incarica Raffaele di incatenare e gettare nelle tenebre Azazel e porre sopra di lui un sigillo fino al giorno del giudizio, quando sarà definitivamente precipitato nel fuoco (cfr. Apoc. di Giov. 20, 1-3), ordina a Gabriele di scatenare i Giganti l'un contro l'altro e che a loro sia negata la vita eterna (le loro anime resteranno sulla terra in funzione di demoni tentatori e portatori di sventure), comanda a Michele di imprigionare Semeyaza, il capo della rivolta, con tutti gli altri angeli ribelli fino al giorno dell'eterna condanna.
Ma dove vengono imprigionati i ribelli affinché scontino l'eterna condanna? Enoc è chiarissimo e lo ripete in diversi luoghi: "E l’Angelo mi disse: Questo è il luogo della fine del cielo e della terra. E la prigione delle stelle del cielo e dell'esercito celeste. Le stelle che si rotolano sul fuoco, e queste sono quelle che hanno trasgredito l'ordine del Signore fin prima del loro sorgere perché non sono arrivate al tempo stabilito per loro. E il Signore si è adirato contro di esse e le ha imprigionate fino alla fine del loro peccato nell'anno del mistero" (Enoc, 18. 14-16).
Ma di quale trasgressione effettivamente si tratta? Sembra ragionevole supporre trattarsi di un'infrazione all'ordine cosmico. Il più antico frammento aramaico enochiano, venuto alla luce nel 1952 nella grotta 4 di Qumràn, recita: "Considera tutta la creazione, osserva l'opera dei cieli e gli astri che mai mutano le loro vie e ciascuno è visibile al suo posto e giammai trasgredisce l'ordine fissato.... Voi invece avete cambiato la vostra opera ed avete trasgredito la sua volontà" (4 Qu En c-a I I -V).
In altre parole è stato infranto l'ordine cosmico e ciò ha portato con sé tutta una serie di conseguenze di cui non ultima il rimbalzo di tale deregolazione sul piano storico. Interessante è notare come in aramaico il senso primario del termine che noi abbiamo tradotto con "il loro posto" indichi esattamente la posizione di un astro in rapporto con lo Zodiaco e quindi stia anche per destino.
Per una teoria antichissima che indica nel rapporto fra la sfera degli astri e la terra un immenso ologramma di relazioni interdipendenti, è evidente che l'infrazione avvenuta nel cielo ha avuto come suo effetto la discesa del Male sulla Terra. Questo risolveva il più spinoso dei paradossi della teodicea ebraica, ossia: se Dio è onnipotente ha creato anche il male, ma se Dio è infinitamente buono ed ama il suo popolo non può aver fatto sì che il male scendesse sulla Terra. La responsabilità di questo evento è tutta addebitabile agli Angeli Vigilanti, così come le sconfitte del popolo di Israele da parte degli dei stranieri non sono il limite della forza di Yhwe, ma risultato di punizione per i peccati del popolo.
A questo punto si tratta di riandare a quella che è la più grave delle infrazioni al Patto: il rendere culto al altri all'infuori dell'Unico Dio. "Quando tu alzerai gli occhi al cielo, quando tu vedrai il sole, la luna, le stelle e tutte le armate celesti non ti lasciare andare a prosternarti davanti a queste e a servirle" (Deut. 4.19). Yhwe è un Dio geloso e l'Alleanza non concede che il suo popolo adori gli astri, ossia gli dei delle nazioni straniere. Ma così come il suo popolo è di dura cervice e non comprende il senso del Patto, anche le armate celesti, i figli di Dio non trovano piena fiducia agli occhi dell'Altissimo: "Come può essere giusto il nato di donna? Negli Esseri Santi Egli non ripone fiducia e neppure i cieli sono puri ai suoi occhi" (Giob. XV, 15).
A coloro che di diritto fanno parte della Grande Assemblea, riuniti sui monte che porta appunto tale nome, El-Shaddaï, l'Altissimo ricorda che solo Lui è il vero Dio; essi, invece, sono dei per le nazioni pagane e pur essendo suoi figli, santi e angeli, la loro purezza non è mai sicura: "Ecco - si legge in Giobbe - nei suoi angeli Egli non ha fiducia e nei suoi santi trova difetto".
Un'ipotesi di lavoro, per finire: il Dio che ha creato l'universo ex-nihilo si trova di fronte ad un ordine "meccanico" che non può essere infranto se non quando alla materia insuffla lo spirito. Il destino dell'anima è quello della libertà e quindi della possibilità di scegliere l'errore.
Uno scontro insomma fra due sistemi di pensiero: il materialismo che consentirebbe assolutamente l'ordine e lo spiritualismo che lo può sempre infrangere.
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