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Questo breve articolo si prefigge, cautamente e modestamente, di apportare un qualche contributo all’intelligibilità di un dibattito storiografico ed ermeneutico ormai di antica e consolidata fama. Se nessuno storico ufficiale e nessun cultore ufficioso della materia, contesterà mai seriamente il back-ground ermetico-gnostico delle teorie e delle pratiche alchemiche, è altrettanto vero che, sul senso, la portata e l’estensione di tale retroterra-fondamento, regna sovrana - e da diverso tempo - una certa qual velenosa discordia. Per ovvi limiti di spazio non si tenterà affatto, in questa sede, una precisa messa a fuoco filologica della letteratura cosiddetta ermetica o gnostica di epoca ellenistica e proto-cristiana. Piuttosto, come iniziale viatico a successive esplorazioni interpretative, si mostrerà un peculiare angolo visuale da cui, nel corso degli ultimi centocinquanta anni, si è ritenuto di dover affrontare la questione. E la questione è: l’alchimia è una disciplina autonoma, distinguibile e irriducibile rispetto alla tradizione ermetica, di cui pure condivide, lato sensu, la complessiva Weltanschauung, oppure essa costituisce propriamente la pars activa, realizzativa, delle teorie insegnate nei testi del cosiddetto Corpus Hermeticum? Il particolare angolo visuale su cui soffermeremo l’attenzione è invece quello dell’erudizione di matrice sedicente esoterica, in possesso di presunte chiavi di lettura privilegiate per spiegare i segreti operativi nascosti tra le pieghe della simbologia alchemica. Ciò che tenteremo di sottolineare è che, proprio ripercorrendo il filo rosso della ermeneutica di estrazione esoterico-iniziatica, dalla metà del XIX secolo a tempi recentissimi, scopriremo, innanzitutto, il delinearsi di due grandi linee interpretative, alternative fra loro e irrimediabilmente antagoniste. Intanto, onde aiutare il lettore eventualmente sprovvisto di chiari punti di riferimento storico-culturali e categoriali per ciò che riguarda le entità storiografiche appena tirate in ballo, sarà opportuno osservare quanto segue: solitamente (vale a dire, per la maggior parte degli specialisti) per Ermetismo delle origini si intende un sistema dottrinario fondato su documenti testuali pseudoepigrafi composti tra il III sec. a.c. e il III sec. d.c. redatti in greco, ma pervenutici talvolta solo in traduzione latina, copta, armena. Tali scritti vengono attribuiti alla mitica figura di Ermete Trismegisto (il tre volte grandissimo), divinità derivante dalla fusione, nell’ambito del sincretismo ellenistico, tra il dio egizio Thoth - patrono della scrittura, della legge e della magia - e il dio ellenico Hermes - a sua volta patrono della scrittura e celeste messaggero di Zeus, capace di operare nel trimundio, cielo, terra e inferi. Inoltre, solitamente si tende a distinguere tra questo ermetismo tardo-antico e quello sviluppatosi in periodo rinascimentale e moderno, arricchito e trasformato da altre sotto-correnti della tradizione esoterica: Alchimia, Qabalah e occultismi vari. In realtà, sottoscrivere questo giudizio, questa ipotesi di una eterogeneità tra l’ermetismo originario e quello causato dagli sforzi dei sincretisti neoplatonizzanti del Rinascimento (Marsilio Ficino, Giovanni Pico della Mirandola e Cornelio Agrippa di Nettesheim, soprattutto) significa, automaticamente, dichiarare una precisa percezione dei rapporti relativi tra tradizione alchemica e tradizione ermetica. Così, secondo una linea interpretativa che riesce a far concordare inaspettatamente divergenti scuole storiografiche, l’alchimia post-rinascimentale abbandona - nella maggioranza dei casi - il contatto diretto con la materia e le trasformazioni chimiche delle sostanze, per convertirsi in tecnica mistico spiritualistica d’intonazione ermetica, gnostica e cabalistica. Per converso, l’ermetismo ripensa se stesso, reinterpretandosi come coincidente con la pars theoretica generale di ogni operatività esoterica occidentale e, in particolar modo, come perfetto sinonimo di quella famosa e misteriosa ars regia, da sempre ritenuta rivelata e istituita dal dio Hermes. Tutto ciò determinando, sia per gli storici positivisti della scienza chimica del XIX sec., che per i loro epigoni del XX sec., per C.G. Jung e per gran parte della storiografia da lui parzialmente influenzata e infine per la maggioranza schiacciante dei contributi specialistici più recenti e aggiornati, un indebito allargamento della categoria storica ermetismo e un altrettanto illecito riduzionismo della genuina ars aurifera, da scienza ingenua, ma assai feconda, delle trasformazioni materiali, ad uno spiritualismo mistico-occultista; talora raccontato come originale e culturalmente intrigante, talaltra visto come decontestualizzato e fuorviante. Alchimia feconda, naturalmente, per diversi motivi e sotto differenti angoli visuali.
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