È sempre esistito un fascino per il numero, fascino che ha certamente influenzato in modo notevole le menti più evolute di ogni tempo. La tavola è opera d'ingegno del Carissimo Fratello Carlo F. ed il suo contenuto non riflette di necessità la posizione della Loggia o del G.O.I. Ogni diritto gli è riconosciuto.
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È sempre esistito un fascino per il numero, fascino che ha certamente influenzato in modo notevole le menti più evolute di ogni tempo. Si sostiene che al tempo di Omero non si sapesse contare: i Ciclopi usavano, per contare le pecore, il rudimentale sistema dei sassolini mettendo in una borsa un sassolino per ogni pecora che usciva al pascolo e tirandone fuori uno per ogni pecora rientrata; se alla fine rimanevano sassolini nella bisaccia si andava alla ricerca delle smarrite. E proprio partendo da pochi sassolini si arrivò successivamente a costruire l'edificio numerico: dall'abitudine di usare le pietruzze (dette in greco calculi) per segnare le unità ed i numeri, è venuto al computo aritmetico il nome di calcolo. I Greci, come gli Ebrei, abbinavano i numeri alle lettere dell'alfabeto. Ad es. il delta rappresenta il 4, l'alfa è l'1. In tempi successivi gli Arabi crearono l'attuale sistema numerico posizionale a base dieci, tanto semplice quanto pratico: però la matematica restò riservata per secoli e secoli a pochi iniziati quali Talete, Pitagora, Euclide, Eratostene. La moderna numerologia, studiando i rapporti fra l'individuo ed il numero, si dedica alla ricerca delle influenze vibratorie dei numeri nei riguardi di ognuno: essa trova la propria radice nello studio della Qabalah che ha avuto certamente in Mosè il primo Maestro. Dalla Qabalah di pura tradizione Ebraica si arriva alla Qabalah moderna che ha in Dante, Raimondo Lullo, Pico della Mirandola, Agrippa e Paracelso gli esponenti più in vista. Attualmente, nella società consumistica e dei Mass Media, i numeri sono entrati nell'ambito mentale di ognuno di noi e sono talmente compenetrati che li usiamo assai di più di quanto in realtà siano necessari.
Sembra che Talete definisse il numero «una collezione di unità», definizione che fu accettata dai Pitagorici e da Platone, e ripresa quasi con le stesse parole da Euclide. Caratteristica di tale concezione è la posizione privilegiata attribuita all'Unità (Monade) che viene a trovarsi fuori della serie dei numeri, come una entità autonoma che ha contro di sé la molteplicità. Il nome di Pitagora è gloriosamente legato a quella «metafisica dei numeri» che sta alla base non solo delle matematiche, ma anche della fisica, della cosmogonia, della religione. Egli trasformò questo studio in una forma di insegnamento liberale, investigando dall'alto i suoi principi ed indagando i suoi teoremi astrattamente ed intellettualmente: questa è l'originalità di Pitagora di fronte alla scienza degli Egizi e degli Assiro-Babilonesi. Pitagora diede importanza capitale alla legge del ternario; si può dire che essa forma la pietra angolare della scienza esoterica. Il numero non era considerato come una quantità astratta ma quale virtù intrinseca ed attiva dell'Uno Supremo: Dio, fonte della armonia universale, ha infatti per numero l'Unità, la sostanza indivisibile. La Monade perciò rappresenta l'essenza di Dio; la Diade la sua facoltà generatrice e riproduttiva; la Triade o legge del Ternario (vale a dire il mondo naturale, l'umano, il divino) è perciò la legge costitutiva delle cose e la vera chiave della vita. Pitagora attribuiva grande importanza anche al numero sette, che significava secondo lui l'unione dell'Uomo e della Divinità: era la cifra che per gli iniziati rappresentava la legge dell'evoluzione. È più che evidente il riferimento ai motivi ispiratori della dottrina esoterica Massonica. Se Pitagora è per noi molto importante avendoci insegnato il potere della musica e del numero (diceva: «i numeri contengono il segreto delle cose e Dio è l'armonia universale»), non minor importanza ha la scuola pitagorica perché essa fu il più notevole tentativo di una iniziazione laica. Quando i Pitagorici affermavano che «le cose sono numeri» volevano dire verosimilmente che intendere le cose significa delimitarle con linee, e cioè con aggruppamenti variamente configurati di punti-unità. Il numero è in questo ambito di pensiero strettamente connesso con le nozioni di ordine e di intelligibilità: ciò che non ha limite non ha numero ed è perciò incomprensibile. Platone nel Timeo presenta il demiurgo che costruisce il mondo secondo figure geometriche, numeri, proporzioni.
Con la nozione di «numero come principio di razionalità» convive tuttavia un'altra nozione, ancora più arcaica, che carica il numero di caratteri sacrali e magico-simbolici: questo filone dottrinario ha una sua storia particolare che va dalle civiltà pre-elleniche, attraverso Pitagora ed il neo-pitagorismo, fino alla Qabalah ebraica, all'alchimia, alla scolastica, alla cultura umanistico-rinascimentale ed ai suoi riecheggiamenti romantici. Su questo argomento ritornerò tra poco: a questo punto merita dire qualcosa sulla Qabalah e sulla scolastica ricordando particolarmente Dante ed i «suoi numeri sacri».
La Qabalah, che ha avuto certamente in Mosè il primo Maestro, è in sostanza un sistema metafisico e insieme mistico mediante il quale l'eletto penetrando nell'intimo significato della parola scritta può conoscere Dio e l'Universo: secondo la Qabalah le sostanze emanate dalla luce divina sono sephiroth cioè numeri. Il segreto delle Sacre Scritture sfugge a chi interpreta alla lettera il testo di questo libro che invece è fortemente simbolico: forse per questo i cabalisti sono stati considerati nel corso della storia come ingegnosi sognatori dai profani e come sublimi sapienti dagli iniziati. E che dire di Dante e della Divina Commedia? Ne è stato osservato da sempre l'uso costante del simbolismo derivato dai multipli di tre. Per la filosofia moderna, da Cartesio a Kant, da Hobbes al positivismo, il numero è invece una realtà soggettiva, un modus cogitandi secondo la espressione usata da Cartesio, indipendentemente dal fatto che l'operazione mentale che lo produce sia pensata come non dipendente dall'esperienza (Kant) o come condotta sui dati da questa offerti (empirismo, positivismo). Contro questa concezione la filosofia della matematica del XIX secolo (seconda metà) afferma vigorosamente, sulla linea di una generale polemica anti-psicologistica, «l'oggettività ideale» del numero: la matematica è tutta riconducibile alla logica e le leggi del numero sono le stesse leggi del pensiero (Frege). Non si discosta da questo orientamento anche il pensiero di Russell con la sua celebre definizione del numero come «classe delle classi simili» (dove per «classi simili» si intendono quelle per le quali sussiste una corrispondenza biunivoca fra tutti i membri di ciascuna di esse). Con la «meta-matematica» di Hilbert, di Gödel e di altri si è infine venuto affermando il concetto, condiviso oggi largamente da matematici e filosofi, della molteplicità dei sistemi numerici possibili e dell'inesistenza di sistemi privilegiati. Abbiamo prima accennato come all'epoca di Pitagora, dei Pitagorici e seguenti la «metafisica dei numeri» stesse alla base sia delle matematiche che della fisica, della cosmologia, della religione. Solo nei secoli successivi però la teoria dei numeri esce dal puro ambito matematico-geometrico ed invade il campo dell'astronomia e della teologia diventando aritmologia mistica e simbolica. Abbiamo accennato pure quale importanza abbia avuto il simbolismo dei numeri nell'opera di Dante: se questo simbolismo non è unicamente pitagorico, e se si ritrova in altre dottrine per la semplice ragione che la verità è una, è doveroso pensare che da Pitagora a Virgilio e da Virgilio a Dante la «catena della tradizione» non fu senza dubbio rotta sulla terra d'Italia (Guénon).
Anche la numerologia moderna, più scienza divinatoria che interpretativo-mistica, si riallaccia alla simbologia esoterica ed alla tradizione: essa rapporta tutti i numeri ai primi nove seguendo una tecnica che si avvicina a quella degli antichi cabalisti. Sorvolando sui numeri intellettuali e limitandomi a parlare di quelli scientifici (causa generatrice della molteplicità che procede dall'unità), la prima considerazione lapalissiana da farsi è che essi sono pari (cioè suscettibili di una infinità di divisioni in parti sempre uguali) e dispari (numeri più perfetti).
L'Unità (o numero 1) è il simbolo del Dio Creatore ed è considerato un numero fortunato. Numero primo che è pariimpari, è l'origine di tutti i numeri, è la sostanza di Dio, del Bene e dell'Intelligenza, come il punto è l'origine della linea.
Il numero due, primo numero pari, considerato infausto specie per potenti e per Re, è la sostanza del male, della discordia, dell'opinione. Plutarco dice che i discepoli di Pitagora chiamavano il due il numero della contesa e della arroganza. Come il numero 1 designava un tempo l'armonia, l'ordine o il buon principio, così il numero 2 esprimeva l'idea contraria, lo stato di contrarietà nel quale si trova la natura dove tutto è doppio: la notte ed il giorno, il bene ed il male, la luce e le tenebre, il freddo ed il caldo, l'umido ed il secco, la salute e lo stato di malattia, l'errore e la verità ecc. ecc. ecc.
Il tre è un numero filosofico e sacro: primo dei dispari riunisce in sé stesso la proprietà dei primi due numeri. Immagine dell'essere supremo, il tre è il numero della massima saggezza e della perfetta armonia, della abbondanza e della fertilità: esso denota la compiutezza del reale in quanto ha «principio, mezzo, fine». Un oracolo di Zoroastro diceva: «il numero tre regna dovunque nell'Universo, e la Monade è il suo principio». La rappresentazione del 3 nella tradizione esoterica è il Triangolo: con la punta verso l'alto rappresenta il fuoco, la potenza celeste ed è il simbolo della Perfezione Spirituale; con la punta verso il basso rappresenta il materialismo e significa l'acqua e le schiere infernali. Facendo riferimento alla nostra comunione, come ben sapete non vi sono che tre gradi essenziali presso la Massoneria i quali venerano, nel Triangolo, il più augusto mistero oggetto dei loro studi, quello del Ternario Sacro. Infatti: a) il primo lato del triangolo, offerto allo studio dell'Apprendista, è il regno minerale simbolizzato da Tubalc. b) il secondo lato, che deve meditare il Compagno, è il regno vegetale simbolizzato da Schibb (spiga). c) il terzo lato, il cui studio concerne il regno animale e completa l'istruzione del Maestro, è simbolizzato da Macben (figlio della putrefazione).
Nella tradizione mistico-religiosa il triangolo, la prima figura regolarmente perfetta, è servita e serve ancora a caratterizzare l'Eterno che è infinitamente perfetto per sua natura. Ho detto «è servita a caratterizzare l'Eterno»: infatti già nella Teologia Indiana ricorreva la Trimurti, trilogia filiale composta da Brama, Siva, Visnù personificata nel mondo delle idee da Creazione, Conservazione, Distruzione e nel mondo dei fatti da Terra, Acqua, Fuoco. Ed ancora: una delle dottrine di Manes era la Trinità Gnostica (un Dio e due principi: il buono ed il cattivo). Ed infine: la trinità Cristiana rappresentata da un Dio in tre persone, vale a dire un Dio che è simbolizzato da una triplice persona (1): creatore, animatore, conservatore; Padre, Figlio, Spirito Santo.
Il numero quattro è il simbolo di ciò che è materiale, concreto, solido. Uno dei simboli più occulti del quattro è la pietra cubica (31= 3+1). Come simbolo del principio eterno e creatore, Pitagora comunicava ai suoi discepoli, sotto la denominazione di quaternario, il nome ineffabile di Dio (che in ebraico è di quattro lettere = Yud - He - Waw - He). È proprio nel quaternario che si trova la prima figura solida, simbolo universale della immortalità: la piramide.
Il numero cinque è il simbolo della vita: mentre tutto ciò che è privo di vita (come i cristalli) è formato da strutture cubiche, esagonali, romboidali, ciò che è animato (animali, vegetali, uomo) contiene una struttura pentenaria, figura fra le più difficili da costruire anche nella geometria piana. Inoltre il cinque è un numero particolarmente misterioso, dotato di potere magico. Composto del binario (simbolo di ciò che è falso e dubbio) e del ternario (così interessante nei suoi significati) il cinque esprime lo stato d'imperfezione: di ordine e di disordine; di felicità e di sventura; di vita e di morte. E ancora: il cinque, sotto un rapporto diverso, era l'emblema del matrimonio poiché esso è composto dal due (primo numero pari) e dal tre (primo numero dispari). Questo numero era non meno importante nella tradizione esoterica: basti pensare alle piramidi formate da quattro angoli alla base e da un quinto angolo al vertice. Ed infine il cinque offre una delle proprietà del numero nove, quella di riprodursi moltiplicandosi per sé stesso: viene sempre un 5 alla destra del prodotto, risultato che lo faceva usare come simbolo delle vicende materiali.
Il numero sei era considerato il simbolo della bellezza, dell'amore e della perfezione sulla terra: era dagli antichi consacrato a Venere. Il sei è la somma di due tre, e dei due triangoli (quello materiale e quello spirituale) da cui si forma la stella a sei punte. Dio ha creato il mondo in sei giorni e proprio nel sesto ha creato l'uomo. Presso gli antichi popoli il sei era il simbolo del globo terrestre animato da uno spirito divino, mentre i saggi attribuivano il senario all'uomo fisico. Infine nei misteri antichi questo numero era un emblema molto importante della natura in quanto offriva le sei dimensioni di tutti i corpi, le sei linee che ne compongono la forma: le quattro linee di direzione verso il Nord, il Mezzogiorno, l'Oriente, l'Occidente, e le due linee di altezza e profondità rispondenti allo Zenit e al Nadir.
Il numero sette, considerato particolarmente benefico, appartiene alle cose sacre ed è simbolo di perfezione e di saggezza. Il sette ha avuto un valore simbolico nelle civiltà più diverse. Tutte le divisioni per sette menzionate nell'Apocalisse e in tutti gli altri libri sacri, anche Indiani, provano a sufficienza che il numero sette giocava un ruolo importantissimo nei misteri e nelle religioni antiche: essi esaltavano le proprietà del sette come aventi sottintesa la perfezione dell'Unità, che è il numero dei numeri. Il sette presso gli Egizi simboleggiava la vita. A proposito di questo numero fra la moltitudine di esempi disponibili scegliamo - in tema di iatricia o arte di guarire - un trattato inserito tra le opere di Ippocrate (460 a. C.) che sviluppava il concetto secondo cui il sette ed i suoi multipli avrebbero un significato di crisi nella vita degli individui e nel decorso delle malattie.
Il numero otto simbolizza la perfezione: la sua figura 8 oppure oo indica il movimento perpetuo e regolare dell'Universo. Considerato dotato di grande potere dagli Antichi, questo numero designava la legge naturale e primitiva, che supponeva tutti gli uomini uguali. L'ogdoade gnostica aveva otto stelle che equivalevano agli otto cabiri di Samotracia, agli otto principi Egiziani e Fenici, agli otto Dei di Senocrate, agli otto angoli della pietra cubica. Pitagora ed i suoi discepoli chiamavano l'otto il numero della giustizia e della completezza. Esso rappresenta il diritto di accedere alla conoscenza, ma solo quando è formato da un quadrato e da un cerchio riuniti con una diagonale perché così diventano indeformabili. Otto sono le benedizioni dei beati; otto sono le pene inflitte ai dannati; otto i paramenti sacerdotali.
Il numero nove, simbolo del l'idealismo e della nobiltà dei sentimenti, era consacrato alle Sfere ed alle Muse. Se il numero tre è stato celebrato presso i Saggi primitivi, quello del «3 volte 3» non lo è stato meno; infatti ciascuno dei tre elementi che costituiscono il nostro corpo è ternario: l'acqua (limitata dalla terra e dal fuoco); la Terra (che contiene particelle ignee e acquose); il Fuoco (temperato dai globuli d'acqua e dai corpuscoli terrestri che gli servono di alimento). La rappresentazione grafica del 9 è una successione di tre triangoli: il materiale, lo spirituale, il materiale superiore. Questo numero è inoltre il segno di ogni circonferenza poiché il suo valore in gradi è uguale a 9, vale a dire 3+6+0. Anche presso i Pitagorici ogni linea curva aveva per segno rappresentativo il numero nove: essi avevano osservato la proprietà che possiede questo numero di riprodurre senza posa se medesimo e per intero in ogni moltiplicazione (simbolo della materia che si ricompone senza posa ai nostri occhi dopo aver subito mille e mille decomposizioni). Nove sono le Muse; nove gli Dei Etruschi; nove quelli Sabini; nove i cori degli Angeli e nove gli Angeli che dominano i cieli. Secondo i Cabalisti il nove simboleggiava l'opera generatrice; invece presso gli Antichi era considerato di cattivo presagio come simbolo di leggerezza, di cambiamento e come emblema della fragilità delle cose umane. Aggiungendo un tre al nove abbiamo il numero 12: sebbene Pitagora non ne parli affatto, esso nondimeno era un numero sacro, simbolo della perfezione totale, numero che si ritrova nei monumenti religiosi di tutti i popoli del mondo antico fin nell'estremo Oriente. Esso è infatti l'immagine dello Zodiaco (e per conseguenza quella del sole), degli Apostoli, dei mesi dell'anno, delle città dell'Etruria. Su di esso lo steineriano Lamberto Caffarelli fondava la musica dodecafonica.
Il numero dieci, chiamato «cielo», è perfezione e consumazione di tutte le cose: contenendo tutte le relazioni numeriche ed armoniche, e tutte le prerogative dei numeri che lo precedono (il numero 10 era chiamato «tetractys» perché 1+2+3+4 = 10), esso termina l'abaco o tavola pitagorica (2). Questo numero era per i saggi un segno di concordanza, di amore, di pace. Anche per i Massoni esso era ed è segno di unione e di buona fede, e si trova espresso nella «presa da Maestro» con la congiunzione di due mani (quindi di 10 dita). Presso le società misteriosofiche il 10 raffigurava la riunione di tutte le meraviglie dell'universo.
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I saggi dell'antichità erano d'accordo nel riconoscere una causa prima ed unica dell'esistenza dell'Universo: da ciò l'Unità è divenuta il simbolo della Divinità Suprema; così come nella dottrina pitagorica il sistema dei numeri risolveva il problema della cosmogonia basandosi sul fatto che questo sistema esprimeva non solo delle qualità aritmetiche ma anche ogni grandezza ed ogni proporzione. Per mezzo suo si doveva arrivare alla scoperta del principio delle cose, a ciò che oggi si chiamerebbe l'Assoluto, principio di vita non conosciuto nella sua essenza ma manifesto nei suoi effetti. Uno degli aspetti della deviazione moderna, negatrice dell'intellettualismo, consiste nell'aver fatto confusione fra tradizione e mondo di oggi, fra conoscenza e illusione del sapere scientifico, e soprattutto nell'aver minimizzato e rigettato all'ultimo piano ogni insegnamento dottrinale tradizionale, facendo invece posto a tutto ciò che viene definito «laico» inteso però nel senso non di laicismo ma di laicità, di quella laicità che secondo alcuni ha la pretesa di chiamarsi iniziatica ma che in realtà è ben lungi dal fondarsi sulla conoscenza iniziatica. E che si sia effettivamente perduto di vista il significato iniziatico delle cose lo dimostra il fatto che la maggior parte dei segni tanto espressivi presso le Società Iniziatiche dell'Antichità sono oggi divenuti quasi insignificanti.
E non solo per i numeri, ma analogo discorso lo si potrebbe fare a proposito dei caratteri della scrittura. È vero che la scrittura sarà sempre indietro alla parola che essa esprime senza dipingerla, così come la parola resterà indietro al pensiero che essa non esprimerà mai completamente perché nel pensiero vi è qualcosa d'inesprimibile; però se si potesse perfezionare l'antica scrittura, che figurava le idee invece dei suoni, una figura rappresenterebbe un suono per l'orecchio ma un'idea per l'intelligenza e ne risulterebbe - come per i numeri - una lingua universale comprensibile a tutti i popoli. Così facendo basterebbe saper leggere per comprendere tutte le lingue allo stesso modo delle cifre aritmetiche. Pertanto, noi siamo veramente convinti che l'organicità e la logicità profonda dei simboli iniziatici - quali essi siano, numeri compresi risieda in quel loro tradurre in modo sensibile, in quel loro «spiegare» e illustrare quelle zone dell'essere alle quali non sa protendersi lo sguardo limitato dell'uomo decaduto: riscoprirle non è operazione posticcia o commento estrinseco ma è assimilazione e spiegazione di tutta l'armoniosa rispondenza del simbolo con l'ordine interiore. Perciò o noi aderiamo alle forme tradizionali in generale ed a quelle esoterico-iniziatiche in particolare, le quali sono indispensabili anche all'uomo moderno come presupposto sacrosanto per percorrere davvero il cammino verso la realizzazione di ciò che è al di là di esse forme (come ben sapevano i Maestri della Antica Massoneria Operativa); oppure non sfuggiremo alla sorte di essere ridotti e assimilati a quello che Guénon chiama «l'uomo del volgo» al quale - dice sempre Guénon - «si può soltanto chiedere di credere quanto non è capace di comprendere, perché è questo il solo mezzo per farlo partecipare alla dottrina nella misura delle sue possibilità». E questo è maggiormente vero e sentito nelle presenti circostanze e nelle attuali difficoltà storiche, a motivo delle quali tutto ciò che doveva rappresentare in Occidente l'aspetto religioso della tradizione è decaduto in modo tale da non servire più - o quasi - quale adeguata base exoterica per una via iniziatica.
La seconda considerazione si riferisce alle cosiddette «necessità anticonformistiche» dell'uomo moderno. Le necessità dell'uomo moderno, ben lungi dal fondarsi sulla conoscenza iniziatica, sono ormai tali da esigere l'appellativo categorico di «super» applicato a qualsiasi prodotto che voglia porsi al di sopra del normale, a tal punto che probabilmente fra non molto diverrà tutto super e si arriverà inevitabilmente ad applicare questo termine anche nei domini più impensati: si parlerà quindi di supermetafisica, superinfinito, supermagia, e - perché no? - supertradizione iniziatica. L'interpretazione materialistica della vita e dell'universo è oggi uno degli aspetti del Male, di quel male che è una triste caratteristica di gran parte della nostra Società. Il materialismo, sia che sorga spontaneo in popoli anche civili sia che si insedi nelle coscienze come legittima reazione ad aspetti fallaci e deteriori di situazioni contingenti, ha sempre avuto come oggetto la persecuzione di tutte le forme aristocratiche del sapere. I Magi, gli Alchimisti, gli Astrologi ed i loro Collegi Iniziatici furono e sono sempre stati combattuti. Oggi l'umanità si gloria di camminare di scoperta in scoperta ma non si accorge che essa non fa altro che ritrovare o riacquistare ciò che sapeva già ben 3-4 mila anni fa ma che aveva perduto a seguito di devastazioni, stragi, incendi, guerre. L'umanità di oggi non sa che non vi sono termini di vita o di morte nel vero senso della parola ma solamente perpetue trasformazioni. L'umanità non si accorge della «grande ombra storica che domina sopra tutto e tutti» e del grande velo di silenzio che si sta stendendo, quale maledizione Karmica, su quasi tutti i popoli del nostro pianeta. L'umanità deve sapere che ha tutto da imparare nuovamente per quel che riguarda la vera vita, la «vita interiore». Solo dai simboli, dalle parole magiche, dai numeri sacri - verità eterne, queste, che trasmesseci dai dotti Sacerdoti e dagli Antichi Maestri sono alla base dell'Ermetismo, dell'Alchimia, della Tradizione Segreta - solo da questi simboli promanano ancor oggi torrenti continui di forze energetiche che alimentano ininterrottamente ed inavvertitamente la fiammella divina che è in ciascuno di noi e che, volenti o nolenti, ci trascina in un lungo viaggio ciclico teso al ritorno verso ciò che è la nostra meta, verso la perfezione. E che cosa meglio della Tradizione Segreta, custodita dalla Massoneria Occulta, ci può far conoscere tutto questo materiale ricco di luce, di contenuto, di forza? Anche il numero può essere soggetto e nel contempo oggetto di meditazione. Proprio per questo la Libera Muratoria ancor oggi comprende - nel suo patrimonio simbolico - anche il numero sacro reso operante dalla ritualità. Il continuo parallelismo simbolico del Tempio e dei lavori di Loggia deve determinare nell'attento Libero Muratore un lavorio mentale per la loro interpretazione nelle immediate e mediate significanze. Questa interpretazione, che costituisce una efficace scuola di perfezionamento dello spirito, può permettere di raggiungere, per mezzo della meditazione, quella verità che in generale la parola e lo scritto non riescono a rendere evidenti.
1 - Il termine «persona» deriverebbe dalla contrazione di: perfectae sonans = affermazione del perfetto. 2 - Nella numerazione Cinese il 10 è rappresentato dalla Croce (come anche la cifra Romana X non è che la Croce disposta diversamente): riferimento alla relazione esistente tra il denario ed il quaternario, raffigurata pure dalla tetractys Pitagorica.
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