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L'antichità
classica conosceva l'opera oscura di un pensiero che sottende le
manifestazioni creatrici, specie quelle artistiche e letterarie,
dello spirito umano.
Tale attività, non discorsiva, prelogica, irrazionale, veniva di
solito attribuita ai poteri di qualche divinità. Basterebbe
ricordare le nove Muse del Parnaso, ispiratrici di varie e
precisate attività artistiche e culturali, per convincerci che
l'intervento divino di cui si tratta, era stato, dagli antichi,
addirittura sistematizzato e, per così dire, canonizzato.
Invero, quella «spiegazione» era tutt'altro che superficiale,
ove si consideri che gli dei, per i misteri classici, non erano
che i volti esterni dei poteri profondi, interiori: cioè i numi
che operano invisibili nel macro e nel microcosmo.
E se
Plotino
aveva potuto scrivere: «L'uomo come sta rispetto al tutto? Come
una parte? No. Come un intero che appartiene a se stesso» — di
conseguenza aveva riconosciuto che il fondo del nostro essere è
intessuto di pensiero puro, spontaneo, incosciente, e che a tale
pensiero la coscienza non é necessaria appunto perché l'anima,
nella sua profondità, non si é mai staccata dal grembo
dell'Anima Universale.
Tuttavia, questa visuale non può, dalla scienza moderna, essere
resa nei termini accennati, poiché é da dire che l'Anima
attuale, se non é da ritenersi divelta, é da considerarsi
periferica, cioè enormemente allontanata dal suo Centro
superiore.
Per riguadagnare i termini di paragone atti a formulare una
spiegazione accettabile del problema, é necessario compiere
un'opera discriminativa, onde identificare gli Enti interessati
e ricollocarli nella opportuna prospettiva. È il secolare
accidentato itinerario ideale che bisogna ripercorrere, partendo
da Omero (primo verso della Iliade) per giungere sino alla
psicoanalisi la quale, introducendo il concetto di inconscio, ha
consentito di ritornare a indagare su quell'ardua materia, dal
punto di vista metafisico, con l'adozione di un discorso
ridivenuto intelligibile.
È interessante constatare che l'area di azione del pensiero
oscuro risulta ora notevolmente accresciuta. Gli enti produttori
non sono più soltanto i numi, ma anche i demoni e i semi-demoni;
vediamo inoltre che non solo le arti e le lettere investite dal
soffio ispirativo, ma anche le scienze esatte fisico-matematiche
ritenute esclusivo dominio del pensiero logico e riflessivo.
In proposito risultano chiarificatrici le idee espresse da
Goethe, nei suoi colloqui con Eckermann, in merito a quel potere
che egli chiama il «Demonico».
È una energia, dice Goethe, che sfugge ad ogni determinazione
razionale, qualcosa che non è divino perché é irrazionale, non è
umano perché non ha intelligenza lucida, non é diabolico perché
spesso é benefico, non é angelico perché è spesso malefico.
Agisce con una certa continuità, perciò ha del provvidenziale,
ma non ha coerenza logica. È una forza che non si muove sul
piano di ciò che è o che può essere, ma crea ciò che non é, e
che, non essendo ancora, appare impossibile: crea realtà. Esso
si insinua tra gli esseri e li separa e li combina e li amalgama
a modo suo. (La rappresentazione del «Mercurio doppio»
alchemico, non potrebbe risultare più riuscita!).
Le sole idee chiare, continua Goethe, non servono a nulla, la
fecondità è nella forza oscura del Demonico. Abbandonarsi alla
cieca forza demonica, non si deve, ma utilizzarla, illuminarla e
farne il momento attivo di una saggezza operosa e feconda,
questa è la condotta di un vero uomo.
Anche il poeta della «Laus Vitae» ha trattato più volte
dell'oscuro pensiero creatore, basti citare in proposito due
suoi versi lampeggianti pur nella densità: «Più ragione vi è nel
mio / corpo valido che in ogni dottrina». Qui davvero il grande
pescarese sembra adombrare la visuale delle Upanishad per cui
tutto l'Universo, cioè i mille stati macro e micro-cosmici sono,
letteralmente, le manifestazioni dei pensieri dell'ATMA, che
ovviamente sovrastano ogni dottrina umana.
Oggi, con le continue e susseguenti indagini sull'inconscio, il
quale non è certo da considerarsi come un «dimenticatoio» né
tanto meno un «ripostiglio di cascami psichici» bensì una
«importantissima istanza psichica», si sono moltiplicati gli
studi e le pubblicazioni sul nostro argomento, con speciale
attinenza al pensiero oscuro ispiratore delle scoperte
scientifiche.
Uno studioso inglese, Edward De Bono, tra gli altri, ha posto
meglio in evidenza questo lato, individuando certe modalità di
«pensiero laterale» diverso da quello razionale e cosciente, in
virtù delle quali «tanto l'uomo della strada, quanto il genio,
possono talvolta far compiere alla conoscenza umana veri e
propri balzi in avanti, impossibili a chi adoperasse soltanto il
ragionamento formale e i procedimenti logico-deduttivi».
A confermare la realtà di tale «pensiero laterale» stanno le
testimonianze di scienziati famosi.
Albert Einstein, per esempio, confessava che il linguaggio
discorsivo non sembrava svolgere alcuna funzione nel meccanismo
del suo pensiero il quale si basa su immagini, più o meno
chiare, di tipo visivo.
Prima di Einstein, l'insigne matematico Henri Poincaré, in un
suo notissimo saggio, ha descritto il lungo e inconscio lavorio
preliminare delle sue intuizioni, con accompagnamenti
estetico-emozionali, analizzando, con acutissima introspezione,
il modo col quale era giunto ad una delle sue più interessanti
scoperte relativa alle cosiddette funzioni Fuchsiane: in modo
del tutto simile, egli afferma, a quello della «oscura
preparazione di un prodotto poetico, artistico o musicale».
Ogni forma di attività produttiva, su qualsiasi piano
dell'essere, rimanda ad un principio creativo dinamico; si deve
però constatare che, nell'esistenza corporea, i processi
relativi passano gradualmente da uno stato consapevole a stati
successivi sempre più oscurantisi verso la tacitazione completa
degli istinti, sino alle semplici impulsioni di atti che gli
organi compiono con esattezza tanto maggiore quanto più
automatica. È il graduale passaggio, posto magistralmente in
evidenza dal Ravaisson nel suo mirabile saggio su «L'abitudine»,
in cui si comprova e rappresenta come una volontà lucida, con la
ripetizione di un atto lo renda appunto abituale, quasi
inconscio, e, quindi, lo incorpori nell'organo propulsore il
quale, alla fine, lo esegue a perfezione, come un automa, senza
sforzo alcuno di coscienza.
È da precisare che, nel predisporre tali automatismi coi quali
solleva la coscienza dalla assidua, molteplice, quasi
inattuabile attenzione necessaria per l'adempimento delle
numerosissime funzioni che ci occorrono, quella volontà lucida
deve produrre (e infatti produce) innumeri cellule di ogni tipo
e sempre nuove correlazioni tra dette cellule: cioè deve creare
sempre nuovi sistemi organici che, per così dire, germogliano
nel corpo del soggetto, al fine di realizzare gli esatti
automatismi necessari a farlo esistere.
Dunque non è proprio il caso di sforzarci per divenire creatori:
si è sempre creatori. Si tratta invece di accorgercene, di
fissare la coscienza sui processi di cui siamo produttori.
La prima e più significativa constatazione che balza agli occhi,
come abbiamo notato, è quella che tali processi siano diretti in
senso di «caduta», cioè partano dalla «Sommità» (é dal pensiero
dell'Atma che scaturisce tutta la manifestazione cosmica) e
cadano nell'impietramento degli istinti racchiusi negli organi
corporei. E non potrebbe essere altrimenti: lo Stato dell'Essere
Originario, secondo la sapienza iniziatica, é il Supremo, non
c'é nulla che possa limitarlo ne, tanto meno, sovrastarlo,
quindi la Manifestazione, partendo dal vertice, non può che
discendere. (È la dottrina Alessandrina della decrescenza dei
gradi di luce).
Si realizza così la fatale discesa lungo la catena planetaria,
cioè lo sprofondamento che, partendo dall'«Oro», attraverso
l'«Argento», il «Bronzo» ecc., giunge al «Ferro». (È la
fermissima visione alchemica).
Toccando il fondo della caduta, si trova lo stato di tacitazione
e di oblio, ossia il «Corpo Morto» della tradizione, la «Pietra
Greggia» (non si dimentichi però che in questa .pietra stanno
racchiusi, e custoditi, tutti gli automatismi .preziosissimi
derivati dal «Principio»).
A questo punto la Sapienza insegna che bisogna «risuscitare il
Corpo Morto per moltiplicarne la potenza all'infinito», e così
intraprendere la Via del Ritorno per riconquistare lo Stato
dell'Oro (del Sole). Sotto questo aspetto l'Alchimia é appunto
l'Arte che insegna a «fabbricare l'Oro».
Ma per realizzare quel ritorno é indispensabile apprendere la
morfologia intima del corpo terrestre costituito dall'impietramento
degli istinti. (Ormai risulta chiaro che il «Corpo Morto»
corrisponda all'inconscio freudiano).
La quadripartita composizione elementare del misto umano,
enunciata dalla dottrina alchemica, ci dà in proposito delle
preziose informazioni. In essa si precisa che «la corporeità
fisica è l'Ente Terrestre, detto Saturno dal simbolismo
planetario, che ha per segno alchemico il Piombo (il pesante).
Vi agisce la forza dell'Elemento Terra (é propriamente il corpo
fisico visibile e tangibile) che determina e regge la modalità
greve del Piombo. Dura e pesante, tale forza si manifesta nello
Scheletro, costituito di calcio minerale, poi nei tessuti
tendinei, cartilaginosi e simili. Questo Ente Terrestre é
avvertito, sub specie interioritatis, come una forza avida, come
l'aridità, la siccità ingorda divoratrice, della Terra secca,
avidissima dell'Acqua. Radice di ogni sete e di ogni brama, è il
Principio primordiale della Individuazione. È il «fisso» per
eccellenza.
Come matrice dei singoli corpi è eterno, ma, simultaneamente, in
relazione alla caducità dei singoli corpi, appare colui che li
divora. Il Piombo ha per segno la falce di Saturno dominata
dalla croce degli elementi. È l'esegesi del doppio aspetto di
Saturno: «Re della Età dell'Oro e divoratore dei propri figli
(gli altri metalli)».
Vale la pena di aggiungere, sotto il profilo dell'inconscio
freudiano, che Saturno é stato ferito, evirato e spodestato dal
figlio Giove il quale ha inoltre violato sua madre. Non senza
ragione, in questa accezione, il Piombo, simbolo di Saturno, é
detto Oro inverso.
Noi sprofondiamo, dunque, sino al Piombo (Oro inverso) per
tentare la risalita all'Oro vero, Solare.
Sicché, nella Tomba corporea stanno racchiusi e custoditi tutti
i tesori «caduti» dalla Sommità del Principio (e disposti
secondo un ordine preciso, rispetto la catena planetaria).
Questa «Tomba» é la «Miniera», é «l'Antro di Mercurio» degli
alchimisti, ma i suoi «tesori» non potranno certo «risalire»,
divenire operanti, se prima il «Morto» non venga risuscitato. In
proposito la Dottrina è perentoria: «Sappi, proclama, che devi
spezzare la tua immagine che l'Ente Spazio ha impietrato, per
ricomporla nella figura che abbia il volto dello Spirito». Per
giungere a tanto, per convertire il senso della «Caduta» in
quello della riascesa, il potere creatore naturale ora non basta
più, ora occorre saper evocare il potere di «Dominio» dello
Scettro: cioè identificarci con il Principio.
All'idea del «creare», nella Realtà Metafisica, si deve ora
aggiungere quella del «dominare» che bisogna sapere ben
distinguere dalla prima; appunto perché una loro apparente
affinità induce a farle confondere fra loro. Non si tratta qui
di divenire un Ente creatore da parte di un Ente che non lo é (e
d'altro lato, un meno, da solo, non riuscirà mai a divenire un
più), si tratta invece di un reintegrarci: cioè di riconoscerci
e prendere completa coscienza dei propri poteri, per assumere
verso di essi un atteggiamento attivo, dominatore.
l'incitamento che ci giunge dai vertici della Dottrina.
«L'uomo è un Dio che dorme», dice Clemente di Alessandria, é un
«Angelo tramortito», afferma Jacob Bohme; «L'uomo é un Dio che
non sa di esserlo», riconferma Meister Eckhart.
Il Dominare è questo armonioso reintegrarsi col Principio, e
significa andare ben al di là del semplice creare, poiché il
produrre dei poteri lascia irrisolto il rapporto efficace da
prendere verso di essi, divenuti parti integranti di noi stessi.
Il Dominare tale rapporto viene indicato con espressioni come:
«Essere sé stessi degli Dei», «Sigillare una corona», e tocca il
regno delle trasformazioni totali, non scevro di pericoli anche
gravi.
Dopo avere spezzato il nostro volto naturale, col potere del
«solve», il potere di «Dominio» riporta al successivo superiore
necessario «coagula», sicché davvero si riesca a ricomporre il
nostro volto nella figura dello «Spirito».
Sotto il profilo operativo, si tratta di intuire che i «poteri
creatori» non siano altro che i «mezzi», i semplici strumenti
che risulterebbero inutili, anzi nocivi, se non venissero usati
per conseguire il Fine.
Bisogna dunque ripercorrere, in senso di riascesa, la Via dello
sprofondamento verso gli istinti impietrati. Ma non basta
diradare, ridurre, estenuare il lato inerte automatico dei
meccanismi istintivi: occorre, invece, identificarvicisi per
trasmutarli negli stessi docili strumenti della nostra
Liberazione.
E l'operazione che gli alchimisti chiamano «Spiritualizzare il
Corpo e corporificare lo Spirito», la quale deve attuarsi
simultaneamente.
Per ottenere la necessaria simultaneità, occorre aprire il varco
al Fuoco Uranio, cioè all'«Aethereum quid» inerente al
Principio, quindi immetterlo, quel fuoco, nel Mercurio lunare,
cioè nella brama istintiva, trasmutandola cos). in un potere già
in parte dominato dall'Io superiore. Il potere di Dominio,
venendo a contatto col piombo corporeo, attraverso il Mercurio
Igneo, scioglie la corporeità a grado a grado, sino a
vaporizzarla, sino a farla risalire verso l'e Oro» originario.
Alla fine, la Folgore di proiezione, procedente dell'Atma che,
come sappiamo, si è già impadronito del Mercurio, coagulerà il
Corpo vaporizzato, facendogli assumere la nuova Figura, il nuovo
Volto: in tal modo la Pietra Greggia verrà davvero trasfigurata
nella «Pietra Filosofale».
Dall'istante in cui si pronuncia l'inversione del senso di
caduta, la tensione interna della progressione catenaria
aumenta, a mano a mano, sino a raggiungere il punto critico
culminale. Proprio durante il palesarsi di queste crisi (nel
microcosmo umano), incominciano a prodursi quelle manifestazioni
dell'oscuro pensiero laterale, non razionale, inconsapevole,
spontaneo e apparentemente gratuito, di cui ci parla Edward De
Bono.
Come si vede, la Via della Reintegrazione va oltre il pensiero
creatore, ma soltanto conoscendo tale Via, e la sua direzione
verso i l Principio, è possibile apprendere la vera natura del
pensiero laterale (cioè nascosto nella corporeità): è quella di
un pensiero scaturito dalla Sommità, e poi imprigionato nella
Tomba corporea, il quale, premuto dalla tensione culminale
generata dalla riconversione verso l'alto del senso di caduta,
si libera dal suo carcere con vittoriosa impazienza. Il saper
dominare tale pensiero che si svincola, il ricondurlo alla
chiarezza, é una operazione che mira al di là del Risveglio,
verso la piena Realizzazione.
Infatti, l'esperienza superata da Henri Poincaré, col dominare i
suoi «pensieri laterali», intrisi di cariche emotive, che hanno
accompagnato una sua importante ricerca matematica, si é
conclusa con la scoperta di nuove formule matematiche, di nuove
equazioni atte a inquadrare e riordinare le funzioni Fuchsiane,
cioè un campo che era ancora ondivago, immerso nelle Acque. Il
che costituisce un «coagula» evidente, ossia una particolare
realizzazione resa possibile appunto dal potere di dominio
esercitato dall'insigne matematico sui suoi oscuri pensieri
creatori.
Il documento che presentiamo ai nostri graditi Ospiti è opera d'ingegno
del carissimo
Fratello Artur.
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contenuto non esplicita necessariamente il punto di vista della Loggia o del G.O.I. Ogni diritto è riconosciuto.
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