Sento l'impulso di raccontare la mia esperienza di neofita. Era già in me, ma i lavori massonici cui partecipo me l'hanno fatto rivivere. Nella vita ho imparato che si nasce e si muore molte volte: ho assistito alla morte della mia innocenza, delle mie illusioni, delle mie speranze, dei miei attaccamenti e, in particolari momenti, ho sentito un vuoto ed un'angoscia sino alla rinuncia di me stesso, ho imparato che la morte non esiste. Infatti, il ricordo dei significati del giorno in cui mi avete proclamato Vostro Fratello, è il ricordo del giorno in cui sono nato, con qualcosa di nuovo in me e quell'esperienza mi ha dato uno sviluppo che mi ha proiettato in una dimensione più alta dove le parole e tutta la realtà assumono un altro valore.
Questo mi spinge a parlare e questa è la prima volta che lo faccio. Prima sentivo sempre un rifiuto, ma ora voglio superare queste difficoltà come un dovere verso me stesso e perché mi sento fratello fra fratelli od è questo sentimento che mi spinge ad aprire a Voi quello che sento vero in me, e quello che dirò, è il risultato di una ricerca che in me ha trovato una risposta, che è un'apertura per altre ricerche: in altri termini risposta che è ... una domanda.
Mi ricordo di aver letto che: «Nel grande padiglione delle scimmie dello zoo di New York, in mezzo alle grosse gabbie dove sono rinchiusi i vari tipi di gorilla e scimpanzè, c'è un grande cartello con scritto: L'animale più pericoloso della terra». Tutti accorrono incuriositi e rimangono perplessi e divertiti quando scoprono, appeso al muro sotto il cartello, soltanto uno specchio che riflette la loro immagine.
Ma perché siamo pericolosi? Semplicemente perché le capacità della nostra mente sono diventate enormi, perché dalla costruzione degli utensili più rudimentali, siamo passati alla costruzione di macchine gigantesche e distruttive.
Le nostre conoscenze, sempre più vaste, sono destinate ad allargarsi senza limiti e ci hanno portato alla scoperta dei segreti più reconditi: la scoperta dell'energia nucleare e le enormi conoscenze nel campo della chimica e della biologia.
L'uomo ha cambiato deserti in giardini, ha tagliato continenti aprendo canali, ma ha anche ridotto boschi in deserti e sta avvelenando l'atmosfera rompendo l'equilibrio della natura. Nei prossimi anni potrà intervenire nelle mutazioni genetiche e trasformare per i suoi scopi le specie viventi: ecco perché l'uomo moderno ha assunto di fronte a se stesso e di fronte alle generazioni future, una tremenda responsabilità.
Ma la scienza, cosa ha veramente generato nell'uomo? Ha generato una società tecnocratica che con le sue strutture tende a ridurre ogni rapporto al qualificabile e misurabile, negando sia Dio come misura di ogni atto, sia la concezione dell'uomo come soggetto e creatore di ogni regola, riducendo così il reale a puro strumento di potere per il soddisfacimento bio-psicologico.
In questa prospettiva, lo sfruttamento e la rapina della natura è la logica conseguenza di una società che ha assunto come unico criterio di giudizio la ricerca dell'utile maggiore nel più breve tempo possibile, puntando esclusivamente sulla quantità e non sulla qualità e la creazione di mezzi meccanici sempre più potenti.
Alcuni giovani preferiscono ormai la droga allo stato puro, alla società tecnocratica; altri riscoprono il significato della tradizione per proporre una possibile riforma della società in cui vivono. Perché? Perché è una logica conseguenza del senso di vuoto e di angoscia che ci sovrasta.
Affiora naturalmente la domanda: Come accettiamo il mondo? Abbiamo forse saputo accoglierlo nel nostro cuore insieme alle cose di perenne valore che conserviamo religiosamente? Noi ci adoperiamo freneticamente a sfruttare le cose dell'universo per aumentare sempre più la nostra potenza; ricaviamo dai suoi prodotti il nutrimento ed i mezzi per coprirci, ci azzuffiamo per le sue ricchezze, lo trasformiamo in un campo di feroci contese.
Ma eravamo nati per questo? Per estendere i nostri diritti di proprietà sul mondo e ridurlo ad un bene commerciabile?
Quando la nostra mente si svolge solo ad utilizzare le cose del mondo, questo perde il suo vero valore per noi.
Con le nostre sordide brame noi lo deprezziamo. Per tutta la vita non ci preoccupiamo che di mantenerci a suo carico e perdiamo il senso della verità, come un bambino ingordo che strappa i fogli di un libro prezioso per cercare d'inghiottirli.
L'uomo talvolta è sfruttato solo per quanto può riuscire utile; viene convertito in una macchina al fine di ricavarne sempre più danaro. Così le nostre brame, la nostra avidità, l'amore del nostro comodo arrivano a ridurre l'uomo al suo più basso valore.
I nostri desideri ci rendono ciechi verso la verità che è nell'uomo e questa è la più grande ingiuria che noi possiamo fare all'anima nostra, poiché offusca la nostra coscienza.
Da ciò derivano le brutte piaghe della civiltà, i postriboli, le coercizioni, il diritto vendicativo, i genocidi e più giù sino a privare l'uomo della sua libertà e del suo autogoverno.
Ma l'uomo è anche coscienza e, se lo consideriamo come coscienza, comprendiamo che il male fatto a lui è fatto a noi stessi e che, sfruttando il nostro simile, perdiamo la conoscenza della verità.
La coscienza si rivela nella sua verità solo attraverso l'amore ed è dall'amore che è nato il mondo, per l'amore si conserva, verso l'amore si muove e si costruisce.
Anche la scienza d'oggi, attraverso l'epistemologia, sta scoprendo l'uomo come coscienza.
Fu un gesuita francese, Teilhard de Chardin, a gettare un ponte fra le verità naturali scoperte dalla scienza e le affermazioni filosofiche: cercò di dimostrare che le verità scientifiche e le affermazioni della filosofia e della fede non sono in contrasto, purché interpretate nel senso giusto.
Dice Giancarlo Masini, collaboratore scientifico del «Corriere della sera»: «certo che soprattutto per quanto riguarda le più elevate funzioni dell'uomo, l'INTUIZIONE, il pensiero, la ragione, la volontà, i sentimenti, non è dato conoscere nulla. La scienza, cioè, non ha potuto ancora chiarire attraverso quali complessi e misteriosi meccanismi, queste elevate funzioni umane si riproducono».
Quasi niente sappiamo di scientificamente valido sulle manifestazioni telepatiche, sui cosiddetti fenomeni medianici, su sconcertanti fatti «sensitivi» che permettono a taluni di sentire e di vedere la presenza di una malattia in una persona vicina o la presenza di acqua a dieci metri sottoterra.
Oggi, lo si voglia o no, tutto il genere umano tende ad una sostanziale unità senza limiti di razza, di credenze religiose, di convinzioni filosofiche.
Se crediamo che esiste il Grande Architetto dell'universo ed abbia fatto tutto, Egli, come una volta disse «Albert Eistein» non può aver «giocato ai dadi» se ha concesso all'uomo un'intelligenza ed una ragione, non può che averlo fatto per perpetuare, nel migliore dei modi, il suo primo fondamentale atto creativo.
L'uomo, come coscienza, creato ad immagine e somiglianza del Grande Architetto dell'universo, ne è parte di Lui, è scintilla divina e come tale attraverso le esperienze delle diverse civiltà, non può avere altro fine che l'AMORE, che è l'unico vero bisogno di ogni essere umano. Che questo bisogno sia stato oscurato, non significa che non esiste. Così ci si rende conto che l'uomo è al centro dell'universo e che la realtà è relativa all'uomo.
 

Un grande giornale ha fatto qualche anno fa un'inchiesta sulla visione del mondo dei più grandi scienziati moderni, tutti premi Nobel. Eccone alcune:
 

  • JEANS: Propendo per la Teoria idealistica, secondo la quale la coscienza è fondamentale; l'universo materiale rappresenta solo un derivato della coscienza, non che la coscienza sia un derivato dell'universo. La mia inclinazione verso l'idealismo è in massima parte derivata dalle moderne teorie scientifiche. Infatti, il nuovo punto di vista della scienza è che l'universo sembra essere più che altro un pensiero e non una macchina.

  • EDDINGTON: La coscienza è fondamentale, è necessario presupporla in tutte le discussioni sull'origine e la natura di quanto esiste. L'universo materiale medesimo è una interpretazione di certi simboli presentati alla nostra coscienza.
    Non ha nessun senso parlare sull'esistenza di qualche cosa, se non faccia parte della nostra coscienza.

  • PRINCIPE di BROGLIE: Non vedo come la coscienza possa derivare da cose materiali. Considero la coscienza e la materia come aspetti diversi di una stessa cosa.
    Esiste una sostanza della quale si compone coscienza e materia. L'aspetto di questa sostanza che esaminiamo con mezzi scientifici, è quello che chiamiamo materia; l'altro aspetto che conosciamo con mezzi non scientifici, ma diretti, è ciò che chiamiamo coscienza.

  • PLANK: Considero la coscienza come fondamentale e la materia come derivato della coscienza, tutto ciò che consideriamo esistenza, presuppone la coscienza.
    Da queste testimonianze si può dedurre che la scienza arriva alle conclusioni della filosofia moderna, ossia chel'universo non è né una macchina, né materia, ma è... diciamo «razionalmente indefinibile».
     

Tutti i falsi problemi su questo argomento, dipendono dal fatto che gli uni considerano il corpo come materia, gli altri come spirito: nella realtà invece noi non siamo né materia, né spirito. Vediamo il perché:
 

Cos'è la materia?
 

La parola materia, ricorre spesso nei discorsi e come tutte le parole, assume diversi significati.
La materia del fisico non ha un significato in senso morale, lo ha in senso deteriore, oppure si oppone a spirito o significa sostanza.
L'unico che credeva seriamente alla materia è il fisico che perciò l'ha cercata con impegno.
I così detti corpi semplici (ossigeno, mercurio, radium) non erano materia in sé, ma diversi aspetti che la materia assumeva.
La fisica è arrivata a cercare la materia sino dentro l'atomo, ha trovato solo specificazioni della materia (ossia protoni, neutroni ecc.) ma mai l'inafferrabile materia.
Finché un giorno ha dovuto ammettere che le particelle ultime della materia non erano che cariche di energia, ma che, essendo particelle, non potevano formare un «tutto continuo» ed anzi potevano manifestarsi solo quando l'energia avesse accumulato una certa carica.
Così la materia si è dissolta in e
nergia e questa compare soltanto quando ha raggiunto una certa carica.
Ma carica di che cosa? Di certa entità matematica, chiamato «quantum»; ma la matematica è un processo del pensiero, così il fisico si è visto sfumare la materia come realtà oggettiva per trasformarsi in e concetto» matematico.
Ed ora vediamo:

 

Che cos'è lo Spirito?
 

Finché concepiamo un universo dualista, l'antitesi spirito materia mette a posto ogni cosa.
Se a questa antitesi di spirito e materia noi togliamo la materia, evidentemente non rimane neppure l'altro termine, poiché ognuno dei due esiste in funzione del suo contrario.
Facciamo un esempio: Un'onda di acqua è composta, si dice, di acqua e di energia: se noi togliamo l'acqua dall'onda, è evidente che non resta neppure l'energia.
Lo spirito puro noi possiamo pensarlo come un'esistenza che non abbia nulla di materiale. Esso non può avere nessun limite, poiché non potrebbe essere limitato se non da qualche cosa che è diverso da sé, cioè dalla materia.
E quando e come noi uomini possiamo aver l'esperienza di questo «puro spirito incondizionato?» Mai! Così ci accorgiamo che questo famoso spirito è un «concetto della mente».


Ed allora, cosa rimane? Qual'è il compito dell'uomo? E dove va l'uomo? Va davvero incontro all'autodistruzione? È veramente l'animale dello specchio? Il più pericoloso della terra? pericoloso al punto di distruggere il mondo e se stesso? Io non lo credo.
Richiamiamoci alla filosofia indiana che ha sempre saputo che bisogna, per avvicinare seriamente certe cose, avere degli sviluppi che vanno oltre la mente.
Ciò che noi uomini possiamo concretamente conoscere è soltanto la nostra e Autocoscienza» che è l'esperienza di essere (l'evidenza di esistere, l'essenza della vita), di cui la mente con i suoi concetti e le sue coerenze razionali non è che una proiezione.
L'Autocoscienza sintetizza tutti i valori umani ed in quei rari momenti che noi siamo al di là della mente ci accorgiamo di questo: perché sentiamo che una inesprimibile, rara, esperienza illumina la nostra vita.
Ecco perché io affermo che no, l'uomo non è pericoloso, perché sento che l'uomo ha in sé il potere di trascendere il suo pensiero.
Anche la nostra civiltà positivista, la nostra tecnocrazia, è un'altra esperienza umana e come le varie esperienze delle diverse civiltà servono a portare l'uomo in una dimensione nuova attraverso una nuova conoscenza.
Aver fede nelle possibilità dell'Amore come fenomeno sociale, oltre che individuale, è fede che si fonda sull'essenza vera dell'uomo.
Per concludere vi racconterò una mia esperienza:
 

C'è stato un momento nella mia vita che ho provato a fissare la mente sull'infinito: in quell'istante ho preso improvvisamente coscienza di quello che io sono, mi sono sentito cosciente ed ho scoperto che la realtà ed i valori del mondo sono in me. In quell'attimo ho intuito che tutta la visione della mia vita si è capovolta ed ho sentito un imperioso comando di proiettarmi nell'azione, dove avrei manifestato la mia vera natura. Da quel momento ho deciso che avrei agito anche se mi potrà accadere, come ad un bambino che impara a camminare, cade si rialza, poi torna a cadere, eppure continua a provare e riprovare, finché un giorno camminerà senza cadere.
È stato, non ricordo, se un attimo o un tempo indefinito, poi tutto è tornato come prima, ma di quell'illuminante esperienza, quando sono faccia a faccia con difficoltà, nelle incertezze e particolarmente di fronte a delle scelte, mi ricordo. E per essere certo di non sbagliare nella scelta e di scegliere secondo la mia vera natura umana, con coscienza, ho fissato nella mente il racconto di quel passante che mentre si edificava il Duomo di Milano, si soffermò a guardare il lavoro di tre scalpellini addetti alla costruzione; domandò al primo: «Cosa stai facendo?» «Io? spacco le pietre». Domandò al secondo: «Cosa stai facendo?» «Io sto guadagnando dei soldi». Infine domandò al terzo: «Cosa stai facendo?» «Io, sto costruendo il tempio».
Allora la mia scelta è sicura: scelgo il modo di essere un collaboratore che influisce nell'opera della creazione, perché anch'io sto costruendo il tempio con pietre levigate.