Il monaco dell'Ordine Benedettino Basilio Valentino, ritenuto tra
gli alchimisti uno dei più grandi, in una breve appendice che
costituisce il riassunto e una ripetizione dei principii che
informano il suo libro sulla"Grande Pietra degli Antichi", dopo
aver testimoniato di non aver scritto niente di falso e di aver
sempre esposto la stessa verità, e dopo essersi riproposto di
comunque meglio illustrare il testo in precedenza ricordato, dice
espressamente:
"E benché molti pensano che, per essere stato troppo chiaramente
accessibile, io mi sono caricato del peso di numerosi peccati,
sappia ciascuno che tuttavia, per coloro che hanno la testa dura,
sarà sufficientemente difficile ritrovare ciò che essi cercano, ma
che dimora chiaro e facile per gli eletti. Ed è per questo, mio
discepolo di verità, fai attenzione alle mie parole e allora tu
troverai la vera via dell'arte".
Tali parole e la concettualità che esse esprimono era necessario
ricordarle in apertura di questo nostro discorrere sul tema"Massoneria Rossa e Opera al Bianco".
Ciò in quanto i concetti che verranno illustrati, i simboli che
saranno chiariti e le nozioni che verranno rivelate fanno parte di
un discorso diretto unicamente a dei Fratelli Massoni, Scozzesi i
quali, non dimentichiamolo, sono tutti almeno dei Maestri, e cioè
degli eletti che non soltanto"culturalmente"e quindi animicamente
ed intellettualmente, ma anche karmicamente sono preparati a
comprendere e a ricevere le nozioni che dalla riflessione
sull'Alchimia, e soprattutto sui legami esistenti tra Alchimia e
Massoneria, possono essere svelate.
I Fratelli ai quali il discorso è diretto sono più che qualificati a
comprenderlo e noi siamo disponibili a rischiare l'eventualità di un
qualche peccato pur di poter dire sempre con nettezza e con
chiarezza, senza alcuna invidia nei confronti di coloro che
effettivamente cerchino, verità certe e verificate (e se finora
ancor non dette, verificabili), piuttosto che affermazioni che
veicolino ambiguità e siano incrementatrici di incertezze e di
ulteriori dubbi con riferimento a tematiche già tanto inquinate per
inesattezze, non verità, approssimazioni e ambiguità.
Andando direttamente al tema cominceremo col ricordare che il modo
migliore per inquadrare l'Alchimia è quello di qualificarla come
l'arte della trasformazione.
Trasformazione dei metalli ordinarii e vili fino a far sì che gli
stessi divengano quell'Oro specialissimo che è l'Oro alchemico,
materiale quest'ultimo che nelle testimonianze rese nel corso del
tempo, orali e scritte, sull'Alchimia viene identificato come ben
differenziato dall'oro comune, proprio per far intendere l'esistenza
di una realtà che si estende al di là della più nobile
manifestazione metallica che possa essere osservata dall'uomo.
Trasformazione dei metalli, abbiano esattamente e con scrupolo
detto, che poi in realtà è trasformazione di una materia la quale si
manifesta, prima ancora che come metallo, come quella terra nera
dalla quale parrebbe venga il termine arabo di"al kimia", termine
nel quale"al"costituisce l'articolo determinativo e"kimia"il
nominativo con il quale, con parola egiziana, si identifica il"nero", termine quest'ultimo che evoca quell'Egitto, descritto come"il paese della Terra Nera", che è stato agli inizi di ogni
tradizione e di ogni ricerca riguardante il mondo occidentale.
Già quanto detto basterebbe a darci dei tracciati di riferimento per
l'esposizione e l'analisi del tema proposto. Che se di metalli si
tratti, o di terra nera, per il compimento dell'Opera, già è cosa
diversa, quanto meno perché i metalli sono terra già evoluta ed
organizzata, la quale ha assunto caratteristiche ormai ben
individuate, mentre la terra nera lascia intendere che si ha a che
fare con un materiale indifferenziato e privo di luce (a tale
proposito è indubbiamente utile riflettere sulla notevole diversità
che corre tra il profano, genericamente considerato, il quale può
essere identificato appunto con la terra nera, e le caratteristiche
dello stesso che lo personalizzano e lo qualificano, da
identificarsi, come è noto, con i metalli).
Che se tale terra è"nera", la stessa identifica, meglio che per
altri segnali, la materia prima ed effettiva dell'Opera stessa,
posto che la finalità sia quella appunto di giungere per mezzo delle
operazioni che realizzano la trasformazione, al ricercato Oro
alchemico.
Che se tale MATERIA-TERRA"nera", oppure i metalli (fase forse
questa più evoluta di quella), è comunque il materiale dal quale è
necessario procedere per il compimento dell'Opera, la sua
identificazione per ritrovarla presente nella pluralità delle forme
della manifestazione è decisamente essenziale ai fini dell'operare
stesso.
Donde la nota ricerca ed il noto impegno iniziale ad identificare
quale sia in realtà la prima materia dell'Opera da usare che in sé
contenga la materia prima, tematica questa ben nota a chi si sia un
pochino interessato all'alchimia.
Con l'obbligo altresì di non dimenticare che l'identificazione della
materia con qualcosa che sappia della pura materialità é di certo un
errore, come anche é errore e falsa partenza il ritenere la materia
prima dell'Opera un qualcosa del tutto evanescente, ideale o
addirittura irreale.
Tutti noi che ben spesso abbiamo riflettuto e pensato sul linguaggio
alchemico - se non altro per il nostro interesse alla ricerca di
tutto ciò che può incrementare la nostra richiesta solutoria dei
problemi della spiritualità - già ben vediamo come da questa
distinzione e necessità di individuazione dell'initium, in realtà
insorga una problematica di carattere parallelo riguardante il
quesito a cosa l'insieme degli insegnamenti degli alchimisti
mirasse. Tendevano gli stessi ad ottenere una qualche realizzazione
di carattere certo e concreto riguardante quella che siamo soliti
chiamare la materia, (la quale trasformata dovrebbe tendere a
realizzare la sua più nobile manifestazione, l'Oro del quale tanto
si é parlato e si parla), oppure volevano realizzare quella
trasformazione della personalità che svelando la spiritualità in noi
presente ma occultata, la liberi dai ceppi dai quali é costretta e
dalla prigione nella quale é rinchiusa, affinché la stessa mostri in
pienezza di estrinsecazione la sud rilucente auricità?
Una attenta riflessione ci dice come in realtà in termini
propositivi, interpretando in modo analogico l'una e l'altra
simbologia, i discorsi siano l'uno e l'altro possibili, e gli
intenti ambedue realizzabili.
Non è infatti per nulla escluso che una spiritualità che vada
prendendo coscienza di sé e si vada liberando (o trasformando che
dir si voglia), non possa compiere - qualora lavori sulla
manifestazione (anche quella minerale e metallica) - una operazione
di parallela trasformazione della manifestazione stessa fino a farla
assurgere, in una con il proprio progredire e ritrovarsi, allo stato
di perfetta realizzazione, e cioè allo stato di Oro alchemico.
É appunto per tale ragione, non potendo i significati dell'Opera
essere trasmessi in termini del tutto unisignificanti e di carattere
strettamente tecnico (e dovendo inoltre essere occultati alcuni
momenti se non l'intero procedimento dell'Opera) che la stessa non
poté che essere comunicata altro che con segnalazioni di carattere
puramente simbolico; ma è anche per tale ragione che é possibile
compiere una analogia totale tra i singoli momenti della
trasformazione della materia dell'Opera ed il compimento dell'Opera
stessa da parte dell'alchimista, con le varie fasi e le varie tappe
del procedere iniziatico del Massone.
Premesso ciò, già ben dovrebbe comprendersi come l'Opera alchemica
possa dividersi in più fasi, allo stesso modo dei vari gradi del
percorso iniziatico, essendo ovvio che le multiple maniere nelle
quali può essere divisa é una sorta di semplificazione schematica
del processo totale; e che ciascuna di esse ha un suo valore nel
senso che è una espressione della logica interna dell'Opera.
Varrà pertanto a designarne le fasi sia una divisione nel procedere
nella realizzazione dell'Opera stessa in tre momenti, come anche
varrà una divisione in sette momenti o in dodici fasi
(1).
Ed allora avremo (riportati e valorizzati dai vari autori), negli
scritti e nell'insieme degli insegnamenti, le diversificate
nomenclature per le quali l'Opera può essere intesa come Opera al
Nero, Opera al Bianco ed Opera al Rosso. Oppure come Opera
riguardante i sette metalli (giorni della settimana - Deità
tradizionali) i quali costituiscono sette fasi basate appunto sui"regimi"dei pianeti e le"proprietà"dei metalli stessi, regimi e
proprietà i quali vengono concepiti come realizzanti, nel loro
evolversi e nel loro nobilitarsi, alcuni di loro la"piccola Opera"ed altri la"grande
Opera"(2).
Ma avremo anche quelle divisioni che attengono più che ad una
nomenclatura di carattere generale, a singole fasi realizzative da
intendersi quasi come momenti tecnici della trasformazione stessa,
di volta in volta chiamati le"dodici sostanze che gli Adepti
mettono in azione", oppure le"dodici porte che conducono all'Opera"da identificarsi in quanto fasi dell'Opera nella calcinazione, nella
congelazione, nella fissazione, nella dissoluzione, nella
digestione, nella distillazione, nella sublimazione, nella
separazione, nella riduzione in cenere, nella fermentazione, nella
moltiplicazione ed infine nella proiezione.
(3).
In Alchimia la suddivisione più antica in varie fasi dell'Opera da
compiersi è quella che designa le stesse con dei colori, ed é a tale
tipica identificazione, prevalentemente ternaria, che si é fatto
riferimento allorché ci si è proposti il tema Massoneria Rossa ed
Opera al Bianco. In Massoneria lo Scozzesismo divide invece il
complesso dei gradi conferiti in quattro grandi gruppi che sono
rispettivamente la Massoneria Azzurra (dal I al III grado - Logge
simboliche), la Massoneria Rossa (dal IV al XVIII grado - Capitoli
Rosa-Croce), la Massoneria Nera (dal XIX al XXX grado - Aeropaghi
Kadosch) e la Massoneria Bianca (dal XXXI al XXXIII grado - Supremo
Consiglio).
Immediatamente si nota come alle varie fasi dell'Opera (che
potrebbero anche essere estese a quattro, prendendo in
considerazione anche l'Opera al Verde) non corrispondano le
suddivisioni sopra ricordate dei gradi dello Scozzesismo.
L'apparente incoerenza in realtà non esiste e ciò non soltanto
perché a partire dal IV grado non dovrebbe farsi più riferimento al
maggior valore del grado e alla maggiore importanza dello stesso con
riferimento al più alto numero del grado considerato, in quanto i
gradi superiori al terzo grado si possono classificare in differenti
gruppi e gli stessi costituiscono esperienze e modi della ricerca
corrispondenti a particolari forme ed insegnamenti tradizionali
(anche se tra di loro organicamente connessi), ma anche e
soprattutto perché l'intima corrispondenza tra le varie fasi
dell'Opera e la struttura dei gradi dello Scozzesismo é - solo che
effettivamente si cominci a comprenderne le significazioni effettive
con riferimento alle avvenute trasformazioni in funzione dell'Oro
alchemico finale da realizzarsi - confermata, piuttosto che
smentita, dalle diverse colorazioni messe in corrispondenza tra di
loro.
Ciò ancor meglio apparirà, più che per quanto é stato finora detto,
dal prosieguo del presente discorso e dalle analogie che nel corso
dello stesso verranno evidenziate; per chi scrive l'Opera al Bianco
é del tutto analogicamente corrispondente al complesso dei gradi
della Massoneria Rossa.
Prendendo in considerazione per il momento i soli tre colori
principali dell'Opera il Nero, il Bianco ed il Rosso possiamo
immediatamente comprendere ed inferire che gli stessi, presi
indubbiamente in considerazione come nomenclatura e come
significazione riferente ai procedimenti metallurgici riguardanti la
purificazione o la colorazione dei metalli, indichino l'uno, il
Nero, l'assenza di ogni colore e di ogni luce, il Bianco' invece la
luce piena, totale, indivisa - non rifratta in colori - ed il Rosso
infine, il colore per eccellenza, nella sua più forte evidenziazione
e manifestazione.
Dalla loro significazione possiamo ben notare come gli stessi
indichino in realtà delle tendenze fondamentali della
manifestazione, il moto della stessa con riferimento al suo
collocarsi nella totalità dell'Essere.
Il Nero corrisponde alla tendenza, con riferimento alla creazione di
un mondo qualunque, da intendersi simbolicamente come discendente e
come allontanantesi dall'origine della luce; il Bianco, al
contrario, come lo slancio ascensionale e un procedere in salita
verso il ritrovamento della luce stessa, ed il Rosso infine quale
momento successivo e tendenza espansiva, tesa quest'ultima alla
conquista del piano della manifestazione.
La tendenza centrifuga e discendente, quella che delimita lo spazio
e si perde nel mondo abissale identificato dallo stesso, quella
ascendente piena di luminosità e di serena ripresa, che tutto
riporta all'origine ed infine quella espansiva, che estrinseca e
concilia l'insieme delle multiple possibilità convergenti e
divergenti; tali sono solo alcune delle possibili significazioni
simboliche dei tre colori dell'Opera, significazioni che già ci
lasciano tuttavia intendere l'analogica corrispondenza con le
operazioni che vanno ad essere compiute dall'iniziato nelle varie
fasi vissute con il praticare i gradi della Massoneria Scozzese.
Se indubbiamente il momento finale dell'Opera alchemica è quindi
quello della realizzazione della Pietra Filosofale, della
cristallina pietra rossa, quella capace di trasmutare i metalli vivi
in Oro, e cioè quel momento che chiamiamo l'Opera al Rosso, di certo
la stessa sarà necessariamente compiuta, dopo la avvenuta
spiritualizzazione del Corpo (simbolizzata ed attuata a seguito
dello sbiancamento dell'iniziale nigredo), mediante la compiuta
incorporazione dello Spirito e quindi con la piena manifestazione
dello stesso in questa nostra Terra,"verde d'erbe e di animali",
valle di lacrime e di delizie, luogo di probazione e di esperienza,
fors'anche quale MATER, essa stessa MATERIA PRIMA dell'Opera.
Da terra nera, priva di luce, fecciosa e lutulenta, quale essa era
all'inizio dell'Opera, a questo punto la stessa diviene quella Terra
bianca e purificata, quella perfetta e lucente Terra Santa alla
ricerca della quale aveva mosso i suoi primi incerti passi
l'iniziando neofita, colui che passato per i gradi é divenuto
Cavaliere, il quale nel momento del compimento scopre il mistero più
grande, quello per il quale egli é sempre stato in verità un Heroe,
e cioè un figlio di Hera, o anche un figlio di Iside
(4), la vedova di Osiride.
Se riteniamo fondato quanto finora siamo venuti affermando e
dicendo, le analogie in termini simbolici tra l'Opera alchemica -
così come la stessa ci è stata trasmessa da compiersi nel suo
necessario ed essenziale procedere per la realizzazione dell'Oro - e
i vari gradi della Massoneria Scozzese - sono ovviamente
numerosissime, ed alcune addirittura di immediata comprensione e
manifestazione.
La visita all'interno della terra, per la necessaria presa di
coscienza della sua realtà da parte dell'iniziando, spesso suggerita
anche dalle testimonianze degli alchimisti con la segnalazione di
una operazione sintetizzata dalle iniziali del nome"V.I.T.R.I.O.L.",
è nello stesso identico modo proposta all'iniziando ai misteri
massonici nel gabinetto di riflessione, laddove lo stesso viene
collocato prima di ricevere l'iniziazione del primo grado.
É da notare che in realtà con l'invito contenuto in detta formula
(che forse è poi .... veramente una vera e propria formula!), Visita
Interiora Terrae Rectificando Invenies Occultum Lapidem, tanto il
tradizionale insegnamento alchemico, come anche il gabinetto di
riflessione massonico (e cioè il luogo laddove tutto"si riflette"sul soggetto che opera) consegnano subito la totalità
dell'operazione alchemica e finale proposta dall'insegnamento
massonico, al postulante.
E ciò senza alcuna invidia e senza equivoci, pur nell'ampiezza dei
contenuti segnalati, senza alcuna distinzione in termini di fasi
dell'Opera intera da compiersi!
In effetti i primi tre termini Visita Interiora Terrae, a voler ad
ogni costo distinguere e qualificare, costituiscono la sintesi
dell'insegnamento riguardante l'Opera al Nero, il termine intermedio
Rectificando ci segnala l'essenziale da compiersi riguardante
l'Opera al Bianco, e gli ultimi tre termini Invenies Occultum
Lapidem riguardano chiaramente il risultato dell'Opera tutta
sintetizzabile nel ritrovamento della occulta pietra denominata in
ogni insegnamento tradizionale Pietra Filosofale.
Come ben può vedersi anche questa prima segnalazione messa subito in
luce nel buio gabinetto di riflessione per l'intelligenza di colui
che cerca, ci indica sette momentiquali momenti necessari per la
realizzazione della totalità dell'Opera, momenti tutti
simbolicamente identificabili nelle lettere del nome V.I.T.R.I.O.L.,
il quale come evidenziato distingue tre momenti per l'Opera al Nero,
tre momenti per l'Opera al Rosso, ed un unico momento per l'Opera al
Bianco, posto tra i primi tre e gli ultimi tre
(5).
Le analogie esistenti fra questa seconda fase della realizzazione
dell'Opera, la fase che abbiamo voluto identificare con la R
centrale del termine V.I.T.R.I.O.L., e cioè l'Opera al Bianco e la
Massoneria Rossa, riconoscibili nei vari gradi scozzesi che vanno
dal IV grado al XVIII grado sono abbastanza chiare, per non dire
evidenti.
Dal grado di Maestro in poi si ha con l'ulteriore procedere un
Ricevimento, una Rinascita, una Realizzazione, una Ritualità, una
Ristrutturazione, una Risoluzione, una Ricerca, una Rettificazione,
una Ricostruzione, un Ritrovamento, una Reinterpretazione, un
Riordinamento, una Richiesta, un Ritorno e una Rosa.
In ognuno dei momenti di successiva presa di coscienza del proprio
status di iniziato che susseguono al grado di Maestro ed in ognuna
delle fasi identificabili dell'Opera alchemica che andiamo
realizzando, in analogia con l'Opera al Bianco, tutto, ogni simbolo,
ogni parola del rituale, ogni arredamento, colore o segno tende a
darci coerentemente con l'intero disegno della Massoneria Scozzese
(che poi é parte del piano del Grande Architetto dell'Universo),
segnalazioni ed insegnamenti sui momenti realizzativi dell'Opera
stessa con riferimento a tale fase intermedia.
Dalla morte iniziatica del III grado passiamo infatti alla
risorgente Viriditas, accolti in IV grado sotto il Lauro e l'Olivo,
per aprire i lavori"quando le tenebre si sono dileguate dinanzi
all'aurora e la grande luce risplenderà sulla nostra loggia".
E poi ancor oltre ci rivestiamo di paramenti verdi con quattro
colonne bianche poste agli angoli della loggia e con quattro luci ad
illuminare ciascuno dei numeri costituenti il quaternario e cioè
l'insieme dei numeri costituenti il numero del fondamento.
Ancora una volta é il verde, il quale é simbolo di vegetazione e di
vita riconquistata, quel colore che succede al colore indicante la
morte, e che sta' a significare la possibilità dell'immortalità
effettiva per la realizzata incorporazione dello Spirito (non
dimentichiamo che il colore verde è appunto il colore della"nostra
Terra"!).
Prudentemente curiosi e tesi all'accrescimento delle nostre
cognizioni, nel nostro ascensionale salire al monte, in realtà così
operando continuiamo nella purificazione di quel nero nucleo
ritrovato nei primi tre gradi, e ciò facciamo ricostruendo con
equilibrio e giustizia le parti naturalmente operative della nostra
ritrovata realtà.
Quali semi di Dio, generati o piantati da Dio, siamo ormai divenuti
intimi della saggezza e della giustizia di Salomone, che
oculatamente origliando registriamo in noi per far sì che la stessa
si imprima e permetta l'ulteriore crescita del seme già piantato.
Ciò è tanto vero che divenuti proprietari di quella passione tesa a
conoscere che è concepimento della possibilità di divenire
dominatori della scienza (anche quella del bene e del male),
compiamo ancora una volta la dovuta rettificazione esercitando il
controllo sulla realizzazione dell'Opera e la necessaria giustizia.
Ed ancora proseguendo, e sempre più sbiancando la pietra (la quale è
poi la nostra Terra ancor più rettificata), compiamo appieno quanto
sopra detto e ricostruiamo la nostra intima qualità ricoprendo
compiti riguardanti i più alti impegni.
Ristabilita la giustizia interiore ed esteriore e passati attraverso
successivi impegni, elezioni ed esaltazioni simboleggianti da una
parte l'acquisizione di dignità e dall'altra operazioni di
realizzazione su piani diversi, riscoperti nel nostro interiore quei
valori e quei significati a suo tempo oscurati dal nero stato nel
quale permanevamo, purificando e quindi dealbando, giungiamo a
percepire quello stato di Cavaliere al quale abbiamo già fatto
cenno, per infine, ritornati a riordinare per la via della Croce
l'insieme degli elementi, ritrovarci nella Rosa che sulla stessa va'
a fiorire.
Tale è l'iter, al quale pure dovevamo far cenno, che ci viene
proposto dalla Massoneria Rossa; lo stesso, anche riguardato nella
sua globalità, chiaramente ci mostra come in un progredire in
continua realizzazione e rettificazione, l'iniziato sempre più
purifica sé stesso passando per i vari stadi e gradi ed affrontando
eventualmente le dovute prove, così come altresì avviene che, in
Alchimia, la materia prima a suo tempo presa in considerazione vada
a poco a poco sottilizzandosi, schiarendosi e sbiancandosi,
sottoposta agli effetti delle operazioni proposte quali fasi
intermedie dell'Opera stessa.
Come detto il procedere nel senso di una continua purificazione é
senza alcun dubbio chiaro per chi esamini le varie tappe successive
dell'iter iniziatico, solo che le stesse vengano riguardate come tra
di loro organicamente collegate e tese ad un'unica realizzazione.
Ma è soprattutto con l'ultimo grado con il quale si identifica la
Massoneria Rossa, che si evidenzia con assoluta nettezza, come
esista appieno una corrispondenza da intendersi in termini analogici
tra l'Opera al Bianco, della quale ci parla la tradizione alchemica
- quella che abbiamo voluto identificare con l'operazione del
Rectificando - e il percorso iniziatico che va dal grado di Maestro
fino al ricordato momento finale.
Già il simbolo maggiormente identificativo e significativo di tale
ultimo momento di quello che abbiamo identificato con il percorso
intermedio, è ad attestarci quanto finora affermato.
Tale simbolo-parola, nota anche perché adottata dalla religione
cristiana, é ancora una volta un termine quaternario, e cioè un
termine che ci richiama alla mente la divina Tetractys pitagorica e
l'insieme dei significati attribuibili alla stessa ( ma solo quelli
cogniti e non anche quelli incogniti!).
Lo stesso abbiamo detto che è termine di tale importanza, e nel
contempo è parola di particolarissima significazione, da sembrar
quasi parola ritrovata!
I veri alchimisti lo ritengono degno di attentissimo esame al punto
da considerare la meditazione e la riflessione sullo stesso in ogni
caso mai bastante, e comunque sempre benedetta l'attenzione al suo
studio dedicata.
Tale termine, che andiamo a ritrovare a questo punto della
purificazione, estremamente significativo di quella albedo a noi in
tanti modi riproposta e già in parte realizzata con il passaggio
attraverso i vari gradi, è nella sua formulazione una parola formata
da un quaternario di lettere, che è al tempo stesso un ternario; e
ciò in quanto la parola presa in considerazione è formata di sole
tre lettere, una delle quali si ripete due volte, così come accade
in quel grandioso quaternario che nella tradizione ebraica
identifica il nome quaternario del Padre della Vita.
Ma al fine di ogni miglior intendimento, pur se già tale quaternario
è segnalazione decisiva per la comprensione del mistero della
Rettificazione, della Rigenerazione e della Reintegrazione, è ancor
di più importante considerare la disposizione che assumono i termini
di detto quaternario nell'insieme che viene palesato, e ciò ai fini
dell'effettivo comprendere il mistero del nostro essere presenti nel
mondo di scena e del nostro poter passare, per il mezzo della
rettificazione, nel mondo di retroscena.
L'iniziato che su tale parola-simbolo, come anche sui simboli fino a
tale momento a lui proposti, abbia debitamente meditato e riflettuto
ben comprenderà a questo punto come è proprio con il Fuoco che la
Natura Integralmente si Rigenera.
Tale Fuoco che è poi il Fuoco dello Spirito, che è poi il Vento
dello Spirito che"soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai
di dove viene e dove va", liberato dall'Opera intelligentemente tesa
a ciò, rigenera totalmente la natura o, per meglio dire la terra
adamitica (che é terra rossa e non più terra nera), e si propone
quale caparra certa dell'acquisizione degli ulteriori risultati
riguardanti il terzo momento dell'Opera, e precisamente di quei
risultati-frutti individuanti la piena realizzazione dell'Opera al
Rosso e quindi la effettiva acquisizione della Pietra Filosofale.
Volutamente è stato detto a questo punto, la"effettiva acquisizione
della Pietra Filosofale", e ciò in quanto in realtà la Pietra
Filosofale tanto ricercata è quella materia prima alla quale si è
già fatto cenno, materia non conosciuta se non da chi ha già
incominciato a prendere coscienza del procedere necessario alla
realizzazione dell'Opera.
La pluralità degli alchimisti nel corso dei tempi ha attribuito alla
stessa un gran numero di nomi; e ciò ha fatto sia per evitare, a
modo di protezione, che la curiosità dei profani possa conoscerla
per poi mal utilizzarla e carpirne i frutti, sia per evidenziare con
solare chiarezza che la materia stessa (e quindi la Pietra, che in
realtà é la materia pensata, vissuta e sperimentata) è presente,
contenuta in tutte le cose, e in sé stessa tutte le contiene.
Il segreto, del resto da ogni alchimista mantenuto sulla materia
prima, è più che giustificato, sia che riguardi la materia-oggetto
da trattare, sia che riguardi le singole operazioni da portare a
termine, e ciò analogamente a quanto avviene in Massoneria.
La possibilità per il praticante di rinvenire una serie di
operazioni risolutorie che in tanto sono tali in quanto dallo stesso
sono con il proprio operare ritrovate, è tra l'altro garanzia certa
per lo stesso praticante dell'esito utile del suo ricercare e
realizzare.
La materia prima può essere individuata nella semenza di tutte le
cose; delle stesse é l'umidità fondamentale; essa è la hylè, la
Vergine nera, e, come Proteo, in tutte le cose si nasconde ed assume
tutte le forme; essa è la semenza di tutti i metalli ed é quella
pietra nascosta che solo per essere conosciuta al suo stadio
primordiale e per non essere ancora stata pensata, vissuta e
sperimentata, non può ancor essere chiamata Pietra Filosofale.
Con l'acquisizione piena delle significazioni e quindi dei frutti
della conoscenza derivati dalla comprensione totale dei simboli
dell'ultimo grado della Massoneria Rossa, possiamo ben dire che
l'Opera al Bianco é sostanzialmente compiuta, e che si é ormai in
procinto di conoscere appieno della Pietra Filosofale.
Delle sue qualificazioni, dei suoi modi di essere, degli effetti
della sua avvenuta acquisizione in questa sede non possiamo
aggiungere molto a quanto per incidens già detto, proprio perché una
tale trattazione riguarda decisamente quella che abbiamo voluto
chiamare Opera al Rosso; e la stessa sarà da altri effettuata.
Quello che comunque va rilevato é che la presa di coscienza e le
cognizioni che derivano dalla pratica del momento intermedio
dell'opera che abbiamo voluto chiamare Opera al Bianco - opera che
finora abbiamo in parte lumeggiato con riferimento alle analogie da
poter stabilire con la Massoneria Rossa - ci ha portato con la
scoperta e la acquisizione delle cognizioni dell'ultimo grado
ricordato, alla individuazione di una materia divenuta ormai quasi
Pietra del tutto Filosofale, avente già caratteristiche ben precise,
che sono diverse da quelle che apparivano all'inizio dell'Opera, e
comunque differenti da quelle che si mostravano dopo la avvenuta
visita all'interno della Terra (ovvero, in termini di analogia
massonica, dopo l'acquisizione della maestria conferita con il terzo
grado). La Pietra che già comincia a mostrarsi al termine dell'Opera
al Bianco é una pietra che evidenzia la propria sostanziale natura,
in questa fase, di REBIS.
Una realtà cioè duplice, pur nella sua unità, maschile nel versante
di destra e femminile nel versante di sinistra, doppia in una parte,
con riferimento all'altra, che di lei ne è la esatta metà.
La stessa, in tal modo mostrantesi, è già sotto tale aspetto forma
già ben definita per la possibile finale realizzazione dell'Opera,
per l'acquisizione, allorché sia avvenuta la sua cottura finale,
della perfetta e rossa pietra cristallina capace della
moltiplicazione.
Basilio Valentino, che abbiamo ricordato all'inizio di questo nostro
dire, ci rappresenta tale momento finale dell'Opera al Bianco
mostrandoci appunto il Mercurio androgino, il REBIS, il quale poggia
i suoi piedi sopra il Dragone della natura che a sua volta riposa
sopra la sfera alata della materia prima (6).
Perché mai dire che i maestri dell'alchimia, i veri alchimisti sono
invidiosi, e celano gli insegnamenti, e non comunicano le
istruzioni, quando invece abbiamo un tale esempio di chiarissima
estrinsecazione del. dovuto operare?
Già da ciò, già da tale emblema (che come abbiamo detto rappresenta
il Mercurio androgino) possiamo ben intendere chi sia quel"Drago
delle nuvole"il quale tratteneva nella caverna tenebrosa la
scintilla che fu a lui strappata dall'Uragano, come anche possiamo
ben intendere cosa sia la sfera alata della materia prima (sempre
che si guardi di quali cose la stessa sia composta).
Come anche possiamo intuire come il compasso e la squadra posti
nella mano destra e sinistra dell'androgino, oltre a farci intendere
il dovuto raccordo tra le segnalazioni che ci giungono dai simboli
alchemici e quelle che a noi provengono dalla Massoneria, ci
indichino che la sostanziale operazione da compiere è in realtà una
operazione di misurazione, pur se anche alludono alle potenze
maschili e femminili.
Già abbiamo accennato in questo nostro dire che, una volta
effettuata la visita all'interno della terra,, l'Opera al Bianco può
procedere per la via lunare e per la via solare al fine della
realizzazione della Piccola Opera o della Grande Opera.
Come si vede dall'emblema preso in considerazione nel lato maschile
dell'androgino si trovano Venere, Marte ed il Sole, ed nel lato
femminile Saturno, Giove e la Luna; ciò a perfetta rappresentazione
delle varie tappe delle opere lunare e solare.
Il Mercurio perfetto - il REBIS - é il momento terminale dell'una e
dell'altra fase e sta' ad indicare il luogo laddove i segni attivi
di destra e quelli passivi di sinistra, quest'ultimi quelli che
hanno preparato l'anima per renderla disponibile e questi altri
quelli che compiono la rivelazione spirituale, culminano in un
momento sintesi che è appunto la realtà del ricordato Mercurio, due
cose in una.
Tali le caratteristiche principali di quella che abbiamo chiamato la
fase intermedia del percorso alchemico, o Opera al Bianco, e tali
anche le principali analogie rilevabili tra i simboli riguardanti la
comunicazione resa a noi dagli alchimisti e quella, sempre per via
simbolica, espressa dalla Massoneria Scozzese, qualificata come
Massoneria Rossa. Di più non si potrebbe, né si dovrebbe dire.
Poiché però parliamo senza invidia nei confronti dei ricercatori e
comunque di quei Fratelli che, stimolati, per il loro continuo
crescere nell'intelligenza pongono quesiti a se stessi, daremo a
conclusione della trattazione del tema, due segnalazioni da valere
come spunto per ulteriori riflessioni.
La prima é quella per la quale é necessario riflettere sul fatto che
il Mercurio che in questa fase conosciamo, quel Mercurio REBIS che
abbiamo cercato di palesare finora, è in realtà soltanto - e ciò é
palese anche nella sua rappresentazione grafica - il Mercurio ancor
partecipe, pur se al culmine della stessa, della manifestazione.
Lo stesso é quell'Argento vivo che é il settimo nella scala degli
elementi, situato al quarto posto nella collocazione rettificata e
nel contempo il decimo della stessa; punto di crisi nella retta e
momento aureo del segmento; elemento che in una con il piombo, lo
stagno, l'argento, il rame, il ferro e l'oro mostra due parti della
realtà occultandone una.
Altro é invero il Mercurio Filosofale, essenza e sintesi dell'intera
Opera, che sotto di sé in forma di Ariete ha il triplice Fuoco
(quello diretto, inverso e contrario, oppure il naturale o
mascolino, l'innaturale o femminino, ed infine il fuoco contro
natura che corrompe il composto), che é anche nella sua
rappresentazione il contenitore di tutte le chiavi e di tutti i
momenti risolutori dell'Opera.
A questo Mercurio ogni discepolo della Vera Scienza. deve guardare
decisamente con estrema attenzione per tentar di"comprendere"e
realizzare con l'Arte l'Opera.
La seconda è quella per la quale non è possibile giungere al
compimento dell'Opera al Bianco e quindi alla possibilità di
conoscere del Sole e quindi alla possibilità di passare alla fase
successiva, quella per la quale la Pietra diviene Pietra Rossa e
Cristallina atta alla proiezione, se non si é conosciuta
perfettamente Venere.
In un opera alchemica del 1666, titolata"Chymica Vannus", di autore
ignoto, é giustamente detto, tra l'altro, che"In cruce sub sphaera
venit Sapientia vera".
Ripetiamo ancora una volta, per i veri ricercatori, che
effettivamente solo nella Croce sotto la Sfera, pu0ò ritrovarsi la"SAPIENTIA"vera; é questa enneadale parola che designa in effetti la vera
materia dell'Opera, pur se anch'essa pone un lievissimo limite alla
sua perfetta individuazione.
Se il fine del lavoro dell'alchimista é il ritrovamento della Pietra
Filosofale per l'ottenimento a seguito della trasformazione del
piombo dell'Oro Filosofico, di certo la finalità del lavoro del
libero muratore del ritrovamento della parola perduta, in termini di
perfetta analogia, non può che con la stessa finalità essere
coincidente.
Ciò é confermato dalle numerose concordanti significazioni che
abbiamo avuto modo di evidenziare tra l'Opera alchemica e il cammino
iniziatico realizzato secondo il canone proposto dalla Massoneria.
Da quanto siamo venuti dicendo ci sembra veramente che in tal senso
anche i gradi della Massoneria Rossa non tradiscano in alcun modo il
fine.
Se abbiamo bene inteso, in realtà la"parola"più che perduta è
soltanto occultata, e la stessa si svela alla cognizione di chiunque
percorra in scienza e coscienza il cammino iniziatico ed attivi il
piccolo fuoco del desiderio di conoscenza al fine di far sì che il
grande Fuoco dello Spirito infiammi ed incendi tutta la Materia che
riempie l'Athanor.
E pertanto, cos'altro diremo e cos'altro auspicheremo se non che
appunto tale percorso sia compiuto appieno, per modo che il Fuoco
celato nell'urna, purificando del tutto il materiale nella stessa
contenuto, faccia poi fiorire la Rosa che promette il prossimo ed
ormai certo risultato? (7).
1 - Non tutti i testi di alchimia
identificano i singoli momenti dell'Opera con gli stessi simboli e
con le stesse operazioni. Non bisogna dimenticare che i metalli e le
operazioni ricordate in alchimia non sono i metalli o le operazioni
intesi secondo l'accezione volgare, per essere questi ultimi morti e
gli altri invece vivi. É per tale ragione - e cioè è a seconda della
maggiore o della minore attenzione dedicata agli aspetti simbolici
del metallo o della operazione presa in considerazione - che può
accadere che i vari autori diano diverse strutture alla serie delle
operazioni e all'ordine dei metalli o dei pianeti.
2 - Tali pianeti, i quali vanno considerati secondo la loro
posizione per comprendere la loro corrispondenza reci¬proca, sono -
come è noto - il primo Saturno (che corrisponde al Piombo) che é il
più alto di tutti , e dopo, il secondo Giove (lo Stagno), il terzo
Marte (il Ferro), il quarto il Sole (l'Oro), il quinto Venere (il
Rame), il sesto Mercurio (il Mercurio) e il settimo la Luna
(l'Argento).
3 - Tali dodici fasi, sempre secondo"Il Gran Libro della
Natura", già ricordato, corrisponderebbero: la Calcinazione
all'Ariete e, in termini di sostanze, all'antimonio, la Congelazione
al Toro e al bitume, la Fissazione ai Gemelli e al pimento, la
Dissoluzione al Cancro e al sale ammoniacale, la Digestione al Leone
e all'oro, la Distillazione alla Vergine e all'arsenico, la
Sublimazione alla Bilancia e al vetriolo romano, la Separazione allo
Scorpione e allo zolfo, la Riduzione in cenere al Sagittario e
all'allume di rocca, la Fermentazione al Capricorno e all'allume di
piuma, la Moltiplicazione all'Acquario e al salnitro e, infine, la
Proiezione, piuttosto che ai Pesci, alla coda del Drago e al
mercurio'.
4 - Non dimentichiamo che i Massoni sono i figli della Vedova!
5 - Il termine V.I.T.R.I.O.L., che è termine settenario,
indicatore delle operazioni descritte ma anche parola nell'ambito
della quale ogni lettera ha la sua significazione ed il suo valore,
ed ancor più ha valore il rapporto che organicamente viene a
stabilirsi tra le stesse, alle volte viene proposto in termini
enneadali, con il manifestarsi come V.I.T.R.I.O.L.U.M.; anche ciò
non a caso, così come nulla é a caso nei simboli adottati sia
dall'Alchimia come dalla Massoneria (basterebbe pensare alle parole
di nove lettere presenti nei vari gradi).
6 - L'emblema, che viene riprodotto ed allegato, é degno di
particolarissima attenzione, non soltanto per quanto nel testo viene
esplicitamente detto, ma anche per quanto può dedursi dai segni e
dai grafi che lo qualificano.
7 - Anche a costo di apparire fuori tema, di seguito viene
trascritta la traduzione dell'inizio del Sepher Ha-Zohar (Il Libro
dello Splendore), nella traduzione che si può consultare nella
sezione della
Qabalah. Ciò in quanto tale
inizio lo riteniamo strettamente connesso al tema trattato e
particolarmente illuminativo per chi ha acquisito la visione
metafisica del reale.
Dice il testo:
"Rabbi Hizqiya aprì una delle sue conferenze con il seguente
esordio: É scritto:"Tale é quale é la rosa tra le spine, tale é la
mia amata tra le figlie". Che cosa designa la parola rosa? Essa
designa la"comunità di Israele". Allo stesso modo che la rosa è
rossa e bianca, allo stesso modo la Comunità di Israele subisce
tanto il rigore quanto la clemenza; e allo stesso modo che la rosa é
provvista di tredici petali, allo stesso modo la comunità di Israele
é circondata di tredici vie di misericordia. Così, all'inizio della
Genesi, fra la prima menzione del nome divino"Elohim"e la seconda
vi sono tredici parole che, come le tredici vie della misericordia,
circondano la comunità di Israele e la proteggono.
Inoltre vien fatta un'altra menzione del nome divino"Elohim".
Perché quest'altra menzione?
Per indicare il mistero che simboleggiano i cinque petali forti che
circondano la rosa. Questo numero di cinque designa le cinque vie
della salvezza e corrisponde alle cinque porte della grazia.
É a questo mistero che fanno allusione le parole della Scrittura:"Io prenderò il calice della salvezza e invocherò il nome del
Signore".
Il calice della salvezza designa la coppa delle benedizioni che deve
riposare su cinque dita solamente, simile alla rosa che é assisa sui
cinque petali forti corrispondenti alle cinque dita.
Così la rosa simboleggia la coppa delle benedizioni.
É per questo che fra il secondo"Elohim"ed il terzo, vi sono cinque
parole. Dopo il terzo"Elohim"é scritta la parola"Luce".
Questa parola è stata creata ed in seguito nascosta e riconfermata
con l"alleanza", simbolo del principio fecondatore che penetra nella
rosa e la feconda.
Ed è quella là che è chiamata nella Scrittura"l'albero fruttifero"che conferma la sua semenza; e questa stessa semenza fecondante si
trova nella stessa"alleanza". E allo stesso modo che il simbolo
“dell’alleanza"é formato di 42 grani di materia fecondante, allo
stesso modo le parti costituenti il nome segnato ed ineffabile sono
le 42 lettere con le quali si realizza l'Opera della Creazione.
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