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Caratteristica comune a quasi tutti gli uomini é quella di dimenticarsi di compiere a intervalli un riesame critico dei concetti fondamentali su cui fondano le loro azioni ed i loro convincimenti. Vorrei quindi riproporre un riesame critico di uno dei fondamentali concetti su cui si poggia la nostra istituzione: l'insegnamento.

Che cosa insegna la Massoneria?
In che cosa deve consistere l'insegnamento massonico?
Quando si é veramente Compagni d'Arte o Maestri Massoni?
L'insegnamento massonico deve essere rivolto all'interno o deve anche istituzionalmente proiettarsi all'esterno?

Come prima considerazione credo sia indubitabile che, per quanto si riferisce all'insegnamento interno, il nostro non può essere assimilato ad un insegnamento universitario.
Le nostre riunioni forniscono solo, e altro non potrebbero fare anche per ragioni di tempo, che degli spunti o degli aiuti alla meditazione individuale, delle occasioni di riflessione, di verifica o di confronto delle proprie convinzioni.
Se manca l'impegno individuale fuori dal Tempio non resta più nulla, i nostri lavori diventano vuoti e senza significato; sono convinto che il successo di ogni nostra tornata, nell'Ordine come anche nei Riti, sia misurato solo dal desiderio di ogni singolo fratello di far partecipi gli altri delle proprie conquiste interiori.
Credo anche sia difficilmente discutibile il fatto che l'aver conseguito un qualsiasi grado massonico, attribuito a fronte di una assidua frequenza e di un positivo interessamento, non costituisce affatto la prova di un effettivo miglioramento spirituale, o di un effettivo apprendimento di quella cosa misteriosa che é l'insegnamento massonico.

Il messaggio centrale del passaggio in 2° grado é forse il più illuminante per comprendere la natura di questo insegnamento: 'Da ora in poi dovrete alimentare una conoscenza più sottile: alla Forza dell'Intelletto dovrete aggiungere la Bellezza dell'Immaginazione perché possa suscitarsi in Voi l'Intuizione che trascende il Raziocinio. Ciò viene detto, in linguaggio muratorio, passare dalla Perpendicolare alla Livella, ossia dall'Attività alla Passività, per integrare tra loro queste due forze, trascenderle e raggiungere, attraverso la loro confluenza, un perfetto equilibrio".

Il nostro rituale lega l'Intelletto alla Razionalità, mentre collega l'Intuizione alla immaginazione.
Poiché questi termini hanno avuto, ed hanno, infiniti significati, propongo, come ipotesi di lavoro, di intendere la Razionalità come la capacità di costruire pensieri logici e di intendere l'Intuizione come la capacità di comprendere direttamente ed immediatamente senza bisogno del pensiero logico.
La Massoneria, distinguendo i Fratelli nei tre gradi, assegna all'Apprendista il compito di affinare l'intelletto, al Compagno quello di sviluppare l'intuizione e, al completamento dell'opera, riconosce nel compagno un Maestro.
Il terzo grado non prevede alcun insegnamento specifico, ma questo é ovvio perché la via di chi ha già raggiunto l'illuminazione è assolutamente individuale, non necessita di lavoro comune, se non quello meramente organizzativo della vita dell'istituzione.
Se il passaggio al 1° grado, con l'iniziazione, apre le porte ad una nuova esperienza e quello in 3° sancisce la conclusione di questa esperienza (rinascere a nuova vita), il fulcro di tutto il nostro lavoro é rappresentato proprio dal passaggio in 2° grado dove viene introdotto il concetto di Intuizione.

Cos'é l'intuizione?
La definizione più ricorrente é quella di "conoscenza diretta ed immediata di una realtà che non richiede il tramite di altre conoscenze logico-deduttive".
Dall'antica definizione di intuizione come "conoscenza divina che il Creatore ha delle cose create", siamo arrivati a quelle contemporanee di "generatrice dell'idea, strumento dell'invenzione, facoltà che ci insegna a vedere".
Il ventaglio di queste definizioni ci mostra come il concetto di intuizione sia tutt'altro che assodato od univoco.
Pur sapendo che dovremo risolvere questa indeterminatezza, proviamo a continuare accontentandoci, per ora, di considerare l'Intuizione come "la lampadina che si accende all'improvviso".
Perché la Massoneria, in questo conformandosi a tutte le altre istituzioni esoteriche, mostra di privilegiare l'Intuizione rispetto alla Razionalità?
Credo che la risposta stia nel fatto che la razionalità, per quanto sviluppata, ha dei limiti che non possono essere superati.
La razionalità incontra il suo limite proprio nel fatto che é costretta a separare, a classificare, a dividere, a costruire concetti astratti, a filtrare la realtà attraverso gli schemi logici che ha costruito, e solo entro questi schemi riesce a riconoscerla.
É la razionalità che, separando e classificando, ha costruito il bene contrapposto al male, il bello al brutto, il giusto all'ingiusto; dal momento che ogni singola razionalità (e quindi ogni uomo) opera nello stesso modo, abbiamo infiniti concetti di bene e male, ognuno diverso dall'altro, e più ci spingiamo innanzi nell'analisi, più cioè continuiamo a dividere e a distinguere, e più ci allontaniamo da qualsiasi certezza e meno ci comprendiamo l'uno con l'altro.
La più concreta prova di ciò ci viene proprio dalla più razionale e rigorosa delle discipline: la fisica.
Tutti gli sviluppi successivi alla fisica classica si sono scontrati contro dei paradossi logicamente insolubili; Einstein stesso ebbe a dire: "Tutti i miei tentativi di adattare i fondamenti teorici della fisica alla realtà della fisica atomica fallirono completamente. Era come se ci fosse mancata la terra sotto ai piedi, e non si vedeva da nessuna parte un punto fermo su cui poter costruire."
Immagino che Einstein, non potendo dedurre i presupposti della fisica atomica dalle conoscenze che già possedeva, risolse il problema con l'intuizione; ebbe la percezione, o la comprensione o la visione diretta di ciò che cercava e dimostrò poi, con il suo sviluppatissimo intelletto logico, la verità della sua percezione.

In questa luce é spiegabile perché il 1° grado impone comunque lo sviluppo della razionalità: sia perché é necessario comprendere pienamente che il processo logico-razionale, da solo, é una via chiusa, sia perché la razionalità é comunque una fertilissima base per l'intuizione, sia perché la consapevolezza, la prova, la dimostrazione di aver finalmente intuito almeno una piccolissima parte della verità ci viene data proprio dalla razionalità.
Allo stato attuale delle conoscenze umane devo ammettere che la via della Razionalità non può dare quelle risposte fondamentali che l'uomo ha sempre cercato, e quindi non vedo motivo alcuno per rifiutare il suggerimento massonico di affiancare alla via razionale quella dell'Intuizione.
Dal momento che, però, la via dell'Intuizione é una via non meglio definita, non posso fare a meno di domandarmi cos'é veramente l'intuizione, come si fa ad intuire e, cosa che più mi preme, come si fa ad insegnare ad intuire?
L'unica cosa che so, e che sappiamo tutti benissimo perchè tutti hanno avuto almeno un'intuizione, é che questa arriva all'improvviso, senza un apparente collegamento con quanto si sta facendo o pensando.
Seguire la via dell'intuizione dovrebbe significare invece trasformare queste intuizioni spontanee in intuizioni provocate, e questo ci pone tre ordini di problemi:
1) se si può, in generale, insegnare a stimolare il sorgere dell'intuizione;
2) se si può, in particolare, trasmettere ad altri le proprie particolari intuizioni.
3) se il sorgere di un'intuizione, in un particolare campo, necessita come condizione necessaria di una preliminare ed approfondita conoscenza di quel particolare campo.

Il Taoismo e lo Zen, per citare le discipline più note, affermano che si può insegnare a stimolare il sorgere dell'intuizione, ma la prova di ciò la si può avere solo se si seguono quei cammini particolari, e sarebbe comunque una prova non oggettivamente dimostrabile.
Tutte le istituzioni esoteriche, e la nostra non fa eccezione, si fondano sul processo conoscitivo dell'intuizione ed utilizzano strumenti di comunicazione simbolici.
Sono portato a credere che se ci fosse la possibilità di insegnare a stimolare il sorgere dell'intuizione, gli strumenti razionali e logici che noi siamo soliti usare sarebbero inadeguati, e quindi non vedo motivo alcuno per non cercare di scoprire se gli strumenti simbolici sono adatti allo scopo (un massone non dovrebbe avere alcun dubbio in proposito, ma ho esordito proponendo un riesame critico dei concetti che consideriamo scontati).
Prendiamo quindi come ipotesi che, se ci fosse la possibilità di insegnare ad intuire, il mezzo dovrebbe essere un insegnamento simbolico.
Questo ci pone altre due domande fondamentali: come deve essere questo insegnamento simbolico e chi é in grado di fornirlo.
In via preliminare devo rilevare che insegnamento simbolico non significa, come ci é stato sempre proposto, spiegare a parole quale deve essere il significato ortodosso della dea Minerva: questa é solo la banale rappresentazione linguistica di un significato già codificato e razionale, che chiunque può facilmente comprendere e memorizzare.
L'insegnamento simbolico dovrebbe consistere invece nel proporre segni, rappresentazioni, parole, suoni, frasi o costruzioni linguistiche che, senza necessariamente avere un significato razionale, sono idonei a suscitare una comprensione che trascende la razionalità, una comprensione cioè diretta ed immediata di ciò che si vuole insegnare.
Il problema é che ogni allievo é diverso sia da qualsiasi altro allievo, sia da sé stesso mano a mano che scorre il tempo, e quindi molto probabilmente ognuno di noi, ad ogni istante, reagisce solo ad una particolare comunicazione simbolica e non ad altre.
Il compito del maestro sarebbe quindi quello di proporre, fra gli infiniti disponibili, quel simbolo che in quel momento serve a quel particolare allievo; anche se ho dei valentissimi maestri nella sfera razionale, che tantissimo mi hanno insegnato, non sono sicuro di aver ancora incontrato un maestro che mi abbia spinto coscientemente all'intuizione.
Fra l'altro non é detto che, anche avessimo fra di noi un illuminato questo sia anche un maestro; Maestro é solo l'illuminato che é anche capace di insegnare.

Quanto precede fornirebbe anche una ulteriore e concreta giustificazione all'esistenza dei Riti.
Se infatti, nell'Ordine, il passaggio al grado di Maestro significasse davvero che si è finalmente in grado di percepire la realtà attraverso l'intuizione, che si è davvero rinati ad una nuova vita spirituale, null'altro servirebbe di ulteriore, ma visto che, salvo rarissime eccezioni, così non é, i Riti finiscono col supplire a quell'insegnamento simbolico che l'Ordine, per la sua necessaria genericità, non riesce a fornire.
E poiché, come si é detto, ognuno di noi é sensibile solo a quei messaggi simbolici con cui riesce ad entrare in sintonia, proprio nei Riti, ognuno con la sua diversa impostazione simbolica, e nelle Camere che li compongono, anch'esse simbolicamente impostate in maniera diversa l'una dall'altra, esiste la più grande possibilità di incontrare finalmente il messaggio che ci serve.
La mia meditazione, che ha originato un grandissimo numero di domande cui non so dare apprezzabili e serie risposte, mi fa comprendere che mi posso considerare, in tutta coscienza, solo un diligente apprendista, e mi spinge quindi a chiedere l'aiuto dei Fratelli per fare un po' di luce sul significato concreto di "Intuizione" e sulla possibilità di stimolare il suo nascere, perché questo, come é scritto, dovrebbe essere la base ed il fondamento di tutto il nostro insegnamento e di tutto il nostro lavoro.
Oltre alla Razionalità e all'Intuizione, la terza componente del nostro insegnamento interno é costituita dalla Tradizione, che per noi diventa Tradizione Iniziatica.
Questa terza componente non è meno misteriosa ed indefinita dell'Intuizione perché, di fatto, costituisce il nostro Mito.

Esiste una gerarchia fra queste tre componenti?
La Razionalità, se non é anche accompagnata dall'Intuizione e dal Mito, situazione caratteristica del matematico, del logico e dello statistico, trasforma l'uomo in una macchina.
L'Intuizione, se non é anche accompagnata dalla Razionalità e dal Mito, situazione caratteristica dell'artista e del poeta, trasforma l'uomo in un folle privo di contatto con la realtà.
Il Mito, se non é anche accompagnato dalla Razionalità e dall'Intuizione, situazione caratteristica del sacerdote, trasforma l'uomo in uno schiavo privandolo della libertà del suo pensiero.
Anche se ognuno di noi è più incline a seguire o privilegiare una delle tre componenti, personalmente credo che la via da seguire sia quella di espandere la Razionalità fino agli estremi limiti possibili (perché solo con la ragione siamo in grado di sbarazzarci delle false credenze e di dimostrare la fondatezza delle nostre intuizioni), cercare di vedere, con l'Intuizione, quanto più possibile della vera essenza della realtà in cui viviamo, (sia per temperare, stimolare, dirigere e controllare la nostra ricerca logica, sia perché solo con l'intuizione diventiamo capaci di atti creativi), e, quando si arriva alle domande ultime che non possono avere risposta umana, chiedere soccorso al Mito (ma sempre ricordando che il mito non è necessariamente la verità).
É sempre il messaggio dell'iniziazione al 2° grado che ritorna: avendo come sfondo il nostro Mito, la nostra Tradizione dobbiamo "passare dalla Perpendicolare alla Livella, vale a dire dall'Attività alla Passività, ovvero dalla Razionalità all'Intuizione, per integrare fra loro queste due forze, trascenderle e raggiungere, confluenza, un perfetto equilibrio".
La seconda considerazione riguarda l'insegnamento massonico nei confronti del mondo profano, insegnamento che rappresenta anche la massima tentazione di ogni massone, quella di "impegnare l'Istituzione nel mondo profano".
Visto che apparteniamo ad un'istituzione che crediamo di ritenere la più elevata che l'uomo abbia mai elaborato, perché non utilizzarla per migliorare il mondo? La tentazione é effettivamente irresistibile.
Ma cosa abbiamo noi, come istituzione, da proporre al mondo profano? Forse la libertà l'eguaglianza e la fratellanza? Forse l'onestà e i buoni costumi? Forse degli specialissimi principi morali ed etici che, nelle nostre definizioni sono eterni ed universali, ma che non vengono mai precisati?
Tutto questo, a mio sommesso giudizio, é un'astratta e banale enunciazione senza alcun fondamento concreto, e basta solo partecipare a qualche riunione del Collegio Circoscrizionale, o prendere parte a qualche nostra campagna elettorale, o leggere sui quotidiani il resoconto delle nostre beghe, per rendersi conto che il nostro cosiddetto modello, se esiste, non é applicato neanche fra di noi; figurarsi esportarlo (il rilievo non si riferisce ovviamente ai singoli fratelli che, nella quasi totalità, sono tutti singolarmente degnissimi, ma alla struttura sociale che i fratelli riescono ad esprimere, struttura che di fatto é solo lievissimamente migliore di quella profana).
Fino a quando enunciamo idee astratte ed altissimi principi non abbiamo problema alcuno, ma quando ci scontriamo con l'applicazione concreta, con il contingente, con l'operatività, la nostra saggezza sembra dileguarsi.


Forse vogliamo proporre una nuova utopia?
Sarà sicuramente mia ignoranza, ma non ho mai intuito che ne avessimo una (o forse non mi é mai stata comunicata), e comunque, costruirne una originale é affare che richiede attributi sicuramente elevatissimi, non so quanto alla nostra attuale portata (non sono in molti, in millenni di storia, ad esserci riusciti).
Forse vogliamo proporre una nuova ideologia?
Il significato originario di questo termine era quello di "conoscenza del come si formano le idee"; quello ormai comune e generalizzato, invece, è quello di "costruzione di idee da utilizzare come strumento persuasivo a scopo di dominio".
La ricerca dell'ideologia secondo l'originario significato non è per noi cosa nuova, l'abbiamo sempre praticata, ma è una ricerca accademica, innocua e irrilevante per il mondo profano.
La ricerca di un'ideologia, intesa invece nel senso che oggi si dà a questo termine, va a scontrarsi contro tutti i nostri più fondamentali principi ed é quindi improponibile.
Forse, e più modestamente, ci potremmo anche accontentare di proporre al mondo profano un diverso modello sociale di sviluppo, limitato magari solo ai prossimi cinquanta anni, ma anche in questa ipotesi lo studio e lo sforzo sarebbero immani.
Dovremmo iniziare subito col porci il dilemma se la società umana deve essere strutturata come un organismo (sul tipo dell'alveare, col minimo grado di autonomia individuale, tendenza cui si vanno indirizzando le società moderne) ovvero come una organizzazione (sul tipo della struttura massonica, col massimo grado quindi di autonomia individuale), e fino a che non avessimo risolto questo problema, che é propedeutico ad ogni altra considerazione, non potremmo seriamente pensare di passare a indagare sui dilemmi successivi, quali ad esempio: che tipo di morale adottare, che tipo di giustizia sociale, che tipo di struttura economica, e così via.
Abbozzata la struttura dovremmo, se vogliamo avere un minimo di correttezza, porre il nostro modello a confronto con tutti gli altri modelli sociali che la storia ci ha tramandato per evitare almeno di ripetere gli errori più grossolani che gli altri hanno già commesso.
Dopo tutto questo saremmo in grado di proporre un modello forse non troppo balzano, ma che, essendo costruito secondo i nostri particolari gusti, non solo quasi certamente non piacerebbe a nessuno, ma sarebbe comunque vecchio in quanto i cinquanta anni sarebbero già passati.
Quanto ho detto, ripeto, é unicamente riferito alla Massoneria come istituzione; ogni fratello, vivendo nel mondo e partecipandovi attivamente, già cerca, tramite le strutture profane, di fare quanto é in suo potere per rendere meno penosa la convivenza umana.
La Massoneria, e questo é stato ripetuto fino alla nausea, non ha fatto la Rivoluzione Francese, né l'unità d'Italia, né la Rivoluzione Americana, né ha scritto la Costituzione degli Stati Uniti d'America; dei Massoni hanno ispirato e favorito tutto questo, degli uomini speciali che, solo dopo aver conosciuto sé stessi in Loggia applicando le regole dell'Istituzione, hanno indossato abiti profani ed hanno cercato di operare nel mondo applicando le leggi del mondo profano.
Dal punto di vista operativo continuo a ritenere che la via da seguire non sia quella di cambiare le strutture sociali per migliorare gli uomini, ed in ciò sono confortato da quattromila anni di fallimenti ininterrotti, ma semplicemente di migliorare il maggior numero possibile di singoli uomini: il cambiamento della società ne sarà una automatica, anche se lentissima, conseguenza.
Non dimentico l'angosciosa domanda: "Come può l'uomo produrre mirabili opere dello spirito, ma anche le camere a gas?"
Non conosco la risposta, ma ho constatato che le meravigliose opere dello spirito, le armonie e le rappresentazioni pittoriche che incantano, addirittura il sacrificio della propria vita per la vita di altri, sono opera sempre di singoli uomini illuminati; le camere a gas, le devastazioni, i genocidi, sono quasi sempre opera delle società, che altro non sono che la trasposizione pratica di utopie o ideologie (e queste, in quanto idee astratte, non sono mai né buone né cattive).
La Massoneria, come istituzione, non ha nulla da proporre o insegnare al mondo profano per il semplice motivo che non si rivolge alle società umane, ma ai singoli uomini.
La Massoneria, come istituzione, vuole solo aiutare singoli uomini a conoscere se stessi, e questo mi sembra già un compito immane.
Resta però il problema che noi, come tutti gli uomini, sentiamo l'insopprimibile bisogno dell'azione, dell'operare praticamente nel mondo, ma così come non si usa una macchina di formula uno per andare su un sentiero sterrato di montagna, od un bisturi per tagliare il pane, così non dobbiamo chiedere alla nostra istituzione di impegnarsi in compiti che, per sue caratteristiche strutturali, non é in grado di svolgere.
Vogliamo proprio influenzare la vita politica? Costituiamo un nostro partito (magari composto da soli massoni) che, essendo solo un partito, potrà liberamente operare con gli strumenti proprii della lotta politica e sarà quindi alla pari con gli altri partiti.
Vogliamo davvero influire sull'educazione dei giovani? Istituiamo nostre scuole e università dove insegnare i principi che noi poniamo a fondamento della nostra vita e tutto ciò che per noi é cultura, in libera concorrenza con le altre scuole.
Vogliamo anche aiutare chi si trova in difficoltà? Diamo nuovo vigore alle nostre istituzioni benefiche o creiamone di nuove.
Perché costringere tutta l'istituzione a far politica, cultura o beneficenza, quando ben altro di più importante dovrebbe fare? I Fratelli che amano la politica costruiranno, fuori dall'Istituzione, le nostre associazioni politiche, quelli che amano la cultura sosterranno, fuori dall'Istituzione, le nostre scuole e quelli che amano assistere il prossimo lavoreranno nelle nostre istituzioni benefiche.
Non trascuriamo l'esempio illuminante della chiesa cattolica, un'istituzione spirituale che, per poter operare concretamente nel mondo profano, ha ritenuto necessario creare partiti, istituzioni, università e strumenti profani, e non dimentichiamo comunque le conseguenze che questo operare profano di un'istituzione spirituale ha portato.
Se riuscissimo a comprendere il significato del nostro precetto "passare dalla perpendicolare alla livella" o, in altre parole, "passare dall'attività alla passività" o, in altre parole ancora, "nella non-azione sta l'azione", forse comprenderemmo che la vera azione della nostra istituzione non é quella di misurarsi col e nel mondo profano, ma quella di impegnarsi, in silenzio, a forgiare un sempre maggior numero di uomini eccellenti: questi compiranno le azioni.


Nel mondo profano, per sopravvivere, sono costantemente costretto a combattere, pur con le remore e gli scrupoli di un massone, contro la natura, contro gli altri uomini e contro le strutture che gli uomini si sono costruiti.
Non voglio essere costretto a combattere anche in Massoneria, perché ritengo che la Massoneria sia l'ultimo porto rimasto, riparato dalla furia del vento e del mare, dove posso rifugiarmi per sviluppare, quasi libero da condizionamenti, il mio intelletto e dove posso avvicinarmi, con l'intuizione, a qualche barlume di verità.
Se permettessimo alle passioni del mondo profano di entrare nel nostro porto, dove potremmo più andare a ristorare il nostro spirito?
 


 

Il presente documento, che obbliga solamente l'autore, è opera d'ingegno di un F:. di cui si ignora il nome. É stato ritrovato tra le carte della Loggia con l'indicazione della sola data: "1992", ci scusiamo per l'inevitabile anonimato. 

Ogni diritto è, in ogni caso, riconosciuto. La libera circolazione del documento è subordinata alla citazione della fonte (completa di Link).

© Montesion

 

 

 

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