Mi sia consentita da subito una
premessa che sarà di metodo prima
ancora che di contenuto. Tale
esigenza sorge dalla necessità che
ciascun ricercatore sente, nel
tracciare il percorso della propria
indagine, di chiarire, innanzitutto
a se stesso, quale è lo scopo ultimo
della verifica che si accinge a
condurre e quale è la ragione prima
della propria sete di sapere.
Ebbene, sotto tale prospettiva,
l'approfondimento che ho cercato di
compiere dal mio ingresso in
Massoneria sino al tracciamento
della presente tavola - e che è mio
auspicio e ferma intenzione
perfezionare nel tempo futuro -,
concerne la celebrazione della
radice giudaico-cristiana che anima
la Sacra Arte. Ciò in quanto da
troppi angoli sento echi di una voce
nella quale il senso religioso si
confonde impropriamente con la cifra
etica, in cui il relativismo impera
sulla scia di una non meglio
specificata obbedienza al senso
della modernità e gli assunti
postulati negli stessi landmarks
vengono inopinatamente messi in
discussione.
L'obiettivo temo sia oltre modo
ambizioso, rispetto alla limitata
conoscenza che mi ha orientato nella
ricerca e nelle meditazioni, e forse
presuntuoso. Per certo il mio
spirito non si riconosce né nel
primo, tanto meno nel secondo
carattere ma, molto modestamente,
vuole sforzarsi di dare, nel suo
piccolo, un contributo (non in
termini di autorevolezza, sia ben
chiaro, ma solo di numero) alla
difesa strenua e radicale della
Tradizione massonica e, mi sia
concesso, dei prisci mores di
memoria latina.
Vorrete avere la compiacenza di
guardare dunque con occhio benevolo
al senso di una premessa così lunga,
che, purtuttavia, ho sentito come
imprescindibile. Imprescindibile in
quanto il tracciamento della prima
tavola per un Apprendista è un
momento di riflessione ed un
rendiconto più in termini negativi
(ad excludendum) che in termini
positivi (ad includendum),
conferendo a tale valutazione non
già un'accezione deteriore, ma, in
una prospettiva socratica, la
maturazione di un senso di
consapevolezza per il quale, allo
stato, si può solo vagheggiare
quanto ampia sia la propria
ignoranza, -quanto ampio sia
l'oceano del Sapere e quanto irto di
ostacoli il percorso che, spero, mi
condurrà un giorno ad esso.
Un quadro, dunque, ancora sfumato
nei contorni e nelle forme, di
fronte al quale non si può però
revocare in dubbio, neppure per un
breve, impercettibile istante, la
fermezza dei valori tradizionali
della Sacra Arte ed il senso
sacerdotale (della colonna J) che
devono animare la nostra
esplorazione ed il nostro agire.
Nella mia esperienza, dunque, il
lavoro in questione rappresenta
innanzitutto un punto di partenza:
una prima sintesi, vaga e lacunosa,
di quanto è stato maturato nel corso
di questi mesi ed una bozza del
disegno ancora lungi dall'essere
tracciato.
Dirò subito cosa questo lavoro non
é. Non è uno studio sulla cosmogonia
pagana e sulla tradizione dei culti
solari. Non è una riflessione sul
Verbo e sul senso più profondo del
Vangelo di Giovanni.
É, al contrario, e molto più
banalmente, una analisi delle
ragioni storiche e religiose che
hanno condotto la Massoneria, in
tutte le latitudini, a riconoscere
in San Giovanni il proprio
protettore, poiché è indiscutibile
che sin dalle antiche Confraternite
dei Costruttori, per il tramite poi
dei Templari e dei RosaCroce, fino
alle (e per iniziare dalle, verrebbe
da dire) Costituzioni del 1717, la
figura di San Giovanni si staglia,
carico di significato esoterico,
quale nume tutelare delle Logge,
quale rivelazione mistica sulla
natura delle idee religiose in
queste professate.
Val qui rammentare come, in un
discorso pronunciato il 27 dicembre
1884 a Parigi, il Fratello Leblanc
del Supremo Consiglio dei 33
osservava: "Da tempo immemorabile i
Fratelli
Massoni si intitolavano: Massoni di
San Giovanni, Massoni Liberi di San
Giovanni, Fratelli di San Giovanni;
e la loro corporazione era spesso
designata col nome di Confraternita
di San Giovanni".
Ed infatti un antico testo massonico
recitava: "sei Tu di cui celebriamo
la memoria Figlio di Zaccaria, Tu
che fosti inviato al Cielo per
render testimonianza alla Vera Luce,
Tu sei colmo dello Spirito e della
Virtù di Elia, Tu sei la voce che
grida nel deserto. Tu sei il Profeta
dell'Altissimo e più che un profeta.
Colui al quale rendesti
testimonianza, Egli stesso ti ha
reso testimonianza in questi
termini: fra i nati da donna non è
mai sorto alcuno più grande ".
Il senso più profondo del rilievo
assunto dal Santo e dal quale
prenderò le mosse al fine di
condurre il ragionamento che ho in
animo di illustrare, risiede però in
un passo degli Statuti del 1721 nei
quali chiaramente si dispone che "i
Fratelli di tutte le Logge di
Londra, di Westmister e dei
dintorni, si uniranno nel luogo
convenuto nel giorno di San Giovanni
Battista o di San Giovanni
Evangelista ... ".
Da tale previsione si evince il
sottile file rouge che unisce: (i)
la celebrazione del Santo, (ii) la
devozione verso entrambi i Giovanni
(il Battista e l'Evangelista), (iii)
l'esaltazione dei due solstizi:
quello estivo e quello invernale.
L'indicazione della troica ora
evocata è casuale o è il frutto
della contiguità, nel corso dei
secoli, della tradizione cristiana
con le antiche celebrazioni
cosmogoniche? E, soprattutto, le tre
voci che la compongono sono tra loro
strettamente – indissolubilmente -
legate o tradiscono concetti
distinti e, per certi versi,
autonomi?
Che le vecchie teogonie abbiano da
sempre celebrato e segnato le
proprie stazioni in relazione ai
corsi apparenti del sole è un dato
storicamente acquisito. Secondo
Platone, i Greci, sin dalla più
remota antichità, adoravano il sole,
la luna, gli astri e, però, non
dissimilante facevano ai suoi tempi,
sotto le spoglie di Ercole, Bacco,
Apollo, Diana ed Esculapio.
Analogamente i Romani, con Mercurio,
Diana, Cerere e Pluto. Ed ancora gli
Egizi e gli Indiani.
Da sempre, dunque, l'uomo si è
rivolto al sole ed ha orientato il
proprio cammino e segnato la propria
vita, soprattutto nelle civiltà
agricole (quelle che più linfa hanno
dato alla cultura umana antica),
secondo la manifestazione di questo.
Celebrava il solstizio d'estate, ove
il sole è più alto in cielo e
trionfa sull'universo mondo con il
suo potere fecondo, pur se di lì dà
avvio alla propria parabola
discendente. E celebrava il
solstizio d'inverno ove il sole
raggiunge il suo punto più basso, ma
si propone, carico di vigore e di
crescente forza rigenerante, nella
fase ascendente delle propria
parabola, più o meno in coincidenza
con quel 25 dicembre così
significativo per tante culture. Per
quella cristiana, innanzitutto, che
vi vede la nascita del Cristo
(seppur solo a partire dal
Cronografo Romano del 354, redatto
sotto Papa Liborio sulla scorta
dell'esperienza Mitraica). Ma anche
per quella Romana con il Dies
Natalis Solis Invicti, e per quelle
culture di matrice Zoroastriane
(localizzabili più o meno
nell'attuale Iran) dalle quali il
Mitraismo deriva.
In altri termini, celebrando i due
solstizi, si celebrava la
trasfigurazione del dramma cosmico
della morte e della rinascita del
Sole che segna nel corso dell'anno
l'avvicendarsi delle stagioni e del
ciclo della vegetazione. Lo stesso
avvicendarsi di vita e morte, di
luce e tenebra che si svolge del
resto anche nel ciclo giornaliero.
Osservando che ad ogni morte del
Sole, della luce e della vegetazione
segue la rinascita, l'uomo deduce
che gli arride la stessa sorte per
il valore universale delle leggi
cosmiche. In tal senso i Solstizi
acquistano anche per l'uomo un
profondo significato in riferimento
al destino dell'anima, in quanto
alla vita segue la morte ed a questa
quella, in una sequenza continua
alla quale fa da eco la nascita
della vita terrena, la sua fine e la
rinascita nello spirito.
Ma in tale ciclo, come si colloca
San Giovanni, o meglio, come si
collocano i Santi Giovanni,
Battista ed Evangelista, celebrati,
rispettivamente, il 24 giugno ed il
27 dicembre, in concomitanza, cioè,
con i due solstizi? In due date,
dunque, non perfettamente
coincidenti con i solstizi, ma ad
essi riconducibili, posto che la
sacralità del tempo in questione
concede la sua dilatazione.
Ebbene, le prime esperienze
cristiane tendevano, al fine di
garantire maggiori proseliti, a
sovrapporsi alle precedenti
esperienze religiose ed a mutuare
taluni usi di modo da non
stravolgere le credenze e le
abitudini delle popolazione ed
intervenire gradualmente, e quasi
impercettibilmente, sulle stesse.
Basti pensare all'edificazione delle
chiese che, abitualmente, venivano
erette sulle fondamenta dei
precedenti templi pagani oppure alla
sovrapposizione di figure proprie
delle passate religioni con quelle
di diretta derivazione cristiana
(penso, ad esempio, alla Gran Madre
Terra ed alla Beata Vergine).
Nella tradizione romana i solstizi
erano ricondotti a Giano Bifronte
(colui che guarda al passato ed al
futuro e, in maniera invisibile,
all'eterno presente) e costituiva,
questa, tradizione a tal punto
inveterata che la Chiesa Romana
incontrò soverchie difficoltà a
sostituire i precedenti riferimenti
con quelli propri della nuova
religione, in quanto nessuna delle
soluzioni ipotizzate rapiva con
decisione il sentire dei seguaci.
Solo nel 605 la Congregazione dei
Vescovi riuscì, infine, dopo un
intenso sforzo di decifrazione del
significato delle due feste e del
senso del bifrontismo di matrice
pitagorica, ad individuare nei due
Santi le figure che, più delle
altre, si conciliassero
perfettamente con la tradizione
pagana e con i movimenti dell'astro.
Il ciclo della vita e della morte,
rappresentato dal Sole e
trasfigurato nel doppio volto di
Giano che guarda all'indietro ed in
avanti, veniva ora celebrato nelle
immagini di due santi con un volto
solo: un solo dato comune, ma con
opposto significato analogico.
Ma perché Giano presiediava ai
festeggiamenti dei solstizi? Il nome
Giano evoca il termine latino "ianua"
ossia "porta", ma risponde, ancor
prima, alla radice anatolica "Gaò"
ed alla parola sanscrita "Yanò"
(porta) combinate con il verbo "Eo"
(andare). Era di fatti rappresentato
con chiave e bastone per sorvegliare
i passaggi: era il dio dell'Inizio,
che apre il cammino alla Luce,
guidando l'attività umana nel corso
del giorno e che proteggeva l'Inizio
per antonomasia: il concepimento e
la nascita. Ma era, in virtù del suo
sguardo al passato ed al futuro,
innanzitutto il dio dell'eterno
Divenire, di quel ciclo di morte e
rinascita al quale si è fatto
poc'anzi riferimento, poiché da lui
dipende il passaggio dell'astro e
quindi l'inizio e la fine delle
stagioni. Nelle sue mani è, dunque,
il controllo del tempo e dei
destini.
Non dimentichiamo che nella antica
cultura greca i due Solstizi
venivano chiamati "Porte". Porta
degli Uomini, il Solstizio d'Estate;
Porta degli Dei, quello invernale.
Ovvero, nella tradizione latina, "ianua
inferni", il primo, che apre al
segno del Cancro; "ianua coeli", il
secondo, che apre al segno del
Capricorno, simbolicamente
rappresentando, in entrambi i casi,
i due passaggi che collegano due
mondi, quello terreno a quello
celeste ovvero questo a quello degli
inferi.
Per l'antica cosmologia, la Porta
del Capricorno aveva un significato
positivo, in quanto, coincidendo con
l'ascesa del Sole, le energie,
varcandola, salgono verso gli Dei
per poi ridiscendere sugli uomini;
la Porta del Cancro, di converso,
recava una immagine (solo)
apparentemente negativa, giacché il
significato che gli era sotteso era
invero di speranza. Se è pur vero,
infatti, che in quella Porta il Sole
raggiunge l'apogeo e, dunque, essa
prelude ad una decadenza, questa
rappresenta solo un momento
contingente in quanto al suo termine
segue la rinascita. Ed infatti
attraverso la Porta del Cancro le
anime degli avi discendevano sulla
terra per incarnarsi nuovamente.
Qui, dunque, il primo segno di
sinonimia concettuale e figurativa:
l'eterno, periodico, ciclo
ascendente e discendente del Sole,
da un lato; l'eterno divenire del
tempo e dell'uomo e del suo spirito
sotto l'egida di Giano, dall'altro.
Vorrei al riguardo richiamare
l'attenzione del lettore su pochi,
ma significativi concetti, che sono
sin qui emersi e che impiegherò
quale cartina di tornasole per
scrutinare, come mi ero proposto, i
contorni dei due Santi: (i) il senso
ciclico della vita e della morte e,
di risulta, (ii) il concetto di
Inizio e (iii) di rinascita nella
Nuova Vita. Ed il quesito che ne
discende mira a verificare le
ragioni per le quali la Chiesa di
Roma e la Massoneria abbiano sposato
la causa dei due Santi Giovanni
accostandola ai due solstizi.
Iniziamo col dire che Giano era
anche il protettore dei Collegia
(latini) dei fabbri e degli
architetti e ciò dovrebbe
rappresentare un primo anello di
congiunzione con la presenza di San
Giovanni - ossia della figura che
aveva preso materialmente il posto
del dio pagano nella celebrazione
del solstizio – all'interno delle
logge massoniche. Inoltre, come in
precedenza rammentato, si poneva
simmetricamente rispetto alla figura
di San Giovanni: quello, immagine
dai due volti nella medesima entità;
questo, immagine dal medesimo volto
(nomen omen) riflesso in due
individualità complementari.
Significativo, in proposito, ci
appare la etimologia del nome.
Per alcuni deriverebbe dall'ebraico
"Jeho h'annan", cioè "colui che Jeho
favorisce", diventando così simbolo
dell'Uomo Illuminato. Non
dimentichiamo che Giovanni
l'Evangelista era considerato come
l'apostolo prediletto da Gesù
Cristo: il fratello al quale questi
confidò i segreti più reconditi ed
il fratello al quale affidò, sulla
Croce, le sorti di Maria, della
propria madre. Lo rammentiamo con le
parole del Sommo Poeta "questi è
colui che giacque sopra il petto /
Del nostro Pellicano , e questo fue
/ d'in su la croce al grande ufficio
eletto ". Nondimeno il suo Vangelo è
altresì considerato come quello più
denso si significati esoterici e
pregno di spiritualità.
Per altri, il nome troverebbe le
proprie radici nei termini
ebraico-caldei "Io", ossia "colomba"
e "Oannes", il dio caldeo delle
iniziazioni. E tale ricostruzione si
sovrapporrebbe inequivocabilmente al
Giovanni Battista.
Questi, Esseno come Gesù, era il
capo della setta dei Battezzatori;
rito, il Battesimo, che consisteva
nell'immersione totale per tre volte
nell'acqua del postulante. Egli
battezzò anche il Cristo: non solo
però con acqua, ma anche in Spirito
Santo. E solo dopo di lui il
Battesimo avvenne con acqua e con
Spirito Santo.
"Ma quegli che mi ha mandato a
battezzare con acqua, mi ha detto:
Colui sul quale vedrai lo Spirito
scendere e fermarsi, è quegli che
battezza con lo Spirito Santo ".
"Poi imposero loro le mani ed essi
ricevettero lo Spirito Santo ".
Dopo il battesimo (con acqua) una
colomba discese sul Cristo (lo
Spirito Santo) e questi, a partire
dal ventinovesimo anno, accresciuta
in Spirito la propria energia, portò
a compimento l'opera del Padre. E di
tal guisa, il Solstizio estivo,
segnando la massima ascesa del Sole
ed introducendo al rinnovamento,
alla rinascita, fa da controcanto a
quella Festa delle Rose nella quale
si apre una porta (ancora una volta)
verso il basso di modo da far
discendere dall'alto (la Colomba
rappresentativa dello Spirito Santo)
il benefico flusso che consente il
risveglio della natura e la
maturazione dei suoi flutti.
Così il Battesimo introduce alla
Nuova Vita e, attraverso lo Spirito
Santo, infonde una linfa nuova e più
vigorosa.
Dunque Giovanni Battista inizia,
apparentemente, Gesù Cristo. E,
però, non si tratta di Iniziazione
in senso stretto, posto che il
Cristo, per sé, non necessitava di
tale "investitura", ma di
para-iniziazione, di
"iniziazione-verticale", per così
dire: di una "nuova iniziazione",
evidente ai più, per poter essere,
egli, uomo in mezzo agli uomini, più
facilmente compreso
dalla Storia e dalle genti.
Il Battista è poi "Figura del
Cristo" e ne è il Precursore ("andrà
come precursore con lo spirito e la
potenza di Elia "). Esseno
anch'egli, muore a trentatré anni
solo poco prima di questi (essendo
venuto al mondo sei mesi prima di
Gesù, durante il Solstizio
d'Estate), predicando la
conversione: si avvera così il
ritorno di Elia e si prefigura la
morte di Gesù.
Anche il Battista incarna, come
Giano, l'eidos (in senso greco)
degli Inizi: inizia alla
conversione; inizia, o meglio,
introduce ad una nuova vita ed alla
seconda nascita con l'acqua
battesimale; indica il passaggio
verso la porta che conduce a questa
e dona (o, più correttamente, fa
riscoprire, come è meta del buon
Massone) il Verbo (il padre
Zaccaria, riacquista la Parola
Perduta, come era stato
profetizzato, solo dopo aver scritto
il suo nome in seguito alla
nascita). Chiude l'Antica Legge (il
Cristo dice; "i Profeti e la Legge
hanno profetato sino a Giovanni ")
ed annuncia la Rivoluzione
Cristiana, preparando la Via al
Cristo ("io per me vi battezzo con
acqua, in vista del ravvedimento; ma
colui che viene dietro a me è più
potente di me, e io non son degno di
portargli i sandali; egli vi
battezzerà con lo Spirito Santo e
col fuoco"), sulla base di un nuovo
Patto ("Ed io per certo concluderò
con la casa di Israele e con la casa
di Giuda un nuovo patto; non come il
patto che conclusi coi loro antenati
nel giorno che li presi per mano per
farli uscire dal pese di Egitto ").
Al precedente patto, fondato sulla
Legge, si sostituisce ora un patto
fondato sulla Grazia "Bevetene
tutti, questo è il mio sangue, il
sangue del patti".
Egli è la raffigurazione della linea
orizzontale, della Livella. Di lui
Isaia profetizza: "Si colmi ogni
valle, ogni monte o colle si abbassi
". E se ogni aspetto livellato evoca
il passivo e, dunque, il passato e
la luna, evoca al contempo anche la
conservazione delle cose, per cui se
il passato è stato e non è più, la
luna presiede alla rinascita. Di
fatti, con il Solstizio d'Estate, il
Sole entra nel segno del Cancro,
domicilio della luna.
É al contempo la rappresentazione di
una fase discendente che però non
reca una prospettiva negativa, ma,
viceversa, di assoluta positività,
atteso che, con l'avvento del
Cristo, si apre ed avanza il nuovo:
"occorre che io diminuisca perché
lui cresca ".
Di converso l'Evangelista richiama
la Verticale ed il Filo a Piombo,
poiché, secondo la tradizione, sta
sul Monte degli Ulivi e sul Calvario
e non percorre il deserto della
Giudea. É colui che apre al nuovo
Patto, alla nuova Legge, annuncia la
Rivelazione Cristiana attraverso
l'Apocalisse ed apre alla Terza Vita
con il Battesimo del Fuoco. Rimane
ed opera, dopo la morte del Cristo,
per testimoniare la sua parola
perché si diffonda (così la luce si
riespande dopo il Solstizio
d'Inverno), sino alla fine dei
tempi. "Pietro voltandosi, vide
appresso il discepolo che era caro a
Gesù, quello stesso che, durante la
cena, stava posato sul seno di Gesù
... Pietro vedendolo chiese a Gesù:
"Signore, e di lui che sarà?". Gesù
gli rispose: "Se voglio che rimanga
finch 'io vengo, che t 'Importa? ".
É anch'egli imago initii
giacché il suo Vangelo fa
riferimento al principio della
creazione cosmica. Ma prima di poter
aprire deve di necessità chiudere:
chiude il Libro del Mondo con
l'Apocalisse ed annuncia il secondo
avvento. Guarda al futuro, a ciò che
sarà dopo i Tempi. E tale è la
spiritualità della sua parola che
assurge, nella tradizione giovannita,
a controcanto di Pietro. Quello,
lume della Chiesa esoterica, guidata
dalla conoscenza. Questo, fondatore
della Chiesa essoterica, secolare,
ispirata dal dogma. Riflessi forse
non di un antagonismo, ma di una
complementarità che si concreta, nel
mondo visibile, nelle due Basiliche
di riferimento della cristianità
latina: quella, appunto, di San
Pietro (non a caso?) eretta
guardando ad Occidente; quella di
San Giovanni in Laterano rivolta,
assai significativamente, ad Oriente
e luogo di incoronazione imposto da
Carlo Magno, allorquando questi
ricevette l'investitura quale primo
sovrano del Sacro Romano Impero. Ed
è già chiaro il forte significato
simbolico che tale evento ha portato
con sé nell'economia della cifra
spirituale e politica di cui tale
istituzione è stata latrice sino
alla sua caduta.
Come il solstizio d'inverno
raffigura la luce (la direzione
escatologica) che cresce; così
l'Evangelista incarna la prospettiva
della vita eterna dopo la morte
corporale: è l'invocazione che
cresce sino a Dio, dal basso verso
l'alto. É il predominio dello
spirito sulla materia. É il
paradigma trasfigurato della Festa
della Luce durante la quale si apre
una porta rivolta verso l'alto per
permettere alle creature di
supplicare il ripristino del
predominio della Luce sulle Tenebre.
Alla stessa maniera di Giano e nelle
medesime forme dei Solstizi, i due
Giovanni, segnano il divenire del
tempo e delle vite, in un ordine
continuo nel quale alla vita
(terrena) segue la morte (corporale)
e di seguito, una nuova vita (nello
spirito); alla luce, dopo il
crepuscolo, le tenebre ed a queste
di nuovo quelle.
Con i medesimi significati del Sole
e della Luna, i due Giovanni
indicano il cammino dell'"Iniziato"
verso la (ri)scoperta del Verbo
(perduto) e della Luce.
Segnano un principio che è ad un
tempo una fine: l'iniziazione e,
dunque, l'introduzione, nel corpo e
nello Spirito, verso un nuovo
percorso. La prima Luce, quella
della speranza e del Battesimo, che,
dopo le tenebre del Gabinetto di
Riflessione e del Peccato originale,
ci indica il cammino da seguire per
anelare alla Sapienza.
E segnano una fine che però è essa
stessa inizio: la fine della vita
terrena nella quale il buon massone
ha affrontato, con consapevolezza e
determinazione seppur con fatica,
quella scala raffigurata nella
Tavola di Tracciamento di Primo
Grado per la preparazione alla Vita
Eterna. Come la tradizione vuole:
l'uno e l'altro aprono e nessuno può
chiudere; l'uno e l'altro chiudono e
nessuno può aprire.
|