Così definita non già perché la metafisica è presente come elemento esclusivo, ma vi è come elemento predominante.
Di costui si sa poco, come molti grandi iniziatori sembra abbia agito soprattutto con l'insegnamento orale; la sua cecità, è di per se ragione sufficiente per spiegare la sua sobrietà come scrittore. I suoi successori parlano comunque con grande rispetto di un suo commento sul Sepher Yetzirah.
Le notizie su tale maestro per quanto scarne non hanno impedito agli storici di collocare a Beaucaire, in Provenza, la culla della Qabalah metafisica.
Le caratteristiche peculiari della scuola a indirizzo metafisico traspirano tutte dalla dottrina di questo cabalista che fu anche il principale discepolo di Isacco il Cieco: di seguito ne enunciamo la dottrina come l'ha esposta nella sua opera intitolata "Spiegazione delle dieci sephiroth a domanda e risposta": "L'Infinito è essere perfettissimo, senza lacuna. Dunque, allorché diciamo che in lui sta una forza illimitata, ma non la forza di limitarsi, introduciamo una lacuna nella sua pienezza. D'altra parte, se si dice che questo universo (che non è perfetto), deriva direttamente da Lui, si dichiara che la sua potenza è imperfetta. Ora, come non si può attribuire alcuna lacuna alla sua perfezione, occorre necessariamente ammettere che Aïn-Soph ha il potere di limitarsi, il quale potere è illimitato.
Una volta che questo limite è stato emanato da Lui in prima linea, sono le Sephiroth che costituiscono ad un tempo e la potenza di perfezione e la potenza di imperfezione".
Ed ecco la loro azione graduale. La prima è destinata a presiedere alla forza divina, la seconda alla forza degli angeli, la terza alla forza profetica, la quarta a diffondere la grazia tra le essenze superiori, la quinta a spargere il terrore della propria forza, la sesta a spargere la pietà sulle cose inferiori, la settima a far crescere e fortificare l'anima sensibile in via di sviluppo, l'ottava a produrre la gradazione successiva, la nona a far emanare la forza da tutte le altre, la decima è la via per la quale l'insieme di tutte le altre forze si spande nel mondo inferiore.
All'influenza di questa scuola solitamente si attribuisce il "Trattato dell'emanazione", di autore ignoto, nel quale pur essendo enunciata una concezione della dottrina leggermente diversa è ritenuto dagli storici un testo illuminante in quanto testimonia il primo tentativo di conciliarla con il misticismo anteriore e far ricadere questo misticismo nel quadro della nuova metafisica: "Non è sufficiente, vi si legge, per essere degni di queste grandi rivelazioni, essere uomo di studio, è necessario, prima di tutto, essere uomo di fede; non basta conoscere la Bibbia, la Mishnah, la Haggadah. É cosa vana se manca la fede, se non si aspira con fiducia alla sublime e misteriosa Merkavah".
Altro testo che solitamente si considera influenzato dalla scuola di Ezra è "Il Libro dell'Intuizione", sempre di autore ignoto, in cui vi si tratta le relazioni delle Sephiroth con Aïn-Soph. Dio è uno, identico a se stesso in ogni sua forza, come la fiamma che assume colori diversi.
Prima di creare, Dio era uno, in se, senza movimento, senza limiti, senza distinzione. Il modo migliore per conoscerlo risiede, per l'autore, nel combinare e nel calcolare le lettere del suo nome.
Tale è nella sua sostanza prima, la dottrina di Isacco il Cieco e della sua scuola ad indirizzo metafisico, cioè vi si evidenzia la forma primitiva della Qabalah. Si nota che questa prima fase è fatta, circa il suo aspetto metafisico, di una astrazione delle astrazioni neoplatoniche.
A volte si ascrive a questa stessa scuola anche il "Bahir", ma ciò è suffragato soltanto dall'antichità del testo, testimonianze lo danno infatti conosciuto anteriormente al 1245.
Gli sforzi di Ezra-Aziel, forse, non sarebbero stati in grado di dare alla Qabalah il successo cui esso aspirava, se egli non avesse avuto per discepolo Moshè ben Hachman, comunemente chiamato Nachmanide, il quale giunto tardi al misticismo, lo beneficiò, però, agli occhi dei dottori ortodossi con l'autorità di un lungo passato votato allo studio dell'ebraismo dogmatico.
Se Ezra-Aziel si rivolse ai filosofi nel tentativo di conquistare ogni credente, l'opera di Nachmanide percorse la via inversa, si rivolse ai credenti conquistando anche i filosofi. Esso percorse risolutamente la via in cui era appena entrato il suo maestro, cioè non si accontentò di gettare le basi della Qabalah teorico-filosofica, ma ne penetrò la legge, quella legge che fino a lui era stata appannaggio dei soli talmudisti e aggadisti, contribuendo, in tal maniera, come maggior rappresentante ad innestarla definitivamente sui testi sacri. Qualche volta nelle sue elaborazioni speculative sulle Sephiroth, vi si trova anche una singolare mescolanza tra elementi cabalisti e elementi gnostici come quelle sul Pleroma.
Tale mescolanze si evidenziano soprattutto a proposito dell'anima. Per mezzo di canali detti "canali di spandimento", secondo Nachmanide, l'anima esce dal "grande serbatoio" termine che si addice al Pleroma gnostico; l'unione dell'anima con il corpo non può che contaminarla e qualunque cosa faccia, essa non ha salvezza se non nell'amore divino, che, dopo averla lasciata errare, la riprende a se. Lo stesso concetto lo si ritrova nello Gnosticismo la Sophia, dopo aver errato a lungo, deve infine la propria salvezza all'intervento del Padre.
Lo sforzo del misticismo di Nachmanide si esplicò anche su di un altro aspetto: l'etica; e nel commento al testo "La porta della ricompensa" getta le basi al concetto mistico della sofferenza, che diviene sofferenza d'amore e di ricompensa.
Nachmanide è già maestro in Qabalah Pratica. Per lui: "Dio, creando ogni cosa, ha fatto in modo che le cose superiori conducano alle cose inferiori, mettendo la forza della terra e di ogni altra cosa che contiene negli astri secondo le leggi fissate dall'astrologia. Diete agli astri come guida gli angeli che ne sono le anime e le loro combinazioni superiori hanno una ripercussione sui popoli e sugli uomini. Vi sono pure leggi certe che consentono di leggere l'avvenire nelle viscere degli uccelli..."; tratta anche di negromanzia, di magia dimostrando di possedere, a differenza degli allievi della scuola metafisica, una predisposizione alla speculazione verso fini teurgici, soprattutto perché secondo il suo pensiero, il misticismo, deve essere svincolato dalla pura ricerca, per condurre risolutamente alla conquista e all'asservimento delle forze cosmiche.
Nella scuola di Isacco il Cieco, emergono, quindi, vivissimi i bagliori della speculazione filosofica, sebbene tali bagliori troppo spesso vi siano oscurati da nubi di stravaganze e da una fantasiosa applicazione delle dottrine non ebraiche ai testi ebraici.
É l'indirizzo cabalista che spinge la forma matematica del misticismo di Ezra sino all'estremo limite, al fine di potervi far entrare tutto ciò che ispira il misticismo dei Gaonim e in particolare la Qabalah pratica o applicata.
Tradizioni fanno risalire l'origine della scuola, che alcuni hanno chiamata tedesca e a cui si ispirerà successivamente il movimento Chassidico, sino a Babilonia, ma gli storici concordano nell'indicarne il codificatore in Yehudà he-Chasìd di Ratisbona.
É certamente il maggior rappresentante di questa scuola. Discepolo di Yehudà, sarà la sua dottrina a caratterizzare quella della intera scuola.
Eléazar non si è mai preoccupato dei problemi metafisici; anzi, ignora anche, o finge di ignorare le speculazioni della scuola di Isacco il Cieco; nelle sue opere non pronuncia una sola volta la parola Aïn-Soph, ne quella di Sephiroth nel senso che le viene dato da Isacco il Cieco e dai suoi discepoli. Esso è stato, al contrario, il più fecondo promotore della Qabalah Applicata, ed è universalmente considerato il cabalista che ha dato origine tramite Abulafia e grazie alla divulgazione dello Zohar al passaggio dalla Qabalah Teorica alla Qabalah Pratica.
Non è quindi un caso se l'opera, massimamente considerata dal maestro era il "Sepher Raziel", opera che ha fornito alla Qabalah applicata e in generale alla tradizione ebraica prima, e al magismo medievale poi, il ricchissimo arsenale di amuleti, talismani, formule propiziatorie, formule curative, misture magiche, filtri d'amore e d'odio che conosciamo.
Dei discepoli di Eléazar di Worms citeremo solamente Menachem e in particolare la sua opera "Corona del Nome Supremo" scritta sotto l'influenza diretta del maestro e il "Libro del Nome", in cui vi si tratta particolarmente del Tetragramma e delle dieci Sephiroth e del loro rapporto.
Tale testo riveste, comunque, carattere di importanza perché vi è contenuta una prima sintesi tra i dati della sua scuola (quella tedesca) e la metafisica della scuola speculativa (quella provenzale), naturalmente a spese di quest'ultima.
Con essa si evidenzia la tendenza verso una forma di misticismo che oltrepassa la stessa Qabalah e che tenterà di fondere le due scuole in una per metterle al servizio della pura contemplazione, cioè al servizio d'una forma alquanto più pura della Merkavah dei Gaonim.
La scuola di Abulafia, sebbene conosciuta solamente nei tratti generali, segna la tendenza del suo spirito verso una forma di misticismo che oltrepassa la stessa Qabalah.
Esso distingue quattro fonti di conoscenza:
I cinque sensi.
Le idee e i 10 numeri astratti.
Il consenso universale.
La tradizione; ma per tradizione, però, Abulafia non intende la tradizione in generale ma la Qabalah, vale a dire quel particolare tipo di conoscenza che i rabbini generalmente ignorano, giacché interamente consacrati allo studio del Talmud.
Ora, questa Qabalah, sempre secondo Abulafia, giustifica due soli domini:
quello che concerne la conoscenza di Dio tramite le dieci Sephiroth;
e quello che è inerente alla conoscenza di Dio tramite le ventidue lettere che compongono i nomi ed i segni e che conducono all'ispirazione profetica.
Il punto di partenza della dottrina di Abulafia è quindi comune a quella di Ezra e di Eléazar, in cui grande importanza è data al misticismo delle lettere, dei numeri e dei nomi divini, ma mentre questi li assoggettano alla Qabalah delle Sephiroth, di cui fanno il soggetto della loro speculazione mistica, Abulafia oltrepassa questo concetto e postula, sulla base di combinazioni aritmetiche, l'unione dell'anima razionale con Dio, unione che Ibn Gabirol e Maimonide stimavano frutto e ricompensa della sola ricerca filosofica.
Per l'elaborazione della sua dottrina, Abulafia si avvale della teoria del mistico cristiano San Bonaventura, relativa ai sette gradi della contemplazione, dimostrando, pertanto, di non essere estraneo al misticismo cristiano. Nei suoi scritti spessissimo si ritrova più di un riferimento al dogma del Cristianesimo. Dissertando dei tre nomi divini Yhvh, Yh, Élohïm era solito ripetere: "Sono i tre nomi sacri che segnano il mistero della Trinità e la Trinità nell'Unità... le tre Persone non sono che una sola Persona, ad un tempo una e triplice". Sembra comunque che questa concessione alla Trinità fosse più un appello al Cristianesimo per guadagnarlo al suo messianismo. É storicamente documentato, infatti, il tentativo, operato sulla stessa base del dogma cristiano, di convertire Papa Martino VI al suo misticismo profetico delle lettere e dei numeri e di conquistarlo alla sua vocazione messianica. É sempre nell' aspettazione di conversione del cristianesimo al misticismo profetico delle lettere e dei numeri, che nelle sue opere, ogni qual volta vi tratta delle Sephiroth, insiste sulla loro divisione trinitaria sia dal punto di vista dell'insieme, sia da quello della loro distribuzione lineare.
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