"Fazer pode"

Cantigas de Santa Maria secolo XIII

 

Il documento che presentiamo ai nostri visitatori esoterici, è un articolo pubblicato sul periodico della Soc. Ed. Erasmo "Rivista Massonica" il 2 Febbraio 1975 volume LXVI a firma del carissimo Fratello M.A.U.

Lo scritto ritrae un opera della maestria dell'Autore e non indica di necessità la visione della Loggia o del GOI. Ogni diritto gli è dichiarato.

 

© M.A.U.

 

Del Chasidismo, movimento religioso ebraico, gli studiosi italiani e in genere gli uomini di cultura occidentale, hanno oramai una certa informazione. Il termine chassid significa pio; spesso gli israeliti, come popolo del Signore, hanno voluto denominarsi con tale appellativo. I chasidim fanno parlare di sé, già prima della distruzione del Tempio, per la loro devozione, per il loro studio e soprattutto per il loro attaccamento incondizionato alla Thorah (legge)...

 

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Del Chasidismo, movimento religioso ebraico, gli studiosi italiani e in genere gli uomini di cultura occidentale, hanno oramai una certa informazione. Il termine chasid significa pio; spesso gli israeliti, come popolo del Signore, hanno voluto denominarsi con tale appellativo. I chasidim fanno parlare di sé, già prima della distruzione del Tempio, per la loro devozione, per il loro studio e soprattutto per il loro attaccamento incondizionato alla Thorah (legge). Ma i chasidim del secolo XVIII hanno un'intonazione ben diversa, e non hanno nulla a che fare coi vari chasidim, spesso apparsi nella storia d'Israele. Questi ultimi, sono in aperta rottura con la religione ufficiale, istituzionale, vale a dire con l'ebraismo tradizionale ortodosso, proprio dei rabbini. Tale posizione di scontro è facilmente rilevabile, se si pensa alla famosa dichiarazione del massimo esponente del Chasidismo, Israel ben Eliezer, chiamato il Baal sbem tov, il quale per l'appunto ebbe a dire: "I rabbini sono così occupati nello studio della Thorah, che non hanno tempo di pensare a Dio". Questa frase pittoresca può considerarsi, veramente, l'emblema di tale movimento religioso. In essa vi è contenuta, implicitamente, tutta la storia del Chasidismo. I chasidim di cui trattiamo, nascono in Polonia nel secolo XVIII, ove particolarmente infieriva l'odio contro gli Ebrei, spesso accusati di omicidio rituale. La guerra dei trent'anni, terminata nel 1648, con la pace di Westfalia, aveva conchiuso politicamente la lotta fra cattolici e protestanti, ma aveva lasciato dietro di sé un'Europa travagliata e misera. Gli Ebrei polacchi cercarono di reagire e di risollevarsi dalle tristi condizioni in cui versavano, tuttavia nel settecento li troviamo nella più squallida miseria, a causa delle restrizioni, imposte dalla borghesia cristiana al commercio ebraico. Ne derivò una indigenza tremenda, che li logorò fisicamente e li lasciò moralmente depressi. In questo clima di estrema povertà nasce il Chasidismo; e come l'espulsione dalla Spagna aveva prodotto la Qabalah di Luria; così la miseria delle masse provoca il Chasidismo. Esso è la risultanza della Qabalah luriana e del sabbatianesimo, e non sarebbe forse sorto, senza il contributo di questi due potenti movimenti che lo precedettero. La Qabalah aveva modificato il significato della redenzione, per cui in Luria e nei suoi seguaci, essa non è più il ritorno nella terra promessa. Nella Qabalah, nei sabbatiani, nei chasidim la redenzione perde il suo motivo storico per acquistarne uno metastorico, universale, cosmico. Luria non trova la legge della storia nella storia, ma fuori di essa, nel processo cosmico. Israele è disperso, la Shekhina (presenza divina) in esilio, tuttavia la liberazione non coincide più con il semplice ritorno degli Ebrei a Sion. Il tiqqùn (restaurazione) ha ora un valore universale: esso abbraccia il cosmo e tutta l'umanità. Se si cerca di conoscere la fine, bisogna comprendere il Principio; ne consegue un mutamento di rotta, per cui si deve risalire dalla fine al Principio, dall'apocalissi alla genesi, dalla storia all'eternità. Il punto fondamentale ora non è più l'escatologia, l'apocalissi, la fine dei tempi; ma l'inizio, e l'apocalissi del tempo particolarmente sentita, rimanda a quel termine d'inizio che è la creazione. La chiave di volta del presente e del futuro sta nell'eternità, nella creazione dal nulla. Non si intende il senso dell'esistenza, della vita umana, della persona restando nella storia dei popoli, e l'ebraismo della Qabalah trascende la stessa storia d'Israele, staccandosi così nettamente dal giudaismo rabbinico, che nella storia trovava, appunto, la sua ragion d'essere. Dalla teogonia e dalla cosmogonia della Qabalah deriva la via individuale, non messianica, della salvezza. Luria, superando la storia, sposta il centro del problema dalla collettività alla singolarità della persona. É la singola anima, ora, che deve redimersi, e con l'ascesa nei mondi superiori, ripristinare l'ordine cosmico, infranto dalla prorompente luce divina, quando Essa si irradiò nello spazio primordiale. Da questo spazio emerse l'Adàm Kadmòn (l'archetipo dell'uomo), che è la prima configurazione della luce divina - superiore allo stesso Metatròn (principe degli angeli) - per essersi delineato e svolto nel processo creativo. E come il piano della creazione si frange, dando origine ai mondi demoniaci del male, così l'uomo si rompe, passando dal grado celeste a quello terrestre. Ma se fra i due vi è rottura, non vi è, però, separazione. La frattura, che si è creata nel cosmo è motivata e spiegata da Luria nella dottrina della rottura dei vasi, e la nascita dei mondi, nella famosa teoria dello Zimzum. Termine che, alla lettera, significa Contrazione, nascondimento di Dio per dar luogo allo spazio; in sostanza, non è altro che il respiro divino, la stessa Luce che s'attenua e degrada, per dar consistenza a tutto ciò che è finito. Come lo Zimzum è opera divina, così il Tiqqùn (redenzione) è opera umana. L'uomo, attraverso l'Adàm Kadmòn, partecipa alla creazione dei mondi, attraverso l'uomo terrestre ' partecipa alla ricostituzione dei Tutto. Il processo col quale Dio concepisce, genera e sviluppa Se stesso, non si compie solo in Lui; in parte, il processo di restituzione è compito dell'uomo. La frattura poteva esser ricongiunta da Adanig, ma egli ha peccato e così il Tiqqùn non è potuto venire. Dall'anima di Adamo, ormai degradato, sono scaturite le nostre anime; perciò, ogni volta che l'uomo pecca, si ingrandisce la voragine cosmica. Compito specifico dell'ebreo è di colmare tale voragine, mediante la preghiera, l'ascesi mistica, che annienta la separazione delle anime. L'azione del mistico prepara la restituzione finale di tutte le luci e scintille, separate e disperse nell'esilio della materia. Tutte le anime degli uomini devono contribuire, mediante la reincarnazione, a ricomporre l'unità dell'Adàm Kadmòn, spezzata dal peccato di Adamo. La vera storia cosmica è dunque la storia delle trasmigrazioni delle anime. La nuova escatologia porta i suoi adepti a un livello spirituale e a un sapere esoterico, cui solo veri iniziati possono arrivare. Codesta concezione messianica determina, nel seicento, la rivolta dei sabbatiani, i quali diverranno prima eretici e poi apostati. In essi l'ebraismo diventa antinomia: l'amore per la Thorah si converte in odio, la santità in peccato: la legge della vita diviene il paradosso. Ne consegue che lo stesso messia, per liberare il mondo, deve percorrere le vie del male e che tutti devono diventare peccatori. Chi cade più in basso, contempla la luce. Gli eletti stanno sotto una nuova legge spirituale, rappresentano una nuova realtà e sono quindi al di là del bene e del male. Per i sabbatiani tutta la realtà è dialetticamente contraddittoria; la loro stessa esperienza li porta all'idea di un'esistenza in perenne contraddizione con se stessa, ed è comprensibile che il loro messia Sbabatai Zevi - da cui il termine sabbatianesimo porti con sé l'impronta di un tale contrasto, con la sua conversione all'islamismo. Il sabbatianesimo rappresenta una seria rivolta in seno all'ebraismo ortodosso; le idee mistiche del primo sono la causa prima del crollo del secondo. Ora, per molti Ebrei, la redenzione non è più una liberazione dalla servitù dell'esilio, ma è un mutamento dell'essenza intima di tutta la creazione, è il Tiqqùn, la restaurazione dell'armonia, turbata dalla rottura dei vasi e dal peccato di Adamo. Ci siamo soffermati sulla Qabalah luriana e sul sabbatianesimo, perché entrambi le correnti concorsero a far nascere il Chasidismo. É vero che il Chasidismo può considerarsi moto spontaneo, che non offre alcuna novità sostanziale sul piano della dottrina, ma è vero anche che, per tramite suo, le masse ebraiche vennero in contatto con il mondo esoterico della Qabalah, finora riservato ad una stretta cerchia di iniziati. Si tratta, quindi, di chiarire come le idee mistiche dei cabbalisti passano al popolo. Possiamo asserire che la cosmologia e la teologia luriana diventano, nei chasidim, psicologia mistica. La filosofia mistica della Qabalah ora compenetra nell'uomo; egli è il nuovo valore, la sintesi della creazione. Le idee mistiche, i concetti cabbalistici si reputano vuoti e insignificanti, se non si immanentizzano nella vita individuale. Dalla cosmologia all'antropologia, dalla teologia all'umanesimo: ecco il tragitto dalla Qabalah al Chasidismo. La via è quindi individuale, mistica e psicologica. Tale carattere personalistico della filosofia chassidica, proviene, come abbiamo fin qui sostenuto, dalla concezione escatologica dei cabalisti e dei sabbatiani; per essi la redenzione aveva un carattere universale. Il Tiqqùn è la restaurazione di tutto il creato e non solo la liberazione del popolo eletto. Ora il popolo d'Israele ha di fronte il processo del cosmo nella sua frattura e nella sua ricostituzione. Ora la restaurazione ha un carattere personale e non collettivo. Dall'idea di un rinnovamento cosmico scaturisce il motivo dominante del Chasidismo: l'immanenza di Dio. Parecchi studiosi, a cominciare dallo Schechter, designano la teoria dell'immanenza divina, come la dottrina fondamentale del Chasidismo. L'immanenza di Dio e la scoperta di una via personale per giungere a Lui, sono gli aspetti fondamentali del movimento. Nulla vi è che sia privo della divina presenza; senza di essa le cose tornerebbero al nulla. Ma l'immanenza di Dio nel mondo, non si coglie per via ordinaria, cioè per mezzo dell'intelletto o della ragione, bensì per via straordinaria, mediante un atto mistico che gli asceti chiamano risveglio. Di conseguenza, la cultura e lo studio non servono a nulla, sono un ingombro inutile, che non ci può portare a Dio. I ricchi e gli uomini colti sono messi, dai chasidim, sullo stesso piano: entrambi non Potranno arrivare all'esperienza, del risveglio. L'unione col divino si raggiunge attraverso una via del tutto personale; un metodo uguale per tutti non esiste. Sotto questo riguardo si può sostenere senza preoccupazione, che il Chasidismo non proviene da nessuna teoria, ma soltanto da autentiche esperienze religiose, posto che l'idea della redenzione individuale si era ormai radicata nel subconscio collettivo. L'immanenza divina reca naturalmente un gaudio indescrivibile, e il chassid serve Dio attraverso la gioia; tutto deve essere pervaso da un'intima gioia. I chasidim, col loro Tsaddîq (giusto), arrivano a ballare secondo determinati ritmi. Non c'è posto quindi per la tristezza. Si va sempre più delineando il carattere antidottrinale e antintellettualistico del Chasidismo. Per esso il sapere non conta, e neppure la conoscenza della Thorah; ciò che ha valore è la fede, l'entusiasmo, la gioia. La cultura, la conoscenza della Thorah la posseggono i rabbini, ma essi non entrano in comunione con Dio e quindi non sono religiosi. I veri religiosi sono i chassídim, divenuti la Thorah vivente. Ora la Thorah non è più al vertice; al vertice sta il Tsaddîq (il giusto), la personificazione della Thorah, il medium della rivelazione. L'infinita immanenza divina porta a un'infinita sorgente di rivelazione. Se Dio è in tutto, l'uomo ed ogni cosa parlano di Dio. Come la rivelazione è perenne, così il processo creativo. L'opposizione dei chasidim al rabbinismo ortodosso e la conseguente scomunica dei rabbini contro il movimento chassidico era inevitabile. Abbiamo prima indicato una certa filiazione ideologica tra chasidim e sabbatiani; ora il contesto storico ci fornisce una filiazione reale tra chassidini e sabbatiani. É risaputo che parecchi chasidim furono di estrazione sabbatiana e che le loro famiglie professavano tale fede in segreto. L'esperienza del risveglio provoca un'energia creativa, che abbatte radicalmente gli antichi valori. Attraverso codesta esperienza, si scopre la vera via che porta a Dio: la via grande, la via dell'entusiasmo e del sentimento, mediante la quale lo Tsaddîq si unisce ai mondi superiori. Ma come avviene questo risveglio, dato che l'immanenza di Dio conduce all'entusiasmo e l'entusiasmo all'unione con Dio? Il primo passo è l'umiltà; senza di essa non si giunge al risveglio, ma si resta nelle tenebre della cultura. Il secondo è la preghiera: l'essenza di essa non è di essere petizione, ma di aderire a Dio, di produrre il senso dell'unione, in cui si perda la coscienza di avere una esistenza separata e l'uomo ritrovi se stesso nell'essere eterno di Dio. Considerato che il chassid è la Thorah vivente, diamo uno sguardo alla vita del padre del Chasidismo, il rebbe Israel, chiamato Baal Shem Tov. Sono denominati rebbes, i rabbini del Chasidismo; essi possiedono il segreto della vita, la quale si oppone drasticamente alla sapienza rabbinica. La funzione dei rebbes consiste principalmente nell'operare miracoli. Israel ben Eliezer fu chiamato Baal Shem Tov (signore del buon nome), perché aveva la facoltà di piegare gli angeli e i demoni al proprio volere. Nacque intorno al 1100% a Okop, in Podolia. I suoi genitori morirono prematuramente e il bambino fu allevato da una piccola comunità israelitica. Acquistò qualche cognizione sull'ebraismo e sulla lingua ebraica, ma non era il tipo dello studioso, e preferiva aggirarsi nei campi e nelle foreste circostanti. Per guadagnarsi da vivere fece l'assistente di un maestro elementare. Sposò una ragazza di buona famiglia, sorella di un dotto famoso, il quale noli aveva alcuna considerazione di lui. Il cognato la spregiava e lo riteneva un uomo da poco a causa del suo disinteresse per il sapere. L'alterigia del cognato e soprattutto l'intimo desiderio di vivere vicino alla natura, indusse il Baal a stabilirsi in campagna. Nella solitudine dei monti Carpazi, egli e la consorte sopravvivevano a malapena, vendendo l'argilla che riuscivano a estrarre dal suolo. I poveri contadini ebrei si sentirono attratti dalla semplice religiosità di Israel. Essi avvertivano che egli aveva una fede più profonda degli altri e che la fama, che si stava diffondendo su di lui, non lo esaltava minimamente. Il rebbe si valeva di ogni occasione per insegnare, più che i rudimenti della lingua ebraica, gli elementi della fede religiosa. Egli rivolgeva la sua parola agli Yisbuvniks (contadini ebrei), che di sapienza ebraica erano quasi digiuni. Il Baal non possedeva l'arte dell'oratore e neanche le sottigliezze dello studioso. Il suo pensiero andava di frequente sulla relazione degli uomini con Dio. Per il Baal l'Aïn Soph (l'Infinito) si può trovare soltanto con il sentimento. Primo dovere dell'uomo è di cercarlo e di uniformarsi alla Sua volontà. Dio regna in tutto l'universo; l'uomo non deve far altro che infrangere la rozza corteccia terrestre per scoprire la propria anima. Non occorre dunque far tesoro di una vasta erudizione; bastano la semplice preghiera e il cuore. Gli uomini noli arrivano al risveglio, e quindi non sanno trovare l'anima e Dio, per il fatto che sono soggiogati dalla vita terrena. Occorre una guida, lo Tsaddîq (giusto), il quale conosce la strada e comunica con le forze soprannaturali. Mediante il suo insegnamento, ognuno troverà dopo da solo la strada e ciascuno potrà diventare l'incarnazione di una certa qualità morale. Lo Tsaddîq è la prova che l'ideale può esser raggiunto; il suo insegnamento deve provocare il risveglio. Nel Chasidismo, proprio chi è in grado di essere solo con Dio - la solitudine si trasforma in pienezza d'essere - il solitario, diventa il centro della comunità e la sua essenza presenta uno spiccato carattere sociale. Di conseguenza, la personalità dello Tsaddîq prende il posto della dottrina; egli diventa l'incarnazione della Thorah e la sorgente originaria della rivelazione. Come maestro della Qabalah pratica (magia), à operatore di miracoli e comunicando con le potenze celesti, il difensore del popolo d'Israele dinanzi al trono di Dio. Egli protegge e favorisce la fede degli uomini semplici, che ha un valore supremo. Il Baal offrì alle masse ebraiche un mezzo per evadere dalla posizione subordinata in cui erano mantenute dalla classe ricca e colta. Egli insistette affinché gli studiosi si mantengano umili, e i ricchi siano pervasi di un sentimento di fratellanza universale. Egli riuscì a scacciare la malinconia che dominava la sventurata esistenza degli Ebrei. Il Baal non lasciò alcun scritto, ma ogni sua parola fu ricordata, finché la saga popolare si impadronì di lui e si raccontarono infinite leggende e storie miracolose sul suo conto. I discendenti spirituali del Baal, i Tsaddîqîm, furono accolti in varie comunità come capi, e sostituirono il rabbino. Questi uomini giusti davano consigli, offrivano l'insegnamento religioso e una guida per la fede; essi erano al centro della vita sociale del popolo. Nella casa di costoro gli Yisbuvniks trovavano il calore e la gioia dello Tsaddîq. L'ascendente, che esercitarono i chasidim sulle masse, fu grande; il movimento dilagò rapidamente nelle province meridionali della Polonia. Quelle del sud invece, data la loro salda tradizione culturale, rimasero fedeli al rabbinismo tradizionale. Il popolo avrebbe ceduto di fronte al Chasidismo, se la corrente non si fosse arrestata dinanzi alla potente figura di Elia di Vilna. Chiamato Gaon (pozzo di scienza), fu il capo dei mitnaghedim (oppositori). Egli, perfetto talmudista e profondo conoscitore di tutta la letteratura rabbinica, apparteneva all'aristocrazia dell'intelletto. Non volle modificare le posizioni dell'ebraismo tradizionale per accontentare le masse. Secondo lui il Chasidismo abbatte la sapienza, la dignità, la tradizione della religione ebraica ed è quindi un'eresia. Nel 1772 il Gaon fece riunire a Vilna un consiglio rabbinico per scomunicare la setta. Il movimento, anche se arginato, continuò ad espandersi segretamente. Pareva proprio che l'ebraismo sud-europeo si fosse avviato verso una irreparabile scissione. L'opera di Sbneor Zalman di Ladi mira a conciliare la corrente dei chasidim e dei loro oppositori. Egli, avendo ricevuto una completa istruzione rabbinica prima di aderire al Chasidismo, fu in grado di valutare gli atteggiamenti delle due fazioni opposte. Il rabbi modificò le idee chassidiche, sostenendo che il Chasidismo ha come fondamenta H'cmâ (la saggezza), Binâ (la comprensione), Daath (la sapienza). Il suo Chasidismo fu chiamato Chabad; il termine è formato dalla sillaba iniziale di quelle tre parole. Il Chasidismo chabad divenne, quindi, la corrente intellettuale del movimento. 

 

 

 

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