Le tre ipostasi divine

 

 

 

 

La lettera Aleph (a) è il simbolo dell’inizio e della fine, tutte le progressioni della creazione vi sono sintetizzate. Nonostante che l’Aleph sia costituita da diversi segni, forgia una sola lettera. È la lettera da cui dipende sia il mondo superiore sia quello inferiore. Il tratto superiore di questa lettera, è il simbolo del Mistero supremo; al di sotto di questo segno si trova la linea che simbolizza il firmamento superiore. Al di sotto di questo firmamento risiede il Pensiero in conoscibile; il tratto che costituisce la separazione tra la bruma superiore e quella inferiore, rappresenta la lettera Vav (w), il cui valore numerico è sei, a simboleggiare i sei gradi che esistono tra il Pensiero Superiore e il firmamento collocato al di sopra degli Hayoth nascosti[1]. La luce emanata dal Pensiero supremo fu nascosta, ed è sottintesa dalla parola Bereschith. Giacché la parola bara del termine Bereschith è costituita dalle stesse lettere iniziali del nome Abraham, la Scrittura vi fa allusione, come è scritto (Genesi XVIII,1), il Signore apparve ad Abraham nella valle di Mambré, mentre era seduto sulla porta della sua tenda, durante l’ora più calda del giorno. Queste parole significano che, quando Abraham si pose sulla soglia della sua tenda, in altre parole, sulla porta di comunicazione tra il mondo superiore e quelle inferiore, porta che è resa graficamente dal tratto orizzontale della lettera Aleph, egli sperimentò il forte calore del giorno, vale a dire fu illuminato dalla Luce celeste. Quindi Abraham intravide la prima luce delle tre ipostasi. La seconda luce fu percepita da Isacco nell’ora del tramonto, quando la sera si apprestava. Fu allora che Isacco fece la sua preghiera per la manifestazione di questa luce, come è scritto, essendo il giorno al suo declino, uscì dal campo per meditare. Fu quando il giorno era al suo declino che Isacco preconizzò[2] la sconfitta di Giacobbe nella lotta con l’angelo di Esaù[3]. La terza luce che scaturisce dalle due precedenti[4] apparve a Giacobbe, come è scritto (Genesi XXXII,31), appena superato Peniel, vide il sole sorgere, ma si trovò zoppo di una gamba. Al tramonto, Giacobbe, contemplò troppo da vicino la luce indicata dalla Sephirâ Netzâ di Israele  e da quel momento egli zoppicò su una gamba sola, poiché questa sephirâ simboleggia la coscia destra dell’albero Sephirotico. Ecco, quindi, le parole della Scrittura, Giacobbe fu colpito ad una coscia; non fu offeso alle due cosce, ma ad una soltanto, avendo esso contemplato la sola Sephirâ Netzâ, la quale simbolizza nell’Albero Sephirotico, appunto, la sola coscia destra. Questa luce configura il quarto grado; ed è questo il motivo per cui, ad iniziare da Giacobbe, a nessun uomo fu conferito il pregio del dono della profezia, fino a Samuele. Soltanto allora, e non prima, la Scrittura dice, colui che trionfa in Israele. Fu soltanto in questo periodo che la coscia destra dell’Albero Sephirotico si ristabilì dal suo difetto; imperfezione manifestatasi al tempo in cui Giacobbe fu affrontato dall’angelo di Esaù.

È scritto (Genesi XXXII,25), ed egli toccò il nervo della coscia. Quando l’angelo di Esaù lottò contro Giacobbe, si accorse che questo aveva, oltre la sua forza anche quella del primo grado sephirotico e del secondo, vale a dire tanto quella della Luce suprema che costituisce la prima ipostasi, quanto quella della luce chiamata Uomo, che rappresenta la seconda séphirâ come anche la seconda ipostasi. É per questo che la Scrittura dice, questo uomo, vedendo che non poteva sormontarlo, gli toccò il nervo della coscia. Quando l’angelo si accorse che non poteva esercitare alcun dominio sul busto di Giacobbe, perché rappresentava la Luce suprema, simboleggiata dalla testa chiamata Corona e la seconda luce chiamata Uomo[5] lo colpì al nervo che rappresenta la forza, simbolo della sephira Netzâ che esprime il rigore (Zohar I,146a,166a e 171a). Ecco perché da questo momento nessun uomo ha profetizzato fino all’arrivo di Samuele e perché la Scrittura dice, quello che trionfa in Israele, ed in seguito, perché non è un uomo, in altre parole, il dono della profezia non proviene dal grado sephirotico chiamato Uomo, ma da quello chiamato Netzâ. Giosuè profetizzò correttamente, ma era soltanto il riflesso della profezia di Mosé, come è scritto (Numeri XXVII,20), dategli un riflesso della vostra gloria. Questa profezia emanava soltanto dal quinto grado, ciò che poneva la sephira Netzâ alla coscia sinistra (Tiqouné Zohar XXV). Fu soltanto quando giunse Davide che riprese il suo posto a destra, come è scritto (Salmi XVI,11), le delizie di Netzâ sono alla tua destra. La Scrittura non dice, sono nella tua mano destra, ma alla tua destra, vale a dire, Netzâ è restituito al lato destro di dove era stato spostato a causa della lotta di Giacobbe con l’angelo di Esaù. Per quale motivo la coscia di Giacobbe fu indebolita? Perché vi si era legato il lato impuro e gli tolse la forza che conferisce il lato puro. Questa debolezza è durata fino all’epoca di Samuele. Ecco perché questo profeta ricorda agli israeliti che Netzâ costituisce la coscia di Israele (Zohar II,111a), come è scritto, quello che trionfa in Israele. Ecco perché nelle profezie di Samuele, dal principio fino alla fine, tutte le parole fanno riferimento al rigore. Inoltre, in seguito il Santo, baruk ha-shem, dotò Samuele, della sephirâ chiamata Hod. Quando avvenne questo? Dopo che ebbe unto dei re. Questo è perché Samuele valeva da solo tanto quanto Mosé ed Aronne insieme (Talmud, tr. Rosch Haschanah foglio 25b); infatti, mentre Mosé ed Aronne godevano, nel cielo, ciascuno una delle due Séphiroth Netzâ e Hod, Samuele, al contrario, godeva in questo mondo entrambe le stesse Sephiroth.

 


 

[1] L’idea dominante è questa, la lettera a rappresenta il cielo e la terra (è quanto lo Zohar chiama il principio e la fine). Il tratto mediano costituisce i sei gradi che separano l’Infinito dal mondo inferiore (la forma, infatti, è quella della lettera w = 6). [Torna al Testo]

[2] Le edizioni di Amsterdam, Francoforte e Vilna, hanno tra parentesi }j\\a al posto di lktma. Il seguito del testo prova, al contrario, che Isacco previde realmente la lotta di Giacobbe contro l’angelo di Esaù. [Torna al Testo]

[3] È noto che, secondo lo Zohar, ogni uomo ha il proprio Angelo custode.         [Torna al Testo]

[4] L’edizione di Amsterdam e quella di Vilna hanno atwwmab ryjnd, in altre parole, la luce del sole che contribuì alla guarigione di Giacobbe. [Torna al Testo

[5] Anche queste due Sephiroth si trovano compresi nel tronco dell’albero sephirotico, così come l’abbiamo esposto nella nota precitata. [Torna al Testo]