Il Sole e la Luna

 

 

 

 

É scritto (Genesi I,16), Élohïm fece i due grandi luminari. Le parole, ed egli fece (Vayaas) esprimono qualche cosa di generale, una creazione totale. Originariamente le due luci, intimamente unite, diffondevano un’uguale luminosità. I nomi misteriosi Jéhovah ed Élohïm erano allora in una perfetta equipollenza (Zohar II,161b)[1], sebbene uno di questi due, vale a dire Élohïm si fosse manifestato in un modo misterioso. Ecco perché la Scrittura dice i grandi luminari, al plurale e con l’articolo, perché l'uno e l'altro rappresentavano dei nomi assolutamente identici, vale a dire, il nome di una luce sottintendeva anche quella dell’altro. Questi nomi erano, Maçpaç Maçpaç ({pxm {pxm)[2], i quali rappresentano, fra i tredici attributi di misericordia (Esodo XXXIV,6 e7), i due gradi supremi, perché tutto emana dal mistero che essi sottintendono e costituiscono la base dei mondi, proprio come i due luminari, i quali, in origine, splendevano nello stesso tempo ed occupavano un uguale rango. Ma quando la luna non fu più in grado di dominare assieme al sole, quando una luce fu disturbata[3]dall’altra, quando la luna chiedeva (Cantico I,7), ove pasturi le greggi e  il sole gli rispondeva, dove ti riposerai a mezzodì, la luce della luna fu diminuita per permettere al sole soltanto di risplendere a mezzogiorno. La Scrittura aggiunge, affinché non mi smarrisca seguendo i greggi. Imbarazzata per essere allo stesso rango del sole, la luna si sottomise diminuendo la propria luce e rinunciò ad occupare quaggiù il suo rango superiore; ecco perché la Scrittura dice, segui le tracce dei greggi.

  Il Santo, baruk ha-shem, disse alla luna, va’ e rimpicciolisciti da sola; non avrai altra luce se non quella che riceverai dal sole. La luna, quindi, originariamente era dello stesso rango del sole; fu soltanto in un secondo tempo che essa si collocò all’ultimo grado, sebbene la sua luce reale sia superiore a quella che diffonde; del resto è noto che la donna non può primeggiare mai, se non quando è in unione con il marito. Le parole, la grande luce sottintendono Jéhovah, mentre con, la piccola luce si sottintende Élohïm che è il punto conclusivo di tutti i gradi, questo perché il Verbo è il fase terminale del pensiero. Originariamente, Élohïm era rappresentato in alto con le quattro lettere del nome sacro, soltanto dopo la sua riduzione prese questo nome.

Il potere di Élohïm si manifesta, in ogni caso, in tutte le direzioni; la lettera Hé che unisce le prime due lettere del nome sacro di Élohïm con le due ultime, partecipa di un lato e dell’altro. In altre parole, giacché El (la), significa Dio, e ï(a)m (\y il mare) simboleggia la materia, ne consegue che la lettera Hé della parola Élohïm, posta tra El e ï(a)m, compartecipa dell’uno e dell’altro. I gradi costituiti in alto[4]sono chiamati, quelli che presiedono al giorno, mentre quelli in basso sono chiamati, quelli che presiedono alla notte. La Scrittura aggiunge, ed egli fece anche le stelle. Queste parole indicano le altre legioni ed eserciti celesti, senza numero, che sono sospesi al firmamento del cielo, vale a dire, a Quello che vive da ogni eternità, come è scritto (Genesi I,17), ed Élohïm li mise nel firmamento del cielo per brillare sulla terra, in altre parole, fece scendere qui in basso questo mistero che costituisce la terra[5] (Ereç) dell’alto. Quello che vive da ogni eternità procedette in un modo simile, così come la Scrittura dice, per brillare sulla terra, vale a dire affinché la terra di quaggiù fosse illuminata con una luce simile a quella dell’alto; in questo giorno il Regno di Davide fu stabilito, il quarto piede del trono celeste fu completato e le lettere del nome sacro furono disposte nell’ordine che conviene loro. Nonostante tutto però, il trono non fu completamente ultimato fino al sesto giorno, quando la figura dell’uomo fu formata. Soltanto allora furono stabiliti il trono dell’alto e quello del basso e i mondi furono collocati ai loro posti e tutte le lettere furono disposte [20b] nell’ordine che loro conveniva di occupare nel cerchio costituito dal gas aeriforme (Zohar foglio 15a e Mikdasch Mélekh cap. XXXVI) che dava luogo al primo stato della creazione. Il quarto giorno è chiamato nella Scrittura, il giorno rifiutato da quelli che costruivano, come è scritto (Salmi CXVII,22), la pietra scarta dai costruttori; ed altrove (Cantico I,6), i figli di mia madre si sono sdegnati con me. Perché la luce della luna essendo stata diminuita in questo giorno, ha dato nascita alle scorze.

Tutte le luci che risplendono sono sospese al firmamento del cielo per consolidare il trono di Davide. Tutte queste luci generano in basso delle figure simili a quelle da dove emanano e tutte queste figure sono comprese nella figura interiore che è quella dell’uomo; perché questa figura mediana è chiamata Uomo. È a causa di ciò che tutti quelli la cui la figura somiglia a quella mediana sono chiamati uomini. Ecco perché è scritto (Ezechiele XXXIV,31), siete degli uomini, ciò che vuole dire, siete chiamati col nome di uomo, ma non gli altri popoli idolatri (Talmud tr. Yebamoth foglio 61°; tr. Metzia foglio 114b e tr. Kerithauth foglio 6b). Ogni spirito è chiamato uomo, perché emana dallo spirito del lato santo, mentre il corpo, di cui è cinto, è solamente l’abito. Ecco il motivo delle parole scritturali (Giobbe X,11), mi avete rivestito di pelle e di carne, questo prova che la carne dell’uomo è solamente l’abito. La Scrittura adopera spessissimo la locuzione, la carne dell’uomo; quindi la carne non costituisce l’uomo esso è all’interno e la carne ne costituisce l’abito. Le anime che, quaggiù, trasmigrano nei corpi di animali, prendono la figura del vestito che li cinge, la figura degli animali puri elencati nella Scrittura (Deuteronomio XIV,4), il bue, la pecora e la capra; il cervo, la gazzella, il daino, lo stambecco, l’antilope, il bufalo e il camoscio, gli spiriti creati per essere rivestiti da un corpo umano, appena sono rivestiti del corpo di un animale, prendono il nome di questo. Per questo si dice, carne di bue, perché lo spirito che vi risiede dentro, ha la figura ed il nome di bue. Il bue è lo spirito che risiede dentro questo corpo, mentre la carne è solamente l’abito di questo spirito; ugualmente è per tutti gli altri animali. Ecco perché gli spiriti degli altri popoli pagani, che emanano del lato che non è santo, non hanno il nome di uomo. Ed è per questo che tali spiriti impuri non hanno niente di comune con quello mediano che porta il nome di uomo. I corpi dei pagani che costituiscono l’abito dei propri spiriti, sono chiamati carne impura, poiché lo spirito impuro che risiede nell’interno sporca il corpo che lo cinge. Ecco perché il corpo del pagano è impuro fin quanto lo spirito vi risiede; ma appena questi se ne è separato, non è più impuro, essendo soltanto un abito, per cui non porta più il nome dello spirito che ha rivestito[6]. Gli spiriti dei gentili che trasmigrano, ricevono in questo mondo le figure degli animali impuri elencati nella Scrittura (Levitico XI,7 e Deuteronomio XIV,8) nel capitolo dedicato, come, per esempio, il maiale. Gli uccelli e gli animali impuri portano in loro gli spiriti del lato cattivo, essendo però il corpo soltanto l’abito, ne consegue che, per esempio, il maiale non è la carne, ma lo spirito che vi abita; il vestito prende il nome dello spirito che cinge. Ecco perché questi due lati sono divisi: gli uni, vale a dire gli spiriti che emanano da un lato, sono sintetizzati nel mistero chiamato Uomo, mentre gli altri nel mistero chiamato Impuro; ogni spirito manifesta le tendenze del lato da cui emana e verso il quale tornerà. Le luci celesti sospese al firmamento del cielo per brillare sulla terra, hanno la funzione di evidenziare quaggiù delle figure come conviene, come è scritto (Genesi I,7), ed Élohïm li mise nel firmamento del cielo per brillare sulla terra, per presiedere al giorno ed alla notte. Con le parole, luce che presiede al giorno, come anche con, luce che presiede alla notte la Scrittura sottintende delle figure come conviene. Con l’espressione, grande luce che presiede al giorno, la Scrittura sottintende gli uomini, i quali sovrintendono nel giorno, nel senso che [gli uomini] sono deputati a provvedere ai bisogni della casa[7]. Ma appena giunge la notte, inizia il dominio della donna; infatti, le ore notturne si confanno alla donna, alla quale sono stati riservati esclusivamente gli affari della casa, come è scritto (Proverbi XXXI,15), lei si alza durante la notte e divide il bottino con i membri della sua famiglia. La Scrittura dice lei e non lui. Così la luce che presiede al giorno, indica l’essere maschile, mentre la luce che presiede alla notte, quello femminile[8].

La Scrittura aggiunge, e le stelle. Vale a dire, non appena la donna sospende, per la notte, gli affari della casa per intrattenersi con il proprio marito, la direzione della stessa è riservata unicamente alle giovani figlie, le quali badano al focolare occupandosi del ménage. Appena fa ritorno il giorno, però, l’uomo riprende la direzione di tutto.

 


 

[1] Il sole è il simbolo della prima ipostasi (Jéhovah), e la luna della seconda (Élohïm), ne consegue che i due nomi erano di una perfetta equipollenza, poiché le luci che li simboleggiavano anche lo erano. Vedere inoltre, Mikdasch Mélekh, a1. [Torna al Testo]

[2] Secondo il sistema di Ath-Basch (cb ta) Maçpaç Maçpaç corrisponde a Jéhovah Jéhovah ({pxm {pxm = hwhy hwhy). [Torna al Testo]

[3] Parola per parola, quando una luce aveva vergogna alla presenza dell’altra... Vedere anche Talmud, trattato Houllin 60b. [Torna al Testo]

[4] Con gradi formati in alto, si intendono le prime Sephiroth, da Kether (rtk) fino a Thiphereth (trapt), mentre con gradi formati in basso, quelli da quest’ultima sephirâ fino a Malcouth (twklm). Vedere anche Etz ha-Hayim cap.LXI.             [Torna al Testo]

[5] Con, terra dell’alto (halu {ra) i cabalisti sottintendono il mondo di formazione, l’ultimo dei tre mondi celesti. Vedere la nota al foglio 18a. Lo Zohar spiega le parole della Scrittura in questo modo, Dio fece scendere la luce dal terzo mondo celeste in questo quarto mondo materiale. [Torna al Testo]

[6] É noto che, secondo la legge di Mosé (Levitico XXI, XXII), il corpo di un israelita morto, rende impuri tutti quelli che lo toccano. Ora, secondo una tradizione rabbinica (Talmud, tr. Kerithouth, 6b ed altrove), questa legge si applica soltanto al corpo di un israelita, mentre, al contrario, il corpo di un pagano, rende impuri quelli che lo toccano fin tanto che egli è vivente, ma il suo corpo morto non sparge nessuna impurità. [Torna al Testo]

[7] Le edizioni di Sulzbach e di Francoforte, riportano jytyb halml  invece di hytyb hanml vale a dire, di riempire la sua casa, con tutto quello di cui la famiglia ha bisogno. [Torna al Testo]

[8] Nelle edizioni di Cremona e di Amsterdam, una nota del Mikdasch Mélekh, a1, è stata interpolata tra akqwnd e \ybkwkh taw. Questa nota è riprodotta in Etz ha-Hayim, cap. XVII, dopo lwdn rwam fino a alyul ad. [Torna al Testo]