Distruggere l'uomo |
É scritto (Genesi VI,7): E Dio disse: sterminerò da disopra la terra l'uomo che ho creato. Rabbi Yossé iniziò una assemblea esordendo: È scritto (Isaia LV,8): ... Perché i miei pensieri non sono i vostri pensieri, e le mie vie non sono le vostre vie, dice il Signore. Considerate quanto segue, quando un uomo brama vendicarsi di un altro, mantiene il silenzio sulla sua intenzione, per timore che l'altro non apprenda il suo progetto e non lo sventi tenendosi sulle sue. Il Santo, baruk ha-shem, non agisce, però, in questa maniera. Esso non prostra mai il mondo senza averlo annunciato prima due o tre volte; Dio non teme che quelli che vuole castigare sventino il suo progetto, giacché nessuno può nascondersi ai suoi occhi, né opporsi alle sue decisioni. Notate che, con le parole: E Dio dice: sterminerò da disopra la terra l'uomo che ho creato, la Scrittura ci conferma che Dio fece conoscere a quella generazione, tramite Noè, la decisione che aveva preso; avverte gli uomini due o tre volte del castigo che li minacciava: ma non gli diedero ascolto. La persistenza della loro ottusità a non voler ascoltare niente, costrinse Dio a castigarli sterminandoli disopra la terra. Meditate quanto la Scrittura (Genesi V,29) dice di Noè: Ed egli lo chiamò Noè dicendo: lui ci solleverà tra le nostre opere e le opere delle nostre mani, e ci consolerà nella terra che il Signore ha maledetto. Come sapeva il padre di Noè che esso lo avrebbe consolato nella terra che il Signore ha maledetto? La verità è che quando il Santo, baruk ha-shem, maledisse il mondo, così come è scritto (Genesi III,17): Che la terra sia maledetta a causa tua, Adamo chiese al Santo, [58 b] baruk ha-shem: Maestro dell'universo, fino a quando il mondo resterà oppresso da questa maledizione? Dio gli rispose: Fino a quando nascerà un bambino circonciso, simile a te. Da quel momento gli uomini attesero la nascita di questo bambino. Quando Noè venne al mondo, suo padre si accorse[1] che era già circonciso, segnato, in altre parole, con il segno sacro, vide anche che la Schekhina era con lui; ecco perché lo chiamò con il nome che racconta gli avvenimenti che accadranno durante la sua vita. Prima della nascita di Noè, gli uomini non sapevano né seminare, né arare, né erpicare eseguivano tutti i lavori della terra con le mani. Quando Noè venne al mondo rivelò ai suoi contemporanei l'arte di arare la terra e mostrò loro tutti gli utensili[2] necessari per trarne dei frutti. Ecco perché il padre di Noè dice: Questo ci solleverà tra i nostri lavori e le opere delle nostre mani. La Scrittura aggiunge: ... della terra, il che vuole dire che Noè doveva togliere la maledizione di cui la terra era oppressa fino ad allora, tanto che si seminava grano e si raccoglieva delle spine. Ecco perché la Scrittura chiama Noè, aratore della terra. Rabbi Yehouda dice: La Scrittura chiama Noè aratore della terra (isch-haadamnah),per gli stessi motivi per cui indica Elimelech (Ruth I,3), marito di Noëmi (isch na-ami). Noè è chiamato lo Tsaddîq (il Giusto), per il sacrificio che ha offerto, quello che ha liberato la terra dalla maledizione che l’opprimeva, così come è scritto (Genesi VIII,21): Il Signore ricevette questo sacrificio che aveva un odore piacevole, e gli disse: Non spargerò più la mia maledizione sulla terra a causa dell'uomo. Ecco perché Noè è chiamato isch ha-adamah. É per questo, anche, che ricevette un nome che ricorda l'avvenimento che si verificherà durante la sua vista.
Rabbi Yehouda aprì una conferenza esordendo; è scritto (Salmi XLVI,9): Venite e vedete le opere del Signore che fa dei prodigi (schamoth) sulla terra. Questo versetto è già stato spiegato. Ma ecco quanto desidero aggiungere. Cosa significa: Venite, e vedete (hazou)? Questa parola ha lo stesso significato del versetto (Isaia XXI,2): Dio mi ha rivelato una spaventosa profezia (hazouth); giacché è per opera del Santo, baruk ha-shem, che la profezia dell'alto è rivelata agli uomini. Quanto alle parole della Scrittura: ... Che fa dei prodigi (schamoth) sulla terra, non bisogna leggere, prodigi (schamoth), ma, nomi (schamoth). La Scrittura vuole dire che è Dio che ispira il nome degli uomini; giacché il nome influisce su tutta la vita dell'uomo. Secondo un'altra interpretazione[3], la parola schamoth del versetto precitato significa, distruzione; infatti, se il mondo fosse stata l'opera dell'essenza divina chiamata Jéhovah, tutto sarebbe stato indistruttibile; ma poiché il mondo è opera dell'essenza divina chiamata Élohïm, tutto è soggetto a distruzione; ecco perché la Scrittura dice: Venite, e vedete le opere di Élohïm[4] che sono soggette alla distruzione (schamoth) sulla terra. Rabbi Hiyâ interloquì con Rabbi Yehouda: Non sono dello stesso parere, considerato che il nome di Jéhovah è tanto sacro quanto quello di Élohïm; è ,quindi, inaccettabile ipotizzare che il mondo sia deperibile soltanto perché è l'opera di quest’ultimo, ma che non lo sarebbe se fosse quella di Jéhovah. Ecco perché condivido l'opinione dei colleghi che attribuiscono alla parola schamoth, il significato di nomi sacri; giacché è grazie alla combinazione dei nomi sacri di Dio che si operano le meraviglie in questo mondo. Il senso del versetto precitato è dunque questo: Venite, e vedete le opere di Élohïm che si operano sulla terra grazie alla combinazione dei nomi divini. Rabbi Isaac dice: Tutte le interpretazioni sono accettabili; ed anche quella di Rabbi Yehouda lo è, perché se il mondo fosse stato creato con il nome di misericordia, in altre parole con il nome di Jéhovah, tutto sarebbe indistruttibile; ma poiché il mondo è stato creato con il nome di rigore, vale a dire con quello di Élohïm, tutto è deperibile. Circa l'obiezione di Rabbi Hiyâ, essa non è correttamente fondata, dato che la discontinuità delle cose è indispensabile al mondo, quanto il rigore lo è per il castigo dei colpevoli, e senza il quale il mondo stesso non potrebbe, altrimenti, esistere. Notate che, quando Noè nacque, fu chiamato con un nome che esprime la consolazione: consolazione per se e consolazione per il mondo, consolazione per gli ascendenti e consolazione per i discendenti, consolazione per il mondo dell'alto e consolazione per quello in basso, consolazione in questo mondo e consolazione in quello futuro. Sebbene il nome di Noè sia stato un presagio del suo avvenire di consolatore, non aveva lo stesso significato in ciò che concerne i suoi rapporti con Dio; giacché il suo nome, Noah, letto alla rovescia forma la parola hen (grazia), così come è scritto (Genesi VI,8): E Noah trovò grazia (hen) davanti al Signore. Rabbi Yossé dice: Hen, è costituito delle stesse lettere di Noah; così, i nomi dei giusti sono sempre l'anagramma di un parola che esprime il bene, mentre quelli dei colpevoli si prestano sempre ad un anagramma che esprime qualche cosa di cattivo. Così, per Noè, la Scrittura dice: E Noah trovò grazia (hen) davanti al Signore. Noah, è dunque l'anagramma di hen (grazia). Mentre per Er, il figlio maggiore di Giuda, lo Scrittura (Genesi XXXVIII,7) dice: Ed Er, il figlio maggiore di Giuda, era male (râ) davanti al Signore. Così Ér, costituisce l'anagramma di râ. Considerate che quando Noè venne al mondo e vide la perversità degli uomini che peccavano contro il Santo, baruk ha-shem, per evitare il contagio si ritirò nella solitudine e si dedicò al servizio del suo Maestro. Si chiederà: a quale studio si dedicò nella solitudine? A quello del libro rivelato a Adamo e a Henoch; lo studiò per sapere come servire il suo Maestro. Notate, difatti, che le cose non potevano accadere diversamente; altrimenti come Noè avrebbe saputo che bisognava offrire un sacrificio al suo Maestro? Da quanto abbiamo appena detto, però, la cosa si spiega: Noè avendo trovato, nel libro rivelato a Adamo, che è sulla Saggezza eterna (H'cmâ) che il mondo è stato fondato, comprese che era grazie al sacrificio che il mondo poteva sussistere e che, senza il sacrificio, né gli esseri dell'alto, né quelli del basso avrebbero potuto esistere. Rabbi Shimon fece un giorno un viaggio in compagnia di Rabbi Éléazar suo figlio, di Rabbi Yossé e di Rabbi Hiyâ. Strada facendo, Rabbi Éléazar disse suo padre: Poiché desideriamo fare un buon viaggio, conviene ascoltare delle parole riguardo la dottrina. Rabbi Shimon aprì allora la sua lezione nel modo seguente; è scritto (Eclesiaste X,3): Anche sulla strada dove l'insensato cammina, il cuore gli manca, e dice a tutto il mondo: è insensato. Se l'uomo vuole che il suo viaggio sia piacevole al Santo, baruk ha-shem , deve, prima di mettersi in viaggio, consultare Dio ed elevargli la preghiera dei viaggi, così come la tradizione lo deduce dalle parole della Scrittura (Salmi LXXXV,14): Il Giusto camminerà davanti a lui, ed egli lo seguirà nella strada. Il che significa: la Schekhina non si separerà mai da chi si consulta prima di mettersi in viaggio. Ma chi non si affida al proprio Maestro[5] è compreso nelle parole della Scrittura: Anche [59a] sulla strada dove l'insensato marcia, il cuore gli manca. Che significa, cuore? Questa parola sottintende il Santo, baruk ha-shem, che non accompagna mai l'insensato nel suo viaggio e che non gli accorda nessun aiuto; giacché l'uomo che non consulta proprio Maestro prima di mettersi in viaggio, manifesta la convinzione di poter fare a meno del soccorso di Dio durante il viaggio. L'insensato si astiene durante il suo viaggio dal parlare di cose relative alla dottrina; ecco perché la Scrittura dice, il cuore gli manca; il che vuole dire che si priva, per questo, del soccorso di Dio. La Scrittura aggiunge: ... E dice a tutto mondo: è insensato; vale a dire quando l'insensato sente gli altri parlare delle cose relative alla Fede, esclama: È insensato parlare di queste cose. Cosa analoga è accaduta, una volta, ad un uomo il quale, avendo meditato sul segno sacro impresso nella carne di ogni israelita, emise il parere che questa pratica non costituisse un articolo di fede. Quando Rabbi Yebba, il Vecchio, sentì questa eresia, sollevò gli occhi sull'eretico e questo fu trasformato in un mucchio di ossa. Considerato, però, che ci auguriamo, durante questo viaggio, l'aiuto del Santo, baruk ha-shem, dobbiamo dire alcune parole riguardo la dottrina. Rabbi Shimon esordì allora dicendo: è scritto (Salmi LXXXVI,11): Mostrami, Eterno, la tua via, che entri nella tua verità; unisci a te il mio cuore, che temi il tuo nome. Questo versetto presenta una certa difficoltà di interpretazione, considerato che la tradizione c'insegna che ogni cosa è nel potere del Santo, baruk ha-shem, eccettuata la buona o cattiva condotta dell'uomo. Ora, come Davide poteva chiedere al Santo, benedetto sia, ciò che ha chiesto? Nondimeno Davide parlò così a Dio: mostrami la tua via che è la via diritta, in altre parole, apri i miei occhi affinché possa penetrare i tuoi misteri; solo allora sarò certo di camminare sulla via della verità, senza deviare né a destra né a sinistra. Davide aggiunge (Salmi LXXIII,26): Unisco a te il mio cuore. Quale è il senso delle parole, mio cuore? Queste sottintendono quello cantato dal Salmista: Oh Dio che è il Dio del mio cuore e il mio destino per tutta l'eternità.... Davide diceva, dunque, a Dio: Fa' che rimanga sempre unito a te, in tal caso, sarò sempre penetrato dal timore del tuo nome. Considerate che, ogni uomo che teme il Santo, baruk ha-shem, è penetrato dalla fede; un tale uomo è considerato come perfetto nei suoi rapporti con il proprio Maestro. Chi non teme, però, il proprio Maestro non ha la fede e non è degno di avere una parte nel mondo futuro. Rabbi Shimon continuo nel seguente modo; è scritto (Proverbi IV,18): Il sentiero dei giusti è come una luce brillante che si avvicina e che crede fino al giorno perfetta. Felice la sorte dei giusti in questo mondo e nel mondo futuro, perché il Santo, baruk ha-shem, desidera la loro glorificazione. Considerate le parole della Scrittura: Il sentiero dei giusti è come una luce brillante… . Cosa significano le parole, luce brillante? Esse sottintendono quella luce brillante che il Santo, baruk ha-shem, ha creato al momento della creazione del mondo e che ha riservato ai giusti nel mondo a venire. La Scrittura aggiunge: ... Chi si avvicina e che cresce fino al giorno perfetto; per quale motivo questa luce, riservata ai giusti, va aumentando sempre di più e non decresce mai. Ma cosa ha detto la Scrittura dei colpevoli? (Proverbi IV,19) La via dei cattivi è piena di tenebre; non sanno dove cadono. Per quale motivo dice: .. Non sanno dove cadono? I cattivi, forse, non conoscono la causa della loro caduta? La Scrittura vuole dire che i cattivi che camminano sulla via tortuosa, non riflettono mai né pensano che il Santo, baruk ha-shem, li giudicherà nel mondo a venire e farà loro subire il castigo dell'inferno dove andranno a lamentarsi ogni giorno: Disgrazia a noi, disgrazia a noi che non abbiamo voluto ascoltare, né aprire il nostro cuore alla voce della verità, finché eravamo ancora sulla terra, dove il risarcimento era ancora possibile; disgrazia a noi, disgrazia a noi. Tale è il lamento che i colpevoli alzano, ogni giorno nell'inferno. Meditate che il Santo, baruk ha-shem , accorderà ai giusti, nel mondo futuro, molta luce e darà loro la ricompensa delle loro opere in una regione che mai occhio ha visto, così come è scritto (Isaia LXIV,3): L'occhio non ha visto affatto, fuori te solo, oh Dio, ciò che hai preparato a quello che spera in te, ed altrove è detto: Usciranno per vedere i corpi morti di quelli che hanno peccato contro me; ed ancora (Malachia III,21): Calcherete ai piedi gli atei che diventeranno come la cenere sotto la pianta dei vostri piedi. Felice la sorte dei giusti in questo mondo e in quello futuro. É di essi che la Scrittura e dice: possederanno la terra per sempre, ed altrove (Salmi CXL,12): Ma i giusti loderanno il tuo nome, e quelli che hanno la corte diritto abiteranno alla tua presenza. (Salmi LXXXIX,53) Benedetto sia il Signore, eternamente; così sia, così sia[6].
[1] Vedere foglio 59b e Tiqouné Zohar, XXII. [Torna al Testo] [2] Consultare foglio 96b. [Torna al Testo] [3] Le edizioni di Cremona e di Sulzbach riportano rja rbd. In ogni caso, è certo che Rabbi Yehouda fornisce due interpretazioni della parola twmc; secondo la prima, questa parola deriverebbe da hc e, secondo la seconda, da hmc. [Torna al Testo] [4] Il commentatore Derek Emeth, a.1, esprime il suo stupore nel constatare lo Zohar insistere sul nome di Élohïm, mentre in tutti i manoscritti conosciuti, come in tutte le edizioni dei Salmi, è il nome di Jéhovah e non quello di Élohïm che figura nel versetto citato. Il commentatore Nitzoutzé Oroth, a.1, afferma, secondo l’autore del Minhath Schaï, che la lezione di Jéhovah, presente in tutte le nostre edizioni della Bibbia, è, in verità, inesatta e che bisogna leggere \yhla twlupm. [Torna al Testo] [5] La recita della preghiera per i viaggi è indicata nel Talmud con le seguenti parole: affidarsi al proprio maestro. Per quanto concerne la formula della preghiera, vedere il Talmud tr. Berakhoth, foglio 29b. [Torna al Testo] [6] Questo passo del Salmo, con il quale lo Zohar termina tutte le sezioni, è qui presente con il solo scopo, come dicono i rabbini, di chiudere la sezione con un bel versetto. Confrontare, anche, Raschi, al Talmud tr. Aboth, IV, 15. [Torna al Testo] |