“L’espressione pietra filosofale non si trova negli estratti dell’Esh mesareph citati da Knorr", aveva notato Scholem. Tenuto conto della cattiva reputazione della filosofia greca in generale e della parola filosofia in particolare presso i cabalisti, questo fatto non deve stupirci oltre misura. Ma poiché la pagina del titolo dell’opera attira l’attenzione dei ricercatori di tutti i lidi, rileggiamo a questo proposito un passaggio che ha dato visibilmente molto affanno al traduttore e all’editore, dove si tratta dei mutamenti alchemici che si operano all’interno della sephirâ Tiphereth:

 

“Ed adesso io ti introdurrò nell’antro della materia occulta, e ti mostrerò i tesori di Shelemiyah, vale a dire la perfezione delle pietre (Ex 27, 6).

Vieni e guarda! Ci sono molti luoghi sephirotici ai quali si riferisce l’oro; Guebourâ e Binâ, ed altri luoghi particolari in cui le specie d’oro ora nell’uno, ora nell’altro. Ma adesso io ti presento la natura dell’oro in Tiphereth. E non c’è motivo di formulare delle obiezioni a partire dalle parole dello Zohar o dei Tiqunim! Sappi in effetti che qui Tiphereth deve essere inteso sotto l’influenza della misura di Guebourâ. E questo è un grande mistero, poiché comunemente Tiphereth contiene sotto di sé il ferro, sotto il quale noi cerchiamo l’oro.

È  shemesh, il sole della natura e dell’arte, di cui il più piccolo numero è dieci, simbolo della completa perfezione, numero che per mezzo della gimatreya ti presenta anche il più piccolo numero di questo grado sephirotico (Tiphereth), e allo stesso numero secondo un piccolo calcolo appartiene la parola atah (“te")".

 

Poiché l’espressione “pietra filosofale" non ispira fiducia al redattore, dobbiamo contentarci di spiegare il significato di questi “tesori di Shelemiyah", che non sarebbero nient’altro che la “perfezione delle pietre", o più letteralmente “la perfezione, altrimenti detta la Pietra" (ostendam tibi …. . perfectionem scilicet Lapidem). La formula introdotta dallo scilicet del traduttore latino sottolinea una cosa evidente. La perfezione tanto ricercata è la Pietra. Inoltre, egli insiste sul fatto che questa Pietra è unica poiché egli ricorre all’iniziale maiuscola, accorgimento grafico impossibile in ebraico. Se la Pietra di Israele della tradizione giudaica è unica, essa deve necessariamente coincidere con la pietra che gli alchimisti delle nazioni soprannominano “filosofale".

Dei due riferimenti scritturali che sono indicati a questo proposito, la prima, Nehem (13,13) richiama la fonte biblica del nome Shelemiyah. E il profeta Neemia che lo commemora passando in rassegna i funzionari del culto nel Tempio ricostruito: Io ho affidato la custodia dei tesori a Shelemiyah, il sacerdote.  Questo nome troverà il suo posto nel contesto sephirotico della qabalah se osserviamo che il valore ghematrico semplice di questo nome, shin = 300, lamed = 30, mem = 40, yud = 10, hé = 5, fanno 385, esattamente come quello della parola Shekhinah, shin = 300, kaph = 20, yud = 10, nun = 50, hé = 5. Shelemiyah sarebbe dunque il sacerdote preposto alla Shekhinah e porterebbe il marchio indelebile della sua funzione misteriosamente impresso nel valore ghematrico del suo nome. Tuttavia, il nome Shelemiyah può essere considerato anche come un nome d’angelo, e come tale, essere separato in due parti: Shalem e yah. In questo caso l’accento è messo sulla radice trilettere shin, lamed, mem che contiene l’idea di ciò che è “completo, intatto, felice, perfetto, integro". Il guardiano dell'antro sarebbe dunque un sacerdote celeste chiamato Shelem yah, il Perfetto di Yah. Il valore ghematrico ridotto di questa radice trilettere, 300 + 30 + 40 che si riporta a 3 +3 + 4 fa 10, che è il numero perfetto del pleroma sephirotico: “10 e no 9, 10 e non 11", come insegna il Sepher- Yetzirah. Le tre lettere di questa stessa radice lette in ordini differenti ci offrono due altre parole importanti che portano a loro volta il segno di questo numero perfetto: mashal che significa “parabole, proverbio, discorso figurato, discorso profetico, oracolo", considerata in questo caso come l’espressione sintetica di tutti i significati che se ne possono dedurre; leshem, che è il nome di una pietra preziosa il cui ricordo è conservato nella descrizione del pettorale del giudizio di Aronne, nella terza fila che è composta di tre pietre (Ex 28, 19) “leshem, shebo, we-ahlamah". Noi non conosciamo esattamente il tipo di pietra preziosa che questa parola designava, ma se ci affidiamo all’indicazione del valore ghematrico ridotto del suo nome, possiamo ragionevolmente congetturare che fosse una pietra ritenuta perfetta, alla quale si attribuiva il valore particolare di essere il pleroma di tutte le qualità minerali. La prima chiave del problema della pietra filosofale sarebbe dunque data dall’equivalenza shalem - leshem.

Per ciò che concerne il secondo riferimento biblico citato, cioè Ex 27,6, si tratta incontestabilmente di un’indicazione errata. Il versetto menzionato nel testo si riferisce all’ordine che Dio aveva dato a Mosè: Tu farai per l’altare dei banchi di legno d’acacia, che rivestirai di bronzo. Non si parla né di pietra né di perfezione. Conoscendo la preoccupazione per una irreprensibile esattezza degli editori di Sulzbach, ci domandiamo invero se non bisogna attribuire la responsabilità di questo errore alla redazione stessa del trattato che mediante una piccola finta, vorrebbe mettere alla prova la sagacia del suo lettore. Non si vuol dare la chiave dell’enigma della “pietra" ad un qualsiasi lettore curioso. Tuttavia, quale che sia l’origine di questo incontestabile errore, siamo indotti a proporre alcune ipotetiche soluzioni che dovrebbero risultare plausibili nel contesto dato.

Supponiamo dapprima che al posto di Ex 27,6 il redattore abbia voluto scrivere Dt 27,6: è con pietre intatte che tu costruirai l’altare di Tetragramma, il tuo Dio: là tu offrirai sacrifici in suo onore …. E scriverai sulle pietre tutte le parole di questa Legge in caratteri ben evidenti. Queste pietre intatte diventano così il supporto della Torah scritta, che per il cabalista corrisponde alla sephirâ Tiphereth. Ma, sfortunatamente, siamo lontani dall’obiettivo della nostra ricerca che è la pietra perfetta unica. Alcuni traduttori dell’Esh mesareph hanno preso l’iniziativa di leggere a posto di Ex 27,6 piuttosto Ex 25,17, pensando probabilmente ad un possibile slittamento delle lettere che compongono i numeri romani del riferimento: tu farai un propiziatorio (kaporet) di oro puro (zahabh tahor), ed essi hanno completato questo riferimento col versetto Ex 25,22: là io mi rincontrerò con te e ti comunicherò, dall’alto del propiziatorio, in mezzo ai due cherubini che sono sull’arca della testimonianza, tutti gli ordini che ti darò per i figli di Israele. Sfortunatamente in queste ingegnose associazioni non scopriamo alcuna allusione alla pietra perfetta.

Un altro contesto scritturale potrebbe essere proposto con i versetti che descrivono in dettaglio gli abiti sacerdotali di Aronne, soprattutto l’efode e il pettorale del giudizio le cui pietre preziose fanno pensare ad un tesoro messo davanti agli occhi della comunità allorchè L’Urim e il Tumim, posti nel quadrato piegato del tessuto del pettorale, ne sarebbero i gioielli segreti. La parola “Tumim" può anche dare l’idea di una vaga etimologia in relazione alla perfezione. Ma un cabalista degno di questo nome avrebbe potuto speculare sulla fantasiosa ipotesi secondo la quale Urim e Tumim sarebbero un’unica pietra perfetta?.

Restando nell’ambito della stessa tesi di un incomprensibile errore di riferimento, possiamo forse essere aiutati in questa circostanza da un passaggio del Tiquney Zohar, che dipende a sua volta da un piccolo capitolo enigmatico del Libro Bahir. Vi troviamo in forma condensata la dottrina della Pietra di Israele:

 

“il punto - vocale che è posto in alto nella maniera seguente ° si chiama holem; esso dipende dall’influenza della colonna mediana dell’albero sephirotico (Gen 49,24): è a partire da là (mi-sham) che proviene il Pastore, la Pietra di Israele; la pietra rifiutata dai costruttori è divenuta la pietra angolare. Tutte le perle bianche si trovano nella vocale holem (Bahir XLI28); poiché è scritto (Ex 28,19): leshem. shebo, we-ahlamah; in essa noi avemmo un sogno (Gen 41,11)".

 

Detto altrimenti, nel testo sacro il punto-vocale holem - il punto posto al di sopra delle lettere ed anche al di sopra di tutti gli altri punti-vocale - segna il luogo di provenienza della Pietra unica di Israele. Il luogo da cui questa pietra fu estratta è designato dall’avverbio di luogo: “là", in ebraico sham, che ha la particolarità d’essere composto delle stesse lettere del sostantivo shem, che significa “nome" e che accompagnato da un articolo definito, ha-shem, figura sempre come parola sostitutiva del nome Tetragramma. Il suono del linguaggio che corrisponde a questo punto posto in alto è la vocale “o" che diventa una “o" lunga quando questo segno si trova posto sopra una lettera waw. In questo caso esso indica invero l’apice della colonna mediana dell’albero sephirotico. Il dramma di questa pietra è ricordato dalla scrittura: essa aveva lasciato il suo nascondiglio, si era manifestata, ma fu rifiutata dai costruttori del mondo, quindi essa ritornò al suo posto, il posto in cui fu tagliata, e divenne la pietra angolare della creazione. È a partire da questo luogo e da questa pietra che si manifestano i sogni profetici. Per ritrovare i punti di riferimento di queste deduzioni simboliche in connessione con le considerazioni fonetiche, bisogna rileggere attentamente il piccolo capitolo del Libro Bahir che è citato dal redattore del Tiquney Zohar:

 

“i suoi discepoli chiesero a Rabbi Amoray:

Che significa la vocale holem? Egli rispose loro: è l’anima superiore (neshamah).

E il suo nome è Holem? Si, perché se tu l’ascolti, fortifichi (tahalim) il tuo corpo (guph) per l’epoca messianica; se ti rivolti contro di essa, le tue malattie (holà ikha) ricadono sulla tua testa e colpiranno (halim) anche la sua testa.

Essi gli dissero ancora che tutti i sogni (halom) e tutte le perle bianche si trovano nella vocale holem; poiché è scritto (Ex 28,19): we-ahlamah”.

 

Detto altrimenti, la vocale holem è il simbolo grafico e il veicolo sonoro privilegiato dell’anima superiore. Quest’anima superiore è la fonte della salute e della malattia dell’uomo, in senso figurato come in senso proprio. Essa è anche la fonte suprema dei sogni e delle manifestazioni profetiche. Essa intrattiene una relazione misteriosa con una pietra preziosa che figura al terzo posto tra le dodici pietre che contengono delle iscrizioni e che manifestano le profezie sul pettorale di Aronne.

A proposito della parola holem, bisogna ricordarsi che la radice trilettere het, lamed, mem può avere molteplici significati.

Come verbo, halom vuol dire “sognare", “essere forte, robusto", “diventare forte, recuperare la salute". La forma fattitiva del medesimo verbo significa “far sognare fortificare, guarire", “raccontare dei sogni". Come sostantivo, vocalizzata halom, essa ha il senso di “fantasia, sogno, fantasticheria“; vocalizzata holem, è il nome della vocale “o" che i Massoreti segnano con un punto sopra le lettere.

Con riguardo alle interpretazioni ghemetriche di questa stessa radici trilettere, bisogna notare che le medesime lettere radicali lette in disposizioni differenti formano delle parole importanti per la terminologia cultuale. C’è da una parte la parola melah che significa “sale". In Nb 18,19, Dio dice ad Aronne: è un’alleanza di sale, perpetua, davanti a Tetragramma, per te e per la tua discendenza. Così anche in Lev 2,13: tutto ciò che tu presenterai come oblazione, lo riempirai di sale, sale che non ometterai mai, segno dell’alleanza con il tuo Dio. Dall’altra, formato egualmente con le medesime lettere radicali, il verbo lahem significa “combattere, guerreggiare, lottare", oppure “mangiare, divorare, consumare". Lahem vuol dire “guerra, lotta", “vigore, forza". Infine, il sostantivo lehem designa il nutrimento per eccellenza che è il “pane".

 

Per afferrare il senso del capitolo in questione del Libro Bahir, dobbiamo seguire le idee dell’unico commentario medievale che ci è giunto per questo libro, datato al quattordicesimo secolo, intitolato Or ha ganuz, “La Luce nascosta". Il suo autore, Meir ben Salomon Abi Sahula, un discepolo di Rabbi Salomon ben Adret, si richiama ad una catena di trasmissione che risale dalla scuola di Gerone sino ad Isacco il Cieco e ai primi cabalisti di Provenza.

Come tutti sanno, l’uomo è stato creato ad immagine di Dio, detto altrimenti ad immagine delle dieci sephiroth e delle ventidue lettere dell’alfabeto. In questa disposizione fondamentale, le cinque vocali dell’alfabeto che sono designate dalla formula mnemotecnica nutaréyiqon, cioè u, a, è, i, o, corrispondono alle cinque parti costituenti dei cinque rivestimenti psichici dell’uomo, che sono nephesh (anima), ruah (spirito), neshamah (anima superiore), da una parte, yehidah (unico) ed hayah (principio vitale) dall’altra. Le cinque vocali si riferiscono rispettivamente a delle radici sephirotiche. Queste radici sono: Malcouth per u, Tiphereth per a, Binâ per è, H'cmâ per i e Kether Eliyon per o. Il significato nascosto della vocale “o" è il segreto della sua identità con l’anima superiore (Neshamah). Per ciò che riguarda il segno grafico di questa vocale, possiamo affermare che come la sephirâ Kether Eliyon si trova sopra tutte le sephiroth, così il punto - vocale holem si trova assai logicamente sopra tutte le lettere e tutti i numeri espressi dalle lettere. Tutte le vocali “o" e tutti i sogni sorgono immediatamente dal Pensiero supremo (Kether) non manifestato; com’è indicato allusivamente (Dan 2,29): O Re, le tue riflessioni sorgono sul tuo letto a proposito di ciò che arriverebbe dopo questo tempo e colui che rivela i segreti ti ha fatto conoscere ciò che deve arrivare. Tuttavia, i soggetti che ricevono questi sogni che sorgono possono trovarsi in disposizioni psichiche ricettive e biologiche diverse. giacché come c’è uno stato di salute ed uno di malattia per i corpi, così ci sono salute e malattia per le anime. Per l’anima superiore lo stato di salute consiste nel suo attaccamento permanente al Pensiero, la prima sephirâ, a partire dalla quale essa prende contatto con la Saggezza, la seconda sephirâ. Quando l’anima inferiore si preoccupa di cattivi pensieri e medita le false conoscenze esteriori di coloro che sono sapienti nel fare il male e impotenti a fare il bene, allora i suoi pensieri sono come la follia, agli antipodi dell’anima superiore. Se l’anima superiore è intellettualmente sana e se si conforma alla saggezza che essa attinge dal Pensiero supremo, allora essa si procura forze sane e guarisce il corpo e gli assicura la salute per l’epoca messianica quando avranno luogo il Giudizio finale e la resurrezione dei corpi. Se qualcuno si rivolta contro la saggezza che irradia dall’anima superiore, le malattie colpiscono la sua anima inferiore e, come conseguenza, anche il suo corpo. L’agadah talmudica ci insegna che la Luce del primo giorno della Creazione fu nascosta da Dio per l’epoca messianica, giacché l’uomo mortale non può guardarla rimanendo in vita. In compenso, se l’anima superiore unisce il Pensiero supremo alla Saggezza e in questo modo “procura la forza e la salute" (tahalim) all’uomo, allora quest’uomo sarà in grado di superare la classe delle creature e di legarsi a Dio in conformità alla promessa divina (Dt 4,4): voi che vi affezionate a Tetragramma, vostro Dio, siete tutti vivi oggi stesso. Il punto vocale holem racchiude tutti i sogni (halom). È il pensiero supremo che suscita questi sogni profetici che si trovano tutti nell’anima superiore (neshamah) in uno stato di perfezione (shalem) totale. È a partire da lì che essi appaiono nell’anima inferiore (nephesh) come una visione o una immagine simbolica o allegorica (mashal). Se l’anima superiore è realmente attaccata al pensiero supremo (debhéqut) e se l’uomo è sano e vigoroso nelle sue azioni, allora il sogno sarà un’immagine fedele e veritiera. In caso contrario, i vizi e i rimuginamenti perturbano la manifestazione del sogno e le visioni mostrano solo follie grottesche e perfide menzogne.

Per la sua forma grafica, il punto-vocale holem è come un’unica perla minuscola che racchiude tuttavia tutte le perle bianche della natura. Un commento allegorico di questo principio appare nel capitolo LXVIII dello stesso Libro Bahir. Mentre il re ha presso di se un buon servitore, un uomo di fiducia irreprensibile, si dice:

 

“Che gli darò? Che farò io per lui? Ecco, io ho fabbricato un bel vaso che contiene delle belle perle, incomparabili, un tesoro da re. Io glielo darò, egli sarà meritevole nel suo ufficio. Questo è il vero senso del versetto (Gen 24, 1): E YHWH aveva benedetto Abramo in tutto (ba-kol)".

 

Bakol è il nome della figlia leggendaria di Abramo, il bel vaso è l’anima inferiore che contiene senza alterazione i tesori dell’anima superiore. Infatti, l’anima superiore (nashamah) è come una pietra preziosa unica, il pleroma della creazione:

 

“... Il Santo, benedetto egli sia, prese una millesima parte del suo splendore e ne fece una pietra preziosa di bell’aspetto e ben lavorata nella quale Egli racchiuse tutti i comandamenti".

 

L’anima superiore è il luogo a partire dal quale fu tagliata la Pietra di Israele:

 

“Che significa il versetto (Gen 49,24): da là (mi-sham) il Pastore, la Pietra di Israele? È a partire da là che si alimenta la Pietra di Israele.

E che significa l’espressione: “da là"?  Dico che è la “Giustizia superiore".

Che cos’è essa? È la Grande Luce, quella che è stata messa in riserva".

 

La “Giustizia superiore" di cui qui si tratta:

 

mette le sue delizie nel timore di Tetragramma, non giudica ciò che appare ai suoi occhi, non si pronuncia su ciò che colpisce le sue orecchie (Is 11,13), ma inclina il mondo intero verso il piano del merito ed è da lì che proviene il Consiglio; è a partire da là che la salute giunge al mondo; (Gen 49,24) viene da là la Pietra, il Pastore di Israele; essa è il luogo chiamato (sham); poiché è detto (Hab 3,4): Là è il nascondiglio della sua forza (uzo)".

 

Il segreto della Pietra di Israele riguarda anche l’armonia e la comunicazione integrale tra holem ed halom, tra l’anima superiore (neshamah) e l’anima inferiore (nephesh), che assicura la condizione indispensabile della salute dell’uomo e dell’universo. Quando questa armonia è consolidata, la Prima sephirâ produce il sogno e fortifica la Seconda sephirâ passando direttamente per la via mediana in una unione perfetta, lontano dagli accusatori e da coloro che tagliano le radici delle piantagioni.