Il testo che impropriamente indichiamo con Ma’aseh Berechith, in verità è uno scritto senza titolo. Accettando, però, l’uso antichissimo nell’ebraismo, di indicare un testo con la prima parola con cui inizia, il titolo è appropriato. La data non è conosciuta. Una sola volta, nel 1710, il testo è stato dato alle stampe, per altro come supplemento al ben più noto "Sepher Ratziel".
Il "dono" della traduzione di questo rarissimo testo in lingua Italiana proviene da Sebastiano Gulli, che lo ha pubblicato nei "Santi libri della Qabalah", edizioni Gnosis 1989. Leggiamo e adattiamo dall’introduzione: "Le sentenze sulla formazione del Mondo si riducono a poche cose: solo qualche riga sulla creazione delle sei lettere, la creazione con una sola lettera; la descrizione dell’Opera dei sei giorni sembra completa…". "In ogni modo è la prima volta che questo piccolo trattato sulle origini della creazione, è tradotto in italiano. La grande difficoltà per interpretare il testo proviene dai tagli che appaiono di sovente. La recita è interrotta, anche nel bel mezzo di una frase, per passare ad un argomento senza alcun rapporto di continuità con quanto precede, mentre il filo del pensiero, lasciato sospeso, è ripreso venti o trenta righe più avanti…".
Il testo inizia con il confronto di due opinioni sulla creazione. Per la prima tutto è avvenuto tramite sei lettere, l’altra sostiene, invece, che la creazione è stata opera di una sola. Dopo la realizzazione di tutto, Dio lo sigillò con il fuoco, di cui lo scritto inizia la descrizione delle parti costitutive, descrizione che però non è terminata perché con un taglio di soggetto, si passa al racconto dell’Inferno e degli Angeli distruttori di cui sono forniti i nomi ed i sigilli. La descrizione, però, non avviene completamente, giacché si registra un secondo taglio che non ha temi intermedi che lo giustifichino. Dopo la descrizione del secondo sigillo, infatti, è ripresa per alcune righe, quella della creazione, dopo di che con un nuovo taglio, che non sembra questa volta arbitrario, passa all’esposizione delle sette terre, soltanto delle prime cinque, chiudendo il paragrafo con l’esposizione dell’inferno interrotta precedentemente. Un nuovo argomento cosmologico, sulle dimensioni del mondo, è introdotto e segue ininterrottamente fino alla descrizione dei diciottomila mondi. Il manoscritto prosegue la descrizione dettagliata del secondo cielo, soggetto che era stato introdotto con la descrizione degli Angeli ed i loro sigilli. Il soggetto è completo dell’esposizione dei sette cieli e ultimato con la descrizione dell’immagine del mondo della Merkavah, che nel testo è collocata sopra il settimo cielo. © Sebastiano Gulli
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