Esiste un legame tra
il misticismo ebraico e la teoria evoluzionistica dell'universo?
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David Gianfranco Di Segni
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Esiste un legame tra la Qabalah e la teoria
evoluzionistica dell'universo? Le dottrine sulla creazione del
mondo occupano un posto centrale nella Qabalah, la dottrina
mistica ebraica. I cabalisti, riallacciandosi ad una catena
ininterrotta di tradizioni trasmesse esotericamente da maestro
ad allievo, hanno elaborato ardite concezioni su Dio e sulla
nascita e struttura del mondo. È sorprendente come sia possibile
individuare alcune analogie tra le concezioni cabalistiche e i
risultati ottenuti dalla scienza moderna. Ciò è tanto più
rimarchevole se si pensa all'enorme differenza fra i due
approcci: mentre la scienza indaga il mondo tramite
l'osservazione, la sperimentazione e l'elaborazione di modelli
matematici che descrivono la natura, i cabalisti arrivano a una
teoria dell'universo attraverso l'indagine del testo della Torà,
di cui vengono interpretate non solo le parole ma anche le
singole lettere. Persino gli spazi bianchi fra le lettere sono
oggetto di studio. La Torà ha un significato manifesto, quello
che tutti noi conosciamo leggendo il testo in ebraico o in
qualsiasi traduzione, ma possiede anche un senso nascosto, ed è
questo l'oggetto delle speculazioni dei cabalisti. L'opera
fondamentale e più nota della Qabalah è lo Zohar, attribuito
dalla tradizione a Rabbi Šim’on bar Yoha’y (un allievo di Rabbi
̔Aquiva, vissuto nel II° secolo nella terra d'Israele) e
riscoperto da Mosè de' Leon (come afferma lui stesso, o scritto,
come sostengono gli storici) nel XIII° secolo in Spagna, da cui
si diffuse poi in tutto il mondo ebraico. La parte principale
dello Zohar è un commento ai cinque libri della Torà e si
presenta come una sorta di lungo Midraš, il cui stile è per
molti aspetti imitato. La parte iniziale dello Zohar (chiamata
Sithré Torah - "I segreti della Torà") è un commento alla
parashà di Berešith, in particolare ai primi quattro giorni
della creazione. Questa parte (corrispondente a 15 pagine
dell'edizione classica, vol. I, fogli 15a-22a) [La traduzione
integrale di questi fogli dello Zohar è consultabile in questa
stessa sezione:
Berešith] è stata
recentemente tradotta in italiano, integralmente, sulla base
della traduzione tedesca compiuta da Gershom Scholem
dall'originale aramaico (G. Scholem, I segreti della creazione,
a cura di Gabriella Bemporad e Elisabetta Zevi, con una nota
finale di Moshe Idel, Adelphi). Il testo dei Sithré Torah è
preceduto da un'introduzione di Scholem sul contesto storico in
cui nacque lo Zohar e sulla sua effettiva paternità, sul suo
carattere letterario, sulla concezione di Dio e delle dieci
Sephiroth e un commento al testo tradotto. La traduzione (quella
tedesca e quella italiana corrispondente) si presenta come
un'interpretazione, con l'aggiunta di parole e frasi
esplicative, al fine di rendere accessibile il linguaggio
estremamente sintetico e spesso oscuro del testo originale
aramaico e di indicare le fonti o le reminiscenze bibliche e
talmudiche. Le parole aggiunte da Scholem sono comunque
racchiuse da parentesi quadre, così da permettere al lettore di
distinguere il testo originale dall'interpretazione. "In
principio - scrive lo Zohar - quando la volontà del Re cominciò
ad agire, incise segni nell'aura celeste [che irradiava intorno
a Lui]. Una fiamma oscura scaturì nella regione più nascosta dal
mistero dell'Infinito En Sof… del tutto priva di colore. Solo
quando quella fiamma prese misura ed estensione, emise colori
splendenti… Allora quel punto originario, chiamato Principio, si
espanse e costruì un Palazzo… Tutte le altre parole e forze
della Creazione sono sorte quando quel punto, l'origine di
quello splendore nascosto, si espanse… Quando successivamente
punto originario e Palazzo si congiunsero in un'unica figura,
allora nella prima parola della Torah, Berešith, fu incluso
anche [simbolicamente] il principio segreto [del dispiegarsi dei
mondi]… quel Palazzo si chiamò 'Casa', bàyit, mentre il punto
originario si chiamò rosh, 'Inizio'. Ma le due parole sono
contenute l'una nell'altra nel senso segreto della parola
Berešith" (pp. 69-71 della trad. it.). Lo Zohar intende dire che
la parola Berešith, scritta in lettere ebraiche, è formata da
una combinazione delle consonanti delle parole bàyit e rosh. Il
termine rosh, a sua volta, è formato dalle lettere di ashèr, che
- spiega lo Zòhar (p. 71) - è uno dei Nomi divini in Ehyèh Ashèr
Ehyèh ('Io sarò Quel che Io sarò', Esodo 3:14). All'inizio, la
Casa (il mondo) era inabitata, ma poi fu seminata per renderla
abitabile: "Ma cos'è quel seme? Sono le forme spirituali delle
consonanti, che costituiscono la struttura segreta della Torah e
sono scaturite da quel punto originario. Quel punto originario
seminò nel Palazzo il seme dei tre punti [vocalici] ḥolem [o],
šureq [u], ḥireq [i] [, che vengono posti sopra, dentro e sotto
le consonanti]. E vocali e consonanti si compenetrano e
diventano un unico segreto: la voce che sorge da questa unione"
(p. 72). Il punto originario è raffigurato dalla lettera yud, la
più piccola e compatta fra le lettere, mentre il Palazzo è
rappresentato dalla lettera he, il cui aspetto assomiglia a una
casa. L'unione della yud e della hè' forma uno dei Nomi divini e
compone anche la parola yehì ('sia', nel verso "Dio disse: "Sia
la luce", e luce fu" Genesi 1:3). La luce nasce quando la
lettera yud prorompe fuori dalla parola awìr (etere), lasciando
awr (pronuncia 'or', luce) (p. 83). La yud, il punto originario,
a sua volta deriva - scrive lo Zohar - dal segno, simile a una
piccola yud, che sta nella parte superiore della lettera 'àleph,
"principio e termine di tutti i gradi… (a cui non) si addice
altro nome che 'Uno', per indicare che essa [come la Divinità],
pur comprendendo in sé molte forme, tuttavia è una sola… e
allude al segreto nascosto del Pensiero originario…" (p. 128). È
evidente già da queste poche righe quanto la cosmogonia
cabalistica si basi sul concetto (già presente nel Sepher
Yetzirà) che le lettere dell'alfabeto ebraico sono alla base
della creazione del mondo e, nel contempo, sull'idea che la
successione di lettere che formano la Torà rappresenta, nella
lettura nascosta, una successione di Nomi divini (vedi G.
Scholem, Il Nome di Dio e la teoria cabalistica del linguaggio,
Adelphi 1998). La nozione che una sorta di "scrittura" stia alla
base del mondo è presente anche agli albori della scienza
moderna. Scrive Galileo ne Il Saggiatore (§ 6): "La filosofia è
scritta in questo grandissimo libro che continuamente ci sta
aperto innanzi agli occhi (io dico l'universo), ma non si può
intendere se prima non s'impara a intender la lingua e conoscer
i caratteri nei quali è scritto. Egli è scritto in lingua
matematica, e i caratteri son triangoli, cerchi ed altre figure
geometriche, senza i quali mezzi è impossibile a intenderne
umanamente parola; senza questi è un aggirarsi vanamente per un
oscuro labirinto". Qual è l'attuale visione scientifica
sull'origine dell'universo? La teoria comunemente accettata è
quella del Big Bang ('grande esplosione'), secondo cui
all'inizio tutta la sostanza (sotto forma di energia) era
concentrata in un piccolo volume ad altissima densità e con
un'elevatissima temperatura. Un'immane esplosione, avvenuta
circa 15 miliardi di anni fa, avrebbe dato origine alla
formazione dell'universo, da allora in espansione e in
progressivo raffreddamento. Questa teoria si basa,
essenzialmente, sull'osservazione della fuga delle galassie e
sulla scoperta della "radiazione cosmica di fondo", un residuo
dell'esplosione primordiale. La radiazione prodotta nel grande
scoppio iniziale non era visibile, sia perché aveva una
lunghezza d'onda molto corta (inferiore a quella dei raggi X)
sia perché l'universo, essendo talmente denso, non faceva
passare i fotoni (le particelle luminose). L'universo era quindi
opaco alle radiazioni e la luce era nascosta. Solo dopo una
sufficiente espansione e raffreddamento la luce si "disaccoppiò"
dalla materia e divenne visibile. Schematizzando, possiamo
affermare che all'inizio c'era solo energia; poi si formò un
miscuglio di materia e radiazione invisibile; infine, l'universo
diventò trasparente e si formarono le stelle. Il sole (e il
sistema planetario che gli ruota attorno) si sarebbe formato
solo dopo vari miliardi di anni (circa 4.5 miliardi di anni fa).
È indubbio che, pur usando linguaggi differenti, l'immagine
cabalistica (un punto originario da cui tutto si espande; la
luce nascosta) sia in qualche modo allusiva della concezione
scientifica. È solo una coincidenza, frutto dell'ingegnosità o
ingenuità di coloro che l'hanno trovata? O è frutto di una
intuizione (in termini religiosi la chiameremmo 'rivelazione,
ispirazione') che gli antichi maestri ebrei ebbero? "Si capisce
che si stava tutti lì, - fece il vecchio Qfwfq, - e dove
altrimenti? Che ci potesse essere lo spazio, nessuno ancora lo
sapeva. E il tempo, idem: cosa volete che ce ne facessimo, del
tempo, stando lì pigiati come acciughe?… Ogni punto d'ognuno di
noi coincideva con ogni punto di ognuno degli altri in un punto
unico che era quello in cui stavamo tutti" (da "Tutto in un
punto", in Cosmicomiche di Italo Calvino).
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