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Il documento che presentiamo ai nostri Ospiti è opera d'ingegno di Donato Piantanida, La libera circolazione in rete è subordinata alla citazione della fonte (completa di Link) e dell'Autore. Ogni diritto è riconosciuto. © Donato Piantanida
Per comprendere i misteri che gli antichi Iniziati celarono nella composizione geroglifica del nome dello Uomo universale, oltre che ai nomi che compongono la sua complessa unità, è necessario ricorrere agli insegna menti più gelosi delle teogonie Egizia, Caldea, ed Ebraica (insegnamenti dei quali ci sono pervenuti solamente pochi cenni scritti) e risalire all'esistenza di un universo anteriore al nostro cosmo nel quale le Creature che lo costituirono furono dotate all'inizio della loro evoluzione ascensionale del più alto qualitativo possibile compreso nel minimo quantitativo possibile necessario a costituire il loro limite. Come per tutti gli Esseri morali, anche su quel piano elevato la Personalità Perfetta di quelle altissime Creature - che esisteva in loro virtualmente - doveva essere il risultato di una conquista, di un lavoro compiuto mediante una prova consistente nella libera scelta nel seguire le inclinazioni del pensiero e della volontà propria, che per la finitezza del soggetto poteva errare nella valutazione dei fini, e la volontà di Dio, come l'Essere morale la concepisce. I «Figli della Luce», superando la prova, si orientarono verso la «Fonte di ogni Luce» mentre i «Figli delle Tenebre», i «Figli della Rivolta» gli «Angeli Caduti», mancando alla prova, si illusero di poter lottare e sostituire le loro concezioni - ovviamente limitate e quindi imperfette - a quelle del Verbo dal quale ebbero origine. Così, separando il più possibile il loro pensiero da quello di Dio, che è l'Essere degli esseri, i «Figli della Rivolta» per la loro condizione iniziale elevatissima, spinsero la tendenza verso il non-essere vale a dire la loro separazione dallo Spirito, il più lontano possibile. Quale conseguenza gravissima si ebbe l'anarchia delle loro concezioni contrastanti, in sostituzione alla teocrazia preesistente e come è scritto esplicitamente nella parafrasi Caldea del Sépher Beraeshith di Mosè venne a determinarsi «una materia divisa fin all'annichilazione e vana» vale a dire il Caos esistente nell'Abisso (hôm in ebraico), mentre nella teogonia Egizia sono le acque primordiali Nu esistenti nell'abisso ad esprimere con l'assoluta immobilità della loro superficie l'immagine della passività delle cose. Infatti anche la materia più grossolana, quella cioè, composta dal minimo qualitativo possibile è una conseguenza ad una «coagulazione», a un «aumento di densità», a una «condensazione» - esprimendoci in termini alchemici - dell'energia e quest'ultima, in un certo senso, può essere stimata come una «corruzione», una «prostrazione» dello Spirito. Il Male esistente nel nostro Mondo e quindi anche nell'uomo sarebbe perciò una conseguenza, oltre che dell'imperfezione inerente alla loro natura finita, della catastrofe iniziale dalla quale ebbe origine il caos materiale. Ripetuti accenni a questi sconvolgimenti, a questi crolli cosmici si ritrovano negli antichi testi che ci sono pervenuti. Nel grande rituale magico conosciuto attualmente come «il libro dei Morti degli antichi Egiziani» leggiamo: «Colui che ha debellato i Figli della Rivolta e ciò che hanno fatto e riguardo la notte della battaglia e quando arrivarono dall'oriente del cielo e vi fu battaglia in cielo e sulla terra sino ai suoi estremi confini». La Qabalah con preciso riferimento a questi sconvolgimenti cosmici ci ha tramandato che i Séphiroth, gli «Splendori Divini» nella loro condizione primitiva si trovarono troppo di rettamente esposti alla Luce divina e quelli inferiori si spezzarono dinanzi a essa. Fu questa la rottura dei «Sacri Vasi», la «caduta» dei Re di Edom, cioè di quelli che divennero i principi dell'esistenza materiale caotica.
Nel Siphra de Tzèniutha è scritto: 1. Tradizione: il Libro del Mistero è il libro che descrive il librarsi della Bilancia. 3. E i primi Re (vale a dire i re di Edom) morirono e i loro alimenti più non si trovarono (mancarono a loro i mezzi per sussistere) e la Terra (intesa in senso simbolico come ambiente, per questa mancanza di armonia) fu desolata.
Una descrizione analoga alle precedenti è data nell'Apocalisse (XII, 7): «E si fece battaglia nel cielo ; Michele e i suoi angeli combatterono con il dragone; il dragone parimenti e i suoi angeli combatterono; ma non vinsero e il luogo loro non fu più trovato nel cielo. E il gran dragone, il serpente antico, che è chiamato Diavolo e Satana il quale seduce tutto il mondo, fu gettato in terra; e furono con lui gettati ancora i suoi angeli». Da quanto precede risulta che tra i «Figli della Luce» e i «Figli delle Tenebre», ovvero i «Figli della Rivolta» venne a determinarsi un'azione creatrice da una parte e opposizione caotica dall'altra all'azione stessa. Nell'uomo, secondo la Qabalah, questa resistenza all'azione dello Spirito (Nishemath) è determinata dalla sua parte istintiva (Nephesh haiah) l'anima vivente che egli possiede in comune con gli animali. Appunto per vincere la resistenza opposta dal suo principio elementare, tratto dalla sublimazione delle parti più sottili di Adamah - materia omogenea e similare ad Adam, Terra primitiva, in un certo senso, però molto diversa da quella vera e propria percepita dai nostri sensi che Mosè nella sua Cosmogonia ha cura di distinguere definendola sempre con il suo nome proprio Aretz - l'Uomo ebbe il compito di «lavorare», cioè «sublimare» l'intero elemento dal quale venne pure tratta la Nephesh haîah di ogni specie animale (1).
Nell'insegnamento Egizio la netta distinzione tra l'uomo e qualsiasi altro essere del mondo è chiaramente espressa nella composizione geroglifica di uno dei nomi attribuiti all'Uomo universale: RKHIT che significa: «gli umani», nome che proviene dalla paròla RKH che significa «Sapere». Così la parola RKHIT nella sua accezione ieratica può anche interpretarsi: «l'essere ragionevole», «colui che possiede il sapere». La differenza tra l'uomo «essere ragionevole» e l'animale, appare evidente dalla composizione geroglifica del nome attribuito a quest'ultimo MN che simbolicamente esprime una materia: N organizzata conformemente a un ordine stabilito: M, ma priva di ragione. L'essere ragionevole fu creato in perfetto equilibrio per contenere in sé medesimo le due parti che lo compongono, cioè quella della materia, che lo unisce a tutte le manifestazioni dell'universo e quella della ragione, che lo eleva verso lo Spirito. Analogamente al Dio-Uno che si manifesta sotto l'aspetto Triniario, l'Uomo essendo stato creato «nell'ombra riflessa di Dio, conformemente alle Leggi della sua azione assimilante» (2) presenta un ternario unito indissolubilmente nell'unità che esprime la sua identità. Valendosi della similitudine di una sfera, di una circonferenza organica - Gan nella cosmogonia ebraica - o più precisamente di un uovo, l'uovo cosmico, quando la dimora per accogliere lo Spirito è pronta - secondo la teogonia Egizia - il raggio di Ra entra nel corpo perfetto dell'uomo e l'anima con il suo alito divino. In quel momento, il nuovo essere diviene SAR (2a) cioè «il Verbo che è nell'uovo» differenziandosi ed elevandosi oltre qualsiasi forma di vita. Così, secondo la Qabalah, nel simbolico «uovo» in cui esisteva in potenza l'Uomo universale, il tuorlo rappresenta Nishemath, lo Spirito divino o la Schintilla della ragione che Dio alitò in noi. L'albume che lo circonda è Ruah, l'anima o la volontà e il guscio esterno raffigura Nephesh, la parte istintiva, l'anima vivente che, considerata quale vitalità fluidica del corpo, l'uomo possiede in comune con gli altri animali. «Tre elementi essenziali - scrive Papus (3) - compongono l'uomo: 1° Un elemento inferiore, che non è il corpo materiale poiché essenzialmente la materia non esiste, ma è il principio determinante la forma materiale: Nephesh - anima inferiore. 2° Un elemento superiore, Schintilla divina, lo Spirito: Nischemath - anima superiore. Questi due elementi sono fra loro come l'olio e l'acqua. Sono talmente diversi che non potrebbero mai entrare in rapporto l'uno con l'altro senza un terzo termine che partecipa delle loro nature e le unisce. Questo terzo mediatore tra i due precedenti è l'anima: Ruah - anima mediana. I tre elementi corrispondono, pressappoco, a ciò che i sapienti designano come il Corpo, la Vita e la Volontà. I tre elementi si sintetizzano nell'unità dell'essere e si può rappresentare schematicamente l'uomo con tre punti (i tre elementi che lo costituiscono) rinchiusi in un cerchio». «Questi elementi - precisa Jounet nel suo commento al Sépher ha-Zohar - hanno origine diverse: Nishemath proviene dal Sephirâ Binâ (Intelligenza), dal coro Séphirotico intellettuale e divino. Ha per caratteristica il pensiero elevato, la contemplazione dei principi, l'intuizione delle verità eterne, l'amore e la misericordia. Ruah proviene dalla Sephirâ Tiphereth (la Bellezza) dal coro Séphirotico morale e dotato di arbitrio. Ha per caratteristica il sentimento e le facoltà morali. Nephesh proviene dalla Sephirâ Malcouth (il Regno), dal coro, Séphirotico generatore. Ha per caratteristica l'istinto vitale, la capacità di congiungersi con un organismo materiale o etereo. Nelle esistenze terrene ciò che prima si manifesta nell'uomo è Nephesh, poi Ruah e ultima Nishemath. Ciò avviene solo in teoria poiché certi uomini (i bimbi morti in tenera età, i deboli di spirito, i selvaggi) ricevono solo Nephesh, mentre la maggior parte riceve Nephesh e Ruah e solo pochissimi Nephesh - Rauh - Nishemath. Ciò non significa che Dio ingiustamente dia agli uni l'anima inferiore, a molti l'anima inferiore e quella di mezzo, e ai soli privilegiati tutte e tre le anime. Significa che lo sviluppo personale dell'essere spirituale umano e le condizioni di nascita e di vita meritate da questo sviluppo, consentono a una sola anima, o a due oppure a tutte e tre di manifestarsi nella vita di quell'essere». Nella cosmogonia di Mosè la formazione dell'Uomo universale, al quale egli attribuisce il nome di Adam, procede seguendo un cammino progressivo che si sviluppa inizialmente nella creazione generale del Cosmo. YHWH-Élohïm, conformemente alla sua azione assimilante, formò (sostanzializzò, determinandone gli elementi verso uno scopo) l'essenza di Adam sublimando il principio dell'elemento Adamico (Adamah) (4) ma non potendo restare l'Uomo universale nella sua universalità senza restare pure nell'omogeneità volitiva dell'Essere degli esseri e per conseguenza in una sorta di necessità relativa, lo libera da questa dipendenza - pur senza distruggere la sua spiritualità e universalità - imprimendogli un nuovo sviluppo che lo individualizza e ne fa un essere intelligente Aish (la Ragione) vale a dire un essere suscettibile di volere e scegliere deliberatamente per sé medesimo. La facoltà che gli conferisce questo potere venne tratta dall'uomo stesso ed è la sua compagna intellettuale Aisha (il libero arbitrio) (5). Così, YHWH-Élohïm dopo aver ispirato nell'anima vivente, Nephesh haìah di Adam il suo alito - cioè una particella della sua ragione, Aish, vide la necessità di dare a questa ragione una compagna, Aisha, un aiuto elementare emanato da Adam stesso e formato nel riflesso della sua luce e ciò affinché l'Uomo potesse anch'egli riflettere la sua immagine e realizzare le sue concezioni facendole passare dalla potenza in atto, mediante la sua volontà (6). I limiti che ci siamo posti per questo breve saggio non ci consentono di trattare diffusamente il processo evolutivo di Adam, come è esposto nel Genesi, riassumiamo quindi l'argomento come magistralmente lo espone Fabre d'Olivet nelle sue note al Sèpher Berechith: «Adam, l'Uomo universale, viene concepito, in principio, dalla Divinità. L'elemento dal quale trarrà la sua sostanza naturata è nominato prima di lui Adamah. Ben presto lo Spirito Divino (Nishemath) si unisce, mediante Ruah, al suo spirito elementare (Nephesh) e passa dallo stato di potenza in atto. L'Essere degli esseri l'individualizza e separando da lui la sua facoltà volitiva efficiente Aisha (poiché Mosè considera Aisha, la facoltà volitiva della quale fu dotata la Ragione Aish come una sorta di involucro che ricopriva quest'ultimo) lo rende in tal modo libero, suscettibile di realizzare le sue proprie concezioni. Allora esiste l'Uomo intellettuale Aish. «Nahash (7) l'attrazione originale, la cupidigia, la passione travolgente della vita elementare (il simbolico serpente del Genesi) avvolge nelle sue spire la facoltà volitiva, ora isolata e libera. Aisha sedotta e credendo d'impossessarsi del suo principio naturante si abbandona al principio naturale. L'Uomo intellettuale si corrompe. La sua facoltà volitiva si muta in esistenza elementare H'evah (8). L'Uomo universale Adam si scompone e si divide. La sua unità diviene prima un ternario in Kaìn, Habel e Sheth, giunge al sei mediante Kaìn e a nove con Sheth. Le facoltà corporee succedono all'esistenza elementare. L'Uomo corporeo Ænosh appare sulla scena cosmogonica (9). «Così nel pensiero profondo di Mosé si succedono tre nomi geroglifici: Adam l'Uomo universale. Aish l'Uomo intellettuale, e Ænosh l'Uomo corporeo. «Chi crederebbe, se le prove non fossero evidenti, - conclude Fabre d'Olivet - che questi nomi, così differenti per la forma e per il significato, impiegati da Mosé con arte più che umana, sono stati tradotti con la stessa parola, come sinonimi!» (10). Consideriamo ora ciascuno di questi nomi con le chiavi che ci consentono d'interpretare i caratteri della 'Lingua sacra' e il rispettivo valore numerico delle lettere (11). ADAM è il ternario umano composto dalle lettere Aleph - Daleth - Mem in cui il Creatore sviluppa il suo atto divino fin in fondo. La Scintilla divina (Aleph) penetra la materia per trasformarla coscientemente. Ciò è dimostrato per la somma e successiva riduzione teosofica delle cifre che compongono il nome dell'uomo universale: 1 +4 + 40=45 = 4 + 5 = 9Nove è la cifra suprema, lo sviluppo definitivo della creazione al quale segue il ritorno all'Unità (10 = 1 + 0 = 1 ) D'altra parte questa cifra risulta dalla somma della cifra 8 (sdoppiamento completo del Creatore nel suo atto) e dell'Unità principio (la Scintilla divina). Questa constatazione designa ancor meglio l'Uomo «Spirito - incarnato» in cui l'Uno, Principio Divino, si unisce a otto, manifestazione fisica, per ritornare poi all'Unità manifestata al Yin - Yang della tradizione estremo orientale.
Fabre d'Olivet attribuisce tre significati al nome di Adam. - Il primo, quello proprio, definisce l'Uomo collettivo, l'Uomo formato per astrazione con l'unione di tutti gli uomini: l'Uomo universale. - Il secondo, quello figurato, è dato dalla radice Daleth - Mem, che comprende ogni idea di assimilazione, di similitudine, di omogeneità. Retta dal segno della potenza e della stabilità: Aleph, diviene l'immagine di un'assimilazione immortale, di una aggregazione di parti omogenee e indistruttibili. - Il terzo, quello geroglifico, ha per radice Aleph - Daleth che composta dal segno della potenza unitaria principiante e quello della divisibilità inerente alla materia offre l'immagine di una unità relativa, come si potrebbe esprimere con il numero semplice, benché composto 10 (10 = 1 +0 = 1). A questa radice è unito il segno Mem che, posto alla fine delle parole, ne diviene il segno collettivo, cioè quello che ne sviluppa l'essere nello spazio infinito quanto la sua natura lo permette, oppure riunisce in un solo essere tutti quelli appartenenti alla stessa specie dandogli uno sviluppo illimitato. Vale a dire: attribuendo il numero simbolico 10 alla radice Aleph - Daleth il segno Mem - posto dopo di essa - ne svilupperà all'infinito la potenza progressiva come 10 : 100 : 1000: 10000 ecc (12). Nel nome Aish ritroviamo riuniti i due principi. Quello della potenza Aleph insieme alla sua realizzazione Yud, unità di secondo ordine 10 e quello del Fuoco Aleph - Schin. Quest'ultima radice, nel suo significato astratto, esprime qualsiasi movimento relativo. Ieraticamente il nome Aish può essere raffigurato con una circonferenza nella quale trovasi iscritta una croce. Sostituendo alle lettere che compongono il nome il loro valore numerico avremo: 1 + 10 + 300 = 311 e per riduzione teosofica 311 = 3 + 1 + 1 = 5. Cinque corrisponde alla lettera Hé ed esprime la metà dell'evoluzione dell'unità della quale il valore totale i! ciclo completo è 10, la Sephirâ Malcouth. Da questi dati numerologie! si deduce che il nome Aish non è un nome completo e si arresta a metà cammino. Il nome attribuito da Mosé alla facoltà volitiva dell'Uomo - il libero arbitrio - Aisha ( Aleph - Schin - Mem) si compone di tre lettere delle quali le prime due (Aleph e Schin) sono identiche a quelle del nome Aish (13) la terza che lo completa è Hé. Numerologicamente aggiungendo al valore di Aish il numero corrispondente alla lettera Hé, che completa il nome di Aisha, avremo: 5 + 5 = 10, cifra che corrisponde alla realizzazione conseguita mediante il passaggio dal ternario al quaternario. Questa ultima lettera del nome Hé è il simbolo della vita universale e, rappresentando il respiro dell'uomo, esprime materialmente la sua esistenza fisica come pure - in un senso più elevato - la sua anima, legame e Intermediaria tra lo spirito e il corpo. In quel momento dell'esistenza l'uomo non possedeva ancora un corpo fisico, ma la sua parte istintiva e subcosciente, rappresentata dalla lettera Hé, fece discendere lo spirito Aish (la Scintilla divina che costituisce la nostra ragione) nella materia frazionata Mem (14) e lo 'schema' ( Aleph - Mem - Schin letto da destra a sinistra) dell'uomo formato da spirito, anima e corpo fu completato. 10, oltre ad essere la cifra della realizzazione conseguita, la conclusione del ciclo, è pure il valore numerico della lettera Yud, dello Yin - Yang anello della spirale indefinita che in sé possiede il germe dell'evoluzione ulteriore. Unendo i due principi dell'Uomo universale Adam, la ragione Aish e la volontà Aisha avremo: Aish = 1 + 10 + 300 = 311 - 3 + 1 + 1 = 5 Aisha = 5 (riflesso di Aish) + 5 (lettera Hé) 10 complessivamente 5 + 10 = 15 = 1 + 5 = 6 Cifra questa che, come vedremo, corrisponde al nome di Ænosh. Ænosh il nome attribuito all'uomo corporeo, è formato da due radici contratte Aen (Alpeh-waw-Nun ) e Nosh (Nun-Waw-Schin ). La prima Aen esprime le idee contraddittorie di essere e di non-essere, di forza e di debolezza, di virtù e di vizio. La seconda Nosh esprime l'instabilità delle cose temporali, la loro caducità, la loro infermità. Il valore numerico delle lettere che com pongono il nome di Ænosh (Aleph-Nun-Waw-Schin) è 1 + 50 + 6 + 300 = 357 = 3 + 5 + 7 = 15 = 1+5 = 6.Sei è la cifra che corrisponde alla somma del ternario di numerazione (1 + 2+ 3 = 6), alle sei «membra di Dio», le sei Séphiroth di costruzione, ai sei misteriosi «giorni» della creazione necessari per compiere l'atto definitivo della creazione dell'Uomo. Nei Tarocchi, lo arcano che corrisponde a questa cifra è quello delle «Due vie», della Prova conseguente alla conoscenza del Bene e del Male. Concludendo, tutta la creazione fin al mo mento in cui apparve l'uomo procedette per involuzione, la forza emanata dal principio evolvente le sue facoltà di realizzazione penetrò nelle profondità della materia unendovisi mediante solidi legami. La divisione dell'unità raggiunse il punto massimo nell'essere individualizzato, l'animale perfetto dotato di un'anima, l'anima vivente ( Nephesh-haîah) della quale l'istinto gli consentiva la possibilità di una vita individuale, distinta dalle altre unità appartenenti alla stessa specie. Ma l'animale, pur presentandosi come un essere particolare, non era in fondo che un fenomeno della natura, sprovvisto della ragione, privo del libero arbitrio e, per conseguenza, nell'impossibilità di peccare mancandogli la facoltà di distinguere il Bene dal Male.Se la Creazione si fosse arrestata a questo punto le specie sarebbero migliorate progressivamente, ma non sarebbe esistita alcuna possibilità di evoluzione poiché le forze involutive frazionanti (wr nel linguaggio ieratico Egizio) avrebbero proseguito incessantemente il loro lavoro di penetrazione. Venne invece il momento di contrapporre a queste forze involutive quelle evolutive per ricondurre l'analisi dell'infinitamente piccolo (wr) alla sintesi (ââ) del l'infinitamente grande per compiere il ciclo e «nel memorabile giorno» del «Vieni a noi», della teogonia Egizia,
(15) ritornare all'Unità primordiale. Nel Genesi, questo momento corrisponde a quello della creazione dell'Uomo «nell'ombra di Dio, conformemente alle leggi della sua azione assimilante» vale a dire, cosciente delle due grandezze: quella dell'unità «Sintesi» e quella della molteplicità «Analisi». Per la sua parte materiale l'uomo è un animale perfetto, penetrazione massima della forza involutiva e perciò è strettamente avvinto alla natura e sottoposto alle Leggi che la governano. Per la sua parte spirituale, che Dio alitò in lui, l'Uomo proviene direttamente dal Creatore poiché la sua ragione contiene i principi di ogni forma di manifestazione oltre a quello della Sintesi. In Adam la forza evolutiva che è Aish si equilibra con le forze involutive rappresen Al contrario, se combatte le sue passioni, arresta il movimento involutivo ed inizia la sua evoluzione, il ritorno verso il Principio primordiale. Per poter intraprendere questa ascesa evolutiva l'uomo deve per prima cosa sviluppare in sé medesimo il massimo dell'involuzione che ereditò dalla creazione che lo ha preceduto e ha formato il suo corpo e la sua anima vivente. Scrive san Paolo: «Egli (l'uomo) è seminato corpo animale e risusciterà corpo spirituale. Vi è corpo animale e corpo spirituale. Cosi ancora è scritto, il primo uomo Adam fu fatto anima vivente, ma l'ultimo Adam in spirito vivificante. Ma lo spirituale non è prima, ma prima è l'animale, poi lo spirituale»(16). Considerato sotto questo aspetto, l'uomo è realmente l'immagine del Creatore, più completo di qualsiasi altro dio del Panteon, poiché comprende in sé medesimo le «Due grandezze» del Demiurgo (la sua analisi wr e la sua sintesi ââ) mentre tutti gli dèi altro non sono che le «Membra di Dio» mediante le quali Egli esegue l'opera d'involuzione, di analisi. Ecco perché l'apostolo Paolo rivolgendosi ai Corinti non esitò a scrivere «Non sapete voi che noi giudicheremo gli angeli?» (17).
1. Per l'ermeneutica dei testi ebraici ci riferiamo alla versione letterale corretta di Fabre d'Olivet - "La Langue Hébraique restituée" Volume II Sépher Beraeshith II,7 «Ed egli formò (sostanzializzò, determinandone gli elementi verso un fine) Jhôah, Élohïm, l'essenza di Adam (Uomo universale) rarificando (sublimando il principio) di Adamah (l'elemento Adamico); e gli ispirò nella facoltà ispirante sua una essenza elevata (Nishemath, una essenzialità) di vite; affinchè egli fosse questo Adam secondo l'anima vivente (Nephesh haiah)». 2. Capitolo I, 26 «Ed egli disse Élohïm, noi faremo Adam nell'ombra (Tzelem) nostra, conformemente all'azione assimilantenostra...» 2a. Uno degli epiteti di Osiride è SAR «colui che è nell'uovo» volendosi in tal modo esprimere il lavoro misterioso e generatore che si produce nel dio apparentemente morto, ma che rinascerà. Considerando invece l'uovo, SA come un essere individuale in formazione nel quale la vita già iniziata per potersi evolvere si trova circondato da un guscio che lo protegge da ogni influenza esterna è simile all'uovo cosmico, all'uovo simbolico della creazione secondo l'insegnamento dei Veda. Infine, il dio della terra Geb viene sovente rappresentato con un'anitra sul capo e si scrive con il geroglifico che riproduce questo volatile perché essendo questo dio «figlio degli dèi e padre degli umani» in lui Sa, l'uovo (formato dagli dèi) diviene SA, il figlio, cioè l'erede che vive realmente e individualmente, simbolizzato dall'anitra stessa. «Prima di essere iniziato ai misteri di Iside, si dava al neofito una piccola scatola in pietra dura raffigurante esternamente un misero animaletto simbolico, un piccolo insetto, uno scarabeo. Ma aprendo questo modesto geroglifico, si sarebbe trovato all'interno un uovo d'oro puro entro il quale vi erano, scolpiti in pietre preziose, riprodotti i Caribi, gli Dèi rivelatori e le loro dodici «Case sacre». (Saint-Yves d'Alveydre: "Mission des Juifs" pag. 58) 3. Aut. cit. "La Kabbale" pag. 76. 4. Capitolo II 18. «E egli disse YHWH-Élohïm non (è) bene (che) Adam sia nella solitudine sua. Io farò a lui una forza ausiliaria (un sostegno, un aiuto, una collaborazione, un doppio) nel riflesso luminoso suo.» 5. Capitolo II, 21. «E lasciò cadere YHWH-Élohïm, un sonno simpatico (misterioso e profondo) su Adam che dormì ed egli ruppe dall'unità uno degli involucri suoi (esterni) e egli coprì con cura (la) forma e bellezza corporea la debolezza (l'inferiorità) sua». Capitolo II, 22. «Ed egli ricostruì (consolidò, ristabilì nel suo primitivo stato) YHWH-Élohïm, la sostanza dell'involucro esteriore, che egli aveva rotto d'Adam, per (farla servire di base a quella di) Aisha: e egli condusse ella a lui Adam» 6. Capitolo II, 23. «Ed egli disse Adam questa è attualmente sostanza universale de la sostanza mia e forma corporea della forma corporea mia a quella stessa pose nome Aisha a causa che dal principio volitivo Aish essa era stata di staccata in sostanza». 7. Capitolo III, 1 «Ora, Nahash (l'attrazione originale, la cupidigia, questo ardore interno appetente) era una passio ne travolgente fra tutta l'animalità della Natura elementare che aveva fatta YHWH-Élohïm: ed essa disse (questa passione) a Aisha, perché vi ha raccomandato Élohïm, di non alimentarvi della sostanza della sfera organica?». 8. Capitolo III, 20. «Ed egli diede Adam ad Aisha (il) nome di H'evs (esistenza elementare) poiché essa divenne la madre (l'origine) di tutto (ciò che costituisce la nostra) esistenza». Quando Aisha, la facoltà volitiva di Adam cedette all'attrazione insidiosa di Nahash, la passione travolgente della vita elementare, e gustò il frutto del duplice principio del Bene e del Male; in altre parole: quando Nahash - il simbolico serpente - avvolse nelle sue spire e s'impose alla volontà dell'Uomo universale, quest'ultima coinvolse la Ragione Aish e Adam mutò il nome della sua compagna intellettuale Aisha in quello di H'eva (esistenza elementare) perché «essa divenne la madre di tutte le creature». H'eva (heth-waw-hé) è un nome derivato dal verbo assoluto essere-essendo (hé-waw-hé) che per il solo rafforzamento della vocale iniziale Hé in heth venne a significare soltanto l'ammasso informe della materia. Inoltre, per l'inasprimento del segno convertibile waw, inasprimento consacrato dalla puntuazione Caldea, esprimette solamente, come verbo, l'esistenza inerte e passiva delle cose. 9. Capitolo IV, 26. E a Sheth fu parimenti concesso di generare un figlio al quale egli dice il nome di Ænosh (vale a dire, l'essere mutevole, l'uomo corporeo)...» 10. Op. e Autore citato - Volume II pag. 183 11. Per l'analisi radicale delle parole ebraiche ci riferiamo al vocabolario radicale di Fabre d'Olivet contenuto nell'opera citata. Per l'accezione ieratica dei geroglifici Egizi seguiamo l'interpretazione di Enel "La Langue Sacrée" Paris 1934. 12. Op e Aut. citati Tomo II pag. 50. 13. «Poiché - scrive Fabre d'Olivet - non senza profonda ragione Mosè avendo principalmente in vista, in questa compagna, la facoltà volitiva che costituisce l'Uomo universale essere intelligente, vale a dire la facoltà che lo rende capace di volere e di eleggere, derivò dal nome stesso dell'Uomo intellettuale Aish il suo nome. In questa derivazione fece sparire il segno della manifestazione Yud e lo sostituì con il segno finale della vita Hé per far comprendere che non è affatto il principio volitivo che risiede in Aisha, bensì la volontà principiante, esistente non più in potenza, ma in atto.» (op. cit. vol. II pag. 93) 14. La lettera Mem rappresenta la materia passiva, la madre di tutte le cose, costantemente fecondata dal principio attivo per nutrire e donare l'esistenza fisica a tutta la creazione. Il geroglifico che abbiamo riprodotto nella tavola ingrandita, rappresenta la separazione delle acque di sopra da quelle di sotto. La linea orizzontale inferiore - che rappresenta la superficie delle acque di sotto - continua con la linea verticale che termina con una curva superiore: il firmamento. Segue un arresto che rappresenta la condensazione del vapore e la linea discendente la successiva caduta dell'acqua in pioggia. Geroglifico ispirato a quello Egizio che raffigura Nut (il cielo) e Geb (la terra) separati dall'aria Shu (geroglifico anch'esso riprodotto nella tavola). «Il cielo è creato dal Fuoco, la Terra dall'Acqua e l'Aria occupa lo spazio fra loro». (Sépher Yetzirah cap. III, 3). 15. Nell'insegnamento Egizio - scrive Enel nell'opera citata pag. 4 - il principio e la fine Aleph - Taw, l'Alfa e l'Omega dell'Apocalisse sono espressi con le due parole ââ e wr che ordinariamente si traducono con la stessa parola «grande». Ma la prima significa «grande - solo», grande per la sua elevazione in confronto dei suoi simili e si riferiva generalmente al faraone o agli dèi, mentre il secondo significa grande - numeroso. Così la parola ââ si riferisce all'unità sintetica, ad Aleph, all'Uno-principio di Tutto. La parola wr rappresenta, al contrario, l'analisi totale e corrispondente al Taw, alla manifestazione, della differenziazione dell'unità primiera. Nella teogonia Egizia questi due epiteti accompagnano sovente il nome del creatore Tem per rafforzare l'idea che il Demiurgo è nello stesso tempo la ragione di tutta la manifestazione, la sua possibilità come pure la sua realtà. Budge traduce il passo 43 del Gap. XVII del "Libro dei Morti" papiro Ani, (del quale abbiamo riprodotto il testo geroglifico nella tavola) «Io mi sono purificato nel mio grande doppio nido» mentre il significato ieratico di questa frase è: «Io mi sono iniziato nella mia prima divisione realizzata in sintesi (grandezza dell'unità) e nell'analisi (grandezza di numero)». 16. I ai Corinti XV, 44.46 17. id VI,3.
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