DISCORSO SULL'ULTIMA IPOTESI

 


 

Forse la più geniale impostazione del Problema, è quella della mistica ebraica. Diciamo impostazione, senza poter dire, s'intende, soluzione, per quanto rappresenti l'ultimo grado di concezione possibile alla mente umana.

Per i nostri Ospiti la lettura e la meditazione di questo documento di grande profondità del Professor Enrico Cardile

La libera circolazione in rete è subordinata alla citazione della fonte (completa di link) e dell'autore. Ogni diritto è riconosciuto.

© Enrico Cardile

  

 Forse la più geniale impostazione del Problema, è quella della mistica ebraica. Diciamo impostazione, senza poter dire, s'intende, soluzione, per quanto rappresenti l'ultimo grado di concezione possibile alla mente umana. Perché, in verità, essa va più in fondo di qualsiasi altra dottrina o ipotesi. Essa costituisce un punto d'arrivo, per quanto, in simile materia, ogni punto di constatazione determini un'ignota successione. In ogni concepito filosofico, non può escludersi il substrato, anche remotissimo, fisico o fisiologico. Né è questo il caso di andar pel sottile nell'analisi dei termini che ci sforziamo adoperare, cercando render chiari i primi principi, le quasi originarie impalpabilità ideali. La dialettica può giovare sino a certo punto, oltre il quale non bisogna agganciarsi alla parola, ma attenersi, in certo qual modo, al complessivo movimento d'idee: è inutile pretendere una stabilità o una raffigurazione incontroversa.

Che cosa avevano determinato i filosofi, riferendosi all'Infinito? L'Infinito, dimensionalmente considerato, è il senza limite. Questa, peraltro, non è una definizione teorica od astratta. Impossibilità, di definire l'indefinibile. L'Infinito sarebbe definibile ove si riuscisse a dargli una consistenza. Teoricamente considerato l'Infinito non è soltanto il senza limite, ma è pure il senza consistenza.
Se la consistenza è l'esistenza, i filosofi sono pronti ad obbiettare che l'Infinito non esiste, e, in altri termini, non vale la pena occuparsene. Ma, con ciò si dichiara inesistente anche tutto il consistente, che fa parte dell'Infinito, o che, almeno, nell'Infinito è compreso: a cominciare dall'uomo.
In ogni caso, occorre, dal punto di vista cabalistico, ammettere una premessa. In linguaggio positivo si direbbe un antefatto. Un antefatto che non è un fatto, ma un fattore. L'En-Soph è il nulla che determina la consistenza. Ma può il senza consistenza produrre il consistente? Questo è il culmine dell'umana e filosofica argomentazione.
Come dallo En-Soph, poté sgorgare la materia prima, il noumeno iniziale, balbettio di vibrazione, nell'universale caos indeterminato? L'En-Soph è l'incalcolabile, dicono, anche dal punto di vista numerico, pitagorico e cabalistico. Obiettiamo che l'idea di un incalcolabile non è matematicamente ammissibile: anzi se vogliamo a soddisfacente definizione dell'Infinito, dell'Assoluto e di Dio, é la seguente: Dio è l’ultimo numero.

Ed il numero dà, indubbiamente, la possibilità del calcolo. Se consideriamo tale conseguenza dal punto di vista religioso, ne riesce, indiscutibile, la prova dell'esistenza di Dio.
Siamo giunti, così, per via di approssimazioni astratte, alla prima massima determinazione, alla suprema realizzazione dell'indeterminato. Siamo, precisamente, questa volta, i veri algebrici della metafisica.

La Qabalah segue a suo modo, ragionamenti positivi per risalire ai termini ultimi, ed é per virtù della logica consueta che riesce a collocarsi sul gradino dal quale tenta la più prossima visione dell'En-Soph. Non resta che l'ultimo gradino - o martoriante gradino! - a distanziare questa visione dalla sicura concezione di Dio.
Ripetiamo, nella sua originaria idea assoluta, l'Infinito non può ammettersi che senza limite e senza consistenza. Perché la consistenza gli darebbe necessariamente, il limite. Ora, secondo il processo logico cabalistico, come mai dall'inconsistente é sgorgata la consistenza? Come, in termini concreti, il nulla ha prodotto la materia? Si può riuscire a determinare filosoficamente, se non fisicamente, il primo principio materiale ponderabile?
Senza dubbio il primo concetto dipende da una posizione filosofica, così come la prima materia deve derivare dall'inconsistente, il primo movimento dell'immobilità assoluta. Ecco il confine tra religione e cosmogonia. Risalendo gradualmente, faticosamente, sino alle origini, ad un certo punto l'essenza materiale si disgrega, si smarrisce, si annulla, avviene l'annientamento nel vuoto originario, senza tramite, senza gradualità. «Nulla si crea e nulla si perde», avevano imposto le teorie filosofico-naturaliste del secolo scorso.
Non è vero: da tale premessa non potremmo giungere alla Finalità. D'altronde il supporre la perennità del creato senza origini è quasi più assurdo della concezione dell'increato alle origini. Nella sua ultima discriminazione il consistente deve perdersi nell'inconsistente. Per il cervello umano l'inconcepibile sta proprio in questo passaggio, o, spostando i termini, propriamente in questa derivazione. La tremenda muraglia s'alza a questo punto: é il punto in cui il filosofo, per non fermarsi, comincia a giocare coi paradossi.
I Cabalisti, invece di tentare la salita della scala, ne hanno tentata la discesa: é più comodo, s'intende, ma, a nostro modo di vedere, i risultati raggiunti sono pure più apprezzabili. Il loro metodo approssimante è quasi deduttivo, non induttivo. Ciò non vuol dire che essi sono riusciti ad evitare la grande incognita del salto brusco definitivo. Soltanto che, in luogo di un salto brusco finale, essi hanno tentato il salto brusco iniziale. Il resto è continuità semplice continuità. É più agevole discendere dal cielo sulla terra, che salire dalla terra al cielo.
Peraltro, ripeto, in tal modo, i cabalisti hanno rinvenuta la soluzione più approssimativa. Di modo che, Dio, questo vertebrato allo stato gassoso, secondo l'arguta e bestiale definizione dello Haeckel, dopo la premessa della grande incognita e l'accettazione integra dell'idea astratta (senza rinuncia, però, alla definitiva investigazione, con la pacifica rassegnazione di certo teismo antifilosofico) si può, senza meno, identificare con l'En-Soph.
L'En-Soph é la Causa prima del consistente, e, pur non essendo inconsistente, non può avere alcuna materiale consistenza. Non é il nulla, ma é quell'inconsistente che dà origine alle cose create. Stabilita la derivazione d'origine, si può genialmente intuire la straordinaria operazione cosmica. Avviene, cabalisticamente, la suprema emanazione della Corona (Kether) e cioè la prima Sephirâ.
Abbiamo detto che l'Infinito, nel senso mistico, originario, e anche cosmogonico, deve ritenersi, sotto ogni riguardo, il senza limite-inconsistente. Da Lui, quindi, e in Lui non sembrerebbe possibile la scaturigine di alcuna concretizzazione. Quali elementi avrebbero potuto trarsi da un infinito non ancora elementare? Questo smisurato, sans bornes, senza essenza ed esistenza questo vacuo d'ogni entità e d'ogni pensiero, questo abisso universale in cui né Rouach, né Neschamah, nemmeno biblicamente, ancora, s'agitano, in cui, nemmeno biblicamente, il primo alito, vento, turbine, spirito di Dio si fa sentire (ma lo spirito di Dio era tutt'uno con l'Infinito!) avanti la prima creazione, ci offre un concepito logico, un concepito simbolico, un concepito allegorico che ci approssimi alla prima realtà.
Non possiamo dire, o pensare: il primo atomo vibrò, perché il primo atomo non c'era; non possiamo dire o pensare: la prima energia si agitò, perché la prima energia non c'era. C'era una volontà, ammettono i cabalisti. Una volontà, ma divincolata sino alla suprema astrazione, una volontà agente nel vacuo. Tale idea potrebbe, a parer nostro, sopprimersi, e la teoria non crollerebbe. Essa giustifica la conseguenza, è vero, ma forse complica il precedente.
Meglio, forse, collocarsi senza alcuna precedenza, e quindi non come una successività, innanzi a quello che potrebbe chiamarsi il primo fenomeno, o la causa di tutti i fenomeni. Perché ogni preconcetto, sul concetto, reca le inevitabili derivazioni che pregiudicano, prolungandola e compromettendola, la impostazione del termine. Arrestiamoci, infatti, a questo temine: siamo, pertanto, sicuri, di aver sopravanzato al riguardo qualunque altro criterio speculativo. II termine é, dunque, questo: Infinito. Non ci preoccupi, per ora, se in esso agisca, o no, una volontà. Escludiamo, anzi, sino a questo estremo, la volontà indipendente, agente nell'Infinito, la Volontà che ha prodotto lo sforzo della prima concretizzazione. Perché ammetterla? Per giustificare Dio e la Sua Opera nella sfera dell'incomprensibile: Non é necessaria tale giustificazione.
Il problema filosofico delle Origini, deve essere separato, in questa premessa, da quello teistico. Senza di che l'attuale conato apparirebbe superfluo e certamente non originale. Lo sforzo conclusivo é quello di volerlo ridurre quasi a un problema naturalistico. Ora le due posizioni sono le seguenti:
Posizione Prima: L'Infinito creante. considerato secondo le accennate premesse.
Posizione Seconda: L'Intelletto giudicante in ordine a una derivazione assodata.
Ed eccoci alla formazione del primo Punto. Il Punto supremo, cabalisticamente considerato. II Punto che si forma nell'Infinito. La prima sorgente. Non è ancora l'atomo, non è l'elettrone, non é il protone, non è il primo pulviscolo eterico: è il pulito. É il senza dimensione, e quindi, da certo riguardo, é ancora l'inconsistente. Ma è. Come punto, spieghiamo, anche matematicamente considerato, non ha dimensione. É, soltanto, il primo parto dell'Infinito, è l'Infinito stesso, è la prima conoscenza esatta ed umana dell'imprescrutabile. É, per la possibilità concepitiva, la prima cosa universale. Esso risolve, da certo riguardo, il problema delle origini: il passaggio dall'increato all'universo naturale. La Rivelazione.
Il Punto Supremo, é, anche cabalisticamente considerato, Dio. Da esso, su esso, intorno a esso, avviene poi l'agglomeramento necessario alla prima consistenza percepibile e cioè alla prima creazione. Da esso si dipartirà, pure, in funzione, lo Spirito. Il massimo problema, dunque, dovrebbe risolversi con la formazione di questo Punto originario. Proprio qui soccorre la genialità cabalistica, secondo la quale per la formazione del punto originario, l'Infinito smisurato si contrae.
In altri termini, il Nulla, addensandosi, contraendosi, ha ottenuto una prima accessibile, o, almeno comprensibile determinazione, dalla quale sortirà l'universo dell'esistente. Sta in questa meravigliosa contrazione dell'Infinito la soluzione cabalistica del grande secreto delle Origini.
L'inafferrabile, l'incontenibile, l'impercettibile, si contrae, per adattarsi alla comprensione umana, partorisce il limite, onde poter assolvere il limitato.
Stupenda concezione, diciamo così, pratica, che oltrepassa ogni riserva. Il punto sorge da questa comprensione, da questo sforzo universale che avvicina, che addensa, che accumula l'inconsistente, lo smisuratamente lontano, per la formazione dell'Uno, del Primo, forse dell'Idea.
La logica umana ancora una volta ci oppone le sue barriere: il nulla non ha la possibilità di contrarsi, perché non si può ridurre quello che non esiste. Ma è proprio alla logica umana che manca la possibilità di concepire l'inesistente. Una volta raggiunta tale possibilità (il che é assai più agevole di quel che non si creda) la soluzione dell'eterno dilemma appare raggiunta. Se un campo di consenso sia una volta concesso, non alla logica, ma alla illogica, occorre proprio, e solo in questo caso, assumere contro i sofisti, tale posizione antiaccademica.
Per poter giungere alla conoscenza dell'Infinito é necessario contrarlo. Non è illogico l'estremo al quale perviene questa concezione intellettiva, anche se appaia contraddittorio. Non giova investigare ciò che sia intervenuto nell'atto originario della contrazione. Quando saremo riusciti a concepire l'idea dell'Infinito non l'avremo sceverato, in modo assoluto, da ogni e qualsiasi accessorio circostanziale, come si pretende, e si ottiene, nell'astrazione puramente matematica. Nell'Universo, per la mente umana, non può esistere lo zero assoluto. Peraltro, noi siamo riusciti, in questa dissertazione, a occuparci di qualcosa che ha preceduto l'Universo cosmogonico. Qualcosa d'innaturale, se non di soprannaturale. E però l'Infinito non può essere zero: rimarrà, dunque (con le definizioni che non dicono niente) la famosa circonferenza senza raggio, o il quadrato senza angoli? Sta in fatto, invece, che il primo, pulito anche in relazione alla dialettica matematica, il primo punto, diciamo, in confronto allo zero originario, rappresenta il più: +. Ecco come matematicamente potrebbe fissarsi la formula della creazione originaria, e cioè del fenomeno della contrazione cabalistica:


0, zero = +, più
 

L'equivalenza dei termini, é, nel contempo, la soluzione del grande Problema.
In tal modo il + rimane evidentemente della stessa natura e della stessa consistenza dello 0.
Ecco l'Archetipo dell'atto puro. Così soltanto la logica creativa, ovverosia la logica cosmica delle origini, trova modo di conciliarsi con la logica consueta.
Peraltro, tutto ciò forse supera il criterio mistico e filosofico della Qabalah, e noi, con questo, crediamo di esserci spinti oltre quella concezione, pur essendoci mossi dallo stesso criterio determinante.
Secondo i cabalisti, la concezione dell'Infinito appare invece come quella di un tutto la cui composizione si sia disgregata, oppure quella di un tutto i cui componenti siano smisuratamente lontani. Donde la originaria contrazione. Con ciò essi riescono a mettere in azione la volontà indipendente. E si badi che, ancora, cabalisticamente parlando, non si è giunti al cosiddetto mondo dell'azione, che è il terzo mondo, il più proprio della naturalità, mentre i due altri mondi precedenti sarebbero quelli dell'emanazione e della creazione propriamente detta.
Quel contrarsi dell'Infinito, nel momento della suprema determinazione (il concepito) ha qualche cosa come di un raggricciarsi della Fronte Divina, quasi nello sforzo del pensiero creatore universale. Il primo Pensiero, identificato dalla prima Volontà, ha realizzazione in un Punto: centro del macrocosmo, fulcro dell'immensa asse di rotazione, della circonferenza senza periferia. Il primo punto appare come la concretizzazione della prima Volontà che si volle esprimere. Punto che non ha ancora nulla di materiale vero e proprio, ma costituisce il precedente di qualsiasi materializzazione. Esso è pure, come in matematica, non una dimensione, ma soltanto un criterio, una posizione. Da esso scaturisce, finalmente, anche il Verbo, e cioè la divina e creatrice ideazione alfabetica.
 


 

Questa pagina è stata letta

Contatore visite

Volte