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Nel capitolo XVI del Magus [1] di Francis Barrett si discorre sui differenti alfabeti magici utilizzati dalla Qabalah. Qui è introdotta la nozione della «Qabalah delle Nove Camere» già presente nella Filosofia Occulta di Agrippa  come anche nell'opera del Kircher. Francis Barrett, nato probabilmente intorno al 1770-1780 a Londra, era un occultista versato nell'astrologia, in alchimia e magia. Appassionato di Ermetismo rinascimentale, redigerà il suo "Il Magus" largamente ispirato alla Filosofia Occulta di Agrippa; infatti, il testo pubblicato a Londra nel 1801 non è altro che una rivisitazione  dei libri III ed IV dell’ Agrippa e dell'Heptameron di Pietro d'Abamo, tradotto da Robert Turner nel 1655. 

La «Qabalah delle Nove Camere» è un procedimento cabalistico e crittografico utilizzato dalla Qabalah pratica, di cui, oggi, l'esistenza è riconosciuta, senza nessuna riserva, anche negli ambienti più conservatori ed ortodossi ed è utilizzata nella talismania.

Tuttavia, la questione non è così chiara ed una veloce ricerca mostra come questo procedimento non esista – almeno sotto l'aspetto, che vedremo  – nei trattati di Qabalah. Dopo Agrippa e Barrett la sola menzione rimane nell'introduzione del Mathers alla sua traduzione inglese della Kabbala Denudata di Knorr von Rosenroth e, da lui, ripresa da tutta quella coorte dei magi della Golden Dawn e della magia di Aleister Crowley. 

Con le poche e scarne tracce che offriamo qui ai nostri Ospiti, speriamo di chiarire questa pratica atavica, la quale, come lo ha scritto Donald Tyson: «Più vicino a noi, l'Aïq Beker divenne una forma di scrittura segreta utilizzata dai massoni e le società esoteriche».

«Da dire, però, che a causa del suo utilizzo indiscriminato, questo metodo divenne così noto tanto da degenerare e finire, oggi, in un giocattolo per i bambini… Tuttavia, questo metodo cela un potere immenso ed è considerato sempre con grande seriosità dai cabalisti » [2]

 

Il Capitolo XVI del Magus 

Un altro modo di fare dei caratteri secondo i Cabalisti

Presso gli ebri, trovo ancora altri tipi di caratteri di cui uno dei più antichi, riguarda le scritture che Mosé ed i Profeti utilizzavano; o più correttamente le lettere che si utilizzavano in quel tempo essendo state istituite da Esdra (l'ebraico quadrato). 

C'è così tra di loro una scrittura che chiamano «celeste», perché la vedevano raffigurata e collocata tra le stelle. C'è un'altra scrittura che chiamano Malachim, o Melachim, ossia angelica o reale; c'è ancora un'altro modo di scrittura che chiamano «passaggio del fiume». Tutte queste scritture sono visibili sulla tavola che segue. 

Esiste ancora un altro metodo presso i Cabalisti, una volta tenuto in grande considerazione ma oggi così comune tanto da far parte delle cose profane, intendo la ripartizione delle ventisette lettere dell'alfabeto ebraico in tre classi di cui ciascuna contiene nove lettere. La prima classe comprende אבגדהוזחט, queste lettere rappresentano i sigilli o i contrassegni dei numeri semplici e delle cose intellettuali distribuiti secondo i nove ordini angelici. Il secondo contiene יכלמנסעפצ, i contrassegni delle decine e delle cose celesti nelle nove orbite dei cieli. La terza contiene le altre lettere con le finali קרשתףםןךץ, i contrassegni delle centinaia e delle cose inferiori: i 4 elementi, i 5 tipi degli insiemi perfetti. 

Sistemano queste tre classi in nove camere. La prima è quella delle unità. La seconda è quella dei binomi, la terza quella dei trinomi e così via; queste camere sono compartimentate dall'intersezione di quattro linee parallele che si incrociano ad angoli retti come si può vederlo nella figura di lato riportata 

Di queste linee, che si dividono in parti, procedono nove figure particolari (Fig. B) che sono le Nove Camere che caratterizzano le lettere che contengono per Notariqon: un punto significa la prima lettera di questa camera, due il secondo, tre la terza lettera. 

Se desiderate produrre il carattere di Michaël מיכאל, composto da cinque figure (Fig. C) che si contrae in tre figure che sono loro stesse ridotte in una sola. Tuttavia, qui, si omettono i punti del Notariqon (è mostrato così sulla Fig. D) ed il carattere di Michaël appare allora come nella Figura E. 

 

Studio del sistema 

«Esdiste una buona ragione per la quale il segreto esce quando il vino entra. La parola vino (ײן) ha per valore numerico settanta, come la parola סוד segreto: 70 entrano, 70 escono». – Tanchum Sheminee. 

 

«L'Aïq Beker era utilizzato per diversi scopi dai cabalisti e dagli ermetisti occidentali. Essenzialmente, si tratta di un sistema per collegare occultamente le lettere ebraiche. Le lettere di ogni stanza sono supposte essere connesse ad un certo livello esoterico e, conseguentemente, essere equivalenti (lettere e livelli). Durante l'elaborazione cabalista dei nomi e parole di potere, una lettera in una stanza può essere sostituita ad un altra, permettendo delle interpretazioni differenti e delle utilizzazioni pratiche delle parole così costruite» (Donald Tyson, «Aïq Beker»). 

 

Il procedimento descritto da Agrippa, Kircher e Barrett e chiamato «Qabalah delle Nove Camere» è molto difficile da rintracciare nel letteratura cabalistica.

La mistica ebraica, e la Qabalah, utilizzano delle permutazioni dell'alfabeto come l'ATBASH (dove si cambia la lettera Aleph con la lettera Tav e la lettera  Beth con la lettera Shin e così via) o l'ALBAM (dove si cambia la lettera Aleph con la lettera Lamed, la Beth con la Mem…) ma questo tipo di permutazioni non sembrano avere grande attinenza con il sistema esaminato  [3].

Una traccia dell'Aïq Bekar, sembra si possa ritrovare nel Midrash Tannaïm (Tanhumah) e nei procedimenti ermeneutici descritti dall'Haggadah. 

Il Notariqon da cui deriva questo metodo, fa parte delle 32 regole di Rabbi Eliezer ben Rabbi Yossi il Galileo,  dove «l'elenco appare per la prima volta in un testo del X° secolo che ha per autore Abou Walid ibn Janah. (…) Le principali novità sono (…) la Guématria (…) ed il procedimento chiamato Notariqon (…). Questi due ultimi sistemi sono ispirati direttamente da procedimenti di origine greca.

Nell'Haggada talmudico e nel Midrash, tutte queste regole sono sostanzialmente utilizzate oltre a quelle di Hillel e di Rabbi Ichmaël». 

 

Si può utilizzare ancora la tavola dell'Aïq Bekar come metodo di Temourah o di Tserouf per cambiare le lettere. Un lettera Aleph può, così, sostituire una Yod o un Kaph; una Zaïn un Ayin. 

In Qabalah, questa trasformazione è conosciuta (nel Midrash Tannaïm) con il nome di «Corona» –  איק בכר  (Aïq Beker) e raggruppa dunque le 27 lettere in 9  gruppi di tre lettere: 

 

חפףטצץזעןוסםהנךדמתגלשבכראיק

        

Queste lettere sono disposte secondo il seguente schema che fu utilizzato, tra le altre cose, da Abraham Aboulafia nei suoi scritti (come nel Sepher ha-Oth o l'Imre Sepher): 

 

 

Troviamo più di una spiegazione di questo sistema nel Tzemach Tzedek del Rabbi Menachem Mendel di Lubavitch (1789-1866). 

In sostanza il senso è il seguente. I numeri si riferiscono a differenti gradi di influenza divina che possono scendere verso questo mondo. Così, il grado della spiritualità che consegue da Yud (י) è dieci volte più grande di quello che consegue dell'Aleph (א) ed il grado del Qoph (ק) è dieci volte più grande di quello dello Yud. E così via fino alle migliaia e alle decine di migliaia. 

Se applicate alle Sephiroth, le unità denotano gli attributi emozionali, le decine gli attributi intellettuali, le centinaia designano il livello della Divinità che trascende l'intelletto divino mentre le migliaia e le decine di migliaia denotano rispettivamente i livelli della Divinità conosciuta sotto il suo Ratzon (Volontà) e Taanug (Delizia). 

Concernente i gradi dell'anima, le cinque classi di numeri corrispondono ai cinque livelli dell'anima Nephesh, Ruach, Neshamah, Hayah e Yehidah. 

Applicando l'Aïq Bekar al Tsedaka (carità), il "Tzemach Tzedek" spiega che i doni che provengono dall'unità illuminano le cose di questo mondo soltanto per un livello di spiritualità che si riferisce alle unità. 

Infatti, si utilizza principalmente l'Aïq Bekar nella talismania per ridurre il valore delle lettere e così da fare «aderire» gli angeli che governano tale o tal altro quadrato magico.

Agiel che è l'intelligenzache governa il quadrato di Saturno; il quadrato di Saturno ha un valore globale di 45 (addizione dei valori delle lettere il componente); la guématria di Agiel (אגיאל) è di 45 (1+3+10+1+30); con l'Aïq Bekar, si riduce il valore delle lettere di Agiel: 1, 3 1, 1, 3 questo ci dà 9 che rappresenta il numero delle case del quadrato di Saturno. Così, abbiamo una doppia identità del quadrato talismanico sia quello dell'intelligenza col valore globale sia quello della sua riduzione. Inoltre, poiché il quadrato di Saturno contiene solamente i numeri da 1 a 9, la riduzione del valore numerico degli angeli, intelligenze ecc. è inevitabile e diventa possibile grazie alla Tavola della «Qabalah delle Nove Camere». Per inciso, facciamo notare, che la riduzione aritmosofica di Agiel darebbe lo stesso risultato poiché 45=4+5=9.

Se ugualmente "operiamo" col quadrato di Venere di 49 case (7×7) la cui l'intelligenza Hagiel è (הגיאל) abbiamo un risultato di 49 per procedimento di guématria mentre in riduzione per Aïq Bekar abbiamo 5+3+1+1+3=13.

Le vie della talismania sono strane ma non è là l'argomento del presente documento. 

Kircher, nel suo Oedipus Aegyptiacus (1652), da', secondo la sua visione, questa sistemazione: 

 

Athanasius Kircher, Oedipus aegyptiacus (1652), Classis IV, Cabala Hebraeorum, Pagina 229. 

 

Questa ripartizione delle lettere dell'alfabeto ebraico è data da Reuchlin nella sua Arte Cabalistica (1517), ma là dove il Kircher dà una tripartizione, abbiamo con il Reuchlin: 

«Facciamo dunque quattro livelli dei numeri. Il primo è quello delle dita, il secondo delle decine, il terzo delle centinaia, il quarto delle migliaia. Il primo livello dell'alfabeto è segnato dalle figure da Aleph a Teth; ci sono 9 segni che attribuiscono ciascuno ai numeri 1 2 3 4 5 6 7 8 9. Ecc.» 

«Da Aleph a Yud sono rappresentati gli ordini o i cori angelici che i filosofi chiamano intelligenze separate… Da Caph a Tsadé sono rappresentati gli ordini dei cieli che dotati dalla virtù del loro creatore, sono governati dall'influsso degli angeli. Poi, da Tsadé a Tav intervengono i quattro elementi con le loro forme, e, insieme tutti i misti, tanto viventi che non viventi». 

Così, le lettere dell'alfabeto ebraico sono disposte del seguente modo: 

1) le lettere semplici dal valore 1 a 9 אבגדהוזחט. Rappresentano secondo Agrippa il piano mentale ed i 9 ordini dei poteri angelici. 

2) le lettere dal valore numerico 10 a 90 יכלמנסעפצ. Rappresentano le cose celesti e le nove sfere celesti, secondo Agrippa e Barrett. 

3) le lettere dal valore 100 a 900 קרשתףםןךץ. Rappresentano le cose inferiori. 

Nella sua introduzione al Kabbalah Denudata di Knorr von Rosenroth, Mathers spiega: «C'è ancora un'altra forma importante chiamata Qabalah delle Nove Camere o איק בכר , Aïq Bekar. È formata come sotto indicato: 

É stata iscritta al di sotto la numerazione di ogni lettera per mostrare le affinità tra le lettere in ogni camera. Talvolta, è utilizzata come codice prendendo le cifre per rappresentare le lettere che contengono, mettendo un punto per la prima lettera due per la seconda, ecc. Così, l'angolo retto, contenendo איק, risponderà per la lettera ק se ci sono dentro tre punti. Alla stessa maniera, un quadrato risponderà per ה, נ o ך a seconda che ci sia uno, due o tre punti collocati rispettivamente dentro. Ma vi sono altri modi per utilizzare la Qabalah delle Nove Camere che non ho il tempo di descrivere qui» [4]

«Questa griglia è stata utilizzata anche come strumento di criptaggio. Gli ermetisti rappresentavano le lettere nelle stanze per mezzo delle linee che dividono le stanze stesse. Per esempio, una lettera nella stanza centrale sarebbe stata sostituita da un quadrato chiuso; una lettera nella stanza superiore sinistra sarebbe stata sostituita da un angolo aperto sulla sinistra; e così via. Si indicava quale delle tre lettere della stanza si voleva significare al di sotto per questo simbolo grafico con l'aiuto di punti collocati ed agli angoli. Un punto significava la lettera a destra, due punti la lettera del mezzo e tre punti la lettera del lato sinistro nella stanza in questione» («Aïq Beker» da Donald Tyson). 

Un altro sistema utilizza solamente due punti: la prima lettera delle tre è significata dalla figura senza punto; la seconda da un punto al di sotto e la terza da due punti collocati al di sotto della figura. Come riportato nella figura che segue: 

Non possiamo concludere il nostro piccolo excursus nelle nove camere senza parlare di Blaise di Vigenère il quale, nel suo Trattato delle Cifre (1586) a pagina 276 ci detta (modernizziamo la lingua): «Non bisogna dimenticare ancora questa invenzione di cui accenna Agrippa nel suo  terzo libro, al capitolo 30, e tenuta in grande considerazione dagli antichi Cabalisti; ma oggi degenerata a «lictiere» (letteralmente bacinella da bagno o vaso da notte). Sono quattro linee che si intrecciano ad angoli retti; due sono perpendicolari, e due diagonali i quali vengono a stabilire nove caratteri differenti, che si adattano ad altrettante lettere che si diversificano tramite un punto posto nel mezzo, dalle altre nove che sono vuote, ne risulteranno diciotto lettere come di seguito disposte:

Ma potete trasporle: e se, custodendo tuttavia sempre la loro figura, volete variare la superficie delle linee in ogni carattere delle due maniere, come è possibile vedere, e no oltre, avrete per ciascuno tre lettere; che con gli spazi tra essi , come disopra, saranno quattro. Aggiungete dei numeri, o altre note servendo di lettere negli spazi, si otterrà una cifra a cinque intese tutti insieme; che vi rivelerà, e riserverà ciò che vi piacerà» [5]

Ma forse è tempo di esporre, a proposito, il nostro pensiero. Sembrerebbe che la «Qabalah delle Nove Camere» sia influenzata o addirittura copiata dal «pythmen» («fondamento» in greco) sistema matematico greco e gnostico. Kieren Barry ci definisce questo procedimento nella maniera seguente: «Il pythmen è la riduzione del valore numerico di ogni lettera alla sua radice di numero da 1 a 9» [6].

Lo pseudo Hippolyte nelle sue Confutazioni di tutte le eresie (IV, 14) ci espone, difatti, un metodo utilizzato per scoprire la «radice» di una parola a partire dal suo valore numerico. Si ripartisce le lettere secondo nove «monadi» per estrarne il valore unitario. Con questo procedimento, che si può avvicinare alla «regola del nove», si ottiene un valore numerico di una parola che si può ridurre ancora all'unità (da 1 a 9) riferendosi di seguito alla tavola (che rappresenta le lettere greche). Questo procedimento è utilizzato ancora oggi in ciò che si chiama «riduzione aritmosofica» dove si riduce il valore di una parola ad un numero unitario. 

Per chiarire al nostro Ospite, proponiamo un esempio. Prendiamo la parola greca AGAPE (ἀγάπη)) : 1 + 3 + 1 + 80 + 8 = 93. Tramiye questo metodo, riduciamo alla monade: 1 + 3 +1 + 8 + 8 ciò che ci dà 21 unità; ossia 20, che si riduce alla monade 2, e la monade 1. Il risultato è la monade 3 (2+1). 

Nella Grecia Antica, le 24 lettere dell'alfabeto più tre segni addizionali erano utilizzati per significare dei numeri. Questi 27 segni erano ripartiti nelle 3 ennéadi del sistema numerico greco che fu utilizzato in Europa fino al tredicesimo secolo. Così, si ritroverebbe in questo sistema greco la diffusione della «Qabalah delle Nove Camere»: ovvero le 27 lettere dell'alfabeto ebraico ripartito in gruppi di 3 nelle 9 camere, o le ennéadi. Non potendo spingerci oltre, che non ci sia rifiutata l'ipotesi di una influenza greca sul Qabalah, del resto la cosa non è stata dubitata neanche da Gershom Scholem e da altri specialisti della materia. 

E noi troviamo una possibile conferma di questo fatto nelle opere del Baal ha-Turim. Infatti, nel suo Rimze Baal ha-Turim (Costantinopoli, 1500), redige un commento conciso del Pentateuco costituito da riferimenti mistici e simbolici del testo della Torah frequentemente sostenuti con l'utilizzo della guématria e del notariqon. Il Baal ha-Turim sembra avere utilizzato, nel suo lavoro, un procedimento di riduzione dei numeri secondo la tavola dell'Aïq Bekar tramite la quale le lettere poste in un stessa «camera» (per esempio Aleph, Yud e Qoph) potevano essere intercambiate. Per cui, la Qoph il cui valore è 100 o lo Yud il cui valore è 10 potevano essere ridotti a 1. Le parole così ridotte alle unità permettevano di trovare delle simpatie tra le parole di debole valore numerico.

Si ritrova, quindi, nel testo una sorta di pythmen greco. Pertanto, se si può essere debitori al Barrett e all'Agrippa per avere trasmesso nei loro scritti notizie su questo procedimento cabalistico, da loro combinato, probabilmente, con la mistica delle cifre pitagoriche, non bisogna dimenticare che «il posto di onore accordato alla Qabalah pratica nell'imponente compendio di Agrippa che è La Occulta Filosofia … fu largamente responsabile, nel mondo cristiano, dell'associazione erronea di questa disciplina con la numerologia e la stregoneria». E che «Il terzo libro della Occulta Filosofia contiene, in effetti, un si grande numero di riferimenti alle idee falsamente cabalistiche che non è calzante considerare, come al contrario alcuni fanno, questo libro come un «somma» di queste idee».

Fatti salve queste considerazioni, nessuno può dubitare dell'apporto e dell'utilità della «Qabalah delle Nove Camere» nelle materie ermetiche e noi speriamo di averla spogliata con questo abbozzo storico da certe inutili fantasie. 

 

 

Bibliografia per approfondire: 

Francis Barrett, The Magus, Londres (1801);   

Henri-Corneille Agrippa, De la Philosophie Occulte;   

Athanasius Kircher, Oedipus Aegyptiacus (1652);   

Jean Reuchlin, De Arte Cabalistica (1517);   

Blaise de Vigenère, Traicté des Chiffres (1586);   

Baal ha-Turim, Rimze Baal ha-Turim (Constantinople, 1500);   

Abraham Aboulafia, Sepher ha-Oth, Sepher Hayye Olam ha-Ba et Imre Sepher;   

Kieren Barry, Greek Qabalah, Weiser;   

François Secret, Les Kabbalistes Chrétiens de la Renaissance, Arma Artis & Archè, 1985 Christopher I.

Lehrich, The Language of Demons and Angels, Brill, 2003;   

Joshua Trachtenberg et Moshe Idel, Jewish Magic and Superstition : A Study in Folk Religion, 2004.

 

 

[1]. Francis Barrett, Londra, 1801. 

[2]. il sito di Donald Tyson. 

[3]. Vedere il Talmud di Babilonia, trattato Shabbat 104a. 

[4]. Introduzione di Mathers alla sua traduzione inglese del Kabbalah Denudata di Knorr von Rosenroth.

[5]. Blaise di Vigenère, Traicté delle Cifre (1586). 

[6]. Greek Qabalah, Kieren Barry, Weiser.